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Autore: MaDeSt    04/10/2016    5 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

NIGHTWINGS

Nella settimana che seguì a poco a poco i ragazzi furono tutti liberi di uscire di casa come prima, e ritornarono alle vecchie abitudini: giocavano coi draghetti fino all’ora di pranzo, tornavano a casa per mangiare, e poi di nuovo uscivano e facevano ritorno solo quando il sole cominciava a calare. Cedric si era ripreso quasi del tutto dall’avvelenamento, raramente lamentava ancora dolori o improvvise amnesie, e Susan ancora non era riuscita ad abituarsi alla strana atmosfera di quella casa, ma non ebbe più occasione di pranzare altrove.
Mike al contrario si trovava benissimo in casa di Jennifer, Gerida si prendeva cura di lui proprio come se fosse stato figlio suo. Ogni mattina prima della colazione, come la ragazzina gli aveva già anticipato, facevano un qualche tipo di lotta tra i cuscini con regole totalmente improvvisate in base alla necessità e all’umore, oppure giocavano a carte o qualche gioco con le pedine, o ancora prendevano dei fogli e dell’inchiostro e disegnavano cose a caso.
In quei giorni Cedric ebbe modo di raggiungerli alla tana dei draghi solo una volta, e fu per dire a Susan che sarebbe andato a caccia e che quindi in casa avrebbe trovato Ilion, che sarebbe rimasta per badare a Lily fino al ritorno di Jorel da lavoro. Colse l’occasione per giocare un po’ con Smeryld, dopodiché li salutò e se ne andò da solo col cavallo nero al seguito, impedendo categoricamente al draghetto verde di seguirlo.
Smeryld non la prese bene, ma si sedette e rimase fermo a guardarlo allontanarsi dibattendo la coda sul terreno con forza, spazzando la neve, col collo inarcato in un moto di stizza e le ali strette sui fianchi.
Susan rimaneva il centro dell’attenzione di tutti e Mike più di chiunque altro s’impegnava perché rimanesse di umore spensierato e vivace; anche lui sentiva la mancanza dei propri genitori e poteva intuire in un certo senso come la ragazzina si sentisse.
Ilion – una donna minuta dai lunghi capelli scuri, la pelle chiara e i grandi occhi azzurri – sembrò molto felice nell’apprendere che Susan stesse bene e si sarebbe fermata in casa di Jorel finché non si fosse saputo qualcosa dei suoi genitori, o finché essi non sarebbero tornati.
La sua presenza le rese più facile tollerare Lily, perché la donna stessa giocava con lei e si divertiva a intrattenerla. Si comportava come una madre e la ragazzina ebbe l’impressione che a Lily ciò non dispiacesse affatto; l’atmosfera in quella casa senza Cedric era completamente diversa, sembravano quasi una normale famiglia: madre, padre e due figlie.
Ebbe modo di ambientarsi molto meglio e più piacevolmente, cominciò ad apprezzare Lily al punto da considerarla quasi al pari di una sorellina, si affezionò a Ilion e quasi riuscì a farsi piacere Jorel. Dal canto suo, l’uomo sembrava realmente apprezzare la presenza di Susan, in assenza del figlio. Gli faceva piacere che qualcun altro oltre a Ilion tenesse occupata la bambina.
A quel punto non riuscì a non domandarsi cosa diamine avesse Cedric di sbagliato, perché le era ormai chiaro che a rendere insopportabile la permanenza in quella casa fosse la sua presenza. Si ritrovò egoisticamente a pensare – o sperare – che non tornasse poi tanto presto dal suo periodo di caccia, ma appena se ne rese conto scosse la testa e se ne pentì: dopotutto lui le aveva dato un posto in cui stare quando nessun altro probabilmente avrebbe rischiato tanto, era sua ospite e non avrebbe dovuto permettersi di pensare quelle cose.
Ma si guardò bene dal fare domande in casa, soprattutto a Jorel, per non rovinare l’atmosfera piacevolmente rilassata e quasi scherzosa. Per il momento.
Nel frattempo i draghi crescevano e apprendevano rapidamente, comunicavano meglio più ascoltavano i ragazzi parlare, conoscevano le emozioni più basilari e sapevano distinguerle, avevano preso il controllo totale delle proprie menti – e quindi non facevano più inavvertitamente del male ai ragazzi, o non gli provocavano vertigini, né accidentalmente gli facevano provare le proprie emozioni. Continuavano a non usare le ali se non per planare e muoversi più rapidamente di un cavallo al galoppo per brevi tratti.
Ma soprattutto ognuno di loro si era scelto la propria voce. Nessuna rispecchiava la loro giovane età, ma piuttosto un’età più vicina a quella dei sei ragazzi. Eccetto il piccolo Umbreon, che si era scelto fin da subito una voce grave e profonda, quasi un ringhio gutturale; cozzava a dir poco con il suo aspetto, sebbene incutesse timore pur essendo alto poco meno di due piedi.

Cedric passò la sua ultima notte fuori insieme ai draghi a pulire le sue prede alla luce delle due lune, tenendo tendini e carne da una parte e lasciando il resto ai cuccioli sia per nutrirsi che per svagarsi. Sapeva di non poter rientrare in casa prima che suo padre fosse uscito per andare a lavoro perché, oltre a essere chiuso a chiave, l’ingresso era sbarrato dall’interno con un’asse di legno.
Dormì fuori e il giorno dopo ne approfittò per rimanere a giocare insieme agli altri coi draghetti mitigando l’umore tetro, mentre Susan al contrario si fece prendere dallo sconforto quando lo vide, sapendo che il pacifico periodo in casa sua sarebbe terminato.
Appena rincasarono per pranzare in effetti Cedric non ricambiò il saluto allegro di Ilion, la quale assunse solo per un attimo un’aria triste, e Lily non perse tempo a rinfacciarglielo.
Susan si sedette a tavola con un sospiro sconsolato e il ragazzo invece di mangiare con loro si preparò un tè per conto suo. Il suo atteggiamento migliorò nell’ora che seguì e inaspettatamente non impose alla donna di tornare a casa propria, come di solito faceva. Bensì si ritrovò ad ammettere che averla tra i piedi potesse dargli un po’ di respiro e tempo libero da dedicare a Smeryld e agli altri draghetti.
Fu così che divenne un’abitudine, Ilion se non aveva precedentemente preso altri impegni – badare ai bambini quando i genitori non potevano era il suo compito al villaggio – passava dalla mattina al tardo pomeriggio in casa con Lily, e Susan e Cedric potevano tranquillamente andare e venire tra casa e bosco quando volevano.

Una mattina, mentre si accingevano a fare colazione insieme in attesa che Ilion arrivasse, e in assenza di Lily, Susan decise di volersi togliere un dubbio che l’attanagliava più o meno da quando aveva cominciato a comprendere le dinamiche di quella casa. Era certa che quella domanda gli sarebbe parsa stupida o senza senso.
Ma prese in mano tutto il coraggio che riuscì a trovare e si schiarì la gola, catturando l’attenzione di lui, poi gli chiese: «Ti piace il tè?»
Il ragazzo infatti, ancora di pessimo umore come ogni mattina, le rivolse uno sguardo stranito e ribatté: «Perché?»
Susan finse indifferenza scuotendo le spalle: «Lo bevi tre volte al giorno. Sembra quasi che quando non lo bevi per troppo tempo diventi... beh...» con uno sguardo eloquente lo indicò, lasciando intendere che si riferiva a come si comportava di solito.
«No.» rispose soltanto.
«No? Non ti piace o...» lui la interruppe con un gesto affermativo e lei sorrise incredula «E allora a maggior ragione perché lo bevi? Ne sei dipendente?»
«Sì e no. Perché?» ripeté.
«Oh niente.» disse di nuovo con finta indifferenza, era già una risposta più completa di quanto si sarebbe aspettata «Ho solo notato questo strano cambio del tuo umore e volevo saperne il motivo. Allora bevilo, sei più simpatico dopo.» scherzò poi.
Cedric non gradì e la guardò accigliato, ma non ribatté e invece prese tra le mani la tazza per saggiarne il calore prima di ustionarsi.
Susan scosse la testa senza smettere di sorridere divertita, a dispetto di quanto lui probabilmente desiderasse trovava intrigante la sua riservatezza, il che la spingeva a cercare di svelare i suoi misteri uno a uno con determinazione: se lui non le avesse dato spiegazioni avrebbe provato a chiederne a Ilion alla prima occasione. Anche se avrebbe preferito che lui si fidasse abbastanza da aprirsi a lei, ma per quello immaginava ci sarebbe voluto del tempo.

I giorni si susseguivano ormai tutti uguali e senza complicazioni, tranne Jorel che talvolta rimproverava Cedric perché non stava quasi mai in casa lasciando fare gran parte del lavoro a Ilion, e quindi delle volte il ragazzo non poté unirsi a loro. Tutto il villaggio sembrava ormai aver dimenticato la questione degli strani soldati che avevano rapito i genitori di Susan, anche se la mancanza del panettiere si faceva sentire.
Persino la ragazzina era più serena e tranquilla, sebbene ogni tanto il pensiero dei genitori le rendeva difficile dormire, e si ritrovava a pregare i Dodici perché stessero bene. Chiedere conforto a Cedric era pressoché inutile, e si affrettò a capirlo; non ricambiava mai i suoi gesti affettuosi nonostante sembrasse provare empatia e ogni volta che gli parlava di quanto fosse triste – aspettandosi quindi qualche parola di conforto da parte sua – si limitava a stare in silenzio e chiaramente a disagio, spesso guardando altrove.
Ma se non poteva contare su di lui imparò presto a fare affidamento su Sulphane, la quale invece faceva ogni cosa fosse in suo potere per distrarla durante il resto della giornata. E funzionava. I problemi li aveva solo la sera prima di addormentarsi, quando sapeva di non poter contare su nessuno.

Una notte, verso la fine della prima settimana del mese di Voldar, il secondo d’autunno, il villaggio fu colto di sorpresa da una violenta nevicata con tanto di forte vento gelido che sradicò alcuni giovani alberi e mise a dura prova il raccolto e il bestiame. La luce delle lune a fatica penetrava la coltre di nubi che copriva il cielo. Ma nonostante questo fu udibile uno strano rumore, di una grande massa d’aria spostata violentemente e di un cupo rombo di tuono che tuttavia non poteva appartenere a un lontano temporale. Gli abitanti furono costretti a rimanere in casa nei due giorni seguenti per via della troppa neve nelle strade.
Quando i ragazzi furono finalmente liberi di andare a trovare i draghetti nel bosco li trovarono ancora più irrequieti di quanto lo fossero stati dopo la loro prolungata assenza a causa del rapimento di Jelena e Deren. La loro ansia era così intensa che persino loro potevano provarla nonostante i cuccioli ormai avessero imparato a contenere le emozioni entro i confini delle proprie menti.
Avvolgendosi nel mantello a disagio, Jennifer domandò incerta: «Cosa c’è? È successo qualcosa?»
Non ne siamo sicuri... disse piano Rubia Qualcosa si sta muovendo qui intorno, qualcosa di... pericoloso.
«Gli orsi dovrebbero essere in letargo ormai.» disse Cedric perplesso.
Orsi? fece Umbreon, non conoscendo la parola, ma fu rapido a trovare la risposta nella mente del ragazzo e si affrettò a proseguire: No, qualcosa di molto più antico e pericoloso.
Quel giorno non riuscirono a divertirsi, troppo presi dall’agitazione dei piccoli draghi per lasciarsi andare, e tornarono a casa portandosi dietro quelle emozioni. I genitori non ci fecero caso, attribuendolo alla preoccupazione di dover affrontare un clima del genere anche nelle notti a venire.

Alcune notti più tardi il fenomeno si ripresentò, assente di una bufera di neve, ma un rumore terribile squarciò l’aria viaggiando lontano, trasportato dal vento. Al suono di quel ruggito feroce tutto il villaggio scese nelle strade. Il cielo era limpido perché il forte vento disperdeva le nubi, le stelle e le lune brillavano rischiarando la neve e facendone scintillare i minuscoli cristalli.
La gente vociava in preda all’agitazione e i ragazzini riuscirono a sgattaiolare fuori giusto il tempo di guardarsi intorno per poi essere rimproverati dai genitori. Cedric e Susan invece ebbero tutto il tempo che volevano dal momento che al ragazzo toccò andare a tranquillizzare i cavalli, e lei lo seguì a ruota per approfittarne.
Rimase fuori tutto il tempo a scrutare il cielo, sicura che quel ruggito appartenesse a un drago. Non sapeva cosa le desse tale sicurezza, ma sgranò gli occhi incredula quando lo vide passare davanti a una delle lune, a nord-ovest, probabilmente stava sorvolando il bosco dove avevano trovato il drago morto e, vedendolo, aveva ruggito arrabbiato.
Si sentì mancare il fiato a quella vista, le grandi ali da pipistrello attraversarono rapidamente il corpo celeste per poi sparire nascoste dal cielo scuro, ma impegnandosi riuscì a seguirne la traiettoria perché dove passava le stelle si spegnevano. Per essere una sagoma così poco visibile, e per il fatto che sembrava avvicinarsi al villaggio solo di notte portando con sé quegli strani fenomeni atmosferici, Susan intuì che fosse un grande drago nero.

Appena si riebbe corse dentro la stalla gridando il nome di Cedric e agitando di nuovo tutti i cavalli. Lui la guardò storto ma non ebbe il tempo di obiettare prima che la ragazzina lo ricoprisse con un fiume di parole. Mentre lei parlava il ragazzo sgranò gli occhi e le rivolse un’occhiata che le fece pensare che in realtà non la stesse guardando, assorto nei suoi pensieri.
Quando lei si zittì lui sussurrò: «Penso stia cercando i draghi.»
«Anch’io!» assentì annuendo vigorosamente «Secondo me ha ruggito perché ha visto il drago viola morto!»
«Siamo in grossi guai.»
«Non è detto! Se gli spieghiamo che li abbiamo salvati dai banditi forse...»
«Se.» la interruppe Cedric «Non è nemmeno detto che ci lasci la possibilità di parlare. Spero almeno che i draghetti gli spieghino la situazione prima che ci veda...»
«Forse se vede che ci siamo affezionati, noi a loro e loro a noi, non ci farà male! Per non ferire i loro sentimenti!»
«Sono pur sempre enormi incognite.»
«Che dici, andiamo da loro?» domandò ansiosa.
Dopo aver pensato a lungo il ragazzo annuì piano, quindi Susan corse subito verso casa a prendere i vestiti di entrambi mentre lui sellava Hurricane e Brezza. Lei si cambiò in camera e si avvolse nel suo mantello verde, portò fuori il suo cavallo per dare a lui il tempo di vestirsi a sua volta, poi entrambi galopparono rapidi verso il bosco. Il grande drago doveva essere ancora nei paraggi a giudicare dallo strano rumore simile a un rombo di tuono in lontananza che cresceva e scemava d’intensità a seconda della distanza cui volava da loro.
Anche diverse persone al villaggio avevano visto la grande ombra nera oscurare quasi interamente la luna più grande. Chi l’aveva visto solo di sfuggita o con la coda dell’occhio aveva pensato a un pipistrello di dimensioni notevoli, ma una decina di persone gridavano sconvolte, certe che quello fosse uno dei mostri usciti dalle leggende.
Nella situazione di panico generale, Mike Jennifer Layla e Andrew riuscirono di nuovo a uscire dalle loro case di nascosto, vestiti di tutto punto. Nessuno li notò, perché l’intero villaggio aveva ora gli occhi al cielo, e i genitori non si preoccuparono di guardare all’interno delle abitazioni credendo che vi fossero rimasti.
Si ritrovarono tutti alla tana dei draghi, arrivando uno alla volta. Prima che Layla, la prima ad arrivare, li raggiungesse, Cedric e Susan avevano già cominciato a scambiare le loro idee coi piccoli draghi, i quali erano se possibile ancora più irrequieti di qualche giorno prima: sostenevano che il grande drago avesse intercettato le loro menti e avesse tentato un contatto, ma avvertendo la loro paura e la loro diffidenza non aveva forzato l’ingresso.
Andrew, l’ultimo ad arrivare, fece appena in tempo a raggiungere la tana prima che una forte folata di vento l’investisse, e si sentì il chiaro rumore di lenzuola sbattute che precedeva il sordo rombo. I ragazzini si guardarono tra loro, nei loro occhi si leggeva solo puro terrore, e i draghetti si accucciarono a terra con le ali chiuse sul corpo come per ripararsi. I due cavalli nitrirono agitati e s’impennarono, Susan dovette farsi aiutare da Mike per tenere fermo Brezza.
È qui... sussurrò Sulphane atterrita.
Un cupo ringhio annunciò infatti la presenza del drago nero mentre folate di aria gelida li avvolgevano, la neve si sollevò disperdendosi nell’aria come polvere scintillante. Guardarono in alto e tra le alte fronde degli alberi videro un’enorme sagoma nera che agitava le ali per tenersi in quota ferma sopra le loro teste. Gli occhi rossi brillavano di una luce sinistra.
Con un debole ringhio riprese a volare allontanandosi e i ragazzi non riuscirono a capire il perché: era chiaro che li avesse visti insieme ai draghi, li aveva guardati dritti negli occhi uno a uno.
Rubia si rialzò lentamente e ruppe il silenzio dicendo: Credo voglia che lo seguiamo.
«Cosa?! E perché?» esclamò Mike sgomento.
Non lo so, è solo una mia impressione.
«E se volesse ucciderci? Qui non potrebbe farlo senza incendiare tutto e attirare l’attenzione.» protestò Andrew tremando sia di freddo che di paura.
Non ci ucciderà sbuffò Umbreon ritrovando il coraggio di muoversi Non ucciderebbe mai degli altri draghi, tantomeno così giovani.
«Sì, i draghi. Ma noi che vi abbiamo fatti nascere e cresciuti?»
Allora andremo solo noi disse Smeryld Anch’io percepisco che non vuole farci del male. Sembra curioso, vuole capire.
«Quindi non è arrabbiato?» fece Layla titubante.
Non sembra le rispose Ametyst.
Dunque draghi e ragazzi s’incamminarono verso sud, verso la vasta prateria a est di Darvil, trascinandosi i due cavalli per le redini che ancora cercavano di ribellarsi per scappare, senza successo. Ci misero dieci minuti buoni per uscire dal bosco trovandosi allo scoperto nella vasta pianura innevata, e i quattro scappati di nascosto si ritrovarono a sperare che ancora i genitori non avessero messo piede dentro casa, scoprendo così che mancavano.
Cedric e Susan legarono i due cavalli a due alberi al limitare del bosco mentre i sei draghetti si avviavano circospetti fuori, alla luce delle lune. I ragazzi tenevano gli occhi incollati al cielo alla ricerca della sagoma scura dagli occhi rossi del grande drago.
Sentirono l’ormai familiare presenza di una mente estranea nelle loro, che erano sprovviste di qualsiasi difesa e dunque vulnerabili a ogni attacco esterno.
Una voce profonda e gutturale ancor più di quella del piccolo Umbreon, accompagnata dal solito rumore di sottofondo – come quando si tappano le orecchie con entrambe le mani lasciando solo un piccolo spiraglio per far passare l’aria – sussurrò a tutti i ragazzi: Più a est per poi lasciarli. Gli era parso che fosse stato il più delicato possibile, come temendo di poter fare loro del male anche senza toccarli fisicamente.
Riferendo le parole anche ai draghetti obbedirono, camminando in direzione est immaginando che il drago non volesse trovarsi troppo vicino al villaggio; aveva già rischiato tantissimo ed era anche già stato avvistato da diverse persone, era comprensibile che volesse minimizzare il rischio il più possibile.
Mike e Andrew continuavano a guardarsi indietro, pensando che più si allontanavano dal villaggio più tempo avrebbero impiegato a ritornare; la possibilità che gli adulti scoprissero che se n’erano andati era ogni minuto più concreta e la sola idea di doverli affrontare inventandosi scuse campate per aria li spaventava quasi più dello stesso enorme drago.
Ma alla fine, quando lo ritenne più appropriato, il drago nero si riavvicinò da nord planando ad ali spiegate sulla prateria, abbassandosi di quota per poi compiere una lunga virata e atterrare davanti a loro quasi senza fare rumore.

  
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