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Autore: adorvlou    30/09/2016    1 recensioni
"Alcuni dicono che il tempo sana tutte le ferite. Io non sono d'accordo. Le ferite rimangono. Col tempo, la mente, per proteggere se stessa, le cicatrizza,e il dolore diminuisce, ma non se ne vanno mai."
(Rose Kennedy)
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Paul Wesley, Phoebe Tonkin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Forse, ne sono sempre stata al corrente, ma ogni volta ho voluto evitare il confronto con la nuda e cruda realtà." Quando i miei tornarono per pranzo, cercai di essere il più convincente possibile, di non destare alcun sospetto. Mi avevano chiesto com'era andata la giornata, se mi erano piaciute le lezioni, insomma, la solita routine. Sin da quando mi avevano adottata, avevano cercato di darmi qualsiasi cosa e di istruirmi nel migliore dei modi. Non che mi dispiacesse, ma a volte mi sentivo quasi oppressa. Non mi piaceva essere la figlia perfetta, quella che portava mille soddisfazioni a casa, che non faceva mai arrabbiare i genitori, che calava sempre la testa. Di questo me ne accorsi intorno ai quindici anni, quando tutte le mie compagne di classe cominciavano a non rispettare le regole, a comportarsi da "ribelli" a fare tutto ciò che io non avrei mai fatto. Questo aspetto delle loro vite mi aveva affascinato sin da subito ma mi riusciva così difficile essere come loro, finché, non capii che essere come me, un vero e proprio angioletto, non era poi così divertente. Così, cominciai anche io a trasgredire qualche regola, in compagnia di Paul era ancora più divertente, avere un complice mi faceva sentire meno in colpa verso i miei. D'altronde, non potevano credere che potessi essere per sempre la figlia che tutti desideravano. Ogni giorno della mia vita, auspicavo a quell'attimo di libertà che mi portasse al di fuori del mondo perfetto che tutti i miei familiari mi avevano creato intorno. La parte più eccitante di tutta questa libertà, era il tornare a casa e raccontare balle su balle ai miei, non perché non gli volessi bene, ma perché mi avevano sempre tenuta sotto una campana di vetro, facendomi sentire una bambina sciocca ed insicura. Credevano che tenermi al sicuro da ciò che realmente era il mondo, potesse giovarmi, ed invece, non faceva altro che danneggiarmi. Tutti mi emarginavano, mi prendevano in giro, mi ridevano alle spalle, ed era una sensazione così brutta, perciò, qualche piccola bugia, non poteva nuocere così tanto ai miei genitori. Credere a queste cose mi faceva pensare che non era poi così sbagliato, che tutti i ragazzi della mia età facevano così. -Tesoro, stasera saremo a cena dagli Anderson.- annunciò mia madre. Non riuscivo a capire per quale motivo lo chiamasse Anderson, okay, era il loro cognome, ma si conoscevano da tempo, perché non chiamarli per nome. -D'accordo.- risposi prendendo un sorso d'acqua. Mia madre era una donna strana, era sempre troppo precisa, perfetta, troppo...adulta. Mio padre la definiva "quadrata" e ogni volta mi strappava un sorriso. Anche se aveva contributo a rendermi una ragazza paranoica e timida, la maggior parte delle volte, sapeva come alleggerire il comportamento di mia madre. -Emma, è tutto ok? Ti vedo strana..- chiese mio padre. -Si, è tutto apposto, sono solo un po' stanca.- in realtà non era vero, pensavo ancora a Paul, e a quel ragazzo di cui mi aveva parlato. Non avevo nessuno con cui potessi confidarmi e questo mi rendeva triste. -Sai che per qualsiasi cosa ci siamo noi, vero?- disse poi mia madre. -Certo, lo so.- finsi un sorriso. -Posso andare sopra? Ho molto da studiare e vorrei finire prima di stasera. -Si, va pure.- acconsentì mia madre. Per lei lo studio era sacro, altra cosa he detestavo del suo carattere. Mi alzai da tavola e salii le scale per poi chiudere la porta della camera alle mie spalle. Erano le cinque e mezza, i miei erano già usciti per andare a lavoro ed io ero distesa sul letto. Non avevo toccato i libri, non mi andava, ero piena di pensieri e nessuno di questi era facilmente risolvibile. Come ogni giorno, feci un giro sui diversi social, anche se non avevo molte notizie da poter leggere. Su facebook avevo pochi amici, nessuno di quelli a cui avevo mandato la richiesta l'aveva accettata, su Instagram non mi seguiva quasi nessuno. Tutte le persone che conoscevo, mi evitavano anche qui, era così triste. Annoiata nel non trovare niente di interessante da leggere o da commentare, chiusi il telefono e lo posai sul comodino accanto al letto. Mi alzai ed andai vicino alla finestra, sedendomi sul davanzale. Non era una cosa che facevo spesso, ma quando guardavo il mondo al di fuori di quel vetro, non riuscivo a non pensare a quanto fossi diversa. Sin da bambina sapevo che la mi vita era costruita intorno ad un mucchio di bugie, segreti, mezze verità e più il tempo passava, più sentivo il bisogno di cambiare. Volevo una vita vera, anche se piena di dure e difficili verità, una vita piena di gioie, emozioni, di ricordi che avrei potuto raccontare ai miei figli, un giorno. Ma se adesso pensavo a quello che avevo, mi sentivo vuota. Cosa avrei potuto raccontare un giorno ai miei figli? Come li avrei potuti aiutare ad avere una vita diversa dalla mia? Non riuscendo più a sopportare tutti questi pensieri, mi allontanai dalla finestra e decisi di passare il tempo diversamente. Scesi al piano di sotto e presi la chiave della soffitta, spesso trovavo conforto nello stare lì sopra, c'era una certa calma, un silenzio rilassante e mi piaceva. Non avevo paura di salire lì sopra, era un posto davvero accogliente, i miei lo avevano sistemato affinché non sembrasse una di quelle soffitte da casa degli orrori. Era colorata e piena di mobili e poltrone. Quando aprii la porta, notai degli scatoloni. Prima d'ora non c'erano mai stati, probabilmente li aveva portati papà dalla vecchia casa. Ogni tanto ci tornava e portava cose che non voleva buttare. Incuriosita mi avvicinai. Erano pieni di vestitini di quando ero bambina, cornici vuote, giocattoli e dei diari.. Ne presi uno e lo aprii. 21 novembre 2005 "Domani è il compleanno di Emma, compirà dieci anni. Mi sono accorta che diventa ogni giorno più sveglia e continua a fare domande sul suo passato, sulla sua famiglia ed io non so mai cosa risponderle. Credo non sia abbastanza grande, che non sia pronta. Kevin sostiene che sia io, invece, a non essere pronta. Forse, la verità è che non so proprio cosa dirle. Non so niente sulla sua famiglia, non saprei cosa raccontarle, non ho idea di chi siano i suoi parenti, sembra che non si vogliano proprio far trovare. Non riesco a capire come abbiamo potuto abbandonarla. È una bambina cosi speciale e non voglio che stia ancora male, non lo merita. Le darò tutto ciò di cui ha bisogno, la farò vivere come una principessa e la terrò lontana da ogni tipo di sofferenza. Ora più che mai ha bisogno di qualcuno che la aiuti a capire come vivere in questo mondo, che la guidi, che sia presente in ogni attimo della sua vita." 25 novembre 2005 "Emma è stata felicissima di festeggiare il suo compleanno con i suoi amici. Sembra molto meno timida ma ancora non si è sbloccata del tutto. Ho provato a parlare con la mia amica, la psicologa, crede che il trauma che ha subito, seppur in tenera età, l'ha segnata a vita e non sarà facile superare il tutto. Ovviamente, continua a fare domande sul suo passato e credo di non sapere più quali scuse inventare, ho paura che possa cominciare ad odiarmi per questo mio silenzio. È ancora una bambina, devo continuare a proteggerla." 13 settembre 2011 "Il sedicesimo compleanno di Emma si sta avvicinando, i mesi passano velocemente e ho paura che possa cominciare ad allontanarsi da noi. Ieri mi ha chiesto quando potrà prendere la patente e guidare la macchina come alcune sue compagne di scuola. Ho evitato nuovamente l'argomento dicendole che ne avremmo parlato un'altra volta, e anche se lei non ha replicato, ho notato una certa punta di tristezza nei suoi occhi. Ho talmente tanta paura che possa succederle qualcosa. Mi fido ciecamente di lei, ma non di chi c'è per strada, in molti guidano ubriachi o distratti e non voglio che sia lei a pagarne le conseguenze. Potrà anche odiarmi ma lo faccio per il suo bene." 7 maggio 2012 "Oggi ci trasferiamo nella nuova casa. Emma sembra essere indifferente. Negli ultimi anni si è nuovamente chiusa in sé stessa, non ha amici né amiche, per fortuna c'è Paul al suo fianco. Lei non lo sa, ma con i genitori del suo amico ci conosciamo da una vita, motivo per cui gli abbiamo chiesto di avvicinarsi a lei e farle compagnia, saperla del tutto sola non mi faceva dormire la notte. Non gliel'abbiamo mai detto, ma ci siamo trasferiti qui per farla stare più vicina a lui. Nel quartiere dove stavamo prima, per raggiungere la casa degli Anderson ci voleva mezz'ora, a meno che non ci fosse traffico. Così, almeno, le bastano dieci minuti a piedi. Spero solo che lei non scopra tutto ciò. Ha smesso di farmi domande sulla sua famiglia da circa sei mesi e non so se esserne felice o meno. Forse si è rassegnata e non mi sembra da lei, non è una ragazza che si arrende facilmente. Più cresce, più si avvicina alla maggiore età e le mie paure si fanno sempre più grandi. So che un giorno vorrà partire e cercarli e a quel punto non saprò come reagire.." Chiusi il terzo diario con le lacrime agli occhi. Ciò che più mi aveva ferita era stato capire che Paul era stato quasi obbligato ad essermi amico. Non sapevo come sentirmi. Non credevo che mia madre avesse dei segreti, nè che li scrivesse qui, ed in più, sapere che neanche lei aveva idea di chi fosse la mia famiglia mi distruggeva. Voleva dire dover partire da zero, senza indizi, senza aiuti, partire alla cieca. Sarebbe stato difficile, ma non impossibile. Decisi che prima di tutto avevo bisogno di parlare con Paul, volevo sapere la verità su di lui, e su di noi, così lo chiamai. -Pronto?- rispose dopo tre squilli. -Paul, puoi venire qui da me?- chiesi senza fare giri di parole. -Si, ma è tutto ok?- chiese lui. -Si. Ho bisogno di parlare con te. Fai veloce.- staccai la chiamata senza aspettare una sua risposta.
   
 
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