Capitolo
3: Cerimonia di
Apertura (Parte I)
Il Centro Immagine
era famoso in tutta Capitol City e non c’era un solo
Capitolino che non sapesse
dove fosse, o che non l’avesse mai visto
dall’esterno.
Non erano però molti gli abitanti della
grandissima città ad esserci mai entrarti: Stilisti, interi
staff di
Preparatori, Mentori e Tributi affollavano l’edificio per un
solo periodo
all’anno… e quei giorni erano arrivati per la
76esima volta.
“Ovviamente
quest’anno le cose andranno diversamente… Non ci
sono Distretti in gioco e ovviamente,
nessun Mentore a vostra disposizione… Gli unici vintori in
vita sono coloro che
vi hanno condannato a tutto questo, perciò suppongo che non
sia una sorpresa
che nessuno di loro abbia voluto offrirsi di aiutarvi. Tutti voi
però avete
assistito ai Giochi per tutta la vita, quindi siamo del parere che
sappiate già
come andranno le cose: questa sera ci sarà la Cerimonia di
Apertura, quando
sfilerete davanti a tutti gli occhi di Panem… e da domani
inizieranno i quattro
giorni di Addestramento, al termine dei quali ci sarà la
Prova di Valutazione
come ogni anno. Siete
tutti cresciuti
qui quindi dubito che i preparatori avranno molto lavoro da fare su di
voi al
Centro Immagine, ma prima di incontrare gli Stilisti dovete comunque
farci un
giro.”
Nessuno osò
fiatare mentre la navetta si fermava sul ciglio della strada,
accostando
accanto al marciapiede proprio davanti alla grande struttura moderna
dalle
grandi finestre in vetro e le pareti grigie e lucide.
Raymond Houston,
uno dei tiratori scelti della Paylor che la donna aveva mandato a
“scortare” i
Tributi fino al Centro Immagine fece vagare gli occhi nerissimi sui 20
adolescenti come ad assicurarsi che nessuno avrebbe detto nulla prima
di aprire
lo sportello della vettura con un gesto secco.
“Coraggio
ragazzi,
andiamo… ci stanno aspettando un bel po’ di
persone, lì dentro.”
Raymond
invitò con
un cenno i ragazzi a scendere e tutti, chi più velocemente e
chi meno,
obbedirono, scendendo silenziosamente dalla navetta blu notte e
fermandosi sul
marciapiede.
Guardandosi
intorno David ebbe quasi la tentazione di darsela a gambe…
ma di certo c’erano
un mucchio di occhi puntati su di loro, dalle finestre dei grattacieli
che li
circondavano o anche da dietro ogni angolo della strada.
Lanciando
un’occhiata a Wilhelm, che teneva un braccio intorno alle
spalle di sua sorella
mentre si guardava intorno con attenzione, seppe che anche il ragazzo
stava
pensando la medesima cosa… ma anche lui aveva abbastanza
buonsenso da sapere
che non sarebbero riusciti a percorrere nemmeno metà della
via, anche se da
quando c’era la Paylor al comando la violenza che aveva
caratterizzato Panem
per anni era considerevolmente diminuita.
Seguendo Raymond
tutti e 20 i Tributi si affrettarono ad avvicinarsi
all’enorme cancello di ferro
scuro che segnava l’ingresso al Centro Immagine, che si
aprì non appena furono
a pochi passi di stanza.
“Secondo te
ci
stanno guardando?”
“Mi
stupirebbe il
contrario, onestamente…”
Aaron
inarcò un sopracciglio, guardandosi intorno con attenzione
mentre camminava a
fianco del fratello. Non
vedeva
telecamere, a parte le due collegate ai lati della porta
d’ingresso in vetro
infrangibile del Centro Immagine… ma di sicuro li stavano
osservando anche dai
grattacieli che li circondavano.
Dietro di loro
Amanda camminava accanto ad Astrid, guardandosi intorno con lo stomaco
contorto
in una morsa dolorosa: era già stata in quel posto ben
più di una volta… i suoi
genitori avevano lavorato a tutte le Edizioni degli ultimi 15 anni e
lei fin da
bambina aveva accompagnato sua madre, attirando sorrisi, attenzioni e
coccole
dai suoi colleghi e da interi Staff di Preparatori, osservando con
ammirazione
i disegni e il laboratorio della madre.
Triste pensare che
stava tornando lì per l’ultima volta…
sapeva che sua madre avrebbe lavorato
anche quell’anno ai Giochi come suo padre, ma di certo
Plutarch avrebbe fatto
in modo che nessuno di loro fosse il suo Stilista.
“So a cosa
stai
pensando… Mi dispiace, spero che potrai almeno vederli di
tanto in tanto.” Il
sussurro di Astrid la fece deglutire,
annuendo con un debole cenno del capo: in realtà non sapeva
nemmeno se voleva
davvero incontrare di nuovo i suoi genitori… sotto una certa
luce era quasi
felice che nessuno dei due avrebbe creato il suo abito per la Sfilata o
per
l’Intervista.
“Sai come ci
divideranno? Questa volta non ci sono Distretti…”
“Non hanno
avuto
tempo e modo di ristrutturare gli alloggi con la guerra
civile… ci sistemeranno
a coppie come hanno sempre fatto e due di noi avranno lo stesso
Stilista, ma
non so come ci divideranno.”
Le parole di
Amanda fecero sorridere debolmente l’amica, che le strinse
delicatamente la
mano rivolgendole un debole sorriso, come a volerle dire che sperava di
avere
il suo stesso alloggio per quei pochi giorni che precedevano il loro
ingresso
nell’Arena.
Ovviamente, lo
sperava anche Amanda… forse stando insieme quei giorni
sarebbero stati più
sopportabili.
*
“Sei
praticamente
l’unico che abbiamo dovuto sistemare per bene… Mi
spieghi dove hai vissuto fino
ad oggi?”
“Qua e
là.”
David si strinse nelle spalle prima di
gemere sommessamente mentre Lucinda, una delle estetiste sopravvissute
indenni alla
guerra civile che affollavano il Centro Immagine, gli sistemava le
sopracciglia
armata di una pinzetta rosa pastello che in pochi minuti era diventata
al
peggior nemica del ragazzino.
“Un vero
peccato,
sei un bel ragazzino…”
“Non sono un
ragazzino, sono più maturo di molti tra quegli idioti, senza
cervello e viziati
che stanno fuori da questa stanza.”
“Nervosetto,
eh?
D’accordo scusa, non ti chiamerò più
ragazzino…”
David tenne gli
occhi chiusi ma sentì la giovane donna ridacchiare,
facendolo rilassare leggermente:
Lucinda se non altro trasmetteva tranquillità, con un
sorriso gentile e vivaci
occhi scuri non esageratamente truccati.
“Finito,
pupi
tornare a respirare. Ora sei molto più carino
David.” David
riaprì gli occhi, vedendo la donna
sorridergli mentre si alzava a sedere sul lettino dove gli aveva detto
di
stendersi dieci minuti prima.
“Sembri
più
giovane degli altri… sei qui da molto?”
“No, questo
è il
mio primo e ultimo anno ai Giochi… un po’ mi
spiace, quello è il sogno di ogni
truccatore… Ma mi dispiace per voi, non vi meritate quello
che vi hanno fatto.”
Lucinda gli
rivolse un’occhiata sinceramente dispiaciuta mentre rimetteva
in un cassetto le
“pinzette infernali”, facendo sbuffare debolmente
il ragazzino:
“Non credo
che
nemmeno i Tributi degli anni passati se lo meritassero, in
realtà.”
*
Silver, avvolta in
un morbido accappatoio bianco, avanzò quasi timidamente
nella stanza dalle
pareti lucide e bianche che quasi si confondevano con il pavimento
immacolato. Raggiunse
il divano color cremisi e ci si
sedette su un angolo, sentendo poco dopo la porta scorrevole aprirsi.
Non si
voltò ma si chiese chi fosse appena entrato, curiosa di
sapere con chi avrebbe condiviso
Stilista ma soprattutto appartamento per i giorni seguenti…
Raymond aveva detto
che erano stati divisi in base a coppie dello stesso sesso, quindi si
trattava
di sicuro di una ragazza. Un po’ le dispiaceva, le sarebbe
piaciuto stare di
più con suo fratello… Wilhelm doveva aver pensato
lo stesso perché le aveva lanciato
un’occhiata malinconica, ma nessuno aveva osato protestare.
Una figura a piedi
nudi e avvolta in un accappatoio uguale al suo si avvicinò,
sedendosi accanto a
lei prima di tenderle la mano:
“Ciao…
Sei Silver,
vero?”
“Carly.” La
ragazzina annuì, stringendo la mano che
la compagna le tendeva: si somigliavano abbastanza in effetti, entrambe
bionde
con occhi azzurri e la carnagione chiara… Erica
annuì, appuntandosi mentalmente
di chiamarla con il secondo nome che la ragazzina aveva sempre
preferito fin da
piccola.
“Me lo
ricorderò.
Io sono Erica, comunque… Posso chiederti quanti anni
hai?”
“13.
Tu?”
“14. Forse
ci
hanno diviso in base
all’età…”
La bionda si
strinse nelle spalle, giocherellando distrattamente con la cintura
dell’accappatoio
mentre aspettavano l’arrivo del loro Stilista, in attesa di
prepararsi per la
Sfilata dopo aver fatto una doccia.
“Non
è da
escludere.”
La porta
scorrevole si aprì di nuovo ma questa volta Carly si
voltò con curiosità,
imitata dalla sua compagna di sventura: nella stanza quadrata era
appena
entrata una donna sorridente, vestita di un azzurro Tiffany polvere e
con
vaporosi capelli color grano:
“Salve
ragazze! Io
mi chiamo Zelda… Silver ed Erica, giusto?”
“Carly…” La ragazzina si
chiese quante altre volte
avrebbe dovuto correggere le persone che l’avrebbero
circondata nei suoi ultimi
giorni di vita ma la Stilista non sembrò offendersi dalla
sua puntualizzazione,
sorridendole mentre prendeva posto nella poltrona davanti al divano,
accavallando
le gambe mentre appoggiava sul tavolino in vetro una cartellina blu.
“Scusami,
Carly.
Ci hanno fatto iniziare a disegnare abiti già da un paio di
settimane,
dicendoci solo se avremmo dovuto occuparsi di ragazzi o
ragazze… e sembra che a
me abbiano affidato le “piccoline” dello show. Ma
non preoccupatevi ragazze,
nelle mie mani brillerete lo stesso. Ditemi che ne pensate.”
Zelda sorrise,
strizzando l’occhio alle due mentre apriva la cartellina con
un gesto secco,
mostrando un paio di disegni. Su
uno
c’era scarabocchiato “Silver” con una
calligrafia elegante e piena di
ghirigori, così la biondina lo prese, osservandolo quasi con
ammirazione:
“E’
bellissimo…”
“Grazie,
sono
felice che ti piaccia… Tu che ne pensi Erica? Ho ancora
tempo di fare qualche
modifica, basta che me lo diciate.”
Erica però
sorrise
appena, alzando lo sguardo dal disegno al volto della donna:
“No, va
benissimo…
è il mio colore preferito, il rosso.”
“Allora
forse
dovevo fare l’indovina, non la Stilista. Visto che non avete
obiezioni possiamo
iniziare a farvi belle… seguitemi, non abbiamo molto
tempo.”
Zelda si
alzò,
recuperando i disegni destinati alla Sfilata – sia Carly che
Eruca ne avevano
intravisti altri, di certo per le Interviste - prima di guidare le due
fuori
dalla stanza, lungo un corridoio illuminato e decisamente affollato:
truccatori
e Stilisti continuavano a fare avanti e indietro mentre preparavano i
Tributi
che gli erano stati assegnati solo un paio d’ore prima.
*
“Beh, questi
silenzi non mi piacciono… che cosa ne pensate?”
Nonostante tutto
Africa sfoggiò un sorriso sincero, rimirando la sua immagine
riflessa nello
specchio: per evitare che i suoi capelli rosa facessero a botte con
tutto il
resto Sylvian le aveva fatto indossare un abito bianco piuttosto
semplice,
senza spalline e a Stile Impero, con il corpetto delimitato da due file
di
diamanti.
Le avevano legato
elegantemente i capelli e la ragazza, che da sempre amava moltissimo la
moda,
non poteva che osservare con soddisfazione il risultato della
preparazione:
“E’
molto bello…
Mi piace molto.”
Africa si voltò verso
il suo Stilista, rivolgendogli uno dei suoi rari sorrisi colmi di
gratitudine:
era sempre stata abituata ad avere tutto ciò che voleva, e
di certo se avesse
visto quel vestito in una qualche vetrina se ne sarebbe innamorata
subito.
“Mi fa
piacere.
April?
“Non sono
tipo da
abiti come questi… però sono contenta che non sia
troppo appariscente, non
fanno per me cose di quel genere.”
April si strinse
nelle spalle, sfiorandosi i capelli acconciati in una treccia a spina
di pesce
che le ricadeva su una spalla mentre stava in piedi davanti ad uno
specchio,
esattamente come Africa.
Di certo sarebbero
state impossibili da non notare quando avrebbero sfilato sui carri, con
entrambi i capelli tinti di colori accesi… Inoltre April
indossava un lungo
abito nero dalla gonna abbastanza attillata, in netta contrapposizione
con il
vestito di Africa così candido che sembrava quasi brillare.
“Ti ho visto
alla
Mietitura… ti vesti sempre di scuro?”
“Si,
sempre.”
“Allora ho
fatto
una buona scelta… Ma ora venite con me ragazze, devo
portarvi di sotto per
raggiungere gli altri.”
Sylvian
allungò
una mano verso April, aiutandola a scendere dalla pedana senza
ruzzolare sul
pavimento a causa dei tracchi. Africa invece saltò
giù con gran disinvoltura,
come se fosse perfettamente abituata ad indossare quel genere di
vestiti.
Forse non sarebbe
mai diventata una Stilista… ma per lo meno aveva
l’occasione di concludere in
bellezza, indossando abiti semplicemente favolosi.
*
“Faye…
Puoi
tirarmi su la zip, per favore?”
“Certo, non
preoccuparti.”
Faye sorrise, cercando
di tranquillizzare Tonya che invece sembrava un fascio di nervi mentre
stavano
per scendere al piano interrato della struttura per sfilare davanti a
tutta
Panem fino al Centro di Addestramento.
Le due erano
già
state truccate e pettinate dalle mani esperte dei loro preparatori e a
breve
avrebbero dovuto sfilare davanti a tutta Panem, visione che non
contribuiva
affatto a rendere Tonya più tranquilla.
In effetti nemmeno
Faye moriva dalla voglia di essere sotto gli occhi di milioni di
persone, ma il
bellissimo vestito che indossava e che le piaceva moltissimo
l’aiutava a non
pensarci e a distrarsi in qualche modo: era senza spalline e composto
da un
tubino color avorio lungo fin sopra le ginocchia ma da sotto il
corpetto
plissettato si apriva una specie di strascico di una
tonalità appena più scura
della gonna sottostante.
I capelli erano
come sempre mossi e tenuti sciolti, mentre quelli scuri di Tonya erano
stati
acconciati e raccolti.
Faye tirò
su la
cerniera del vestito rosa antico con la gonna in chiffon della
compagna, che le
rivolse un sorriso carico di gratitudine mentre si voltava di nuovo
verso di
lei:
“Grazie.
Sono
felice che ci abbiano messe insieme, a volte Africa mi mette a
disagio.”
“Diciamo
pure che
non è la persona più loquace che
esista… Ma non dovresti lasciare che le
persone ti trattino male Tonya, sono certa di non essere la prima a
dirtelo.”
La ragazza rivolse
alla coetanea uno sguardo quasi esasperato, quasi a chiederle
perché lasciasse
che il mondo intero la sfruttasse a suo piacimento. Sapeva che era
stata
abbandonata da entrambi i genitori e che la cosa doveva di certo averla
segnata, ma non era nemmeno giusto sprecare la proprio vita per
compiacere gli
altri e attaccarsi a chiunque solo per paura di restare soli.
Tonya però
non
disse nulla, abbassando lo sguardo come se non volesse affrontare
l’argomento:
era consapevole di cosa pensassero tutti, non era certo
stupida… ma si era
sempre detta di non farci troppo caso, non riuscendo a cambiare il suo
atteggiamento.
“No, non lo
sei…
Ma grazie per essere sempre gentile con me Faye, se ci fossero
più persone come
te Capitol sarebbe un posto migliore… e forse non ci
sarebbero stati 75 anni di
massacri.”
Tonya
abbozzò un
sorriso e Faye non riuscì a non ricambiare, guardandola
quasi con tenerezza:
“Grazie…
E’ un bel
complimento. Su, ora però andiamo… altrimenti
Africa Garrett si auto-proclamerà
la più bella della serata mentre noi stiamo qui a
chiacchierare.”
Prendendo la
coetanea, nonché compagna di scuola, sottobraccio la
quindicenne si avvicinò
alla porta, camminando con la massima velocità che i tacchi
concedevano ad
entrambe.
“Ok, ma
andiamo
con calma… non voglio cadere e smaltarmi la faccia sul
pavimento, preferisco
arrivare viva e intera almeno all’Arena!”
*
Brittany si
sfiorò
con le dita i lunghi ricci scuri che le ricadeva morbidi e lucenti
sulle
spalle, lasciate nude dal vestito dalla gonna grigio scuro in chiffon e
il
corpetto ricoperto da del pizzo blu.
“Puoi stare
tranquilla, se ti stai chiedendo quello… ti sta molto bene
quel vestito.”
La ragazza si
voltò, rivolgendo a Rubinia un sorriso incerto come a
volerla ringraziare,
anche se non era poi tanto sicura delle parole della compagna:
“Ti
ringrazio… Anche
tu sei molto bella.”
La rossa si
strinse nelle spalle, accarezzandosi con la punta delle dita i lunghi
capelli
lisci lasciati sciolti sulle spalle, messi in risalto dalla lunga
tunica nera
che indossava decorata con delle fiamme che sembravano quasi far
prendere letteralmente
fuoco anche i suoi capelli.
“Grazie…
Mi
ricorda molto “la ragazza in fiamme”.”
“Beh, forse
non è
un brutto segno… Katniss ha vinto la sua edizione
dopotutto.”
“E’
vero, ma ha
anche scatenato una guerra civile che ci ha portato a questa
situazione… e ha
anche votato a favore di questi Giochi, quindi in effetti è
grazie a lei se
siamo qui.”
Le parole di
Rubinia, non sprezzanti ma apatice, come se verso la Ghiandaia
Imitatrice
provasse solo un freddo distacco, fecero riflettere Brittany per tutto
il
tragitto verso gli ascensori, dove incontrarono anche Astrid e Amanda
perfettamente
agghindate.
Un tempo aveva
provato sincera ammirazione verso Katniss Everdeen… ma
Rubinia aveva ragione
dopotutto: lei aveva votato per far sì che
quell’ultima edizione venisse
organizzata suol serio e di certo il suo era stato un voto decisivo,
vista
l’influenza che aveva.
Tuttavia il flusso
di pensieri della ragazza venne interrotto dalle due ragazze che
incontrarono
davanti agli ascensore, due volti noti agli occhi di Brittany: non
conosceva
benissimo Amanda e Astrid, ma avevano ka stessa età e anche
se non erano mai
state nella stessa classe si erano incrociate nei corridoi o alle
riunioni innumerevoli
volte.
“Ciao…
Io sono
Astrid, lei è Amanda. Ciao Brittany, bel vestito.” Ast6rid
rivolse alla ragazza un sorriso che
venne ricambiato debolmente, ma la mora non proferì parole
mentre entrava nella
cabina metallica insieme a Rubinia e alle altre due: era sempre stata
leggermente
introversa e non parlava molto… solo quando faceva amicizia
riusciva ad aprirsi
sul serio e le ci voleva sempre un po’.
Rubinia invece non
sembrava avere quel genere di problemi e sorrise di rimando ad Astrid
ed Amanda,
presentandosi a sua volta senza alcuna esitazione e facendo di rimando
dei
complimenti ad entrambe, che erano effettivamente molto belle quella
sera.
“Grazie,
anche i
vostri sono bellissimi… li ha disegnati mia madre, in
effetti.”
Il tono di Amanda
non nascose una nota di amarezza che Astrid colse, rivolgendo
all’amica
un’occhiata eloquente mentre l’ascensore si muoveva
velocemente verso il basso.
Brittany si
guardò
e si appuntò mentalmente di ringraziare la madre di Amanda
per il vestito che
aveva confezionato… sapeva che era una Stilista, ma non
aveva pensato
all’eventualità che potesse essere assegnata
proprio a lei.
“Beh, allora
è
molto brava.”
Probabilmente in
un’altra situazione Rubinia avrebbe sorriso, dicendo qualcosa
sul fatto che di
sicuro Amanda avesse sempre avuto abiti bellissimi da
indossare… ma erano
chiuse in una cabina di metallo per sfilare alla famigerata Cerimonia
di
Apertura degli Hunger Games, e nessuno sembrava avere molta voglia di
chiacchierare su come avessero vissuto solo fino al, giorno prima,
quando non
erano i Tributi dell’ultima edizione dei Giochi ma delle
normalissime ragazze
di Capitol.
Quando, poco dopo,
le porte metalliche dell’ascensore si aprirono le quattro si
ritrovarono nel
piano interrato del Centro Immagine, che somigliava ad una grande
galleria di
garage chiusi dalla porta a doppio battente che li separava dalla
folla.
Intorno a loro
c’erano
Stilisti che andavano avanti e indietro per dare qualche consiglio o
un’ultima
sistematina ai capelli ai Tributi e alcuni giornalisti che si portavano
dietro
frotte di cameramen che avevano il compito di non farsi sfuggire
neanche un
singolo dettaglio della serata.
“Immagino
che ci
faranno disporre sui carri in base agli alloggi, no?”
Amanda
inarcò un
sopracciglio e Astrid si strinse nelle spalle, sostenendo che per
esserne
sicure dovevano chiedere agli altri o a qualcuno degli Stilisti.
“In tal
caso, sarà
meglio cercare il nostro carro… buona fortuna.” Amanda rivolse
un debole sorriso in
direzione di Rubinia e Brittany, che ricambiarono prima che le due si
allontanassero camminando sui tacchi alti con una sicurezza che fece
provare a
Brittany una punta d’invidia:
“Beate voi,
ci
siete di sicuro più abituate di me…”
Il borbottio quasi
cupo della ragazza attirò la curiosità di
Rubinia, che la guardò inarcando un
sopracciglio con aria sorpresa:
“Mai preso
parte
ai famosi party di Capitol in pompa magna?”
“No…
negli orfanotrofi
non facciamo queste cose, neanche nella città del lusso
più ostentato.”
Brittany si
strinse nelle spalle, cogliendo la sorpresa che le sue parole avevano
scaturito
nella compagna che non replicò, probabilmente maledicendo
invece la sua
incapacità di tenere la bocca chiusa.
Nessuna delle due
si fermò a chiacchierare o fare domande l’una
all’altra, impegnate a cercare il
loro carro mentre zigzavano tra gli altri Tributi e i loro Stilisti,
tutti
tirati a lucido come se stessero andando ad una delle tante feste di
Capitol: i
ragazzi pettinati e con addosso completi di vari colori lucidi o opachi
a
seconda del tessuto, le ragazze fasciate in bellissimi ed eleganti
abiti da
sera.
“In genere
nella
Sfilata rispecchiava i vari Distretti… immagino che
quest’anno noi
rappresentiamo il lusso di Capitol.”
Brittany annuì alle parole di Rubinia mentre si
avvicinavano,
finalmente, al loro carro, indicato alle due dallo Stilista di Africa e
April,
Sylvian.
Brittany
alzò una
mano per accarezzare il pelo grigio del Dapple May Grey che avrebbe
trainato il
loro carro, sperando vivamente che l’animale fosse
più tranquillo di quanto non
lo fosse lei, perché in caso contrario probabilmente lei e
Rubinia si sarebbero
ritrovate alle prese con un cavallo molto irrequieto che le avrebbe
fatte
cadere dal carro.
I 10 mezzi di
trasporto erano stati perfettamente allineati uno dietro
l’altro, pronti a
trasportare come ogni anno due dei “fortunati”
prescelti per i Giochi. Tra i
primi Brittany riconobbe ilo ragazzino con cui aveva scambiato qualche
parola
solo poche ore prima e quasi si dispiacque per David: a lei non sarebbe
piaciuto
affatto essere la prima a dover uscire e finire sotto gli occhi di
tutti…
Mentre saliva sul
carro Rubinia afferrò la ringhiera scura, pregando
mentalmente di non scivolare
e che il cavallo non sarebbe andato troppo veloce… La rossa
si chiese se
quell’anno i Capitolini avrebbero urlato e acclamato i
Tributi come avevano
sempre fatto: di certo tutta la città non aveva preso bene
la scelta di fare
un’ultima edizione con i ragazzi della capitale, anche se
probabilmente c’era
qualcuno che trovava la cosa divertente e che avrebbe comunque guardato
con
gioia anche quell’edizione.
“Ci siamo,
immagino…”
“Si Rubinia,
temo
proprio che stiamo per entrare nel vivo dei Giochi… Possa la
fortuna essere a
nostro favore.”