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Autore: Niley story    09/10/2016    5 recensioni
Suono delle onde. Questo era il significato del suo nome. Hanon. Lei è una ragazza forte, determinata, pronta a dare il tutto e per tutto, a mettersi in gioco senza rimuginare troppo sulle conseguenze. Lei stessa in fondo è un onda, un onda capace di travolgerti e sconvolgerti la vita.
Ma anche lei troverà quella roccia che le darà un freno, una roccia contro la quale sbattere e il suo nome sarà Ryan Carter. Ma a furia di provare, potrà mai quell'onda scaraventare una roccia?
Questa è una storia che parla di sogni, di passioni, di amore, di amicizia e di vita.
Ma soprattutto parla di rischiare, dare il tutto per tutto sempre e comunque senza condizioni e senza sicurezze. Quanta forza può avere una ragazza di 21 anni? E quanta ne puoi averne tu?
Forse e dico forse, più di quanta immagini.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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~9. Diversa da tutte

Sia io che Ryan partimmo cercando di tenere un ritmo costante, né troppo rapido, né troppo lento. Se c’era una cosa che avevo imparato di lui era che come me, detestava perdere. Beh questa volta dovrà farlo, mi dissi tra me e me. Nessuno dei due distoglieva lo sguardo dal percorso, con la coda dell’occhio notai che era salito su una panchina non deviandola, è agile, ma non mi sarei certo tirata indietro. Saltai delle casse di verdura che mi impedivano il tragitto, inutile dire che mi guadagnai delle parole non molto carine da parte del fruttivendolo. << Sai, è inutile che ti affatichi tanto, vincerò io >> << Zitto e corri invece di sprecare fiato >> lo avvertii, continuammo il nostro giro a lungo per circa tre chilometri, entrambi eravamo stanchi e affannati, tuttavia mancava davvero poco all’arrivo. Non mi aspettavo che Ryan fosse così veloce, ma non potevo fermarmi, non adesso. Riuscii a prendere un po’ di vantaggio, quando d’un tratto sentii un lamento << Ah! >> mi fermai di colpo per voltarmi indietro. Ryan era a terra e teneva la caviglia sinistra tra le mani, oddio, per favore fa che non sia una distorsione. Mi avvicinai a lui ansimante, passai il dorso della mano destra sulla fronte, così da togliere il sudore << Hai preso una storta? >> mi chinai verso di lui poggiando il ginocchio sinistro sull’asfalto. << Sì, fa male >> protesi la mano per toccare la parte dolorante, ma la sua voce mi fermò << No! Non ci provare! >> mi accigliai guardandolo male << Beh e come facciamo a valutare il danno se non mi fai dare un’occhiata? >> << Non ce n’è bisogno, sai perché? >> non risposi alla domanda, restai a guardarlo in attesa di una risposta << Perché è tutta una presa in giro >> prima che riuscissi a controbattere lui mi diede una leggera spinta toccandomi la spalla, così da farmi cadere seduta a terra, lui rise sollevandosi di scatto e riprendendo a correre. Lo guardai a bocca aperta per qualche secondo << RYAN CARTER, SEI UN BASTARDO IMBROGLIONE! TORNA QUI! >> rapidamente, ripresi il mio percorso in un vano tentativo di raggiungerlo. Com’era prevedibile, Ryan arrivò prima di me, si voltò a guardarmi sorridendo mentre io ero intenta ad arrivare al traguardo. << Sei un imbroglione! Non si vinche così! >> << Così come? >> la sua risata sarcastica mi dava sui nervi << Hai fatto finta di farti male! >> non potevo credere che avesse il coraggio di chiedere “così come?”, sa di aver imbrogliato. << Non dare la colpa a me della tua ingenuità, se fosse successo il contrario io non mi sarei mai fermato >> che sbruffone. Non sarebbe mai potuto accadere il contrario. << Io non avrei mai e poi mai finto di cadere, gioco pulito…IO. >> calcai bene l’ultima parola poggiando le mani sui fianchi. << Ma io non mi sarei fermato neanche se fossi caduta davvero, Hanon. Devi svegliarti, non si vince facendo gli altruisti >> onestamente, mi sorprese il fatto che conoscesse anche solo l’esistenza della parola “altruismo. << Stai dicendo che hai fatto questa scenetta per dimostrarmi che non vincerò mai se mi preoccuperò anche degli altri? >> era un ragionamento stupido oltre che insensato. << Esatto, vedi che quando vuoi ci arrivi? >> il suo tono ironico, da presa in giro, non faceva altro che alimentare la mia rabbia. Gli sorrisi falsamente, lui sembrava divertirsi in questa situazione << Ora devo andare, ci vediamo in giro, magari un’altra volta riusciamo a fare una vera corsa. Ci si vede domani, bionda >> prima che io potessi dire qualunque altra parola, Ryan corse via, trovavo davvero assurdo il suo modo di fare e ragionare – ammesso che si possa definire ragionare – la cosa era alquanto irritante, ma ormai si sapeva, Ryan Carter sembrava nato per irritarmi. << Non ci posso credere, no ma dico...lo hai visto? È da istinto omicida. >> dissi rivolta verso May << Ignoralo, è solo un’idiota. Ha dovuto barare per batterti >> << No, non mi ha battuto, mi ha soltanto fatto perdere tempo. Ma mi rifarò. >> il mio sguardo finì di nuovo a osservare il punto in cui Ryan era sparito. Avrei davvero potuto prenderlo a schiaffi in questo momento << Su, dai. Andiamo a fare colazione >> May mi distolse dai miei pensieri, le feci un cenno di assenso col capo e poi la seguii. Tornammo alla panchina sulla quale Lea era letteralmente stesa a leggere, farneticare, sclerare e…sì, stava parlando da sola. << Ma no! Ma Jase sei uno stupido! Non puoi trattarla così, lei ti AMA! Ma non si fa. Ma io non lo so >> dopo averle dato un’occhiata, io e May ci lanciammo uno sguardo, lei scrollò le spalle come per dire che è tutto in regola. << Non si può fare molto con una disagiata mentale >> sussurrò indicandola con la mano. << Oh! Offensivo. >> << Lea, alza il culo e andiamo a fare colazione >> la finezza di May può lasciare senza ombra di dubbio a bocca aperta. Lea fece un profondo respiro, si stiracchiò con estrema calma come se fosse sul suo lettino, ripose il libro nel suo zainetto e si alzò << Andiamo! >> la ragazza dai capelli lilla avanzò il passo, la seguimmo tornando al bar sulla spiaggia.
<< Uffa!! E io me lo sono persa, che ingiustizia! >> questo fu il primo pensiero di Lea dopo che io e May raccontammo della corsa. << Non è che tu ti sia persa molto, te l’ho detto, ha imbrogliato, altrimenti lo avrei stracciato. >> ed ero assolutamente sicura delle mie parole. Presi il bicchiere di succo di pesca avvicinandolo alle labbra << Cosa vuoi che mi importi della corsa? Volevo vedere voi due insieme, May, hai fatto qualche foto? >> May aggrottò la fronte prima di rispondere alla domanda << Perché avrei dovuto fare una foto? >> Lea tirò fuori il suo i-Phon 7s con la cover nera dei doni della morta << Uffa, ma che noia, devo pensare sempre a tutto io, non toccate la colazione, devo prima postarla su instagram. >> dopo aver scattato la sua foto, Lea poggiò il cellulare sul tavolo, notai un ragazzo avvicinarsi al nostro tavolo, credo fosse poco più alto di May, abbronzato, capelli neri e occhi verdi, aveva un look da skater direi, magari dipeso anche dal fatto che nella mano destra né impugnava uno. << Hey hey, eccole qui le più belle della Gold Coast! >> il ragazzo afferrò la frontiera del suo berretto rosso per girarla all’indietro, prese una sedia dal tavolo accanto posizionandola tra Lea e May, si sedette col petto sulla spalliera e diede un bacio prima alla castana, poi all’altra. << Austin, sei tornato! >> May sorrise al ragazzo e lui ricambiò, poi allungò la mano destra per toccare i capelli di Lea, ma quest’ultima gli diede un leggero schiaffo sulla mano << Non ti azzardare. I miei capelli non si toccano, Austin. Ma sono contenta di vederti. >> pronunciò seriamente la prima parte puntandogli contro l’indice destro, poi sorrise ampliamente e si protese verso di lui per abbracciarlo, gli lasciò un bacio sulla guancia, tornò nella posizione di prima. Il ragazzo prese una delle fette di cioccolata che erano nel vassoio, quando sollevò lo sguardo i suoi occhi incrociarono i miei. Restò a fissarmi per qualche secondo, stavo per chiedergli se avesse intenzione di parlarmi prima o poi, ma lui mi anticipò << Una nuova gemma per questo posto! Non mi avevate detto che avevate una nuova amica, che brutte figure mi fate fare, io sono Austin, piacere >>. Tese il suo braccio verso di me, ha una muscolatura leggermente marcata, si nota che è uno sportivo, allungai la mano per afferrare la sua << Io mi chiamo Hanon, piacere mio. >> << Hanon? Wow, mai sentito, giuro. Da dove vieni? >> lasciata la mia mano, tornò a occuparsi della fetta di cioccolato.  << Vengo dalla Sunshine Cost, sono qui da una settimana, vivo a casa di mio zio >> << Lei è la nipote di Zac >> intervenne May, il ragazzo le lanciò uno sguardo veloce, tornò a puntare me << Davvero? Che forte! Io adoro tuo zio, è un surfista fantastico. Anche tu fai surf? >> non potei fare a meno di ridere al senti pronunciare la mia parola preferita. << Sì, anche io faccio surf e un giorno diventerò una famosa surfista di fama mondiale! Tu invece? >> chiesi curiosa di sapere la risposta, il ragazzo ingoiò ciò che stava masticando prima di riaprire bocca << Mi stai chiedendo se pratico surf? >> feci un cenno di assenso col capo, ma a darmi la risposta fu May << Austin surfa come uno skater. >> risi a quelle parole, nulla contro gli skater, per carità, ma non si sta su una tavola da surf esattamente allo stesso modo. Austin guardò May, non sembrava arrabbiato o offeso, al contrario, il suo sorriso annuncia un contrattacco << Beh sempre meglio che cavalcare le onde come una cavallerizza >> risi ancora più forte, questa volta seguita anche da Lea, May invece era tutt’altro che divertita. << Rimangiatelo subito o ti faccio ingoiare quel toast in un solo boccone >> la minaccia sembrava al quanto seria, ma Austin continuava a ridere, le si avvicinò rapidamente schioccandole un bacio sulla guancia << Prima però dovresti riuscire a prendermi. >> si allontanò rapidamente dal tavolo, scese le scale arrivando sulla spiaggia, May si apprestò ad andargli dietro per riuscire a prenderlo, erano davvero buffi << Ma fanno sempre così? >> mi voltai verso Lea per conoscere la risposta << Oh sì, fanno anche di peggio. Conosciamo Austin fin da quando eravamo bambini, lui è l’opposto di May >> tornai a guardare quei, il ragazzo continuava a ripetere che non l’avrebbe preso mentre lei era intenta a provare e riprovare. << In che senso “l’opposto”? >> << Beh Austin è una persona molto espansiva, molto aperta, più simile a me se vogliamo. Lui è simpatico, ha tanti amici, a tutti piace stare con lui >> presi il piatto con le uova strapazzate e iniziai a mangiarle. << Beh tu sei più una che se ne sta sulle sue o sbaglio? Insomma a parte me e May non ti ho vista parlare con altri >> Lea scrollò le spalle e poi fece un cenno di assenso col capo << Sì, ma mi riferivo al fatto che è simpatico >> scoppiai a ridere negando col capo << Ah quindi ti definisci simpatica? >> << Hey! Non provarci nemmeno, io sono simpaticissima, chiaro? >> l’espressione delusa/ferita di Lea non faceva altro che farmi ridere ancora di più, sembrava un cucciolo offeso << Dai, stavo scherzando >> come un tenero cagnolino, la ragazza dai capelli lilla torna a sorridere e a mangiare. May e Austin tornarono a sedersi al tavolo << Uffa, mi hai fatto male  >> il ragazzo si accarezzava dietro la testa mentre prendeva posto << Ben ti sta, ti avevo detto che ti avrei preso. E non lagnarti, avevi anche il cappello, non ti ho fatto niente >>. Riprendemmo a fare colazione in pace e tranquillità…beh si fa per modo di dire, tra i continui litigi di May e Austin, gli snapchat di Lea e il suo voler fare video e foto a tradimento non era così tranquilla. Austin ci raccontò del suo viaggio di due settimane a Miami con la famiglia, sembrava davvero un ragazzo simpatico come aveva detto Lea, il suo modo di essere mi ricorda quello di mio fratello minore tempo fa, prima dell’incidente di nostro padre. La giornata con le ragazze trascorse tranquilla, finalmente niente stress, Austin restò con noi fino ad orario di pranzo, poi facemmo un giro per il centro commerciale. Finalmente avevo un giorno dedicato al solo relax…senza Ryan Carter. Tuttavia, il giorno seguente nulla mia avrebbe salvato da tanto stress che poteva causarmi quell’irritante ragazzo…nulla.
<< Andiamo, Ryan! Ti ho detto di svegliarti! Devo pulire la tua stanza! >> assurdo, mi rendeva il lavoro più complicato di quanto già non lo fosse, inoltre Dalia sembrava essersi svegliata di pessimo umore stamattina e se non avessi ripulito la stanza di Ryan avrei dovuto sorbirmela fino alla fine del turno. Come se ciò non bastasse, questo ragazzo è nato per complicarmi la vita << Ryan! >> si pose il cuscino sul capo, come se volesse dirmi di stare zitta o comunque non sentirmi in un certo senso. E va bene, mali estremi, estremi rimedi. Tirai via il lenzuolo lasciandolo coperto solo dai pantaloncini del pigiama. << Mh…io ti ammazzo >> mormorò ancora con gli occhi chiusi << Anche io ti ammazzo, con un cuscino, mentre dormi, ti soffoco. Ora però alzati >> finalmente aprì gli occhi per guardarmi, mi fulminò con lo sguardo e mi strappò il lenzuolo di mano per poi coricarsi ancora. Dovevo fare appello a tutte le mie forze per mantenere la calma e non sclerare con i suoi atteggiamenti, eppure avevo asciato la sua stanza per ultima apposta. << Ryan! Svegliati! Sono le dieci, dannazione! >> estese il lenzuolo fin sopra la testa, così che io riuscissi a sentire solo un filo della sua voce già roca a causa del sonno << Sei una rottura di scatole! Perché ti ho assunto? >> alzai gli occhi al cielo, avrei tanto voluto gridargli “sei tu la rottura di scatole qui” ma in fin dei conti è sempre il capo. Okay, voleva continuare a dormire? Perfetto. Presi l’aspirapolvere e iniziai a passarla per la stanza << HANON! >> oh la voce sembrava essergli tornata di colpo. Si alzò con la schiena mettendosi a sedere, lo ignorai continuando a togliere la polvere << Spegni quella dannata macchina! >> feci finta di non sentirlo fino a quando non trovai un reggiseno fuxia a terra. Spensi l’aspirapolvere e lo afferrai per una delle bretelline, quasi disgustata << Questo lo indossi per andare a fare un giro nei locali notturno o…? >> Ryan era intento a strofinarsi il viso con entrambe le mani prima di vedere ciò che gli stavo mostrando. << Si chiama reggiseno, non hai ancora avuto il piacere di averne uno o di fartelo sfilare come si deve? Se vuoi posso regalarti quello, non so di chi sia in fondo >> la sua risatina divertita era ancora più irritante del solito, aveva poggiato le mani sul materasso come per sorreggersi, gli lancia il reggiseno sul letto facendolo cadere sul lenzuolo all’altezza delle gambe che teneva incrociate sotto di esso. << Puoi tenertelo, non ne ho bisogno. E credo sua abbastanza evidente che io sappia meglio di te cosa sia. >> risposi, la sua battuta non mi aveva toccato minimamente perché sono cosciente del fatto di avere un seno perfettamente proporzionato. Riaccesi l’aspirapolvere, ma riuscii a malapena a fare due passi prima che qualcuno – Ryan – me la togliesse di mano spegnendola. Mi voltai per dirgli di lasciarmi in pace, quando il mio petto si scontrò col suo però mi resi conto di quanto era vicino. << Ti dispiace lasciarmi lavorare? >> chiesi in un finto tono dolce inclinando leggermente il capo verso destra << Oh assolutamente no, volevo solo avvisarti che alle quattro ci attende un allenamento intenso. Sii puntuale >> lo fulminai con lo sguardo, odiavo che continuasse a ripetermi le stesse cose, non avevo tre anni, sapevo essere puntuale e credevo di averlo già ampliamente dimostrato. Afferrai il manico dell’apparecchio elettronico togliendoglielo di mano. << Sta tranquillo, sono sempre pronta quando si tratta di surf, io. >> marcai bene l’ultima parola facendo un chiaro riferimento che lui non lo era affatto. Non mi rispose, emise un piccolo suono con le labbra serrate, compiaciuto direi, col suo sorrisino idiota. Mi diede e le spalle e finalmente uscì fuori dalla sua stanza. Obbiettivamente tra vestiti sparsi a terra, sui mobili, cibo e roba varia non avevo la più pallida idea di dove iniziare. Insomma era un porcile di stanza, se poi pesavo di averla pulita meno di tre giorni fa, mi saliva il crimine al livello serial killer.  Mi rimboccai le maniche e mi diedi da fare, prima avrei finito, prima sarei stata libera. La quantità di schifezze che regnava in quella stanza era assurda, cominciavo a credere che Dalia mi avesse affibbiato apposta questo luogo. Una volta raccolta tutta la sporcizia in una busta, scesi al piano di sotto per gettarla nel bidone insieme al resto. La porta dell’ingresso si aprì, una figura distinta entrò da essa. Era il signor Carter, come al solito intento a parlare a telefono. << Bentornato, signore >> che ignorasse il mio saluto o comunque non mi sentisse, non era affatto una novità. Sarebbe arrivato il giorno in cui mi sarei stancata di salutarlo. << Non mi interessa, portami quei fogli o ti licenzio. >> le sue parole sono sempre così fredde e calcolate, mi chiedevo se si rendesse conto di ciò che diceva, insomma, stava parlando a un essere umano dicendogli che potrebbe perdere il lavoro. Beh senza ombra di dubbio si poteva intuire da chi Ryan avesse preso la sua superficialità. << Hanna, hai visto quel nulla facente di mio figlio? >> sbattetti le palpebre, avevo davvero perso il conto delle volte in cui mi aveva chiamato in quel modo, cavolo! Eppure è una settimana che lavoro qui, dovresti aver imparato il mio nome << Hanon, mi chiamo Hanon, signore. E sì, suo figlio è a fare la doccia >> gli sorrisi sforzandomi di essere il più gentile possibile, cosa che non mi era resa molto facile direi. L’uomo mi guardò male quando gli ripetei il mio nome. Beh non poteva aspettarsi che stessi sempre zitta. << Quel ragazzo è assurdo. Non fa nulla dalla mattina alla sera, è un buon annulla, mai una volta che facesse qualcosa di costruttivo. Avrei dovuto mandarlo a fare il servizio militare quando ero ancora in tempo, almeno adesso non sarebbe un inutile. >> quelle parole mi urtavano i nervi. Non perché le avesse dette rivolte a Ryan, ma perché era un padre che parlava di suo figlio e io non potevo credere che esistessero certe cose. Nel breve tempo che ero stata presente in quella casa, li avevo solo visti discutere, ammesso che si rivolgessero la parola, ma non avevo ancora capito il punto di disprezzo che nutrivano l’un l’altro. Sapevo che mi sarei dovuta mordere la lingua, ma semplicemente non potevo, non sarei stata io. << Questo è ingiusto. Io credo che lei neanche conosca sua figlio, insomma, se lo conoscesse saprebbe che è un tipo abbastanza sportivo, ha molta resistenza e inoltre è un ottimo surfista. Non posso dire altro perché non lo conosco più di tanto, ma nessuno al mondo è inutile e sa, dovrebbe… >> mi interruppe usando un tono abbastanza canzonatorio << Dovresti. Fare silenzio, Hanon. E imparare a comportarti in modo consono per questo luogo se vuoi continuare a lavorarci. >> ah bene, quando voleva il mio nome lo ricordava. In ogni caso non gli averi chiesto scusa, non sarebbero stare delle scuse sincere, quindi perché farlo? Mi voltai dandogli le spalle, a quel punto, notai Ryan sulle scale, le stava scendendo una ad una, dalla sua espressione potevo intuire che avessi assistito alla conversazione. Non dissi nulla, proseguii per la mia strada, ma quando arrivai al suo fianco, Ryan mi afferrò il polso << Grazie, ma non ce n’era bisogno >> sussurrò al mio orecchio, scrollai le spalle e risposi con la stessa tonalità di voce << Lo avrei fatto per chiunque, quindi non montarti la testa. >> liberai il mio polso dalla sua, cosa non molto difficile, poi continuai a percorrere le scale. Io e Dalia riportammo a lucido tutta la casa, non che ci fosse molto da fare in effetti, la sporcizia – a parte quella nella stanza di Ryan – non era eccessiva. Quando finii il turno, mi resi conto che in casa non c’erano né Ryan né il signor Carter. Poco male, pensai, mi rimisi e miei e vestiti e lasciai sola Dalia in quell’enorme abitazione. Avevo una gran fame e non vedevo l’ora di tornare a casa a mangiare. << Zio, sono tornata! >> chiusi la porta dell’entrata e mi fiondai in cucina, una donna vestita praticamente solo in intimo, si trovava vicino ai fornelli…e sì, il vizio di mio zio era davvero pessimo. << E tu  saresti? >> i suoi occhi mi passarono praticamente in rassegna. Sospirai, mi misi a sedere sul tavolo e lasciai cadere la borsa dalla mia spalla poggiandola su di esso << Sua nipote. E nipote batte sgualdrina, quindi tu ora puoi andare. Mi occupo io del pranzo. >> la donna mi guardò con aria di superiorità << Come mi hai chiamata, scusa? >> inarcai un sopracciglio ricambiando lo sguardo << Sgualdrina. Vuoi la definizione della parola? >> la donna stava per replicare, ma l’arrivo di mio zio interruppe la nostra conversazione. << Hanon! Sei tornata, pensavo pranzassi con le ragazze >> mi diede un bacio sul capo per salutarmi, poggiò la mano sinistra sul tavolo guardandomi negli occhi << No, pranzo con te. Quindi puoi cacciare il tuo inopportuno giocattolino fuori di casa? >> Zac aprì bocca per rispondermi, tuttavia fu preceduto dalla donna << Giocattolino a chi? Mocciosa! Tu non sai niente della nostra storia. >> sbuffai, queste donne illuse che pensano di contare qualcosa per lui sono assurde, per non dire ridicole. << Scommetti? Vi sarete ubriacati in un locale, avrete ballato e fatto sesso, fine della storia. Tu non sei nulla. Vuoi che te lo dimostri? Okay. Zio, come si chiama? >> incrociai le braccia al petto in attesa di una risposta, il viso di mio zio divenne visibilmente pallido, sgranò gli occhi guardandomi, era evidente che mi stesse supplicando di non fargli “questo”, ma non potevo farne a meno, era troppo divertente. << Ehm…lei è….Eli…. >> << COSA?! >> ops. << No, no, no. Volevo dire Mar… >> << SEI UNO STRONZO! >> si avvicinò allo zio per stampargli le cinque dita in faccia, sentii i suoi passi percorrere le scale << Non dimenticare nulla, ciò che resta andrà gettato nella spazzatura >> urlai, affinché mi potesse sentire. Mio zio mi diede un leggero schiaffo sulla spalla, ma sapevo che se la stava ridendo sotto i baffi esattamente come me. Mi fece segno di fare i silenzio e nessuno dei due parò fino a quando non sentimmo la porta sbattere per l’uscita di mon signora. << Sei incorreggibile, io faccio tanto per tenermele tutte buone e tu mi rovini i piani. >> << Lo faccio per il tuo bene, trovati una donna seria con cui scopare e costruire anche qualcosa di più, non delle inutili sanguisughe come quella. Cala la pasta, io vado a farmi una sciacquata e torno. >> senza attendere risposta, andai al piano superiore, ero davvero stanca, ma sapevo che il mio vero “relax” sarebbe arrivato il pomeriggio, in spiaggia, sulle onde.
Ryan sembrava davvero assorto nei suoi pensieri, non si era neanche accorto che gli ero arrivata alle spalle, poggiai la mia tavola sulla sabbia e mi avvicinai a lui, seguii il suo sguardo per capire cosa stesse guardando. << Oh andiamo, sul serio ti piacciono quelle lì? >> chiesi quasi disgustata, c’erano due ragazza stese sulle loro asciugamani a prendere il sole, una bionda e una mora. Avevano un fisico perfetto, così come la loro messa in piega e persino…il trucco! Ma siamo seri? << Perché no? Non sono male >> Ryan scrollò le spalle per poi tornare a guardarle. << Tanto per cominciare perché sono ridicole. Insomma perché il trucco a mare? Spiegamelo. E i capelli senza un filo fuori posto? Non hai intenzione di farti il bagno? >> Ryan rise voltandosi verso di me << Magari non hanno intenzione di farsi il bagno, forse sono venute solo a prendersi il sole >> << In goni caso quel trucco non ha senso. Andiamo? >> mi alzai in piedi avvicinandomi alla mia tavola, Ryan mi seguì senza alcuna esitazione, fece un cenno di assenso col capo ed entrambi ci tuffammo tra le onde. Remo immediatamente verso le onde, sembrava mi stessero aspettando, sentii come mi sollevavano aumentando sempre di più in altezza, presi la prima onda che mi capitò a tiro e feci uno splendido take off. Cercai di guardare giù senza perdere la stabilità della tavola, ma non vedevo l’ombra di Ryan << Cerchi qualcuno? >> la sua voce. Mi voltai di scatto, lui stava cavalcando la mia stessa onda dietro di me, la mia distrazione però mi costò la cavalcata, precipitai giù dall’onda, un tuffo di testa. << Hai perso un’onda, biondina? >> fu la prima cose sentii quando riemersi. Ryan rideva divertito, la situazione sembrava piacergli non poco, c’era qualcosa di diverso dai giorni precedenti, oggi non mi stava dando ordini, non mi diceva come muovermi, sembrava rilassato, la cosa mi piaceva, mi mostrava la sua figura sotto una nuova luce, una parte anche sconosciuta, ma che ero disposta a scoprire. Anche se in lontananza, si sentiva la voce di Avril Lavigne che cantava “I’m with you”, mi è sempre piaciuta come cantante. Osservai Ryan remare verso la successiva onda, avevo intenzione di fargliela pagare per avermi fatto cadere dall’onda. Staccai il leash dalla caviglia, lo seguii e appena lo vidi fare il take off, lo feci subito dopo dato che ero leggermente più dietro. Questa volta ero io ad aver preso la sua stessa onda, lui si guardava intorno, ma prima che io potessi dire qualcosa lui aprì bocca << Non pensarci nemmeno, l’ho fatto io a te, non cadrò a causa tua. >> << Sai, è divertente vedere quanto tu sia sicuro di ciò. >> la mia tavola si avvicino rapidamente alla sua, al momento giusto feci un salto per atterrare sulla sua tavola. Mi aggrappai con forza al suo braccio destro tirandolo all’indietro << No, ferma! Così cadiamo entrambi! >> ed era esattamente il mio obbiettivo, mi importava solo farlo cadere, tutto il resto era un dettaglio. Cademmo entrambi nel mezzo dell’onda, sentii il braccio si sinistro di Ryan avvolgersi intorno al mio busto, il suo petto premere sul mio, un enorme splash annunciò il tonfo. Riesco ad aprire gli occhi sott’acqua benché avessi una vista sfocata anche Ryan li stava aprendo, mi lasciò andare e in breve tempo tornammo in superficie. << Ma sei pazza?! Hai rischiato di ucciderci entrambi. >> Ryan sembrava davvero arrabbiato, ma la cosa non mi preoccupava minimamente, scoppiai a ridere e con la mano destra gli schizzai l’acqua << Ma sta zitto, è stato divertente. Sei un fifone, saremo caduti in acqua, in fondo. Era tutto calcolato >> mi avvicinai a lui per sollevare ancora qualche schizzo, lui afferrò il mio polso e mi attirò a sé. I suoi occhi si riflessero nei miei per qualche secondo di silenzio. Non capivo a cosa stesse pensando, non capivo perché mi stesse fisando, non capivo nulla in realtà, ma qualcosa mi impediva di distogliere lo sguardo << Tu sei diversa da tutte. >> sbattetti le palpebre confusa. Che cosa stava succedendo? Che cosa significava? 



*Angolo autrice*
Yeyyy da qunato tempoooooooooo...sì, lo so, sono scomporsa, ma hey, prometto che cercherò di essere più costante nell'aggiornare i capitoli. Sono stata un po' occupata, ma le idee per questa storia sono ancora tutte in piedi e non vedo l'ora di entrarci nel vivo. Mi sono accorta di aver lasciato il capitolo precedente senza aggiornare la nota autrice...sono imperdonabile, lo so, ma abbiate pietà please. Cerco di farmi perdonare come posso. Soooooooo vi è piaciuto il capitolooo?
Spero di sì, non vedo l'ora di leggere i vostri commenti al riguardo e.e *--* poiii....sto pensando cos'altro devo dire....datemi tempo...io ovviamente puntino per perdere tempo in attesa di risposta dal cervello. Ah sì! Se per caso qualcuno ancora non lo sa, a novembre la storia che conoscete come "Sono complicata, avremo un amore complicato." diventerà "Ora come mai" e sarà un libro *---* ma ora torniamo a un sogno tra le onde.
Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto, ah mi sono ricordata che altro volevo dire...volevo postare il 12 settembre, poi il 23 settembre ma non sono riuscita in nessuna di queste due date anche se lo avevo pure annuncianto su Twitter....sooooo mille scuse a voi e...niente, non devo dire più nulla.
Baci a tutteeee a prestoooo

Ps: Lo so. Devo rispondere ai vostri commenti. LO SO. NON VI DIMENTICO.

  

   
 
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