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Autore: AuroraEverdeen99    09/10/2016    3 recensioni
"Sofia merita due mamme felici. Sto dicendo di essere tutti felici!"
"Grazie!"
E mi abbracció. Fu uno degli abbracci piú dolorosi della mia vita. Stavo lasciando andare le "mie ragazze".
Non perdete neanche un capitolo di questa storia, anzi leggete gli ultimi due capitoli freschi di giornata.
La storia verrà conclusa entro e non oltre domenica prossima. Affrettatevi!
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Sofia Robbins Sloan Torres, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Erano le cinque del mattino, non riuscivo piu a dormire, forse per il viaggio o forse non lo so. Eravamo nel piccolo ma confortante appartamento di Penny, quando siamo arrivate era già tardi per cui andammo subito a dormire. Io e Sofia eravamo nel divano letto del piccolo salotto. La mia piccola aveva le sue braccine attorno al mio corpo, il viso rilassato e contento. Dormiva poche volte nel letto con le sue mamme, perché Callie non voleva che ci prendesse l'abitudine; in realtà quando Sofia veniva a dormire da me, la maggior parte delle notti se non tutte, la facevo dormire nel mio lettone. Era una spettacolo senza fine. Aveva lo stesso sorriso di Callie, il suo stesso sorriso di quando dormiva. Sarei potuta rimanere a fissarla e a massaggiare i capelli della mia piccola per tutto il giorno probabilmente. Fui riportata alla realtà quando la porta della camera in cui dormivano Callie e Penny si aprì. Penny, ancora assonnata e probabilmente esausta, stava andando in bagno. Quando notò che ero sveglia, mi sorrise e a bassa voce per non svegliare Sofia mi disse:
-Buongiorno dottoressa Robbins, spero di non averla svegliata.
  - Buongiorno, no no tranquilla ero giá sveglia. E .... Penny, non chiamarmi più dottoressa Robbins, solo Arizona.
  - oh si certo... Arizona. -mi sorrise ancora e io ricambiai senza smettere di carezzare i capelli di mia figlia.
  - Comunque io stamattina devo andare in ospedale, ma tornerò alle 5 di questo pomeriggio, quindi ci vediamo dopo, magari andiamo a mangiare qualcosa tutte insieme.- mi informó lei.
  - si certo, avviso io Callie, tranquilla. Buona giornata. - lei entrò in bagno e dopo un po uscì per andare a lavoro. 
  A malincuore mi alzai dal letto e dopo essermi data una sistemata, uscii di casa. Fortunatamente vidi subito un bar, così ordinai due caffe montati con la panna e una ciambella. Non me la sentivo ancora di tornare in casa, faceva sembrare il trasferimento di Callie ancora più reale. Cosí decisi di fumarmi una sigaretta, avevo sempre un pacchetto per le emergenze dentro la mia borsa. Fumavo in due occasioni soltanto: quando ero nei guai e quando ero nervosa. Ero decisamente nervosa. Non mi sentivo pronta, avrei voluto davvero scappare da tutta quella situazione. Ma avevo promesso a me stessa e a Callie, tanto tempo fa, che avrei smesso di scappare quando le cose si facevano difficili. E non potevo farlo adesso. Grazie a Callie ero migliorata, ero diventata un'altra persona. Ero davvero un buon marinaio nelle tempeste. D'un tratto, sentii il telefono squillare.
  - Pronto?- risposi.
  - Dove diavolo sei? - dall'altro lato del telefono Callie sembrava preoccupata e molto molto arrabbiata. 
  - Sono andata a comprare la colazione Callie! 
  - Si ma non puoi prendere e andartene! Scrivermi un messaggio o un bigliettino con su scritto "Callie, vado a prendere la colazione, torno subito." ti faceva proprio schifo?- parlava abbassa voce, ma molto vivacemente, forse per non svegliare Sofia.
  - Ehi ehi Callie, calmati! Mi dispiace pensavo di tornare prima che tu ti svegliassi. Ho sbagliato. Mi dispiace.
  Callie fece un grosso respiro prima di rispomdermi: -Okay, ma sbrigati a tornare che ho fame.-e riattaccó. 
Sorrisi e aspirai l'ultima volta dalla sigaretta e poi mi alzai per fare ritorno all'appartamento. Appena arrivata sul pianerottolo, Callie mi aprí la porta e mi disse: 
-Che diavolo ti salta in mente di andartene e... -annusó per un attimo l'aria- aspetta... Hai fumato?! - era arrabbiata quanto sorpresa. 
-Ehi ne avevo bisogno! Ora calmati... Sofia dov'è? - Callie mi squadró per capire cosa mi fosse preso.
-È in bagno.- mi rispose cercando i miei occhi, cercando un contatto. Io evitai quel contatto e lei continuó a guardarmi con uno sguardo carico di compassione, come se capisse il mio stato d'animo. E la compassione era l'ultima cosa che volevo. Mi tolsi il giubbotto e nel frattempo Sofia uscì dal bagno e mi corse incontro con uno dei più bei sorrisi. 
-Buongiorno mammina! -la presi in braccio.
 - Buongiorno principessa! - le risposi baciandole le guanciotte. 
 - Mammina hai preso la colazione?- fece Sofia entusiata.
  - Bhe si, ho preso una buonissima ciambella per te... e un caffé montato con la panna per te.- dissi rivolgendomi a Callie sorridendole. Lei ricambió il mio sorriso, molto forzatamente. Ci sedemmo a tavola, come una vera famiglia e facemmo colazione tutte ridendo e scherzando. Poi Sofia andò a lavarsi e io e Callie rimanemmo sole. 
  - Mi hai fatto prendere un colpo stamattina.- fece Callie con gli occhi bassi. 
  - Ma non ho fatto nien...
  - Pensavo te ne fossi andata- Callie tratteneva a stento le lacrime. - Pensavo fossi andata via! Perché la situazione si era fatta difficile e...
  - Ehi ehi.. no fermati.- presi un momento per chiarirmi le idee. Poi la guardai negli occhi e dissi:
  - Non me ne vado. Non scapperó. Te l'ho promesso una volta e lo rifaró di nuovo. Non vado via. Non sono piu quella persona ormai da molto tempo. Ma avevo bisogno di un momento per me. Un momento per riflettere. E per realizzare cosa sta succedendo...- abbassai lo sguardo perché altrimenti Callie avrebbe intuito tutto.
  - Lo so Arizona, la sitazione è molto diffi...
  - No ehi! Basta non voglio parlarne. È tutto okay.- cercai di sorriderle. Lei avrebbe voluto ribbattere mai poi abbandonó l'idea, forse perché sapeva che non avrei parlato fino a quando non fossi stata io a tirar fuori l'argomento.  
 Si alzò e ando verso la camera da letto, io d'istino la seguii. -Ti odio quando fai cosi Arizona! - mi disse lei, scoppiando in una risata che lasció senza parole anche me per un momento per poi farmi ridere.
  - Beh se è per questo anche io!- feci tirandole uno dei cuscini che stavano sul letto.
  Mi guardó cercando di trattenersi dal ridere. Poi prese un altro cuscino e me lo lanció.
  - Non è vero io sono fantastica! - disse lei, pavoneggiandosi. Io la guardai cercando di fare la mia miglior faccia imbronciata. Poi le lanciai di nuovo il cuscino. 
  - Vuoi fare una guerra di cuscini adesso?!- disse lei. Ma non mi diede neanche il tempo di rispondere che inizió a tirarmi altri cuscini uno dopo l'altro. Iniziammo a ridere e a farci linguacci mentre giocavamo. Una volta che tutti i cuscini furono finitia terra, mi buttai di pancia sul letto dicendo: - Okay, stop! Calliope hai vinto! - ero stremata e con il fiato corto.
  - Oddio! Tu che ti arrendi così facilmente in una guerra di cuscini, non ci credo! Stai proprio invecchiando Robbins! 
 Risi di gusto con la faccia sul cuscino. Poi mi venne un' idea. Mi girai di botto e le iniziai a fare il solletico, buttandola di schiena sul letto.
  - Solo perche hai tre anni in meno di te e una gamba in piú, non significa che tu sia piu forte di me, Torres!
  Callie rideva e ripeteva tra le risate: -Ti prego, non respiro!
  - Oh no Calliope, non te la cavi con un "ti prego"! Dovresti implorarmi per farmi smettere! - le dissi ridendo.
  - oh no, non cederó!- nel frattempo era riuscita a portare le sue mani sui miei fianchi e a farmi il solletico a sua volta, ribaltando la situazione. Ero di schiena sul letto, Calliope sopra di me e i nostri visi pericolosamente vicini. Era diventata tutta rossa e mi guardava negli occhi. Le sue mani erano ancora sui miei fianchi ma si erano fermate. Le mie mani invece erano sulla sua schiena. Era bellissima. Aveva il fiato corto e il battito accelerato. Probabilmente il mio cuore invece smise di battere. Si mordeva le labbra, come se cercasse di trattenersi. Trattenersi dal baciarmi. Io l'avrei baciata senza esitazioni ma fortunatamente Sofia ci chiamó dalla cucina. E continuando a guardarci negli occhi, ci rialzammo. Era ancora rossa in viso. La piccola ci raggiunse in camera e guardando i cuscini a terra disse:
  - Mamme! Avete fatto la guerra dei cuscini senza di me?- era delusa di non aver potuto partceipare.
  - In relatá ho anche battuto la mamma con il solletico!- dissi a mia figlia in tono giocoso.
  Con quella frase a Callie passó l'imbarazzo e disse: -Non è vero! -poi rivolgendosi a Sofia disse: -Amore che ne dici se facciamo un secondo round io e te contro la mamma, visto che è così brava?
Non mi diedero nemmeno il tempo di rispondere che mi si fiondarono addosso. Sofia aveva lo stesso sorriso di Callie. Si divertiva cosí tanto che non mi venne in mente nemmeno per un momento di chiedere di smettere. Sofia aveva le sue manine vicino al mio collo, mentre Callie sfiorava i miei fianchi. Le sue mani erano calde. Quando poi Sofia si stancó di giocare disse a Callie:
- Mamma hai visto? Ti ho aiutata a sconfiggere la mamma!- Sofia era al settimo cielo. 
  - Si, da sola non ci sarei mai riuscita! Menomale che ci sei tu!- le rispose Callie abbracciandola e lasciandosi baciare dalla piccola.
  - Ehi d'accordo siamo pari. Peró credo di meritarlo anche io un grosso abbraccio e tanti baci!- dissi facendo finta di mettere il broncio. 
 Poco dopo mi ritrovai sia le braccia di Sofia al collo sia quelle di Callie dietro la schiena. Mentre Sofia mi riempiva di bacini, guardai Callie negli occhi e avrei voluto che quel momento durasse in eterno. Avevo le mie ragazze tutte per me in quel momento, non capitava ormai da molto. Soprattutto non capitava mai che io e Callie avessimo questi momenti. 
Sofia si lasciò baciare da entrambe per piu tempo del solito poi disse: 
 - Mamme peró adesso basta! - e si staccó dal nostro abbraccio. 
Callie non aveva tolto la sua mano dalla mia schiena e io neanche dal suo collo. Ci avvicinammo pericolosamente. Era più forte di me. Pochi centimetri separavano i nostri visi. Stavamo per complicare tutto. Per rovinare tutto quello che stava accadendo.
 Non andava affatto bene. 
Riuscimmo a staccarci però. Anzi, Callie riuscii a staccarsi, senza dire una parola. Io chiusi gli occhi e mi concessi un minuto per riprendermi prima di uscire di casa. 
Avevamo molto da fare, trovare una scuola per Sofia e una casa nuova, visto che quella di Penny era piccola per tre persone. Uscimmo di casa, Sofia era tra di noi, ci teneva la mano, ci univa, ci separava. Fortunatamente direi. Non volevo, non dovevamo rovinare tutto. Non dovevamo, non in questo modo. 
Accompagnammo Sofia nella sua probabile scuola e la lasciammo seguire un corso che sarebbe durato fino alle quattro con lo scopo di farle fare amicizia con i suoi futuri e probabili compagni di scuola. 
Io e Callie invece ci dirigemmo a visitare un appartamento che Callie aveva scovato su internet e in cui era già riuscita ad avere un appuntamento. 
La padrona di casa, una signora gentile, ci chiese:
  - Verrete a vivere a New York per lavoro immagino.
  - Oh si bhe, sono un chirurgo ortopedico e sono venuta qui per stare con la mia ragazza, con cui andrò finalmente a convivere.- rispose Callie feliccissima. La signora, avendo frainteso la situazione, rivolgendosi a me disse:
  - É una donna davvero fortunata sa. Pochi sono disposti a lasciare tutto per seguire la persona che amano.
 Rimasi senza parole. Era vero. Pochi sono disposti a lasciare tutto per la persona che amano. Callie ad esempio per me non fu disposta, quando vinsi il Carter Madison. Comunque Callie rispose al mio posto. 
  - No, in realtà lei è la mia ex moglie. La mia ragazza si chiama Penny ed ha ricevuto una borsa di studio in chirurgia.
  Sorrisi amaramente. Essere definita la sua ex moglie fu un po' come una coltellata. La signora invece era imbarazzata, così ci disse che ci avrebbe concesso del tempo per discutere della casa da sole. Callie inizió a blaterare qualcosa sulla camera di Sofia, della cucina, ma io non la stavo ascoltando così con tono pacato le chiesi:
  - Non eri disposta a seguirmi in Africa?
  - Come scusa? - Disse lei confusa.
  - Non hai voluto seguirmi in Africa. 
  - Arizona, vuoi parlarne adesso? 
  - Non hai voluto seguirmi in Africa per tre anni. 
  - Arizona, stavamo parlando di andare dall'altra parte del mondo.- fece per concludere il discorso, ma io continuai.
  - Solo per tre anni! Poi saremmo tornate e probabilmente avremmo avuto lo stesso tutto quello che abbiamo ora.
  - Abbiamo avuto Sofia, grazie al fatto che io non ti abbia seguita! - Callie iniziava ad innervosirsi. 
  Io invece stavo perdendo la testa. 
  - Si ma probabilmente l'avremmo avuta lo stesso. O avremmo avuto anche altri figli. E... magari non sarebbero successe tutte le cose che invece sono successe!- si, stavo decisamente delirando.
  - Cosa non sarebbe successo, Arizona?! Spero tu stia scherzando.
  - Prima di tutto, non ci saremmo lasciate. Secondo, tu non saresti andata a letto con Mark. Terzo, non avremmo avuto un incidente d'auto nel quale stavi per morire e nel quale ti stavo quasi per perdere. Quarto, non sarei salita su quello stupido aereo.- stavo urlando, non so perché ma avevo perso la testa. E ora ci trovavamo di nuovo ad urlare l'una contro l'altra.
  - Adesso vuoi dare la colpa a me?! Perché se così fosse direi che secondo il tuo ragionamento malato non mi avresti neanche tradita, sbaglio? Stai dicendo che è tutta colpa mia, di tutte le cose che ci sono successe, di tutti i nostri problemi. E torniamo sempre allo stesso punto: in una relazione ci sono due persone e non è mai solo una a sbagliare e a rovinare tutto. E poi dimentichi che grazie al fatto che sono stata a letto con Mark, abbiamo avuto una figlia. Figlia che tu non volevi, ma che hai imparato ad amare dopo e per la quale siamo andate in tribunale. Eravamo in causa, causa che hai vinto ed hai ottenuto l'affidamente esclusivo. Ci siamo fatte la guerra per tutto il tempo, continuamente. Perché dovevamo fare sempre quello che volevi tu!
 Callie aveva iniziato a piangere, a piangere forte. Le sue parole erano arrivate come uno schiaffo dritto in faccia, anzi no, come un pugno o forse tutte e due le cose insieme. In quel momento non ero in me.
  - In realtà alla fine abbiamo fatto sempre quello che volevi tu. Mark non mi piaceva, ma tu volevi che noi fossimo amici ed è successo. Io non volevo un bambino e tu si, e abbiamo avuto una figlia. Io volevo andare in Africa e tu no, e non ci siamo andate. Io volevo rimanere insieme a te nonostante tutto e tu invece non volevi "sistemarci più" e ci siamo lasciate. Volevi seguire Penny e portare con te Sofia e io non volevo, ma eccoci qua. Ti sto perfino aiutando a scegliere la casa in cui andrai a vivere insieme alla tua ragazza. 
  Ero arrabbiata, perché? Non riuscivo a capire il perché. 
  - Arizona! - urló il mio nome ma non mi rispose, si sedette a terra con la testa tra le gambe per nascondere le lacrime. 
 Piangeva forte e io invece rimasi immobile al mio posto. Mi sentivo una vera merda. Lo stavo rifacendo di nuovo, la stavo facendo soffrire di nuovo. Come può una sola persona sbagliare così tante volte? Come poteva essere che stavo facendo soffrire la persona piu importante al mondo per me, di nuovo? 
  - Calliope...
  - Cosa? Cosa, Arizona?! Ti dispiace?! Lo ripeti in continuazione ogni volta che sbagli, ma non impari mai a non sbagliare?! Continuava a piangere, ma non sapevo davvero cosa fare. Avevo fatto un casino, per cose di cui in realtà neanche mi importava, perché amavo la vita che avevo avuto con lei e non l'avrei mai cambiata. Non mi dispiaceva neanche di dover essere tornata dall'Africa, volevo stare con lei. Ma come potevo spiegarle tutto questo e non complicare ancora le cose. Per spiegarle tutto quanto avrei dovuto mettere a nudo i miei sentimenti ma non potevo. Mi avvicinai a lei e mi sedetti affianco. 
  - Arizona..- pronunciò questa volta il mio nome non con rabbia ma con un specie di delusione che non saprei ben definire. 
 Le misi un braccio sulle spalle e lei non reagí, continuava a tenere la testa tra le ginocchia. Continuava a singhiozzare. 
Dio! Ero stata una vera bastarda. Poi senza alzare la testa, mi chiese:
  - Perché continui a ferirmi ogni volta che faccio un passo per allontanarmi da te? Lo vuoi capire che nonostante tutto io sarò sempre con te e che tu sei sempre nella mia testa?- questa volta il suo tono era gentile. Era un tono di resa. Continuó:
  - L'ho notato sai? Il tuo disperato bisogno di amore. E non sai quanto vorrei essere io a darti quell'amore di cui tu hai bisogno. Ma alla fine lo sai tu e lo so io. Non è l'amore che manca tra noi. Siamo come due fuochi che insieme diventano enormi ed incendiano tutto. Ma siamo pur sempre un incendio. E siamo indomabili, e cerchiamo di bruciarci a vicenda perche ci sismo solo noi. Ma alla fine lo sappiamo che attorno a noi c'è tutto un mondo in cui non possiamo stare insieme, perche eliminiamo tutto, sempre. Per questo ci siamo lasciate. - aveva alzato il capo, ma guardava davanti a sé, nel vuoto. 
  - Il problema tra noi non è mai stato l'amore o la passione... - risposi fissando lo stesso punto che guardava lei. 
  - Esatto, lo so quello che tu provi per me. E dovresti sapere che anche per me è lo stesso. Ma non possiamo... non potevamo continuare a distruggerci a vicenda. Non ci riuscirei un'altra volta. - mi guardó negli occhi.
  Aveva ragione. La maggior parte delle persone si lasciano non perché non si amino più ma perche l'amore non basta. Ci vuole qualcosa di più per andare avanti. 
  - Calliope..- allungai anche l'altro mio braccio. E la strinsi forte a me. Come se mi ci dovessi aggrappare. 
  La mia ancora continuava ad essere lei.
  - Come fai a stare con lei se pensi ancora a me? - le chiesi. 
  La mia domanda non aveva nessun tono provocatorio ma volevo capire come avesse fatto lei andare avanti.
  - Io amo Penny e amo te... Ma lei è calma. Il suo amore non mi fa distruggere, il suo amore mi rende felice. Amo te ed amo lei. Tu mi fai perdere la testa, lei invece mi fa controllare. Ed io ho bisogno di controllo.
 Annuii, non sapevo cosa rispondere. Rimanemmo strette in quell'abbraccio fino a quando non tornó la padrona di casa.
  
 
 
  
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