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Autore: Evenstar75    13/10/2016    3 recensioni
Di recente, Demi Salvatore ha dovuto fare i conti con due verità sconvolgenti: non solo ha scoperto di essere la figlia segreta di Damon ed Elena ma, come se non bastasse, adesso sa anche di essere la ''Prescelta''.
Intenzionata a sfruttare i suoi poteri per dominare il mondo dei vivi e dei morti, una strega crudele di nome Sophie Deveraux le dà la caccia e vorrebbe costringere lei e Prince Mikaelson (il bellissimo ed inquietante figlio di Klaus) a spezzare la Maledizione della Clessidra.
Gli abitanti di Mystic Falls della vecchia e della nuova generazione, tuttavia, sembrano disposti a tutto pur di impedirglielo.
Accompagnata da Sheila Bennett e Mattie Lockwood, le eredi di Bonnie e di Caroline, ed innamorata di Nick Mikaelson, il figlio di Elijah che ha sacrificato se stesso per salvarla, Demi si ritroverà a combattere per difendere la propria vita e quella dei suoi cari, mettendo a repentaglio tutto quello in cui ha sempre creduto ed aprendo il suo cuore a moltissime nuove, oscure e stupefacenti esperienze.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Demi non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte ma, nonostante le sue palpebre fossero assai pesanti, l’idea di addormentarsi e di lasciare via libera al proprio inconscio la terrorizzava molto più dell’eventualità di assomigliare ad uno zombie albino l’indomani. Così, dopo aver scritto senza sosta sul minuscolo diario che era riuscita a ficcare nella valigia di fortuna che Prince le aveva concesso di preparare poco prima della partenza, era rimasta immobile a fissare il finestrino, i paesaggi campagnoli che le sfilavano accanto disordinati, anonimi e tenebrosi.
Nella sua testa, non aveva fatto altro che rivivere per almeno un centinaio di volte la scena dell’addio a Nick alla Capanna, e questo l’aveva logorata dentro così profondamente da farle avvertire la presenza di un moncherino carbonizzato al posto del cuore.
Niente avrebbe potuto cancellare dai suoi pensieri il ricordo dell’odore acre di sofferenza che l’aveva assalita fin dal suo ingresso nella camera del ragazzo, talmente inteso da essere paragonabile ad una ventata di polvere incandescente nelle narici.
 
Tramortita, Demi non aveva badato all’arredamento singolare sparso tutt’intorno, alle tende sfarzose o agli innumerevoli quadri inchiodati alle pareti come dei trofei di guerra; si era soltanto fatta guidare dall’istinto verso il centro della stanza, affamata di notizie quanto un naufrago della terraferma.
E là li aveva visti.
Mattie, l’unica figlia di Caroline Forbes e di Tyler Lockwood, di solito vispa e raggiante come un rondinino pronto ad annunciare la primavera, se ne stava raggomitolata su una minuscola sedia a dondolo, immobile e slavata, simile ad un informe ammasso di stracci. Concentrata com’era sul materasso di fronte a sé, non si era voltata neppure dopo aver udito l’uscio schiudersi, ma Demi non gliene aveva fatto una colpa; in fondo, se la mano bronzea di Sheila Bennett, figlia della strega Bonnie, non fosse stata saldamente stretta attorno al suo gomito, per sorreggerla e darle coraggio, anche lei sarebbe rimasta paralizzata sul posto dall’orrore, incapace di muovere un altro passo.
Dopo qualche istante, la biondina Lockwood aveva sfiorato il dorso della mano cadaverica di Nick con la punta dei polpastrelli rosei, poi si era sporta in avanti, accostando le labbra al suo orecchio:
- Hai delle visite, vecchio mio.- al suono incoraggiante di quelle parole, le ciglia del figlio di Elijah avevano avuto un fremito, ma erano rimaste chiuse, circondate da un malsano alone bluastro. - Cerca di ricomporti in fretta, o racconterò a tutti di quella volta in cui ho trovato un chilo di brillantina nascosto nel tuo cruscotto.-
- Fate presto.- un soffio impaziente aveva solleticato la nuca della Salvatore, poi l’erede di Klaus aveva fatto il suo ingresso, rivolgendo un cenno autoritario alle altre ragazze presenti, per invitarle a sgomberare. Nonostante fosse sovrastata dal principe come poteva essere un lillipuziano dal gigante Golia, Mattie si era alzata dignitosamente, rimboccando con estrema cura le coperte del suo amico prima di allontanarsi.
- Ti avverto, bellezza.- aveva rimbrottato allora Prince, guardando Demetra negli occhi, con quel suo infallibile accento straniero a farla da padrone: - Non hai molto tempo per dire addio.-
- Perciò prima ci leveremo dai piedi, prima lei potrà darsi una mossa.- lo aveva apostrofato severamente la Lockwood, con un fare protettivo che pareva quasi buffo, visto e considerato quanto le sue dimensioni rendessero improbabile qualsiasi genere di minaccia da parte sua: - Elementare, Mikaelson.-
Demi si era rallegrata intimamente per quella difesa, eppure non aveva potuto fare a meno di accorgersi di quanto lo sguardo della nana fosse stato evasivo mentre quest’ultima le passava accanto, senza aggiungere altro.
Soffocando il senso di colpa per il dolore che sapeva di averle procurato mettendo in pericolo la vita del suo compare fino a ridurlo in quelle condizioni, la Salvatore si era stretta nelle spalle, costringendosi ad avanzare.
- Dieci minuti.- aveva rimarcato Prince, duro, spuntando col viso oltre il legno di ciliegio della porta per l’ultima volta. Esasperata, Demi si era girata per fulminarlo con un’occhiataccia, ma lui si era dimostrato inarrestabile: - Starò via giusto il tempo necessario a caricare le armi in macchina e non intendo sprecare un secondo di più in inutili smancerie. Non vorrei doverti trascinare di peso fino a New Orleans ma non sono uno che si tira indietro quando si tratta di fare il lavoro sporco. Sono stato abbastanza chiaro? BENE.-
A quel punto, proprio mentre la scia frusciante del principe annunciava la sua breve dipartita, una vocina flebile ed arrochita, poco distante, aveva attirato l’attenzione della figlia di Elena, facendole dimenticare di colpo, con un sussulto, tutta la stizza del momento:
- Che maniere.- aveva commentato improvvisamente Nick, in un sospiro debole e rassegnato, smettendo finalmente di fingersi addormentato per rivolgersi alla ragazza; sgomenta, Demi aveva riconosciuto il fantasma del tono sempre decoroso del giovane dietro quello affaticato dalla magia nera e, devastata, per evitare che le sue ginocchia cedessero platealmente, si era accucciata sul bordo del letto, accanto a lui. - Non dovrei…- mentre si sforzava di parlare, il petto di Nick si alzava e si abbassava con un movimento discontinuo, come se i suoi polmoni non riuscissero mai ad immagazzinare abbastanza aria. -… io non dovrei permettergli di... di parlarti in quel modo scortese, io…-
- Oh, puoi smetterla di essere il mio cavaliere con l’armatura per il prossimi… nove minuti?- aveva fatto lei, supplice, un nodo di rammarico che le stringeva la gola. - Ti prego.-
Il naso di lui si era arricciato in una smorfietta:
- Voglio essere ciò di cui hai bisogno fino a quando potrò ancora scegliere… fino alla fine.- con gli occhi cerulei socchiusi e luccicanti, la Salvatore aveva assorbito l’impatto di quelle frasi senza fiatare, rimanendo immobile ad osservare Nick: ogni dettaglio del suo volto così deturpato, un tempo stupendo, le imprimeva una coltellata gelida nel petto, tanto che, ad un certo punto, anche lui era parso turbato da tutta quella malinconia, ed aveva abbassato la testa, come per nascondersi, vergognandosi di ciò che il maleficio di Sophie lo stava facendo diventare. - No… Demi… non guardarmi, sono… sono un mostro, sono…- interdetta, lei aveva scosso il capo e gli aveva sfiorato la bocca annerita con la punta dell’indice, per invitarlo a tacere e a non provare imbarazzo, non per le sue ferite da eroe, non davanti a lei che ne era stata la causa principale.
Poi gli si era avvicinata piano piano, con cautela, fino a toccare con le proprie labbra schiuse quello stesso punto ancora miracolosamente tiepido, in un bacio casto che sapeva di sale, cenere, dolcezza e paura.
 

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- Shhhhh…- aveva bisbigliato, con la fronte premuta contro quella madida del figlio di Elijah, mentre lui inspirava con un rantolo tra i suoi lunghissimi capelli corvini, traendo dal loro lieve profumo almeno un po’ di pace. - … ssshhhh… andrà tutto bene, vedrai. Niente è perduto, c’è ancora speranza. Vedrai… vedrai, ti salverò.-
- Resta qui, allora. Resta con me.- aveva fatto di rimando Nick, implorandola. All’improvviso, Demetra non era più riuscita a distinguere il nero delle sue pupille da quello impenetrabile delle sue iridi e le era sembrato di avere una miriade di spine conficcate dentro, mentre la consapevolezza di ciò che sarebbe accaduto se si fosse lasciata convincere da quella preghiera prendeva forma, lasciandola senza una vera scelta: - Non voglio che tu vada via. Demi, devi ascoltarmi… non andare. Non a New Orleans. Non con Prince.-
- E’ l’unico modo.- gli aveva ricordato lei, posandogli una carezza sulla guancia scarnita, per rassicurarlo e, allo stesso tempo, anche per farsi forza. - Non lasceremo niente di intentato. Se trovare la Piuma Nera servirà a salvarti, posso cavarmela. Ce la caveremo, tutti e due. E quando sarà finita, ne sarà valsa la pena di provare. Di crederci. Per te.-
- Non sei pronta per questa battaglia.- con uno sforzo immane, il ragazzo aveva intercettato le sue dita tremanti, stringendole nelle proprie con urgenza, per attirare di colpo tutta la sua attenzione. - Morirai... non lo capisci? E allora che senso avrò avuto tutto questo? Il dolore dei tuoi genitori, dei miei, il mio dolore… che senso avrà avuto combattere quando la tua luce si sarà spenta… quando Sophie avrà vinto?-
- Tornerò.- gli aveva assicurato lei, mentre un solco argentato le segnava le gote ed un tenue fuoco di speranza divampava nel suo spirito: - Da te, lo sai. Sempre.- il suono familiare di quelle parole, usate da loro due come un dolce mantra prima di ogni separazione, aveva fatto nascere un sorriso nostalgico sulle labbra di Nick, e quello era stato un bagliore talmente inaspettato che Demetra era tornata a catturarlo con un altro bacio, stavolta più sentito, più voluto da entrambi.
La crudele morsa d’ansia che la Salvatore aveva percepito nelle ultime ore si era sciolta lentamente, come la cera di una candela lambita da una labile fiammella, poi il respiro affannoso di lui si era fuso con il suo, soffiandole dentro quello che pareva finalmente essere un misto di comprensione, timore, fiducia.
E le bastava così.
Per vincere ogni esitazione, Demi aveva soltanto bisogno che Nick credesse in lei.
Che, per una volta, lui volesse essere salvato.
- Non c’è nessun modo di farti cambiare idea, non è vero?- le aveva mormorato con un fil di voce, già sicuro della risposta, eppure disposto a rischiare un’ultima volta.
- *Nope.- aveva confermato lei, ripescando una delle sue espressioni furbe che le scavavano sempre una fossetta ironica appena sotto lo zigomo. – Puoi scordartelo.-
Toccando delicatamente con il pollice proprio quel dettaglio sul viso della ragazza, mentre la teneva vicinissima a sé, lui si era sentito invadere da una sensazione di calore che, per un istante, gli aveva scaldato persino le membra intorpidite dal veleno d’Ombra, spingendolo a parlare, ad essere coraggioso, a cogliere l’attimo:
- Demi, c’è una cosa che voglio dirti.- glielo aveva annunciato come un fiume in piena, come se avesse il terrore di perdere l’unica occasione rimastagli da sfruttare, e lei gli aveva rivolto uno sguardo interrogativo, trepidante. - L’ho capito nel momento preciso in cui sono venuto a sapere che mia zia ti aveva rapita... quando ho realizzato che forse non ti avrei rivista mai più, che probabilmente non sarei riuscito ad arrivare in tempo per tirarti fuori dai guai.- aveva fatto una pausa per schiarirsi la gola dolorante, poi le aveva scostato una ciocca dietro l’orecchio. - In realtà credo di averlo sempre saputo, fin dal primo istante in cui ti ho incontrata…-
- Oh, Nick…- lei aveva trattenuto il fiato, interrompendolo senza quasi rendersene conto, con il battito cardiaco che improvvisamente galoppava follemente. In un’occasione normale, non avrebbe desiderato altro che vederlo aprirsi con lei e confessarle i propri sentimenti ma, quando un singhiozzo le era scoppiato nel seno con un fragore inaudito, Demi aveva capito che non sarebbe stato giusto lasciare che accadesse così: -… non farlo. Non adesso. Non dirlo così... come se fosse un addio.- Nick aveva socchiuso leggermente la bocca, sentendosi vagamente colpevole, poi le aveva sorriso, i lineamenti solenni scavati dal patimento, ma anche dalla tenerezza più irresistibile:
- Almeno per una volta.- le aveva bisbigliato, tremando. - Demi… Demi, io ti…-
 
*
 
- Mi spiace di aver interrotto quel vostro momentino così romantico. Ma il tempo, ahimè, era scaduto.- la cosa che rendeva più insopportabile la voce smaccata e sarcastica di Prince Mikaelson era la sua innata capacità di risultare schifosamente suadente, perfino quando era intrisa di beffa. Nonostante Demi gli desse le spalle con chiaro risentimento fin dalla loro prima sgommata verso l’orizzonte, ostinatamente rannicchiata al posto del passeggero, le era impossibile non immaginare quale ghigno stesse aleggiando sulla faccetta di baby Klaus mentre gongolava: - Andiamo, non potrai mica tenermi il muso per tutto il tragitto. Ne sarei molto, molto seccato.-
- Preferirei ‘‘essiccato’’, ma mi accontenterò.- mugugnò la Salvatore, stringendosi il proprio diario contro il petto come un’armatura, mentre la copertina di cuoio sotto i polpastrelli le dava un non so che di rassicurante. – Per la cronaca: non ho nessuna voglia di socializzare con un essere irritante come un cactus nelle mutande soltanto perché sono costretta ad accompagnarlo fino in Louisiana per salvare il mio ragazzo.-
Fintamente impassibile, Prince fece spallucce, trattenendo a fatica l’ennesimo cipiglio malefico:
- Vedi, avevo promesso ‘al tuo ragazzo’ che non ti avrei fatta viaggiare legata e imbavagliata nel cofano, ma, come ti avranno fatto sapere, non sono mai stato un granché nel mantenere le promesse.- con accurata nonchalance, imboccò una strada deserta, circondata da una fitta vegetazione che li avrebbe tenuti al riparo dagli occhi indiscreti. - Perciò puoi piantarla subito di trattarmi come il figlio di Satana e conversare amabilmente con me, oppure cominciare ad accarezzare l’idea di un viaggio un tantino più… scomodo.-
- Non sono il tuo burattino, so come difendermi da te.- sibilò lei, serrando i pugni: ricordava con estrema chiarezza la sensazione di brivido e di Potere che l’aveva aggredita ogni volta che lei e il figlio maggiore di Hayley avevano avuto uno scontro ravvicinato, e sapeva che nulla più della sua rabbia nei suoi confronti sarebbe stato in grado di scatenare il suo impenetrabile Scudo protettivo.
Al momento, per esempio, avrebbe dato davvero qualsiasi cosa per vedere la testolina vuota di Prince costretta a sbatterci sopra.
Ripetutamente.
Come su di una cinta muraria.
Fino a diventare il Principe Degli Unicorni a furia di bernoccoli in fronte.
- Ceeeeerto, ma non hai ancora capito come evitare che il mio Potere ti consumi a morte mentre ti trasformi in una locomotiva a vapore, nevvero?- le ricordò lui, ipnotico, pungente. Dannazione, perché doveva avere sempre ragione? – Insomma, Sophie non aspetta altro: vuole che sia tu a consegnarti a me, amplificando la mia forza fino a quando la Maledizione della Clessidra non sarà spezzata ed il Lapislazzuli Stellato non sarà finalmente utilizzabile, perciò... onestamente, non so quanto ti convenga evocare il tuo Potere in mia presenza...- il suo tono era disinteressato, eppure stranamente serio. -… forse dovremmo mettere da parte i nostri diverbi ed il fatto che siamo praticamente nati per farci a fettine, se vogliamo salvare il prode Nicklaus. Forse è il caso di ricominciare da zero. Di provare a piacerci.- Demi aggrottò la fronte davanti a quella proposta, credendo che sarebbe stato molto più semplice chiedere ad un pesce di farsi una bella passeggiata sulla terraferma, ma lui emise un sospiro incalzante: - Ci siamo dentro insieme, principessa, no? Tanto vale prenderci gusto.- la sua voce, a quel punto, divenne quasi ovattata: - Chissà se sei ancora in grado di fare qualcosa di divertente, di metterti in gioco, di sentirti viva per uno scopo diverso dalla tua missione di salvatrice del mondo intero. Coraggio, ti sfido.-
- D’accordo.- acconsentì lei, sorprendendosi della facilità con cui quella resa era venuta fuori dalle sue labbra ancora parecchio imbronciate. Forse era vero, aveva sul serio bisogno di staccare la spina dalle disgrazie che si erano susseguite nella sua vita, rivoltandola come un calzino. – Hai vinto.- mormorò, cauta. - Parliamo un po’.-
- Di cosa vorresti parlare, amore?- ammiccò Prince, mascherando la propria sorpresa con ammirevole maestria.
- Di New Orleans.- rispose lei, un’improvvisa vampata di curiosità che le brillava nelle iridi. - Tu… ci sei già stato?-
- QUINDI vuoi parlare di me, fingendo di essere interessata alla città!- la stuzzicò il biondo, sbattendo le lunghe ciglia, lusingato. Demetra fece per aprire la bocca per rimetterlo al suo posto ma lui l’aveva già accecata con un sorriso ammaliante e, purtroppo per lei, davvero bellissimo: - Andiamo, non c’è bisogno di vergognarsene. D’altronde sono di gran lunga la cosa più interessante in circolazione, è normale che tu voglia saperne di più.-
- Dio, finirai per attaccarmi la Princite, se ti sto troppo vicino?- mugugnò la Salvatore, con un finto lamento atterrito, mettendosi la stoffa del maglioncino davanti alle vie respiratorie, come per proteggersi da un’infestazione.
- Non saprei, forse varrebbe la pena verificare attraverso un contatto più diretto.- replicò lui, ironico, sporgendosi verso di lei con le labbra a cuoricino.
- Allora?!- con la voce ancora attutita dalla stoffa, le guance arrossate e la voglia di riempirlo di sberle che strabordava da tutti i pori come un’energia incendiaria, lei ridusse le palpebre a due fessure: - Sputa il rospo. O mi farai pentire di aver acconsentito.-
- Naturalmente sono già stato a New Orleans. E più di una volta.- ghignò Prince, eccitato, decidendosi finalmente ad accontentarla e continuando imperterrito a guidare. - E’ la città sovrannaturale più folle e cool che esista. Racconterai a tutti quanto tu ti sia divertita, se mai riusciremo a tornare a casa vivi, te l’assicuro. Mystic Falls è assolutamente il nulla, in confronto.-
- Sheila mi ha detto che William è nato da quelle parti, nella stessa comunità di streghe da cui Sophie è stata bandita per colpa della sua magia oscura.- mormorò Demi, sforzandosi di non mostrarsi eccessivamente preoccupata dalla possibilità, nemmeno troppo remota, di restarci secchi una volta per tutte, nella ‘’città davvero troppo cool’’ che Prince sembrava così ansioso di mostrarle. - Perciò… laggiù non ci abita soltanto una comunità di vampiri, giusto?-
- Oh no.- fece il fratellastro di Nick, tamburellando con entrambi i pollici sul volante. – Al contrario, la cittadella ha una popolazione piuttosto composita. I vampiri sono dal 1919 sotto la guida di un Re potente, un certo Marcel Gerard. E’ impulsivo, un po’ brutale, ma con carisma. A farla breve, è un tiranno irascibile, che fin dall’infanzia della nostra adorata Deveraux aveva capito come tenere sotto un regime di terrore tutte le Streghe del Quartiere Francese. Praticando la magia Ancestrale, che attinge direttamente dalle spoglie dei loro Antenati, nessuna delle Francesi è mai stata, per natura, libera di lanciare incantesimi oltre il perimetro della città; al momento, tuttavia, Marcel proibisce loro di usarli anche all’interno, perlomeno senza aver ottenuto la sua previa autorizzazione. La pena è la morte. Un’esecuzione pubblica e spietata, che serva da esempio a tutti gli altri potenziali trasgressori. Che posso dire? La legge è dura, ma è pur sempre la legge.-
- E’ ciò che è successo a Jean Anne Deveraux, vero?- osservò Demi, raddrizzandosi appena sul sedile, più interessata di quanto avrebbe creduto possibile. - Marcel ha ucciso la sorella di Sophie per aver trasgredito alle sue regole. E’ per questo che lei cerca disperatamente la Pietra della Resurrezione, no? Per riportarla indietro. Per restituirle la vita.-
Prince le rivolse un’occhiata intenerita, la stessa con cui si potrebbe guardare un agnellino traballante e sprovveduto, talmente sciocco da sperare che il lupo vorace proprio di fronte a lui sia misericordioso:
- Chi ti ha raccontato questa storiella?- le domandò incredulo, canzonandola palesemente. - L’hai forse letta in un libro di fiabe? O te l’ha suggerita quell’ingenuo del mio fratellino?! AH-AH!- la risata senza gioia che il giovane riuscì a soffocare ebbe un suono amaro che le fece venire la pelle d’oca. – Oh, tesoro, lasciami dire che tu non hai la più pallida idea di chi stia cercando di distruggerci! Sophie non è mia zia Rebekah. Usare il Lapislazzuli per un motivo sentimentale come riportare in vita la sorella defunta sarebbe sul serio l’ultima delle sue preoccupazioni… specialmente perché c’è proprio lei dietro la sua morte.- seguì un versetto strozzato, poi lui riprese: - La cara Jean-Anne non amava l’inclinazione alla malvagità che Sophie manifestò fin da giovanissima ed era profondamente devota al culto dei loro Antenati, al contrario di quest’ultima. Il rapporto tra le due era tutt’altro che idilliaco e, quando la poveretta ci ha lasciato le penne, per la nostra aguzzina è stato solo un ostacolo in meno sul cammino dell’Espressione, del Male.-
La Salvatore spalancò la bocca, sentendosi improvvisamente stordita da quella verità così dura e così velenosamente confessatale:
- E tu come fai ad esserne così certo?- sussurrò, con un fil di voce.
- So chi è Sophie. Meglio di chiunque altro al mondo.- chiarì Prince, metallico e lapidario. Demi notò che le sue nocche erano improvvisamente sbiancate, strette fino allo spasmo attorno allo sterzo, e quel gesto le ricordò istintivamente Nick, il loro primo appuntamento, e lo stesso modo che lui aveva avuto di sfogare la frustrazione mentre le raccontava di come la diabolica Deveraux avesse trucidato i suoi genitori, rapendo Prince per addestrarlo e distruggendo le loro vite per sempre. Probabilmente il biondo, rifletté Demetra con una fitta inevitabile al cuore, aveva trascorso più tempo con quella megera piuttosto che con la propria madre, per forza doveva conoscerla meglio di chiunque le fosse sopravvissuto. - E sono molto più informato di te sulle vicende familiari delle streghe Deveraux, comunque.- senza quasi rendersene conto, il figlio di Klaus staccò una mano dal volante; Demi pensò che l’avesse fatto per non rischiare di ridurlo in pappa con un eccesso incontrollato della propria potenza, ma, quando lui sfiorò con l’indice ed il pollice il ciondolo di ossidiana che portava appeso al collo, lei provò una strana, inevitabile sensazione di calore:
- Grazie a Monique.- dedusse, riconoscendo una lettera ‘M’ all’estremità di quella catenina e cercando di non suonare saccente né aggressiva; qualcosa le diceva che pronunciare quel nome sarebbe stato azzardato quanto mettersi a saltellare su un campo minato, ma il volto scultoreo di Prince non le parve particolarmente turbato. La sua maschera di distacco, anzi, sarebbe stata impeccabile, se soltanto lui non si fosse tradito dimenticando il piede sull’acceleratore, fino a far schizzare la Ferrari in avanti alla velocità della luce. - Mattie mi ha indicato con lo sguardo il suo ritratto appeso al muro, prima che partissimo.- proseguì Demetra, imperterrita, aggrappandosi senza farsi notare alla base del sedile, spaventata all’idea di finire catapultata contro il parabrezza ma, allo stesso tempo, ben decisa a non aggiungere il proprio disagio a quello del ragazzo: - Era davvero magnifico.-
Udendo quel complimento così ammirato, Prince si rilassò impercettibilmente e persino la sua furia automobilistica andò via via scemando, facendo tornare la loro andatura di colpo più regolare. Seguì qualche istante di assoluto silenzio, poi il figlio di Klaus proruppe in un verso divertito:
- Potevi semplicemente chiedermi di rallentare. Non c’era bisogno di dispensare troppe lodi.- brontolò, compito. Demi, impegnata com’era a controllare che i segni delle proprie unghie non avessero danneggiato la tappezzeria, ci mise un attimo ad alzare la testa verso il biondo, confusa: aveva davvero colto un velo di lusingato imbarazzo nelle parole di lui oppure era stato tutto frutto della sua immaginazione?
Accidenti, non riusciva a capacitarsi del fatto che quello sbruffone di Prince potesse avere una qualche timidezza.
- Cosa? Guarda che dicevo sul serio.- chiarì, continuando ad osservarlo con gli occhioni blu sgranati. - E’ di gran lunga il secondo quadro più bello che ho visto esposto nella tua casa... e ce n’erano di meravigliosi.-
- E quale sarebbe il tuo preferito? Sentiamo.- la punzecchiò lui, ormai a metà tra il curioso ed il sospettoso.
- La luna piena sulla città insanguinata.- rispose prontamente la Salvatore, rievocando alla mente, senza nessuna difficoltà, l’opera d’arte che troneggiava nel lussuoso salotto della capanna del principe e che rappresentava un astro notturno prominente, perfettamente sferico, sospeso come uno splendido diamante su un paesaggio urbano oscuro, misterioso, come in attesa di un evento straordinario pronto a frantumarne la quiete già fragilissima, solo apparente. - E’ un po’ inquietante ma intenso. Profondo. Mi piace perché guardare il mare nero in primo piano è come caderci dentro, come perdersi tra le onde, soltanto che non sai bene se troverai mai la via del ritorno.- *
- Quello nel dipinto è il porto di New Orleans.- mormorò Prince, la voce ruvida come le fusa di un gatto. Sembrava che il clima nell’abitacolo si fosse fatto più accogliente, come se non fossero entrambi invischiati in un viaggio disperato o come se fossero nemici giurati; erano semplicemente due ragazzi, sconosciuti, certo, diffidenti e con caratteri assai difficili, ma non poi così inconciliabili: - Un posto magico. Potrei portartici, un giorno. Magari quando la vita di mio fratello non dipenderà dal recupero di una spada mistica o, ancora meglio, quando tu sarai bendisposta nei miei riguardi quanto lo sei già nei confronti della mia arte.-
- Umh, potrebbe volerci un milione di anni prima che ciò accada, e solo uno di noi due è immortale. Peccato.- replicò Demi, riacquistando il suo solito tono ironico ma lasciandosi anche andare ad un sorriso sorprendentemente spontaneo: - Però grazie lo stesso.-
- Non c’è di che.-
Mentre il cielo andava rischiarandosi, segno che il sole del mezzogiorno era ormai alto, loro imboccarono una stradina tortuosa ed isolata, circondata da minuscoli, spigolosi recinti di legno:
 

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- Tra qualche minuto arriveremo ad una stazione di servizio al confine con la città verso cui siamo diretti.- annunciò Prince, abbassando appena un finestrino in modo che la brezza tiepida circolasse all’interno, lasciando entrare anche qualche particella di polline brillante ed odoroso: - Per merito della mia estrema magnanimità, potrai scendere per un po’ a sgranchire quelle tue bellissime gambe. Mangeremo qualcosa, eviterai di combinare guai, farai tutto ciò che ti ordinerò di fare senza lagne e poi ripartiremo, senza dare troppo nell’occhio. Tutto chiaro?-
- Farò la brava…- promise lei, sbattendo le ciglia, angelica. -… se tu accetterai di parlarmi di Monique nel frattempo.-
- Certo!- cinguettò lui, prontamente, stavolta talmente candido da risultarle preoccupante. – Sai che ci avevo pensato anch'io? Un po’ di musica è proprio ciò che ci vuole.- fingendo senza alcuno scrupolo di aver udito tutt’altro, il principe prese a rovistare smaniosamente trai dischi di Nick, tanto per tenersi impegnato e per evitare di guardarla direttamente in faccia; poi, mentre Demi lo fissava, ancora allibita, prese ad emettere dei commenti di profonda disapprovazione a proposito dei gusti del fratellino e, ogni volta che trovava del materiale non gradito, lo lanciava verso il retro, incurante ed attaccabrighe, ricominciando da capo la ricerca.
- In realtà io non intendevo… oh, ma questi erano i The Killers, il gruppo preferito di… così rischi di rompere la compilation dei… Prince dacci un taglio… non far finta di non aver capito che… insomma, ti ho chiesto di parlarmi di…- prima che la ragazza potesse sfogare l’ira con una qualsiasi battuta di senso compiuto, lui inserì un CD nella fessura della radio e premette sadicamente un pulsante sporgente lì accanto, facendo schizzare al massimo il volume della canzone prescelta e coprendo in modo definitivo qualsiasi ulteriore protesta:
 
https://www.youtube.com/watch?v=EZjevnnkA20
 
- Dio, abbassa questo coso, IMMEDIATAMENTE!- strillò la figlia di Elena, cercando senza il minimo successo di sovrastare la melodia incalzante che aveva preso a pulsare fortissimo tra loro, come se potesse far esplodere la carrozzeria da un momento all’altro.
- CHE PECCATO! ANCHE SE TI RACCONTASSI TUTTO, ADESSO NON SI SENTIREBBE UN BEL NIENTE!- le fece la caricatura lui, sibillino, svoltando a sinistra con calcolatissima grazia, aggiustandosi un paio di occhiali immaginari da rockstar sul naso ed accelerando nuovamente, stavolta con un rombo pauroso, tale da disarcionare quasi Demi dalla sua postazione.
- PRINCE…- il ringhio cupo di Demetra tradiva all’unisono la voglia di prenderlo a pugni, l’autoflagellazione per aver anche solo provato a rivalutarlo come essere umano ed il terrore dello schianto inevitabile che ben presto li avrebbe sfracellati, lasciandoli spiaccicati contro il primo muretto a secco disponibile. -… PIANTALA, okay?! FERMA SUBITO LA MACCHINA O GIURO CHE… E POI... OH MIO DIO! MA CHE DIAVOLO E’… QUELLO?!- all’improvviso, proprio dirimpetto a loro, al centro esatto dell’asfalto brullo ed irregolare, comparve una strana figura magra ed incappucciata, con un ampio mantello scuro e svolazzante addosso ed un cipiglio davvero poco amichevole ad aleggiargli intorno come un’aura, sfumandone i contorni emaciati, palpabile come una nube, disgustosa come un tanfo.
Un tanfo di paura, di abominio… di morte.
Demi ebbe giusto il tempo di sbattere le palpebre, poi la sagoma indistinta cambiò, come in un incubo, prendendo le sembianze di una donna bionda, formosa, di maestosa bellezza, con dei canini allungati che le sporgevano oltre le labbra ritratte, in un’espressione crudele, furibonda.
Era impossibile che fosse lei… eppure era proprio… Rebekah.
 

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No, dannazione, non poteva essere.
Non Rebekah.
Rebekah, la zia severa e l’unica tutrice dei fratelli Mikaelson, la vendicativa insegnante che l’aveva perseguitata fino a renderle la vita un inferno e che l’aveva indirettamente condannata a patire, nei propri primi sedici anni di vita, la lontananza da Damon, era, almeno per il momento, morta… morta stecchita…
Demi l’aveva vista cadere, crollare bocconi, appassita come una rosa scarlatta a cui viene sottratta tutta la linfa vitale, eppure…
- PRINCE! STA’ ATTENTO!- sbucando dal nulla come una sottospecie di fantasma corporeo, quella cosa li aveva colti entrambi alla sprovvista, in particolare il principe che, nonostante i propri riflessi fulminei, per evitare l’impatto, non poté fare altro che esibirsi in una brusca, azzardatissima manovra, che finì per portarli fuori strada.
Le ruote stridettero, a contatto con il pietrisco, il volante perse del tutto di stabilità e l’intera automobile iniziò a sobbalzare, senza sosta, come in preda ad una strenua danza convulsa. - NOOOOOOO! FRENAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGGHHH!-
- MERDA.- grugnì Prince, di colpo tutto contrito.
Ci fu un boato fragorosissimo, poi lo schianto rovinoso contro un albero.
Un piccolo uragano di foglie secche e pulviscolo li avvolse del tutto.
Poi, alla infine, venne il silenzio.
 
***
 
- Stammi a sentire, ci sarà una battaglia epica. Il Male contro il Bene in uno scontro finale, l’Arma contro la Prescelta. Al massimo schiatteremo lì, d’accordo? Nel finale di stagione. Non prima. Non qui. Avanti… svegliati, Demetra.- Prince, dopo aver tirato fuori di peso la propria compagna di sventure dalle lamiere ammaccate della Ferrari, intercettò col calice della propria mano il pigro, fluente dondolio della chioma corvina della giovane e le sollevò delicatamente il capo, fino ad avere il suo viso pallido all’altezza del proprio; le lunghissime ciglia di Demi si schiusero pian piano, lasciando intravedere gli squarci turchini e nebulosi intrappolati appena sotto le palpebre, e lui non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo: – Sì, così, da brava… occhi a me… tienili fissi su di me fino a quando non sarò tornato ad essere nitido. Non dovrebbe essere difficile concentrarti, per tua fortuna sono davvero un bocconcino niente male.-
- Ti detesto.- tossicchiò lei, con un tono lamentoso che non riusciva ad esprimere neppure un quarto del suo reale sdegno; si sentiva lo stomaco in subbuglio, come se fosse appena stata catapultata giù da una giostra vertiginosa, e le pareva di avvertire un acuto dolore serpeggiarle dal centro della fronte fino alla mascella, merito dell’airbag che aveva impedito alla sua testa di fare la fine di un cocomero maturo precipitato sul pavimento, ma l’aveva comunque colpita in piena faccia come un pugno. Tuttavia, a parte questo, le sembrava di essere ancora tutta intera: - Che cosa diamine è stato piazzarsi in mezzo alla strada? Poteva essere un’Ombra? Un Demone? O un altro dei fenomeni da baraccone di Sophie Deveraux? Hai controllato se…?-
Quasi involontariamente, Prince le fece una carezza sulla guancia non dolorante e Demi sentì la propria voce morirle in gola, mentre si accorgeva di essere a pochissimi centimetri dal volto di lui, annegata in un paio d’occhi così verdi da sembrare sterminati campi d’erba umida e fremente:
- Qualunque roba fosse, adesso se n’è andata. Capito? Sparita nel nulla. Puff. Adieu. Bye bye. SAYONARA.- sibilò il principe, mimando un saluto ironico e dando un’ultima occhiata circospetta nei paraggi, giusto per essere sicuro della veridicità di quella comunicazione. In effetti i cespugli circostanti erano fermi persino nella brezza leggera, il cielo era limpido, tutto sembrava tornato tranquillo, come se nulla fosse mai accaduto, come se non avessero appena incrociato una creatura sinistra che li aveva fatti finire spalmati su una quercia per lo spavento, simili in tutto e per tutto alla generosa dose di salsa tonnata con cui Mattie adorava impiastricciare i suoi tramezzini prima di uno spuntino. - Ce la fai a rimetterti in piedi, dolcezza?-
- Non senza vomitare.- rimbrottò Demi, sincera, nonostante le costasse abbastanza il dover ammettere la propria fragilità. - Dannazione.-
- Allora resta pure seduta su quella adorabile radice, ok?, mentre io sistemo questo casino.- sospirò Prince, pomposamente accomodante, come un operaio malpagato costretto a dover fare sempre il lavoro pesante al posto degli altri. Lei era sconcertata da quell’atteggiamento ma, quando lanciò uno sguardo oltre le spalle di lui, verso ciò che di fumante e malconcio era rimasto della Ferrari, non poté fare altro che inorridire: il cofano era accartocciato come una lattina di alluminio ripescata da un lercio cestino dell’immondizia, il parabrezza era simile ad uno specchio d’acqua solcato da infinite increspature concentriche nel vetro, la carrozzeria era scorticata dai graffi, e Prince… Prince se ne stava bello tranquillo, come se non avessero appena sbriciolato l’unico mezzo di trasporto che avrebbe potuto condurli a destinazione. Prendendo di colpo coscienza dell’entità di quei danni e schiumando letteralmente di rabbia, Demi non riuscì a capire dove avesse trovato la forza di alzarsi di scatto, pur traballando, ma seppe con certezza che avrebbe volentieri sprecato le ultime energie in circolo nel suo corpo per assestare a Prince un sonoro, meritatissimo calcio nel sedere: - Zuccherino, ti avevo detto di stare sedut… HEY!-   
- Te la godi fin troppo a darmi degli ordini!- sbraitò lei, fulminandolo con gli occhi, furiosa, dopo che lui ebbe schivato la sua debole mossa vendicativa, afferrandola al volo per la caviglia. - Ne ho abbastanza!- urlò la Salvatore, scrollandoselo di dosso e rischiando di precipitare nuovamente al suolo prima di riacquistare faticosamente l’equilibrio: - Dimmi, di grazia, come accidenti faremo ad arrivare a New Orleans in tempo, adesso, con questo catorcio che non reggerebbe neanche cinque minuti senza sbullonare tutti i suoi pezzi per strada?!-
- Stiamo ancora parlando della macchina, non è vero?- sbuffò Prince, muovendo su e giù le sopracciglia in modo allusivo, mentre la povera Salvatore si appoggiava ad una portiera deformata per non collassare, preda di un ennesimo, forte un capogiro.
- Razza di gradasso impertinente, non osare…!-
- Posso sistemarla io con qualche trucchetto di Magia, non agitarti tanto.- la interruppe lui, schioccando la lingua stizzito, quasi fosse scontato. In realtà, per quanto si ostinasse a simulare la propria pace interiore, le sue orecchie stavano assumendo una progressiva colorazione rubiconda che presto sarebbe sfociata nel prugna, sia per l’irritazione che per l’inconfessabile ma dilagante senso di colpa che lo attanagliava. - Non tutti siamo nati con i superpoteri più inutili sulla faccia della terra nel nostro DNA, uccellino, perciò qualcuno può ancora usare le proprie capacità per tirarsi fuori dai guai!-
- Ti sei bevuto il cervello?!- ringhiò Demi, allibita, le lacrime di frustrazione ed incredulità che le pungevano fastidiosamente le palpebre. – Che ne è del divieto di usare la stregoneria per impedire alla tua mostruosa Magia di prosciugarmi? EH?-
- Mi sa che è andato in fumo assieme a tutto il resto, dopo l’incidente, sì.- finse di rifletterci su Prince, acido.
- Un incidente che, neanche a dirlo, hai PROVOCATO TU!- gli inveì contro Demi, spietata. Lui incassò il colpo con una smorfia contorta sulla faccia, mentre la figlia di Elena sentiva i polmoni andare in fiamme e la pelle essere percorsa da minuscole scosse elettriche, segno che i suoi sensori del Potere erano pericolosamente attivi e che il figlio di Klaus, anche se forse involontariamente, era ormai sull’orlo dell’esplosione:
- SE SOLO TU TI FOSSI FATTA GLI AFFARI TUOI A PROPOSITO DI MONI…-
- Monique?!- una voce a metà tra il divertito ed il compassionevole uccise quella velenosa replica di colpo, come una secchiata d’acqua congelata piovuta su un braciere ardente, e lasciò, una volta tanto, il principe totalmente a corto di parole; Demetra lo vide zittirsi e sobbalzare impercettibilmente, poi si chiese cosa diamine gli stesse passando per la testa, visto e considerato che lei non sembrava aver udito niente: - Cavolo, non posso credere che dopo questo tempo lei sia ancora un argomento così tabù… è proprio vero che hai un cuore, nascosto da qualche parte, P.- non fu il suono di una voce propriamente umana ad attirare l’attenzione di Demetra un secondo dopo, ma il basso uggiolio di un animale, misto al suono croccante del fogliame smosso e ad un odore di aghi di pino e selvaggina proveniente da un punto preciso alle sue spalle.
- Rubyna.- Prince si lasciò sfuggire quel nome a denti stretti, proprio mentre la Salvatore si voltava e, trattenendo un grido in gola, si accorgeva della presenza di una nuova creatura poco lontano da loro: un Lupo. L’unico Mannaro che lei avesse mai incontrato in vita sua era Eve, l’amorevole nomade che aveva vegliato sui fratelli Mikaelson dopo quello che era accaduto ad Hayley ed Elijah, e, in effetti, questo esemplare le somigliava notevolmente, pur essendo di dimensioni molto più ridotte, sicuramente sintomo di una più giovane età. – Tesoro, andiamo. Non dirmi che sei ancora gelosa.- nell’udire quelle parole, il Lupo scosse la grossa, elegante testa rossiccia, e si lasciò sfuggire un verso gutturale simile ad una risatina di scherno.
Fissandolo dritto negli enormi, selvaggi occhi giallo dorato, Demi avvertì i propri battiti impazziti calmarsi pian piano, specialmente quando fu ricambiata da uno sguardo curioso, profondo, eppure rilassato, per nulla minaccioso.  


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- Allora… emh…- tentennò Prince, fintamente in imbarazzo. -… si può sapere che cosa…?-
 - Nel caso ti stessi chiedendo cosa ci faccio qui, sapevo che saresti finito nei guai.- confessò il Lupo di nome Rubyna, rivolgendosi a Prince con uno sbuffo fuoriuscente dall’umido naso nero. Analizzandone più nel dettaglio la folta pelliccia, si notavano senza difficoltà dei ciuffi più scuri di qualche tono disegnati al centro dell’ampio petto, un simbolo di riconoscimento che tutti i membri del Clan della Luna Crescente, il branco materno dei fratelli Mikaelson, esibivano con orgoglio.   
- Però… mi conosci sul serio così bene? E dire che siamo andati a letto insieme solo un paio di volte.- dal ghigno tronfio ricomparso prontamente sul viso di Prince, Demetra intuì che lui doveva aver appena arricchito con delle sue solite battute spocchiose una conversazione telepatica ancora in corso, dalla quale la mente della Salvatore era destinata a rimanere esclusa, poiché vi erano ammessi soltanto i possessori del gene, attivo o latente, tipico dei Licantropi. 
- A dirla tutta, la nostra amica Davina ha avuto una visione che mi ha condotta dritta da te.- chiarì Rubyna, avanzando lenta e fiera, sorretta dalle proprie soffici zampe color bronzo, senza scomporsi dinanzi a quella provocazione. - Come saprai, ora è lei la Strega Reggente del Quartiere Francese ed i suoi Antenati sono preoccupatissimi. A quanto pare sono venuti a sapere che la vecchia Sophie è riuscita a procurarsi il sangue della Prescelta, così come tanti anni fa rubò il tuo, e che lo ha di nuovo sfruttato per chiamare a sé un esercito di Demoni ed Ombre. Ero venuta giusto per capire se fosse vero, ma ho appena visto un Demone mutante dileguarsi nel bosco, quindi non credo ci siano ulteriori domande da fare. Hai sul serio lasciato che accadesse ancora una volta?!-
- Ho fatto del mio meglio per evitare che Shane riattivasse i suoi dannati canini demoniaci, e non è stata proprio una passeggiata. Le SS hanno convinto mia zia Rebekah ad unirsi alla loro combriccola ed è stato un bel casino prevedere le loro mosse.- la corresse Prince, altezzoso. Corrucciandosi nell’ascoltare quelle parole, sputate con un tono familiare che tradiva tra i due interlocutori una spiccata confidenza, Demi osservò la fila di alberi nodosi che si stagliava all’orizzonte fino ad inghiottire la vista, chiedendosi dove fosse svanito lo Spettro che, ora lo sapeva, aveva incarnato le sembianze di Rebekah Mikaelson solamente per lei, per spaventarla a morte. E quando sarebbe tornato all’attacco. E in compagnia di chissà quali altre mostruosità. - Sarò anche il migliore, ma se avere a che fare con Sophie Stronzeveraux fosse un gioco da ragazzi, l’avrei polverizzata anni fa. Non mi sembra troppo difficile da capire.-
- Sei tu che hai qualche problema con le cose elementari, a quanto pare, P.- protestò Rubyna, lanciando un’occhiata penetrante dalle parti di Demetra, la quale si sentì nuda e scoperta, mentre ora anche Prince la squadrava, enigmatico, bellissimo, come il mare oscuro del suo dipinto. - L’idea di scatenare la tua Magia mentre lei ti gira intorno è la cosa più idiota che ti potesse venire in mente. Sai benissimo che potresti ridurre in polvere il pianeta. Il ricorso al tuo Potere in presenza della Controparte deve essere l’ultima delle risorse, almeno fin quando lei non sarà addestrata a reggerne l’impatto. Devi rinunciare al suo utilizzo, a meno che tu non abbia altra scelta.-
- Non ho mai visto un Lupo Mannaro capace di improvvisarsi meccanico, perciò non vedo altri modi per riparare la nostra vettura, se non quello di utilizzare un incantesimo.- sibilò il ragazzo, spazientito. - Mio fratello morirà se non raggiungiamo New Orleans il più presto possibile, perciò… sì, è una situazione abbastanza disperata.-
- Immagino.- disse Rubyna con evidente veemenza. - Per questa ragione Davina ha insistito perché ti procurassi questo.- drizzando il collo con un gesto sorprendentemente aggraziato, il Lupo rivelò un collare di cuoio marrone semisepolto nel pelo fulvo e, agganciato ad esso, Prince vide penzolare un contenitore cilindrico simile ad una borraccia, di un azzurro zaffiro molto intenso, ricolmo di un liquido splendente che gorgogliava quieto, come fosse ancora in un calderone a ribollire:
- Non può essere.- ansimò, a bocca aperta.
- Che cos’è?- domandò Demi, con un filo di voce, rendendosi conto di avere la gola riarsa.
- E’ l’Elixir.- sussurrò Prince in risposta, scioccato, gli occhi improvvisamente avidi, grandi e lucenti come monete argentate. Senza esitazioni, si avvicinò a Rubyna e trafficò per un attimo con il laccio che sorreggeva la bottiglia, poi la staccò senza difficoltà, saggiandone il tepore familiare tra le dita. Una scarica di ricordi prese a turbinare alla velocità della luce nella sua mente: - E’ una pozione straordinaria e rarissima, specialità dell’erede al trono del Quartiere Francese… renderà inoffensivo il tuo Stigma e ti impedirà di lasciarci le penne all’istante in caso di pericolo. Sei un Amplificatore di Magia naturale, certo, ma il lato negativo della cosa funziona soltanto a causa del Marchio del Diavolo che la megera ti ha impresso sulla pelle. Una volta inibita la sua influenza, potrò sistemare l’auto con la Magia e potremo ripartire senza problemi!- sorreggendo il contenitore con una mano, dopo averlo stappato ed annusato, Prince sfiorò con quella ancora libera il braccio di Demi, la quale continuava a scrutarlo sbigottita, scivolando col proprio tocco fino alla mano della ragazza e girandola, per far sì che il suo palmo fosse rivolto verso l’alto, pronto ad accogliere l’ampolla. - Devi berla. Subito.-
- Non c’è di che, P.- mormorò la Licantropa mestamente, mugolando annoiata.
- Aspetta, cosa ti dice che non sia un veleno?- temporeggiò Demi, inarcando il sopracciglio. La situazione era ben oltre l’assurdo: un minuto prima lei e Prince sembravano sul punto di finire ammazzati, poi per poco non facevano scattare una rissa di dimensioni epiche, infine, un minuto dopo, lui le ordinava di tracannare il decotto che un gigantesco Lupo Mannaro aveva portato appeso al collo come una medaglietta fino ad allora, dicendole che l’avrebbe protetta dagli effetti dello Stigma. – Come fai ad essere così sicuro che funzionerà? E che possiamo credere ciecamente a ciò che dice… lei?!-
- Come credi che abbia eluso l’influenza del Marchio io stesso, prima di liberarmene una volta per tutte?- le chiese Prince, emozionato, quasi febbricitante. La Salvatore ingoiò lo stupore, ma dovette ammettere a se stessa che, dopo essersi tanto interrogata a tal proposito, sconfessare l’idea che non sarebbe mai e poi mai riuscita a strappare al principe una spiegazione era piuttosto gratificante: - So riconoscere un dannato intruglio, quando ne vedo uno. E poi lei è… Ruby, una mia vecchia… amica.- la sua voce s’incrinò fino a costringerlo a schiarirsela con un colpo di tosse, mentre la Lupa si gustava beatamente la scena: - Siamo al sicuro. Ti assicuro che non ha la minima intenzione di accopparti con una zampata o roba simile. E che noi stiamo perdendo del tempo prezioso.- Demi sembrò impallidire di colpo nel comprendere che i minuti sprecati a discutere erano un caro prezzo che Nick avrebbe scontato con enorme sofferenza e si fece coraggio, sollevando appena la fiaschetta verso le proprie labbra. Prince si strofinò le mani, nervoso, poi decise di fermarla, acchiappandola per il gomito e cercandola con lo sguardo prima che potesse completare l’operazione: - Ascolta, so che obbedire non è decisamente il tuo sport preferito, ma è importante che tu mi dia retta. Adesso.-
- Non lo sto facendo per te.- chiarì lei, trapassandolo col ghiaccio affilato delle proprie iridi prima di scrollarsi di dosso quella presa. Era arrabbiata, ma anche ferita dalla propria impotenza e dal modo in cui gli stava permettendo di approfittarsene. Soprattutto, la faceva infuriare l’inevitabile pensiero che, se soltanto lui le avesse parlato con dolcezza, sarebbe stato fin troppo facile acconsentire a quelle direttive: - Non mi fido di te.-
L’angolo più carnoso della bocca di Prince si distese in un sorriso accattivante, mentre lui non abbassava il capo di un centimetro, continuando a tenere conficcato il proprio sguardo smeraldino in quello ceruleo della ragazza:
- Continua pure a ripetertelo, piccola.-
E Demi bevve. A grandi sorsi, si dissetò del liquido scottante e densissimo racchiuso nella bottiglia, e capì che il suo sapore acidulo e piccante le ricordava lontanamente il limone, lo zenzero ed un altro ingrediente che proprio non riusciva ad identificare. Percepì quella cascata di gocce mischiarsi al suo sangue e rinvigorirlo e fluire nelle sue vene come una pioggia di scintille, mentre un gradevole senso di stordimento la avvolgeva ed uno strano, insperato silenzio mentale la cullava, regalandole una pace dei sensi che non assaggiava dal giorno in cui era svenuta in classe e Nick non aveva notato sul lato destro del suo collo il pulsare malefico dello Stigma.
- Se è tutto un trucco per chiudermi nel bagagliaio…- biascicò la Salvatore, sentendo un manto di torpore calarle addosso ed annichilirle le forze, mentre l’immagine marmorea del volto di Prince si faceva via via più vicina eppure più sfocata, come immersa in una grigia, tetra foschia. -… ti uccido.-
 
***
 
- E’ tutt’altro che un confettino, non c’è che dire.- fu una voce spiccatamente femminile e sicura di sé a far riemergere Demetra dal suo stato di totale intontimento, ma la sedicenne esitò ad aprire gli occhi all’istante, un po’ perché le sembrava ancora che la sua coscienza galleggiasse sospesa nel vuoto, lontana anni luce dal corpo, un po’ perché non aveva idea di cosa fosse accaduto nel frattempo, dunque le sembrò più prudente restare in ascolto prima di mettersi nei pasticci. - Brava ragazza, ti avrà dato del filo da torcere per tutto il viaggio.-
- Non ne hai idea.- al borbottio sarcastico di Prince seguì lo schiocco di uno sportello chiuso con decisione e Demi dedusse, basandosi sul lieve odore di pelle che la circondava e sulla temperatura tiepida dell’ambiente, di trovarsi all’interno di una Ferrari già riassestata alla perfezione dalla magia. Con ogni probabilità, dovevano essere giunti a destinazione già da un pezzo. Cavolo, per quanto aveva dormito, dopo aver inghiottito la strana poltiglia che il figlio di Klaus le aveva rifilato?
Restando sempre con le palpebre serrate, udì una risata a stento trattenuta, poi un sospiro talmente rassegnato da apparire quasi tenero, da parte di Prince:
- Sarà la mia rovina, non c’è dubbio.-
- Ed è per questo che ti piace.- convenne la voce di donna, con una perspicacia disarmante. Un momento, chi diamine era quella tizia e con quale diritto sparava sentenze in quel modo così esperto e sibillino? - Da morire, aggiungerei.- chiarì la sconosciuta dopo un attimo, giusto per rimarcare il concetto.
- Come dici, prego?!- trasalì il biondo, rendendo Demi fiera di lui mentre se lo immaginava arricciare il naso a metà tra lo sconcerto e la repulsione; stavolta fu il suo turno di scoppiare a ridere, canzonatore, prima di sollevare entrambe le mani in segno di difesa:


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- Oh, no, no, tesoro, sei decisamente fuori strada. C’è solo un masochista per passione, tra noi due, Ruby, e non sono di certo io.-
Come sarebbe, quella giovane sfrontata era sul serio… RUBY?!
Insomma, quella Ruby?
E dove diavolo erano finite le orecchie a punta e la pelliccia morbidosa?
- La nostra scappatella romantica è finita bel po’ di tempo fa, P. Me ne sono fatta una ragione.- gli ricordò la nuova arrivata, rilassata quanto lo sarebbe stata una qualsiasi fanciulla davanti all’argomento ‘quale smalto scegliere per la manicure’. I muscoli di Demi, invece, ebbero uno spasmo sorpreso, tanto che temette di essere sul punto di farsi scoprire. - E lasciamelo dire, se c’è qualcuno tra noi che è riuscito a rifarsi una vita dopo la prima grande delusione d’amore, quello non sei di certo tu.-
- Eppure eccoti qua, venuta dal lontano Bayou a salvare il mio regale fondoschiena nel bel mezzo di una catastrofe.- le fece notare lui, noncurante, quasi fischiettando. - E’ evidente come ti stia ancora a cuore.-
Ruby evitò saggiamente di chiedere delucidazioni a proposito del reale soggetto di quella frase e si limitò a sorridere soavemente di rimando:
- Eppure eccoti qua, a combattere contro il tuo destino dannato, al fianco di una pulzella affascinante che finirà per friggerti il cervello.- gongolò, l’aria di chi la sapeva lunga. – Stesso identico copione, proprio come ai vecchi tempi, vero? Ahh, certe cose non cambiano mai.-
Demi, pur senza poter vedere nulla, sentì aleggiare su di sé lo sguardo pensieroso di Prince, e le parve di poter sentire sotto la propria pelle, come vittima di una bizzarra connessione, la burrasca dei suoi dubbi:
- Lei non ha niente in comune con Monique.- mormorò lui, sinceramente corrucciato, forse per la prima volta da quando Demi aveva avuto a che fare con la sua impertinenza. - Niente di niente.-
- Beh, me lo auguro per la poveretta.- commentò Rubyna, con una pratica alzata di spalle. - Dopotutto, ammettiamolo, potrei ritenermi abbastanza fortunata di non essere mai stata seriamente nelle tue grazie: le persone per cui hai provato dei veri sentimenti non sono poi andate a finire nel migliore dei modi. Dico bene?-
 
___ Flashback ___
 
I lunghissimi capelli scuri ed ondulati di Monique erano stati la prima cosa che Prince aveva visto piombare di corsa nella cella, risplendendo nella tenue luce come un soffice miraggio, poi lei si era affrettata a chiudersi la porta alle spalle, lanciandogli un sorriso vittorioso a mo’ di saluto:
- Scusa per il ritardo!- gli aveva sussurrato, notando quanto il volto di lui fosse ancora livido di preoccupazione; Prince, imprigionato, esausto e seduto in un angolo a riprendersi dopo gli interminabili allenamenti cui era quotidianamente sottoposto per volere della sua ricattatrice, non era mai stato così felice di vederla, eppure non era stato capace di rasserenare subito la propria espressione, tanto che Monique aveva ripreso a giustificarsi: - Sono riuscita a stregare il pendolo di Sophie per farle credere di aver rintracciato lo squarcio di Profezia lontano da qui. Lei è partita immediatamente ed io ne ho approfittato per sfogliare il Grimorio di famiglia e prepararti… questa.- con le piccole mani d’avorio strette a formare un calice, la strega gli aveva offerto un panciuto contenitore di vetro ricolmo di un filtro viscoso color zaffiro, quasi fosse il tesoro più prezioso al mondo. - E’ un altro po’ di Elixir, ma stavolta è abbastanza da liberarti dalle visioni notturne per un bel po’. Così forse il tuo fratellino penserà che il problema è risolto e non si caccerà più nei guai per cercare di salvarti.- il principe aveva fatto per afferrare la boccetta, ma lei l’aveva trattenuta con sé per un istante di troppo, fissando il ragazzo con un chiaro, divertito sprazzo di sfida nel fondo dei propri occhi dorati: - E adesso dimmi, ti prego, sono forse morta in un modo crudele ed orripilante, come avevi annunciato? Mmh?-
- Non è uno scherzo.- aveva sbottato lui, aggrottando le sopracciglia. Per quanto si rifiutasse di ammetterlo, aveva trascorso l’attesa della giovane nella più totale angoscia, confinato lì eppure incapace di stare fermo, terrorizzato all’idea che lei potesse essere stata scoperta e fosse stata costretta a subire le conseguenze delle proprie azioni per mano di sua zia. Anche dopo tutti quegli anni di segreta collaborazione, non era riuscito ad abituarsi alla prospettiva di un simile rischio, anzi, la cosa era andata peggiorando: - Sai benissimo quanto sia pericoloso. Per quanto ancora saremo costretti a sopportare questa situazione? Se lei scoprisse che fai il doppio gioco per aiutarmi, ti strapperebbe il cuore senza pensarci due volte, lo capisci?- la terribile immagine mentale gli aveva fatto attorcigliare le budella, ma non lo aveva fermato dallo scattare in piedi, aggiungendo: - Lo darebbe in pasto a Shane sotto i miei occhi solo per farmi capire che mi ha in pugno!-
- Lo so da sempre, Prince, ciò che potrebbe accadere.- aveva ribadito la giovane Deveraux, i ricci color carbone che le piovevano sulla fronte corrucciata. - Eravamo solo due bambini, ma ti ho fatto una promessa nel nome dei miei Antenati e non ho intenzione di infrangere il mio voto di proteggerti, non importa quanto ci vorrà per portarlo a termine.- un velo di tristezza le aveva sbiadito le iridi: – Un tempo saresti stato così contento di rivedermi…-
- Non abbiamo più dieci anni.- le aveva fatto notare lui, voltandole le spalle ed allontanandosi di qualche passo, lasciandola muta ed interdetta. - E, a quanto ne so, certi giuramenti sono peggio di una condanna a morte. Come accidenti possono accettare di farti rischiare così tanto, i tuoi adorati vecchi, se hanno un minimo di considerazione per te? Me lo spieghi?-  
 

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Si era sentito un idiota totale, ma non sarebbe stato capace di reggere per un altro minuto quel discorso assurdo che avevano toccato più e più volte, nel corso della loro alleanza, fino a logorarlo… e a renderlo logorante.
- Li hai serviti con devozione, gli Antenati, e che cos’è che hai avuto in cambio? Non ti hanno ancora fatta diventare la Reggente del Quartiere Francese, non ti hanno regalato uno scudo magico contro gli incantesimi che quella megera potrebbe lanciarti addosso ogni volta che non sei abbastanza convincente, non hanno avuto nemmeno la decenza di inviarti una cartolina dall’aldilà per dirti che la tua defunta mammina è orgogliosa di te.- l’aveva sentita trattenere il respiro con sconcerto e rabbia, ma non gli era bastato: aveva voluto infierire, farle capire quanto fosse sciocco sacrificare la propria vita in quel modo. Neppure la paura di darle a vedere quanto fosse disperato lo aveva fermato: - Ti hanno sottoposta ad infinite prove eppure, ai loro occhi, non sei ancora degna del comando. Che cos’altro pretenderanno da te, prima di concederti ciò che ti spetta? Non sarebbe tutto più semplice, se ti conferissero direttamente il potere di far fuori tua zia? Chissà, magari temporeggiano perché non sono capaci di reggere il confronto come dicono…!-
- Il volere degli Antenati è imperscrutabile, Prince.- aveva sibilato Monique, appoggiando la bottiglia di Elixir sulla prima scrivania disponibile ed avvicinandosi precipitosamente al figlio di Klaus, per affrontarlo a muso duro, bella quanto determinata. - Non mi aspetto che tu comprenda, ma non sfruttare il loro nome soltanto per provocarmi, se proprio hai voglia di litigare!-
- Perché mai non dovrei insultarli, credi che potrebbero offendersi?- aveva ironizzato lui, pungente, sfoderando uno dei suoi più infami sorrisi. - La tua trisavola ammuffita potrebbe per caso fulminarmi sul posto con una saetta per averle mancato di rispetto, dicendo tra l’altro la sacrosanta verità? Beh, fammi indovinare… NO!-
- Sta’ zitto!-
A quel punto una tempesta rubiconda era sbucata dalle dita contratte di Monique, sfogando la sua furia, imponendo a Prince di scostarsi da un lato per evitare un impatto che sarebbe stato di sicuro poco piacevole.
Quando, però, la strega aveva caricato un nuovo incantesimo con un gesto fluido ed esperto delle braccia, lui non era rimasto a guardare: anzi, aveva risposto con la stessa foga, spigionando un ampio flusso di onde smeraldine, così potente da provocare un’esplosione nello scontro col nuovo getto di magia della Deveraux:
- Come osi sparlare di loro in questo modo?! Se LORO non mi avessero guidata da te, non ti avrei mai trovato!-
- Sai una cosa? Forse sarebbe stato meglio!- aveva ringhiato Prince, cercando di contrastare l’ennesima scarica d’energia che Monique gli aveva scagliato addosso e di mantenere tutti i muscoli tesi, mentre anche lei sentiva la propria chioma corvina sventolare qua e là, come in preda ad un vento impetuoso.
- Perché?- gli aveva urlato, con le lacrime agli occhi ed i denti digrignati nello sforzo di non cedere.
Si erano scontrati a lungo, entrambi decisi a non cedere, tuttavia, sotto la Potenza assoluta ed incontrastabile del Distruttore, Monique aveva ben presto avvertito le proprie ginocchia iniziare a tremare, e alla fine, neutralizzata, si era arresa, lasciandosi investire in pieno dal sortilegio del principe.
Colpita, aveva soffiato per il dolore, come un gatto furibondo, poi aveva barcollato all’indietro, aggrappandosi alla cassapanca di poco prima per non accasciarsi bocconi sul pavimento:
- Perché stai dicendo una cosa simile?- aveva singhiozzato un attimo dopo, incredula.
Il suo livello di risentimento doveva aver toccato livelli mai visti, perché la ragazza non si era lasciata scoraggiare dalla sconfitta e, rimessasi in piedi, si era lanciata fisicamente contro il suo avversario, come un bolide, forse per provare prenderlo a ceffoni:
- PERCHE’?!-
- Perché così avrei potuto trovarti io.- l’aveva scossa Prince, veemente, afferrandole i polsi ed immobilizzandola. Monique, colta del tutto alla sprovvista, lo aveva squadrato con gli occhi sbarrati, il miele delle sue iridi che sembrava strabordare dai contorni, poi aveva schiuso le labbra in una buffa espressione mai vista prima, forse perché lasciava trasparire, tra le altre emozioni, in mezzo a spessi strati di stupore e desiderio, anche un velo di adorabile timore: - Così non avrei dovuto dubitare ogni singolo giorno del fatto che tu combatta contro Sophie per dovere, perché è la tua missione, perché in realtà non provi nulla per me.- con la stessa dolcezza con cui il suo tono era andato via via modulandosi, Prince si era avvicinato al viso arrossato della nipote di Sophie, fino a rimanere ad un soffio dal suo respiro spezzato: - Così non avrei dovuto dividerti con nessuno.-
Ed un istante dopo, senza riflettere, senza darle il tempo di replicare, semplicemente, l’aveva attirata a sé… e l’aveva baciata.
In un attimo era stato come se tutta la sua frustrazione, la sua sofferenza, le sue battaglie ed il trascorrere inesorabile dei suoi giorni da orfano prigioniero si fossero dissolte nel sapore irresistibile di quel bacio così soffice, caldo, spasimante.
Prince si era sentito pronto ad essere respinto, ad accettare una sberla in pieno viso che gli facesse ricordare per l’eternità quanto caro fosse il prezzo di una simile follia… ma mai, mai si sarebbe aspettato quella che era stata poi l’effettiva reazione di Monique: la bocca della giovanissima strega aveva avuto un sussulto, poi si era sciolta inaspettatamente contro lo sua, accogliendone il contatto con un impercettibile gemito di resa, mentre lei lo circondava con le braccia, premendo la morbidezza ancora acerba del proprio corpo contro quello teso e statuario del figlio di Klaus.
Erano rimasti avvinghiati in quel modo per un tempo dilatato, sospeso, indefinito, poi Prince aveva trovato la forza di allontanarsi un po’, abbastanza per incrociare il suo sguardo, ormai adorante, eppure tanto combattuto:
- Sei pazzo.- lo aveva rimproverato la strega con voce soffocata, colpendolo coi pugni sul petto per sfogarsi, senza però fargli male. - Sei un pazzo furioso se pensi che io voglia salvarti solo perché qualcuno me l’ha imposto, lo sai? Sei… sei proprio un IDIOTA, Prince Mikaelson!- 
- Rinunceresti a tutto per scappare con un idiota? Lo faresti?- le aveva mormorato all’orecchio lui a quel punto, provocandole un brivido inaspettato. - Stammi a sentire: lascia che i tuoi Antenati risolvano le loro questioni per conto loro. Tu non gli devi niente. Non gli importa un accidente di te, Monique, vogliono solo usarti come una pedina per ostacolare Sophie, la Rinnegata, l’eterna minaccia alla loro autorità. Non vogliono rischiare l’integrità del Consiglio affidando il controllo ad una persona indegna, per questo la spingono a missioni impossibili per valutarne la fibra morale. Non ha il minimo senso! Se tu morissi sulla strada della gloria, venerebbero il tuo sacrificio per una settimana, poi troverebbero un’altra sottomessa pronta a fare il lavoro sporco, e tu verresti dimenticata. Piantala di sprecare il tuo tempo preparando pozioni che allevino i sintomi e sforzati di trovare una cura definitiva allo Stigma. Consulta i testi che ti hanno proibito, dacci un’occasione di uscirne. Ribellati!- inanellò intorno al proprio indice una ciocca della folta chioma della ragazza, vezzeggiandola e gustandone la lieve consistenza attorno al polpastrello: - A me interessa che tu ne esca fuori tutta intera, e più passa il tempo, più tua zia rischia di beccare un tuo passo falso. Lo sai anche tu. Se lei ti facesse del male, io…- esausto, Prince aveva posato la fronte contro quella di Monique. – Una volta fuori di qui, escogiteremo un’idea per regolare i conti con Sophie. Troveremo insieme la Profezia, prima di lei, e andremo a prendere la Piuma Nera… la sbricioleremo. Saremo liberi. Se solo volessi ascoltarmi, piuttosto che seguire tutti i comandi degli Antenati come se non sapessi usare il cervello per pensare, potremmo…-
- Tu non sai quello che dici.- il mugolio di Monique stavolta era stato sofferto, ubriaco di sensazioni. La paura che aveva fatto breccia nel suo sguardo pochi attimi prima, aveva preso a serpeggiare nelle sue parole come fiele: - L’unica strega del Quartiere Francese che si sia mai ribellata al loro volere, è stata proprio Sophie. Li ha sfidati, contrariati, ha sostituito il loro culto con quello dell’Espressione, ed è stata ripudiata per questo. I suoi progetti egoistici le hanno fatto totalmente perdere il senno! Dopo la morte di mia madre, loro sono stati la mia unica costante, mi hanno impedito di lasciarmi traviare dal Male che mia zia è così ostinata ad inculcarmi… non potrei mai rischiare di diventare come lei!-
- Non sei neppure come loro, Monique.- le aveva rammentato Prince, strofinando il naso contro la pelle profumata del suo collo, giocando sleale- Sono morti, ed una delle loro commissioni finirà per uccidere anche te. Ho bisogno che tu viva. Che tu sia insieme a me, quando sarà tutto finito. So che ho sempre distrutto tutto ciò che ho toccato, ma stavolta è diverso. Perché ti voglio davvero al mio fianco… mi hai sentito?- ansimando appena, sia per lo scotto dell’inesperienza che per la foga con cui le stava confessando tutti quei desideri, il principe aveva affondato entrambe le proprie mani nella criniera riccia della strega, per poi riprendere a baciarla, sostenendole meglio la nuca mentre lei rovesciava all’indietro la testa, permettendogli di sfiorarle anche il collo con le labbra ardenti, insaziabili. - Ti voglio.- le aveva ripetuto, con lo sterno in tumulto.
Poi l’attrazione che li aveva sempre in qualche modo legati era tornata a bruciare come fuoco liquido, dando un senso più profondo alle loro carezze; e mentre tutti e due si abituavano a fatica, tremando, alla vicinanza d’un tratto così intima dell’altro, Prince aveva ricordato tutte le volte in cui aveva sognato di poterla ringraziare così per essersi presa cura di lui come nessuno aveva saputo fare dopo l’assassinio dei suoi genitori.
E non si era lasciato fermare dall’imbarazzo, neppure quando aveva capito che continuare a coccolarsi in quel modo sarebbe stato come oltrepassare un confine proibito, come saltare nel vuoto.
- Bugiardo.- aveva ansimato Monique dal nulla, facendo scorrere le dita sotto la maglia del principe prima di sfilarla e di lasciarla scivolare al suolo. - Se davvero t’importasse della mia sopravvivenza… tu non mi baceresti così.- si soffermò ad accarezzare i profili del suo petto e dell’addome, perfetti perché scolpiti fino allo sfinimento, poi sospirò, tormentandosi il labbro inferiore: - Ti prego, dovresti… non posso, noi… non possiamo…- 
- Non ho intenzione di smettere, amore.- le aveva sussurrato Prince, muovendosi contro di lei come una placida, insistente marea, l’odore della loro eccitazione inebriante come salsedine. - Non chiedermi di smettere.-
E così Monique lo aveva baciato con passione crescente, forse proprio per impedirsi di fiatare e di intaccare la magia di quel momento, poi anche il vestito perlaceo che aveva indosso era scivolato sul pavimento, scoprendo le curve appena accennate dei suoi fianchi e le sue rotondità di donna appena sbocciata, il suo profumo d’incenso ed arbusti selvatici, di speranza, di conquista, di momenti rubati, di pura necessità.
Prince aveva goduto nell’udire il cuore della ragazza tuonarle nel petto, battito dopo battito, ed accelerare sempre di più, all’unisono col suo, rischiando di scoppiare mentre si sdraiava cauto sopra di lei. Poi l’aveva cercata con ogni fibra del proprio corpo accaldato, per trovare la pace, e si erano appartenuti così, senza averlo previsto, con stessa la tenerezza di due adolescenti, con lo stesso trasporto di due ladri coinvolti in un crimine mortale, fugacemente, nel terrore di essere scoperti, fino a quando anche l’ultimo tremito convulso e fiammeggiante non li aveva scossi entrambi. Prince era crollato ed era rimasto disteso sulla schiena a lungo, immobile, perso, scivolando in un sonno sfinito ed appagato, e per tutto il tempo le aveva tenuto una mano posata addosso, ancora a ciondoloni, per toccarle la pelle e tenerla vicina a sé.
Non era servita neppure una goccia di pozione, stavolta, per impedire ai suoi fantasmi di fare breccia, e lui, sereno come non lo era da una vita, non si era svegliato, nemmeno quando lei si era invece ridestata di soprassalto, come se avesse appena avuto un incubo orrendo, una sorta di presagio, o un avvertimento.
Dopo qualche istante di puro sconcerto, con un panico nuovo che le impregnava i lineamenti, Monique era rotolata silenziosamente da un lato e si era ravvoltolata nei propri abiti, con gli occhi grondanti e colpevoli, tormentata da chissà quali pensieri. Col cuore in frantumi, si era sfilata la collana di ossidiana che aveva sempre portato appesa al collo e l’aveva posata con delicatezza accanto a Prince, come un messaggio d’addio. Poi era sgattaiolata via senza fare troppo rumore, svanendo nel nulla… e lasciandolo da solo.
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- Smettila di guardarla in quel modo, P.- lo rimbeccò Ruby, risvegliandolo da quei pensieri intricati e dolorosi col proprio tono frizzante ed un po’ piccato. Il principe si rese conto in ritardo di aver continuato a fissare il corpo Demi senza poterne fare a meno, fino a farsi letteralmente bruciare le palpebre. - Come se potesse svignarsela da un momento all’altro.- ci fu un lieve suono di stivaletti picchiettanti sull’asfalto, poi la ragazza-lupo si spolverò la giacca color cuoio con aria civettuola: - Hai fatto la cosa migliore per lei, dandole da bere qualche goccia di Elixir. Anche se l’hai trattata come una dodicenne capricciosa... non potrà avercela con te per troppo tempo.-
- Non ne sarei così sicuro. Dimostrare riconoscenza non è mai stato il suo forte.- obiettò Prince, prima di imprimere nella propria voce un impercettibile velo nostalgico. - La prima volta che le ho salvato la vita ha cercato di ficcarmi un fermacarte in un occhio.-
- Il vero peccato è non essere riuscita a beccarti in tempo.- bofonchiò la Salvatore, la bocca impastata, rivelando finalmente ai presenti di essere sveglia e stiracchiandosi con  energia, mentre la sensazione che tutte le parti del suo corpo fossero state smontate come quelle di un giocattolo e poi riaccostate nel modo sbagliato la pervadeva.
- Oh, credo proprio che io e te potremmo andare d’accordo, una volta fatte le presentazioni.- in piedi di fronte a Demi, con le gambe leggermente divaricate, appoggiata con un braccio sullo sportello aperto e fiammante della Ferrari e con la mano libera tesa, pronta a ricevere una stretta amichevole, comparve una ragazza che la figlia di Elena non aveva mai visto ma che non poteva che essere altri che la versione umanizzata del Licantropo incontrato subito dopo l’incidente: - Io mi chiamo Rubyna Tresbonne, del Clan della Luna Crescente.- com’era stata rossa la pelliccia della creatura che li aveva soccorsi, nello stesso modo erano fulvi e lucenti i bellissimi capelli della fanciulla la quale, ad occhio e croce, sembrava più o meno essere loro coetanea (forse, a giudicare dalle forme prorompenti del suo fisico), poteva avere giusto qualche anno in più. Era bella, con delle splendide labbra carnose e sporgenti, simili a piccole ciliegie, l’abbigliamento sportivo calzato tuttavia con un’innata, invidiabile eleganza: - E tu sei la Prescelta, giusto? Non avrei mai pensato di incontrarti di persona… è tutta la vita che sento parlare di te nelle vicinanze del Quartiere Francese.-
 
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- Ma non mi dire. Scommetto che vendono anche dei gadget con la mia faccia stampata sopra.- ironizzò l’altra, con una smorfietta risentita. – Puoi chiamarmi semplicemente Demi, comunque. Grazie per averci aiutati, sarebbe finita parecchio male se tu non fossi intervenuta.- salutandola con moderata educazione e scendendo in fretta dall’automobile nonostante le gambe rammollite, la Salvatore si guardò intorno, nella speranza di riuscire ad orientarsi, e rintracciò per sbaglio nel proprio campo visivo il sorriso indolente di Prince; dovette trattenersi con fatica dal fargli una sonora linguaccia, prima di spostare ostinatamente l‘attenzione altrove: - Suppongo che il tuo intruglio abbia funzionato anche come inibitore della mia Magia, oltre che come sonnifero istantaneo… la macchina è di nuovo tutta intera e noi siamo…?-
- Al confine con New Orleans, a due passi dall’Autogrill di cui ti avevo parlato.- rispose il biondo, pur senza essere stato interpellato direttamente. Prima che lei potesse borbottare che nessuno gliel’aveva domandato, lui tornò a far sfavillare il proprio ghigno più allettante: - Nel caso dovessi avere fame, fanno dei cheeseburger davvero favolosi in questo posto, la tua amichetta bionda ne andrebbe matta.- senza che la ragazza potesse impedirlo in alcun modo, il suo stomaco prese a gorgogliare furioso, come se fosse rimasto a corto di cibo per settimane, protestando talmente forte da metterla in imbarazzo. - Posso portartene un paio per pranzo dopo aver sbrigato alcune faccende laggiù, ‘’se’’ ti comporterai bene e ti farai tenere d’occhio da Ruby mentre sono via.-
- Senza offesa, ma non ho bisogno di un cane da guardia.- replicò Demi, nervosa. – O di un Lupo.- si affrettò a correggere, cercando di essere meno aggressiva. L’ultima delle sue intenzioni era insultare quella ragazza di cui conosceva a malapena il nome e a cui doveva probabilmente un favore, ma non voleva assolutamente permettere a Prince di sentirsi il capo indiscusso della spedizione, visto che era la vita di Nick ad essere appesa ad un filo. La Crescente non diede segno di essersi offesa, e quella sua ostentata tolleranza, sommata alla sua sfolgorante bellezza, inspiegabilmente, non servì a migliorare l’umore già tetro della Salvatore. - A proposito, emh… Ruby, giusto? Come sei tornata ad essere… umana? Non che fosse tanto normale vederti su quattro zampe, comunque, dato che siamo ancora in pieno giorno, però…-
- I membri del Clan Crescente non sono come tutti gli altri.- rispose la giovane Licantropa, il sole del mezzogiorno che le investiva in pieno i magnifici capelli lucenti, rendendoli simili ad un groviglio di lingue infuocate. - Siamo la stirpe più antica, la più nobile, la più tenace che cammini sulla Terra. Le leggende narrano che, quando Qetsiyah assassinò Luinil, la fanciulla amata da Silas, fu una Lupa Mannara di nome Labonair a sacrificarsi per tentare di salvarla da una fine orripilante, accorrendo dopo averla sentita urlare nella foresta. La Lupa finì sgozzata senza pietà dalla strega…- così dicendo, Rubyna scostò da un lato il colletto della propria maglia, rendendo visibile un simbolo lunare impresso sulla sua gola, identico a quello che aveva esibito poco prima sulla pelliccia, ma adesso, improvvisamente, più simile ad una cicatrice da taglio: -… ma la sua progenie fu benedetta grazie a quell’atto di coraggio: da allora, al contrario di tutti gli altri Lupi Mannari, quelli del mio branco sono liberi di trasformarsi a loro piacimento in qualsiasi momento della giornata, senza essere più schiavi del plenilunio. Così le nostre qualità magiche sono diventate la nostra forza e non più la nostra condanna… almeno fin quando Sophie non ha maledetto il nostro Alpha, Eve, l’unica discendente Labonair che, ai tempi, potesse prendere il posto di Hayley.-
Demi sapeva che la sanguinaria strega Deveraux aveva imprigionato per l’eternità la povera Eve nella sua forma animale molti anni prima, per impedirle di immischiarsi nel massacro che lei e Shane avevano intenzione di compiere ai danni dei genitori di Nick e Prince, ma non riusciva proprio ad immaginare quale conseguenze potesse aver avuto quella disgrazia sul resto dei Crescenti:
- Il Clan dipende direttamente, misticamente dal proprio capobranco.- spiegò prontamente Ruby, anticipando la sua confusione: - L’Anatema di Sophie non è riuscito ad infrangere la potenza millenaria del premio di Luinil, ma l’ha comunque indebolita, circoscrivendone i benefici e limitandone l’effetto. Oltre i confini sacri di New Orleans, siamo perennemente bloccati nella forma in cui abbiamo deciso di lasciare il tracciato della città, oltre ad essere di nuovo asserviti dalla Luna Piena una volta al mese, come tutti gli altri.-
- Oh.- quasi suo malgrado, Demi si sentì stringere il cuore davanti a quella notizia, mentre un senso di compassione le avviluppava il petto. Erano tutti delle vittime, a quanto pareva, della cattiveria illimitata di Sophie, della stessa fattucchiera senza scrupoli che sapeva solo seminare morte e desolazione al proprio passaggio. - Mi dispiace.- mormorò, sinceramente, la figlia di Elena. - Nessuno dovrebbe essere costretto a rinunciare ad una parte di ciò che è a causa delle decisioni di qualcun altro.- quelle parole solidali le sgorgarono dalle labbra come gocce di sangue da una ferita profonda ed ancora aperta nel suo animo, ferita che probabilmente non si sarebbe mai rimarginata del tutto: - Non esiste un modo per liberarvi da questa condizione?-
- NO.- tagliò corto Prince, intromettendosi improvvisamente nel discorso, di colpo scuro in viso. Demetra si accorse soltanto in quell’istante che il biondo le stava porgendo qualcosa sottobanco: era un pugnale sottile, puntuto e sinuoso, avvolto da una guaina nera. La sua lama, che sporgeva appena dal manico, brillava come uno zaffiro. La Salvatore lo afferrò, addolcendosi in uno sguardo di muta gratitudine, sperando che quel gesto simboleggiasse in qualche modo il suo lasciapassare per entrare al Grill; ma il principe non la ricambiò, intento com’era a lottare contro le occhiate profonde e contrariate che Ruby aveva iniziato a sferrargli subito dopo quell’implacabile negazione.
Sembrava che fosse in corso un’altra conversazione serrata tra le loro menti telepatiche, che terminò comunque bruscamente qualche attimo dopo:
- Nulla che sia lontanamente fattibile, almeno.- ripeté Prince, con un tono aspro che non ammetteva repliche di alcun genere. - Ed ora basta con queste chiacchiere, finirete per farmi passare l’appetito. Sapete piuttosto dov’è che ho messo quel delizioso contenitore di cristallo pieno di polvere esplosiva, mh…?!-
Demetra lo guardò voltarsi tutto indispettito e riprendere a frugare nel cofano della Ferrari, alla ricerca di chissà quali altre cianfrusaglie letali da imbracciare, e tacque, ma non poté impedire alla convinzione che lui avesse appena omesso una qualche pericolosa verità di insinuarsi tra i suoi pensieri serpeggiando, fino a gettare su di essi un’angosciosa, vibrante ombra di sospetto.
 
***
 
C’era una macchia bionda sparsa sul materasso di Nick, simile allo scarto solidificato di un lingotto liquefatto e lasciato lì a raffreddare: Mattie era crollata con la faccia in avanti sul bordo delle coltri vaporose, esausta dopo una nottata trascorsa a vegliare il suo amico, con gli occhi pesti e le dita strette spasmodicamente attorno allo stesso straccio che aveva cercato di usare come bagnolo fino a poco prima, nella vana speranza che la febbre di lui si abbassasse.
Il calvario del figlio di Elijah sembrava essersi temporaneamente placato, ma il ragazzo era così bianco da risultare inquietante; che si fosse addormentato a sua volta per lo stremo o che fosse scivolato nel limbo di una nuova, stavolta tacita tortura, non era dato saperlo. Sembrava paralizzato ed il suo respiro era così rado che neppure accostando direttamente l'orecchio alle sue labbra lo si sarebbe potuto avvertire facilmente.
Fu un altro rumore, dunque, ben più chiaro e stridente, a far sobbalzare la Lockwood sul posto, facendole sbattere le ciglia come una forsennata nel tentativo di mettere a fuoco la realtà. Non senza fatica, dopo l’iniziale smarrimento, notò che la porticina della stanza si era aperta cigolando, e capì che era appena stata spalancata da una soffice zampata:
- Hai preso troppo sul serio questa storia di voler diventare una creatura della notte, piccina. I Licantropi che non hanno ancora scatenato la loro vera natura non possono restare fino all’alba senza riposare, per quanto la luna sia un forte richiamo per loro.- la voce intenerita di Eve Labonair si fece spazio come una carezza tra i pensieri confusi di Mattie, mentre la Lupa si avanzava verso il letto lentamente, con un vassoio d’argento sospeso sulla grossa testa pelosa.
- Ugh! Non stavo dormendo!- farfugliò Mattie, drizzandosi istantaneamente sulla schiena, senza afferrare al volo il senso di quel bonario rimprovero; Eve le lanciò un’occhiata e, mentre la bionda cercava di mascherare il fatto che i propri neuroni non vedessero l’ora di sventolare nuovamente bandiera bianca, raggiunse il comodino, facendoci scivolare su il proprio carico. Si trattava di un’enorme tazza di caffè e di un barattolo di biscotti al burro dall’aspetto invitante. All’improvviso, la ragazza si accorse di aver digiunato dal pomeriggio del giorno prima fino a quel momento, un record assoluto per la sua proverbiale, insaziabile fame… eppure qualcosa nel suo stomaco annodato le diceva che neppure una gigantesca fetta di torta al cioccolato avrebbe potuto tirarla su di morale. – Grazie, davvero… ma non ho proprio voglia di mangiare.- mormorò, stupendosi delle proprie parole immediatamente dopo averle pronunciate.
Non avrebbe mai creduto possibile che un evento l’avrebbe depressa tanto da farle perdere l’appetito.
- Hai bisogno di forze. Rifiutare la colazione non aiuterà Nick a guarire ma ti renderà meno efficiente quando avrà più bisogno di te. Coraggio.- il tono di Eve era comprensivo come quello di una nonna e Matt avvertì una fitta di nostalgia nei confronti dello Sceriffo Forbes. Le sarebbe piaciuto essere tosta come lo era lei, essere in grado di catturare e di gettare in galera i responsabili di ciò che era accaduto al figlio di Elijah, punendoli come meritavano per averlo ridotto in fin di vita, ma forse il primo passo per combattere il crimine e difendere gli indifesi era sul serio conservare le energie e non lasciarsi sommergere dall’impotenza, tenendosi pronti all’azione. Con un piccolo gesto, la Lockwood allungò le dita ed acchiappò un biscotto fragrante, ficcandoselo in bocca nonostante la nausea e masticando risoluta: pian piano, il sapore divenne piacevole e le sue viscere parvero distendersi, dandole sollievo. – Saresti davvero disposta a tutto pur di proteggerlo, non è vero?- osservò la Licantropa, soddisfatta.
- Già. Lui è il mio branco.- sorrise Mattie, con le guance gonfie, lanciando a Nick uno sguardo indecifrabile, luccicante. Subito dopo essersi resa conto di ciò che aveva appena ammesso, avvampò di rossore e cercò di strozzarsi con un lunghissimo sorso di caffè incandescente, finendo poi col tossicchiare istericamente per la seguente, imbarazzantissima manciata di secondi. – Riesci a capire?-
- Certo. Sua madre, Hayley, era il mio.- confessò Eve, accucciandosi sul tappeto, le orecchie grigie leggermente basse. - Era soltanto una neonata quando i Guerrera, un clan di Licantropi rivali residenti nella stessa New Orleans, attaccarono la sua casa e diedero fuoco al villaggio che i suoi genitori avevano faticosamente costruito per la sicurezza della nostra gente. Suo padre era mio cugino… ed era un leader nato: salvò moltissime vite dall’imboscata, ma non riuscì a proteggere la propria, né quella di sua moglie. Si suicidarono entrambi prima di cadere vivi nelle grinfie dei nemici. Della piccola Andrea Labonair, dopo quella notte, non rimase alcuna traccia, ma il fatto che il suo corpicino non fosse stato ritrovato mi spinse a credere che fosse stata portata via da qualche alleato, che fosse destinata a tornare da noi. E lo fece, una volta diventata una donna, trovò il modo di risalire alle sue origini. Era bellissima. Era fiera. Era la nostra Regina. Quando la vidi per la prima volta, seppi che il mio ruolo di sovrintendenza al suo trono, in quanto unica Labonair ancora in vita, sarebbe finito proprio come avevo sperato: con la salita di una persona davvero degna al comando.- gli occhi color ferro di Eve erano giganti, densi di malinconia e di un altro sentimento simile alla vergogna che Mattie non riusciva proprio a spiegarsi: - Quando però scoprì di essere incinta di Klaus Mikaelson, fu l’inizio della fine: Sophie venne a saperlo all’istante e prese a darle la caccia. Voleva Prince, convinta che fosse necessario crescerlo come un abominio per poi usare i suoi poteri nel sacrificio del Lapislazzuli. Non si dava pace. E nemmeno io. Sapevo che avrei dovuto rimanere a New Orleans, occuparmi del clan, continuare ad essere una guida come, seppur mio malgrado, avevo fatto per tutta la vita al posto della vera erede… ma non ci riuscivo più. Hayley era diventata la mia famiglia. La amavo come una figlia. E sia lei che il suo bambino non ancora nato, ora, erano in pericolo.- Mattie ascoltava, rapita, la storia che si andava snocciolando, un sospiro telepatico dopo l’altro, nella sua mente ormai sveglia, assorbendone tutta la drammaticità. - Decisi di seguire il mio cuore. Abbandonai la mia carica e fuggii lontano dalla Lusiana per raggiungere Hayley e giurarle la mia eterna lealtà.-
- Chi potrebbe biasimarti per questo?- chiese la Lockwood, solidale, posandole una carezza sulla soffice schiena screziata di sfumature brune.
- Chiunque sappia cosa voglia dire essere un capobranco.- rispose Eve, ringhiando appena, come se volesse scacciare via un groppo dalla propria gola. – Il mio è stato un atto davvero egoista, Mattie. Ho protetto una famiglia a cui mi ero affezionata personalmente, rinunciando a salvaguardare l’incolumità di tutte quelle di cui ero responsabile. Ho visto nascere Prince e Nick, sono stata per loro una figura famigliare, ma ho abbandonato i miei simili, lasciandoli senza un punto di riferimento e creando loro chissà quanti problemi di organizzazione, di coesione. Forse li ho resi persino vulnerabili agli occhi dei superstiti del clan Guerrera. E, alla fine, non sono neanche riuscita ad impedire il peggio: ho perso Hayley ed Elijah, e sono sopravvissuta a loro quando, invece, sarei dovuta morire pur di dar loro una chance.-      
- Sophie Deveraux ha fatto tutto questo.- borbottò Mattie, incrociando le braccia sul petto e corrucciandosi, come un orsetto peluche arruffato. Quella strega maledetta avrebbe meritato qualcosa di molto più orribile della morte per tutto il Male che aveva seminato nel mondo. Qualcosa tipo l’ananas sulla pizza, le puntine sulla tavoletta del water o il rimanere chiusa in uno sgabuzzino delle scope pieno zeppo di scarafaggi. – Ha rovinato tutte queste vite senza pietà, mentre tu cercavi solo di aiutare. Se non lo avessi recuperato, sono sicura che Prince sarebbe venuto su ancora più pazzoide di quanto non sia già. E non è una cosa da poco, te lo posso garantire!- Eve emise un altro sbuffo dal naso, stavolta come se avesse provato a non ridacchiare. Mattie si pappò l’ultimo biscottino e tirò un lembo della coperta di Nick in modo che lui fosse ben coperto, poi si rivolse alla Lupa Mannara, incoraggiante: - Non appena il mio compare si sarà ripreso, potremmo organizzare un viaggetto di gruppo a New Orleans. Potrei conoscere qualche altro tipo un po’… lunatico?, e tu potresti provare a sistemare le cose che hai lasciato in sospeso con il tuo popolo.-
- Temo che sarà impossibile.- disse Eve, tristemente, fissando un punto imprecisato sulla carta da parati.
- Perché mai?- protestò la bionda, grattandosi il mento, pensosa. – Oh, no, ci sono… credi che il principino manderà a monte i nostri piani, imbucandosi senza permesso alla scampagnata?-
- E’ troppo tardi.- chiarì la Licantropa, semplicemente. - C’è una taglia sulla mia testa.-
La figlia di Caroline, che stava rovistando il fondo del barattolo di biscotti alla ricerca delle briciole, trasalì, con il rischio di farselo scivolare dalle mani e di mandarlo in mille pezzi:
- CHE COSA?!-
- A parte l’onta della diserzione, c’è più di un motivo per cui la maggior parte dei membri della Luna Crescente mi vorrebbe morta.- spiegò Eve, gravemente. – Da quando sono stata colpita dall’Anatema della Deveraux, che mi impedisce di riprendere la mia forma umana, ho privato l’intero branco della sua qualità più straordinaria: la capacità di mutare forma a seconda delle occasioni, senza dover badare per forza alla presenza del plenilunio nel cielo. Infatti, nonostante il mio allontanamento, per la legge, il loro capo sono ancora io, ed il mio status continua ad influenzare negativamente l’intera comunità. La mia maledizione, in qualche modo, si è riversata anche su di loro, ed è diventata il loro limite, la loro debolezza.-
Mattie sembrava orripilata.
- E per fargli riacquistare i loro poteri lupeschi... tu dovresti tirare le cuoia?- intuì, con una smorfia di disgusto stampata sul faccino rotondo. - Non possono semplicemente eleggere un nuovo principale, sostituirti con un Lupo senza acciacchi e lasciarti in pace a vivere la vita che hai scelto? Che cavolo!-
- Quando è venuto a conoscenza di questi progetti, Prince ha rimbrottato la stessa identica cosa, poi ha imposto su me e su William un incantesimo che rende impossibile la nostra localizzazione. Ma credo che i miei più accaniti oppositori non si daranno per vinti finché non mi avranno acciuffata. Non gli basta neppure attendere che la mia sia una morte naturale… perché no, non possono semplicemente scegliere il nuovo boss votando in modo civile durante un’assemblea. Non è così che funziona tra i Lupi Mannari della Lusiana.-
- Ho paura che non mi piacerà affatto sentire come effettivamente funzionino le elezioni.- si lamentò Mattie, pentendosi troppo tardi di aver fatto una scorpacciata. A quanto pareva, le era tornato il voltastomaco dalla preoccupazione.
- L’eredità è sempre stata assegnata rispettando la successione dei Labonair.- chiarì la Lupa, atona. – Fin dalla notte dei tempi, è passata ai discendenti della nostra famiglia, i quali hanno sempre regnato con saggezza e moderazione, evitando a chiunque di prendere anche solo in considerazione l’idea di usurpare il trono nell’unico metodo di legittimazione alternativo possibile.-
- Ovvero?- incalzò Mattie, ansiosa, ma non troppo sicura di voler ascoltare l’inevitabile:
- Per diventare il nuovo capobranco, liberando finalmente il clan da ogni restrizione magica ed assumendone il pieno comando…- mugolò Eve, rannicchiandosi ancora di più sul posto, quasi volesse scomparire tra le pieghe del tappeto. -… è necessario che uno di loro prenda definitivamente il posto del leader precedente. Dopo averlo ucciso.-
 
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***
 
- Questo libro è così enorme… e antico... e dettagliato… e muffito… da darmi l’impressione che ci sarebbe gente disposta a uccidere pur di poterci dare un’occhiata.- commentò Sheila Bennett, con gli occhi sbarrati dall’incredulità, sfogliando le fragili pagine del Grimorio di Esther Mikaelson, ovvero della più decrepita accozzaglia di incantesimi e ricette mistiche esistente al mondo, con tutta la delicatezza di cui era capace.
Dopo la partenza di Demi e Prince alla volta di New Orleans, la figlia di Bonnie aveva sentito la disperata esigenza di tenersi impegnata per non rischiare d’impazzire durante l’attesa di un loro aggiornamento, così aveva preparato uno spuntino per Mattie, dato i croccantini ad Eve, ripulito la sgangherata cucina della Capanna fino a tirarla a lucido e, alla fine, si era acciambellata sul divano del principe, esausta, col Grimorio sulle ginocchia, bisognosa di un’ultima distrazione.
- Ah, puoi dirlo forte.- confermò William Doge, posandole una coperta sulle spalle prima di sprofondare in una poltrona bordeaux accanto a lei. – Quel testo è la sintesi di tutto lo scibile magico conosciuto, dalle origini fino ai giorni nostri. E’ molto prezioso… Prince lo ha scarrozzato ovunque per tutta la durata dei suoi viaggi, dopo averlo fregato a sua zia Rebekah. Lo ha studiato con costanza, eppure non sono convinto che sia riuscito ad apprendere l’intera mole d’informazioni contenuta tra quelle pagine. E’ lassù che abbiamo trovato il modo di costruire le armi capaci di distruggere le Ombre. Lì, ho scoperto come rendermi utile nonostante fossi privo dei miei poteri.- Sheila si strinse silenziosamente nel manto di lana, guardando Will con un senso di gratitudine e curiosità: le sembrava ancora abbastanza assurdo che quel ragazzo della porta accanto, il bel nipote della governante di Villa Lockwood con cui era solita giocare da piccola, impiegato già da un paio d’anni al Mystic Grill come cameriere, fosse in realtà una strega del Quartiere Francese, incapace di praticare la magia finché lontano dai suoi Antenati, ma comunque in combutta con Prince per sconfiggere Sophie Deveraux, la quale, quando lui era ancora un bambino, aveva spedito un esercito di Ombre a sterminargli la famiglia.
Per la sua umiltà, William le era sempre piaciuto ma, adesso, il fatto che potesse insegnarle tutto ciò che sapeva sulla magia la intrigava e la spaventava allo stesso tempo.
- Se è davvero l’Enciclopedia della stregoneria, com’è possibile che non contenga neppure un accenno che possa aiutarci con Nick?- sospirò Sheila, continuando a scorrere con lo sguardo sui simboli e le bizzarre formule impresse sulla pergamena rinsecchita del volume. - Possibile che non ci sia un modo per rallentare la diffusione del contagio? Per alleviare la sua sofferenza?-
Will tacque, con gli occhi bassi, i lisci capelli neri che gli coprivano la fronte accigliata. Il solo antidoto efficace contro il veleno dell’Ombra, lo sapevano entrambi, era il cristallo della Piuma Nera, ma era dura rassegnarsi all’impotenza: il figlio di Elijah si era sacrificato per salvare sia Demi che Damon dall’attacco di un mostro e, se c’era qualcuno al mondo che non meritava tutta la pena che quell’atto di eroismo aveva comportato, era proprio lui.
Nick che si era guadagnato la fiducia della Bennett ed il suo affetto sincero, facendo breccia nel suo iniziale muro di sospetto ed indifferenza.
Nick la cui agonia aveva strappato via il sorriso persino a Mattie ed aveva spezzato in due il cuore di Demi.
Nick che era l’ultima goccia di umanità rimasta nelle vene riarse di Prince Il Vendicatore.
- Non abbiamo tentativi di salvataggio precedenti con cui confrontarci, ogni mossa sarebbe un salto nel vuoto.- mormorò il giovane Doge con un filo di voce, sforzandosi di non essere brutale nella sua onestà e, allo stesso tempo, di farla ragionare. – Sperimentando dei rimedi alla cieca, potremmo contrastare la propagazione del siero oppure, per errore, velocizzarla. Se sbagliassimo qualcosa, potremmo aggravare la sua situazione.-
Proprio in quel momento, un urlo disumano squarciò l’aria attorno a loro, provenendo dal punto preciso in cui il fratello minore di Prince era ricoverato. Sheila sentì la propria pelle accapponarsi ed i suoi occhi scuri si fecero lucidi, supplichevoli:
- Come potrebbe andare peggio di così?- soffiò, roca, udendo la voce acuta della Lockwood risuonare in fondo al corridoio assieme ad un trambusto di passi e uggiolii canini: forse la biondina stava cercando di sedare il nuovo attacco di convulsioni del suo migliore amico, senza successo, ed immaginarla saltellare attorno al letto, straziata da quei lamenti, fece provare alla strega un moto di pietà travolgente, bruciante.
Per entrambi.  
- Ascolta, Sheila… so che è difficile da accettare, ma non c’è molto che possiamo…-
- No, no…- lo interruppe lei, tirando su col naso e sporgendo il mento in avanti, mentre la tipica espressione caparbia delle più forti fattucchiere di Salem faceva capolino sulla sua faccia adolescenziale e la rendeva d’un tratto più adulta. -… dobbiamo fare qualcosa, non posso lasciare che…- continuando a parlottare tra sé, la voce ormai così fioca da risultare quasi inudibile, serrò gli occhi ed impose le mani bronzee sul Grimorio, tenendole sospese a qualche centimetro dal cuore del libro.
Non conosceva abbastanza sortilegi, visto che nessuno si era mai preso la briga di dirle la verità sulle sue capacità prima dei sedici anni, ma qualcosa dentro il suo petto le suggerì che lasciarsi andare alle emozioni, facendosi guidare da esse verso le risposte che cercava, le avrebbe mostrato la soluzione.
All’improvviso, una grossa lampada accanto a lei ebbe un fremito e, mentre la luce oscillava ipnotica nel salottino, riflettendosi sul viso concentrato di Sheila, il libro ebbe un brusco sussulto: le sue pagine incartapecorite presero a muoversi caoticamente, come sfogliate da una mano invisibile, e la magia durò per qualche secondo, fino a quando il Grimorio non si immobilizzò, rimanendo spalancato all’inizio di uno specifico paragrafo.
- ‘’Formule di guarigione.’’- annunciò Will, visibilmente impressionato dalla determinazione appena dimostrata dalla ragazza nel liberare il proprio potere, specie se considerata la sua abituale titubanza al riguardo. - Tombola.-
Tra le cure elencate spiccavano impossibili intrugli di erbe, pozioni ricostituenti da cuocere a fuoco lento nelle notti d’eclissi e decotti i cui ingredienti spaziavano dalle budella di rana alle piume di falco tritate, eppure... sì, nell’elenco c’era anche qualcosa che sembrava andar bene per la maggior parte dei disturbi, fossero questi più o meno gravi, un farmaco versatile e raro, descritto come miracoloso:
- ‘’Sangue di vampiro.’’- sillabò Sheila con gli occhi sgranati, puntandolo con l’indice come trafelata. – ‘’Probabilmente una delle sostanze medicinali più efficaci e rapide conosciute nel mondo sovrannaturale, il sangue di vampiro è noto per le sue eccezionali qualità rigenerative. Il suo effetto è talmente potente da essere spesso usato nei casi più disperati, comportando un’istantanea guarigione del soggetto che, solo un istante prima, sembrava destinato a non riprendersi mai più…’’-
Il giovane Doge, finalmente attento, si avvicinò di più a lei, sporgendosi per controllare di persona quella sottospecie di foglietto illustrativo millenario, poi ne valutò le implicazioni ad alta voce:
- Non so davvero cosa pensare.- ammise, lo sguardo serio, meditabondo. - Certo, il sangue di vampiro potrebbe aumentare le possibilità fisiche di Nick di resistere alla metamorfosi e, se iniettato direttamente nei tessuti già intaccati dal morbo, potrebbe persino contribuire a ripararli, rallentando l’avanzata dell’Ombra… ma purtroppo non è solamente il suo corpo ad essere in pericolo.- per lui, era fondamentale che Sheila capisse, che non si facesse troppe illusioni. - Non c’è cura che possa impedire alla sua anima di sgretolarsi, niente a parte la lama della spada di Luinil. Il sangue di vampiro non avrebbe alcun effetto su quel processo distruttivo, probabilmente Nick sarebbe più in forze, ma… nulla di più.-
- In questo momento è il meglio che possiamo offrirgli.- obbiettò la Bennett, risoluta. Dalla sfumatura color nocciola splendente nelle sue iridi ferme, William intuì che nulla avrebbe potuto smuoverla da quella decisione, così optò per la collaborazione priva di proteste:
- D’accordo.- accettò, posando con slancio la propria mano su quella della Bennett e stringendola impercettibilmente, come per infonderle il proprio sostegno. Sheila ebbe un lieve sobbalzo a quel contatto inaspettato, ma non si scompose, sostenendo lo sguardo di lui con sicurezza: - Dimmi solo una cosa… dov’è, con esattezza, che credi di poter trovare un vampiro tanto generoso da fare il donatore?-
Lei, dopo un momento di esitazione, aprì la bocca per ribattere ma, prima che potesse dire qualunque cosa, fu la vibrazione di un cellulare ad attirare altrove l’attenzione di entrambi. Con espressione confusa, Sheila estrasse dalla tasca dei propri pantaloni il telefono e gli diede un’occhiata.
Un buffo sorriso consapevole fece capolino sulle sue labbra, poi lei alzò le spalle, mostrando a William il nome lampeggiante sul display:
 
Damon Salvatore.
 
- Parli del diavolo…- recitò la figlia di Bonnie con aria d’importanza, poi cliccò il tasto per rispondere alla chiamata.
 
***
 
- Non voglio sconvolgerti la vita, Hermione, ma credo che tu debba cominciare a prendere seriamente in considerazione l’idea di un fratellino.- appoggiandosi pigro alla sua Camaro azzurro metallizzato e tenendo sospesa la sua amata giacca di pelle con la mano all’altezza della spalla mentre quest’ultima gli penzolava dietro la schiena, Damon ghignò serafico nell’alba nascente, con un bagliore fulgido almeno quanto i primi raggi di sole all’orizzonte. Dopo esser andato via da casa Salvatore nel cuore della notte, come un ladro, intirizzito di ricordi e di emozioni, aveva ripescato una bottiglia di buon Bourbon dal cruscotto e se l’era scolata in un paio di sorsate, sforzandosi di dimenticare nell’alcool la sensazione deliziosa della bocca di Elena che, dopo sedici anni di esili e segreti, era tornata a posarsi sulla sua, stravolgendogli l’universo. Al momento, un po’ barcollante ma quasi totalmente lucido, si trovava a pochi metri da una staccionata in legno, di fronte ad una casa dai mattoncini marroni e dalle imposte bianco latte, talmente avvolta nel proprio silenzio assonnato da sembrare disabitata. Sulla buca delle lettere un po’ arrugginita era incisa una doppia ‘’B’’, che contrassegnava l’indirizzo di BonBon. - Avrei voluto evitarti il trauma di beccare tua madre e il caro JerEmo ad amoreggiare come due piccioncini sul divano del soggiorno, ma ho bisogno di te. Perciò indossa un vestito carino, acchiappa il tuo bel Grimorio di famiglia, chiudi gli occhi mentre passi vicino al sofà e poi dattela a gambe il più in fretta possibile.- dopo aver dato una sbirciatina all’orologio ed una alla dimora, s’impegnò ad assumere un tono melodrammatico: - Sbrigati! Potrebbero ricominciare da un momento all’altro!-
- Damon. Ti prego. E’ disgustoso.- si lamentò Sheila, arricciando il naso dall’altra parte della cornetta.
- Lo so.- gongolò Damon, compiaciuto. – Per questo ti sto offrendo l’occasione di scappare. Sono qui fuori. Avanti, ficca il tuo librone stregonesco nello zaino e fingi di stare andando a scuola. Ti spiegherò tutto tra un attimo.-
La migliore amica di Demetra rimase per qualche secondo a corto di parole: in effetti era assai strano che il vampiro l’avesse contattata a quell’ora del mattino, ma era ancora più inconcepibile che avesse intenzione di rapirla per portarla chissà dove, aspettandola per di più fuori dal cancello di casa.
Immaginare la bellezza accecante e tenebrosa di lui in attesa, con i capelli corvini spettinati dalla brezza, trepidante come una specie di pretendente prima di un appuntamento, le fece sentire un imbarazzante calore dalle parti del collo:
- Mi spiace, ma non sono in casa.- balbettò la Bennett, sperando che non si notasse troppo la sua delusione.
 
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- Sei rimasta a dormire dalla nana?- s’informò prontamente Damon, facendo dietrofront verso l’auto ed aprendo uno sportello senza che alcun turbamento scalfisse la sua faccia di bronzo. - Non c’è problema, vengo a prenderti.-
- No, non sono neppure da Mattie.- replicò Sheila, grattandosi la testa, completamente nel pallone. Will, notando il suo nervosismo, le domandò a bassissima voce che cosa stesse succedendo durante quella conversazione ma Damon, che aveva appena messo in moto, pronto a partire alla volta di casa Lockwood, riuscì a sentirlo ed inchiodò violentemente sul posto.
- COSA?! SEI…  SEI CON UN RAGAZZO?!- domandò, inarcando un sopracciglio fino a farlo scomparire nella frangia. Un’irragionevole sensazione di fastidio gli fece prudere i palmi delle mani e, dopo un attimo, il vampiro dovette imporsi di smettere di stritolare il cellulare, altrimenti sarebbe finito col renderlo la fotocopia di una lattina spappolata.
Ma che diamine?
- No!- si schermì Sheila, precipitosa, prima di pentirsene amaramente. - Cioè sì! Io… non è come sembra!- si passò una mano sul volto bollente, poi fece appello a tutto il proprio coraggio per ricominciare a parlare: - Sono nella Capanna di Prince Mikaelson, quella che si trova poco lontana dalle Cascate, in cui Demi è stata portata dopo l’incidente al Ponte.- intuendo quanto potesse sembrare pericolosa una situazione così descritta, specie ad un tipo impulsivo come il suo interlocutore, si affrettò ad aggiungere: - Sono al sicuro, Damon, davvero, ma ho bisogno del tuo aiuto.-
- C’ero io, prima.- la canzonò lui, rilassandosi leggermente. Pensare che la piccola Bennett fosse in difficoltà lo preoccupava, ma non come se si fosse trattato di Demi. Nel confronti della piccola Salvatore, Damon aveva provato fin da subito un attaccamento viscerale, profondo, incondizionato e paterno, mentre aveva cominciato ad apprezzare Sheila con il tempo, per il suo essere un’ottima amica e una brava consigliera, nonché per l’abitudine che aveva di pendere dalle sue labbra quando era nei paraggi. Lo lusingava. E non avrebbe permesso a nessuno di torcerle un capello: – Sputa il rospo, Hermione. Se c’è da spargere del sangue, lo sai, sono sempre in prima fila.-
- E’ esattamente ciò che mi serve, ma non nel modo in cui credi.- chiarì Sheila, sorridendo quasi suo malgrado. Era bello poter contare su qualcuno. - Raggiungimi e ne parleremo a quattr’occhi. Fai in fretta, è importante. E grazie.-
- Ah, non ringraziarmi ancora.- la bloccò il vampiro, ammiccante, ridacchiando sotto i baffi mentre accelerava. - Anch’io devo chiederti un favore e non credo che ti farà saltare dalla gioia.- teatralmente, emise un sospiro rassegnato: - C’est la vie.-  
- Hey, aspetta un momento… di che si tratta?- deglutì Sheila, rizzandosi sullo schienale della poltrona.
- Di una simpatica riunione di famiglia.- fece lui, mantenendosi volutamente sul vago per creare un po’ di suspense. – Vedi, ho una bara legata sul tettuccio della mia auto e si dà il caso che dentro ci sia la tua carissima ex professoressa di Storia, decisamente essiccata, non un bel vedere, davvero. Siccome ha rovinato la mia vita e quella della donna che amo e, di conseguenza, anche della nostra pargoletta adorata, ho deciso di sistemarla in un posticino dal quale sia impossibile fuggire, dal quale non potrà più ferire nessuno.- nonostante la ragazza avesse cominciato a captare quali fossero le intenzioni di Damon, una parte del suo cervello si rifiutava ancora di accettare la realtà, speranzosa: - Siccome la povera Bonnie ha già fatto la sua parte fermando il suo cuore Originale e sfruttando un potenziale magico quasi letale per lei, ho deciso di non forzare la mano. Tu sei una strega Bennett a tutti gli effetti, quindi mi aiuterai ad ultimare l’opera, aprendo per me la cripta di Klaus (che solo una della tua stirpe può spalancare) ed aiutandomi a ficcarci dentro la sua sorellina stronza per il resto dell’eternità. Sarà una cosa veloce, lo giuro… torneremo persino in tempo per l’ora di pranzo. Offro io!-
Ammutolita, la ragazza fissò Will con un cipiglio allucinato ed il ragazzo impallidì quasi per transitività:
- Spero che Spruzzetto Di Sole abbia un ricettario delle streghe in quella sua catapecchia, così faremo prima. Quello della sua nonnina psicopatica, per esempio, sarebbe l’ideale.- aggiunse Damon a mo’ di saluto, imboccando la strada più spedita per raggiungere il Wickery Bridge e, successivamente, le Cascate. Il silenzio attonito che ricevette in risposta gli fece sollevare un angolo delle labbra in un sorrisetto divertito: - Ah, streghetta? Quasi dimenticavo: non vedo l’ora di vederti.-
 
***
 
- Vuoi dirmi che questo posto è gestito da Lupi Mannari del Clan Della Luna Crescente e si chiama ‘’Le Croissant’’? Sul serio?!- incredula, Demi si premette una mano sulla bocca per coprire un ghigno canzonatore mentre, oltre qualche chioma d’albero potata con cura, al margine della foresta in cui avevano sostato con la Ferrari, compariva l’insegna luminosa dell’Autogrill in cui Prince aveva, alla fine, acconsentito a farsi accompagnare. Accanto al nome, c’era stampata l’immagine di una grossa brioche a forma di mezzaluna, che rendeva il tutto ancora più spassoso: - Andiamo, è come se io aprissi un bar e lo pubblicizzassi con la frase: ‘’Accorrete numerosi, qui si serve caffè di prima (Pre)scelta!’’.-
- Chiudi il becco.- borbottò Prince, ma si vedeva lontano un miglio che stava lottando con se stesso per non ridacchiare a sua volta. - Lì dentro mangerai i cornetti più squisiti della tua insulsa vita. Mostra un po’ di rispetto.-
- La fa tanto lunga perché è stato lui a suggerire quel nome orribile.- lo smascherò Rubyna, gli stivaletti da cowgirl color cachi che producevano un suono vellutato ad ogni sua falcata.
- E lei, naturalmente, lo sa perché trascorreva tutte le sue mattine seduta al tavolo più vicino al mio, ordinando fino a dieci volte consecutive pur di essere sicura di incontrarmi ed origliando le mie conversazioni senza mai staccarmi gli occhi di dosso.- precisò Prince con naturalezza, continuando a camminare a passo spedito, come se avesse appena detto che, una volta dentro, avrebbe preferito far colazione con qualcosa di dolce piuttosto che con il salato.
Demi fece scorrere lo sguardo dall’uno all’altra, perplessa ed incerta su che cosa dire:
- Quindi… voi due avete avuto una storia?- azzardò, con un’espressione che si sforzava di essere neutra. Per un momento, non fu difficile immaginarseli insieme, entrambi bellissimi e carismatici, giovani, sagaci e pieni di vitalità, invischiati in qualche intrallazzo amoroso di quelli che prendono fuoco in fretta e che poi, altrettanto rapidamente, vanno scemando, lasciando sul cuore di uno dei due una bella scottatura.
- Ci siamo divertiti.- minimizzò Ruby con nonchalance, ravvivandosi la chioma purpurea, senza guardare nessuno dei due.
- Parecchio.- sottolineò Prince, con un occhiolino. Demetra fece una smorfia e posò la mano sulla maniglia di ottone sull’uscio del locale, i cui vetri sabbiati non consentivano di vedere con chiarezza all’interno, e la abbassò: uno squisito profumo di chicchi di caffè, latte caldo e muffin appena sfornati conquistò il suo olfatto, facendole venire un’acquolina in bocca imbarazzante.
- Fino a quando non mi hai piantata in asso per riprendere la tua battaglia contro le forze del male.- la voce di Ruby, stavolta, le giunse assai più attutita, confusa nel chiacchiericcio allegro dell’Autogrill discretamente affollato: spazioso ma anche intimo grazie all’atmosfera calda che lo saturava, ospitava una ventina di tavolini circolari in legno scheggiato, attorno ai quali c’erano sedute persone di tutte le età, intente a leggere il giornale, a sorseggiare caffè o a discutere con qualche conoscente. Era stranissimo pensare che fossero tutti dei Lupi Crescenti, visto come, dall’esterno, sembrassero perfettamente normali.
- Se ben ricordo, non ti avevo promesso un anello al dito.- replicò Prince, aspettando sulla soglia perché Ruby potesse entrare, nonostante la Licantropa sembrasse decisa a restare lì dov’era fino a discussione ultimata. - Hai sempre saputo che sarei andato via non appena avessi avuto notizie della Profezia.-
- Certo, ma non che saresti ricomparso solo per chiedermi favori.- sibilò Rubyna, la voce calma che tradiva, suo malgrado, un acre risentimento. Demi ascoltò distrattamente quelle parole e pensò che la signorina Tresbonne fosse un tantino più rancorosa rispetto a quanto non si sforzasse di apparire. Nonostante questo, non si sentì di giudicarla: Prince sapeva essere un vero idiota quando ci si metteva e, probabilmente, a posto di quella ragazza, anche lei si sarebbe sentita abbandonata e usata. - Ad esempio per farmi spedire qualcuno del branco sulle tracce di Damon Salvatore, per bisbigliargli nelle orecchie l’esistenza di una nipotina a Mystic Falls, o di contattare il tuo fratellino per farla attirare in Biblioteca, lì dove Hugo, Todd e Scott avrebbero potuto spingerla a rivelare i suoi poteri mentre tu eri nascosto in un cespuglio a spiare.-
Demi si voltò di scatto, trucidandolo con lo sguardo: ricordava perfettamente il terrore di quella notte, durante la quale, assieme a Sheila, era stata aggredita ed ispezionata da tre Licantropi, i quali erano stati ridotti in polpette da Damon appena in tempo, quando lui era arrivato a salvarla.
In realtà, era stato così che aveva incontrato per la prima volta il vampiro ed iniziato la sua tormentata, appassionata relazione con Nick, ma non aveva la minima intenzione di dare a Prince il minimo credito per questo:
- TU! Hai rischiato di farmi ammazzare solo per mettermi alla prova?- ringhiò, sconcertata.
- Esatto, tesoro.- annuì lui, come se se ne stesse vantando: - Ed ho pregato che la Prescelta fossi tu per tutto il tempo, credimi. Eri davvero troppo, troppo bella.-
- WAAAARGH!- ficcandosi i pugni in tasca per non doverne rifilare un paio su quella faccia odiosamente orgogliosa di sé, la figlia di Elena voltò le spalle ai due ex amanti e si allontanò in fretta verso il centro del salone, riuscendo a distinguere tra le loro successive battute soltanto un ‘’Ho fatto ciò che dovevo per ripagarti’’.
Schiumante d’ira ed intenta a fissarsi i piedi con ostinazione, senza accorgersene, incrociò il tragitto di qualcuno e finì con l’andare a sbatterci rovinosamente contro: si trattava di un ragazzo che trasportava un vassoio e che, perdendo l’equilibrio nell’impatto, aveva fatto cadere una tazza sul pavimento e rovesciato il contenuto di un’altra sulla maglietta di un cliente.
- Oh no! Che disastro!- gemette Demetra, sentendosi terribilmente in colpa. Senza esitare, saltò nuovamente in piedi e porse la propria mano al cameriere che aveva investito, per aiutarlo a tirarsi su: doveva avere più o meno una ventina d’anni ma il suo aspetto dolce e gracile gli dava un’aria più infantile, quasi efebica. Era magrolino, alto, indossava una camicia con la brioche dell’autogrill disegnata sul taschino ed era piuttosto pallido, con corti capelli castano chiaro che gli incorniciavano la fronte sudaticcia. - E’ stata tutta colpa mia! Scusami…- aguzzando la vista, Demi adocchiò un nome impresso sul suo cartellino identificativo. -… emh, Aiden! Sono mortificata.-
 
 
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Aiden sembrava volerle dire di non preoccuparsi ma qualcosa gli fermava le parole in gola, un sentimento che, a giudicare dai suoi occhi verde acqua spalancati, doveva essere molto vicino alla paura.
- Incredibile quanto tu possa essere incapace, ragazzo.- una forte voce maschile, suadente ma spocchiosa, attirò l’attenzione di entrambi, e Demi si ritrovò faccia a faccia con il cliente che era stato innaffiato. Dannazione se era grosso. No, anzi, era enorme: le sue spalle erano larghe come quelle di un nuotatore professionista ed ogni pettorale, ora particolarmente evidente sotto la maglietta bagnata di caffè, era paragonabile ad una bistecca. Le braccia erano nerborute e quell’aspetto massiccio faceva sembrare il soggetto più vecchio almeno quanto Aiden sembrava più giovane. A guardarlo in faccia, però, dimostrava pressappoco la sua stessa età. Era biondo, con i boccoli che gli sfioravano la base del collo e la barbetta, le iridi striate di celeste che mandavano lampi:
 
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- A volte mi chiedo perché ti permettano di stare ancora nel nostro branco. Guarda che schifo!- sbraitò, indicandosi sdegnato gli indumenti macchiati.
- Mi dispiace, Oliver, non avevo intenzione di…- nel panico, Aiden cominciò a raccattare i cocci della ceramica finiti per terra e provò ad asciugare il lago sul tavolino con un lembo del proprio grembiule. Demi provò una pena infinita per lui ma quelli che dovevano essere gli amici di Oliver, un terzetto di ragazzi muscolosi quasi quanto lui, scoppiarono a ridere malignamente. Quando Aiden, rosso fino alla punta delle orecchie, estrasse un fazzoletto ed ebbe l’infelice idea di tamponare la maglietta del biondone, quest’ultimo gli diede una spinta per allontanarlo da sé:
- Toglimi le mani di dosso!- urlò, come se il cameriere fosse affetto da una malattia infettiva. La Salvatore notò che qualcuno, nelle vicinanze, aveva smesso di pensare agli affari propri e si era messo in ascolto e, irritata dalle continue risate delle mascotte di Oliver, digrignò i denti:
- Hey, stava soltanto cercando di rimediare. Non c’è bisogno di trattarlo così.- sbottò, senza riuscire a trattenersi, mettendosi tra Aiden ed il bullo. Quest’ultimo dovette abbassare la testa di qualche centimetro per guardarla negli occhi ma, quando lo fece, il suo cipiglio non si addolcì.
- Togliti di mezzo.- le intimò. - Non è ancora caduto così in basso da doversi far difendere da una femminuccia. O sì?- seguirono altre grasse risate, mentre Demi si sentiva arrossire. Di rado aveva rimpianto il fatto di avere delle capacità magiche finalizzate esclusivamente all’autodifesa, ma questa era una di quelle volte. Avrebbe voluto poter cancellare dal volto di quel pallone gonfiato il suo ghigno prepotente, fargli vedere come ci si sentiva ad essere umiliati in pubblico. Nonostante le cose si stessero mettendo male, la ragazza non si spostò di un millimetro, facendo perdere la pazienza ad Oliver: - Ti ho detto SPOSTATI!-
- Altrimenti?- carezzevole come una sciabolata, la voce di Prince sfiorò l’orecchio di Demi assieme ad un fruscio, segnale che il maggiore dei Mikaelson si era materializzato al suo fianco in un battibaleno, per darle manforte.
Il tempo sembrò fermarsi dopo quell’affermazione di sfida e la ragazza vide Oliver sbarrare le palpebre, colto alla sprovvista, assieme a tutti i bamboccioni della sua gang. Nonostante fosse perennemente indispettita dalla presenza del principe, Demi non poté fare a meno di godere del fatto che avesse preso le sue difese, scatenando quella reazione agghiacciata in chi, fino ad un istante prima, era pronto a sottomettere ingiustamente il prossimo.
Per la prima volta nella sua vita, si sentì felice di averlo accanto.
- Mikaelson.- dedusse Oliver, incrociando le braccia sul petto spropositato per darsi un contegno. Il suo sguardo si spostò a fatica dagli occhi smeraldini ed irremovibili di Prince fino a fissarsi su Demi, traboccante di fastidio: - Lei è con te?-
- Già.- confermò il figlio di Klaus, sornione. - E tu, Oliver Guillotin?- la domanda sorprese Demetra, la quale si voltò ad osservare Prince, soffermandosi sulla linea perfetta della sua mascella contratta.
- E’ stato soltanto un malinteso.- s’intromise Ruby, passando velocissima accanto a Demi per prendere posto vicino al pallone gonfiato ed intrecciare la mano nella sua, con un gesto inequivocabile. Cosa? La Salvatore non riuscì a trattenere il ribrezzo: davvero la Licantropa era attualmente fidanzata con quel tipo? Accidenti, se riteneva di essere stata sfortunata dopo aver frequentato Prince, era passata praticamente dalla padella alla brace. - Oliver si è sempre occupato con impegno della sovrintendenza che gli hai affidato. Era solo furioso. Il clan è tutto per lui, non è vero, Olly?-
Olly?!
Mentre Demi tratteneva un conato, intuì il senso di ciò che aveva sentito dire al principe poco prima: evidentemente Ruby era stata ricompensata per i suoi servigi, perché Prince aveva raccomandato il suo nuovo fidanzato al comando provvisorio del branco, facendogli sbaragliare la concorrenza. Di sicuro, per saldare il debito, lui doveva averle creduto sulla fiducia ma, al momento, non sembrava troppo convinto di aver fatto la scelta giusta.
E aveva ragione.
- Mi sembra assurdo ricevere ramanzina sul mio modo di comportarmi coi Crescenti dalla causa di questa situazione.- inveì infatti Oliver, spingendosi oltre, evidentemente umiliato nel suo orgoglio di macho dal timore che Prince sapeva incutere a tutti i presenti con una sola occhiata. Mentre faceva un passo in avanti, aveva gli occhi iniettati di sangue e l’aria di chi si è fatto prendere la mano dal senso di autorità, finendo con il dimenticare tutto il resto: – Sei tu ad aver convinto Eve a scappare, lasciandoci senza una guida, lei aveva intenzione di trovare te! E sei TU che l’hai nascosta, così che non potesse rispondere alla giustizia che il branco riserva ai disertori!-
- E sei tu quello che vedrà la testa schizzargli via dal collo tra 3, 2…-
- NO!- nuovamente, Rubyna si frappose tra i due, con il petto che si alzava e si abbassava frenetico. Demi si sentiva elettrizzata dalla paura di ciò che sarebbe potuto accadere, Aiden tremava come una foglia.
Tutto il locale aveva gli occhi puntati su di loro.
Prince aveva le pupille enormi, il suo viso era una maschera immobile e letale.
Era lampante come le accuse che gli erano state rivolte e la misteriosa punizione che Oliver riteneva giusto applicare al peccato di Eve lo avessero fatto andare fuori dai gangheri. Era davvero, davvero incazzato.
E l’idea che tutto quel trambusto si fosse scatenato a causa sua logorava Demi. Il povero cameriere era stato umiliato, Oliver aveva dimostrato il peggio di sé, Ruby sembrava pronta a svenire e Prince ad uccidere.
Il fatto che le sue mani si macchiassero di sangue, in particolare, le dava i brividi, e fu per questo motivo che si permise di sfiorargli il gomito con le dita:
- Prince.- gli sussurrò, con il cuore in gola. Lui non reagì ma, in qualche modo, la Salvatore seppe che la stava ascoltando: - Prince, non farlo. Non ne vale la pena.-
Seguì un lungo, denso silenzio carico di tensione.
Poi, lentamente, come una statua di ghiaccio sottoposta ad una fonte di calore piccola ma incessante, il principe sciolse la propria rigidità muscolare e, stupefacendo tutti, Demi in primis, abbassò il braccio, abbandonando la posizione d’attacco.
- Se ti vedo ancora, sei morto.- sibilò ad Oliver, velenosamente, accennando all’uscita. Sia il biondone che i suoi amici deglutirono, arretrando, poi se la diedero a gambe, sbattendosi la porta alle spalle, così forte da farne fremere gli intarsi in vetro.
Rubyna, mozzafiato persino con gli occhi lucidi traboccanti di lacrime trattenute, scoccò un’ultima occhiata truce al figlio di Klaus, poi passò in mezzo a loro, curandosi di assestare una violenta spallata a Demi, e seguì fuori il suo fidanzato.
La Salvatore si strofinò silenziosamente la parte colpita, non troppo convinta di esserselo meritato, visto che era stata lei a fermare la decapitazione istantanea della sua dolce metà, ma decise di non prenderla sul personale; al contrario, si girò per sorridere a Prince, come per fargli i complimenti.
- Sarebbe stato un peccato sporcare la moquette.- precisò lui, sistemandosi il colletto e scrollando appena le spalle. - Il proprietario mi avrebbe bandito da questo posto a tempo indeterminato e io sarei morto di crepacuore al pensiero delle sue brioches perdute per sempre.-
- Ah, ben detto!- concordò qualcuno alle loro spalle. Avanzando verso di loro, un giovane di bell’aspetto attirò la loro attenzione: aveva una capigliatura folta, scura come cioccolato fondente, ed una barba curata dello stesso identico colore, un’andatura spigliata ed una certa confidenza con se stesso che infondeva sicurezza in chi lo guardava. La sua camicia da boscaiolo dalle maniche arrotolate era contrassegnata dal simbolo dello staff del locale e c’era anche un grembiule macchiato di marmellata legato attorno alla sua vita. – Soltanto Prince Mikaelson poteva fare il suo ingresso a New Orleans minacciando di morte e sfilando il trono da sotto al sedere di quel dittatore di Oliver Guilliotin in meno di un quarto d’ora. Abbastanza impressionante!-
Continuando ad avvicinarsi, porse la mano al figlio maggiore di Hayley Labonair e, quando quest’ultimo l’ebbe afferrata, i due si strinsero in un abbraccio fraterno:
- Non avrei potuto farlo senza un valido aiuto.- gli fece presente il principe, allontanandosi appena per accennare a Demi. Il nuovo arrivato improvvisò un mezzo inchino e le rivolse uno sguardo comprensivo:
 
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- Sono Jackson Kenner, proprietario del Croissant. Tu devi essere la Prescelta.- si presentò, educatamente, cercando conferma negli occhi di Prince. Demi lo trovava così simpatico da sorvolare sul fatto che odiasse farsi identificare con quell’epiteto. Jackson sorrise, poi batté le mani, ordinando ad Aiden di apparecchiare un tavolo per tre persone: - Prego, lascia che ti dia il benvenuto in città nel modo migliore che conosco…- disse il proprietario, spostando una sedia per farle posto. -… non potrai dire di essere davvero stata a New Orleans finché non avrai assaggiato la specialità della casa.-
E Demi, con lo stomaco brontolante e la curiosità traboccava da tutti i pori, si accomodò.
 
***
 
- Non ho mai mangiato niente di più delizioso.- sospirò la Salvatore dopo svariati minuti, con le labbra impiastricciate di zucchero a velo e le dita rese appiccicosissime dalla crema strabordata dalla sua brioche. Mentre le sue papille gustative cantavano, le parve quasi di sentirsi di nuovo bambina, felice come quando, prima di andare a scuola, l’attendevano le magnifiche colazioni preparate da Stefan, il lieve profumo delle sue frittelle e il sapore dello sciroppo fruttato con cui erano soliti farcirle. Un’ombra di nostalgia le oscurò lo sguardo, mentre il pensiero dei suoi genitori e della sua casa le riapriva una ferita ancora fresca nel petto: si erano accorti della sua fuga? Erano in pena per lei? Si sentivano in colpa per ciò che era accaduto nella radura accanto a casa Donovan, dove Rebekah l’aveva trascinata per poi svelarle il loro più grande segreto? Sarebbero mai tornati ad essere una famiglia o il loro legame era stato ormai logorato in modo irreparabile?
- Ah-ah! Che ti avevo detto?!- esultò Prince, con la bocca piena di marmellata, riportandola alla realtà. Era buffo, quasi tenero, quando mangiava, sembrava un ragazzino, gli occhi gli risplendevano di goduria: - Se avessi ricevuto un dollaro per ogni volta che ho avuto ragione su qualcosa, il mio conto in banca conterebbe…-
-… un dollaro?- concluse Jackson al posto suo, punzecchiandolo. Quando Prince rimase a bocca aperta, interdetto, sgonfiandosi come un palloncino bucato, il padrone del locale ridacchiò sommessamente e anche Demi rischiò di soffocarsi con l’infuso ai frutti di bosco che stava sorseggiando.
- Effettivamente potrei aver fatto un errore ad affidare il comando del branco ad un perfetto sconosciuto solo perché la mia ex me l’aveva chiesto per favore.- acconsentì il figlio di Klaus con un’alzata di spalle, mentre acchiappava al volo un’altra brioche da sbranare. Non aveva avuto la testa di Oliver, magari sperava di rifarsi strappando a morsi più involucri di pasta sfoglia possibili: - Dannazione. Ruby è sempre stata intelligente, non capisco come possa avermi raccomandato un simile cavernicolo ed ancor meno come possa esserci finita a letto.-
- Magari i suoi gusti in fatto di uomini sono sempre stati un po’ discutibili.- suggerì Demi, dandogli una gomitata giocosa. - Mmh?!-
- Bazzecole.- sbuffò Prince, piccato, sequestrandole sotto il naso il blocco di burro che lei si stava amorevolmente spalmando sul pane tostato. Quando Demetra protestò e cercò di riprenderselo con la forza, inscenarono una breve lotta di calci e pizzicotti che Jackson si gustò grattandosi il mento barbuto, affascinato. Quando, con un atterraggio di fortuna, una zuccheriera volante fu intercettata giusto in tempo dalla presa di Aiden, che si era avvicinato di nuovo al loro tavolo per rifornirlo, i due ci diedero un taglio. Facendosi serio, anzi, Prince rimase in silenzio ad osservare il cameriere mentre si allontanava mogio mogio: - Ha fatto troppi danni tra i Crescenti, quel Guillotin?- domandò infine a Jackson.
- Ha maltrattato un po’ tutti, se è quello che intendi. Quelli che hanno provato a dirgli di darsi una calmata hanno ricevuto una lezione dai suoi scagnozzi, poi hanno smesso di opporsi.- rispose quest’ultimo, gravemente.
- Avresti dovuto avvisarmi di quello che stava accadendo.- lo rimproverò Prince, lapidario. La figlia di Elena si stupì nel capire che, in realtà, forse c’era qualcos’altro che gli stava a cuore, a parte la vendetta.
- Non sei stato l’unico a fidarti della persona sbagliata.- si difese Jack, amareggiato. - Lo sai, io sono sempre rinchiuso in questo posto a lavorare, non ho molti contatti con ciò che succede al Bayou, e Ruby si è data molto da fare per farmi credere che fosse tutto a posto. I miei clienti, come ti ho detto, erano troppo spaventati per parlare ed io sono venuto a sapere ciò che succedeva solo poco tempo fa, quando finalmente Aiden ha trovato la forza di confidarsi.- lanciando uno sguardo furtivo al ragazzo, che al momento si trovava dietro al bancone ed era intento a lucidare l’argenteria con uno straccio, il padrone del Croissant scosse il capo. - La violenza, purtroppo, è l’unico linguaggio che i bulli senza cervello siano in grado di capire. Ma con il povero Aiden, se vuoi saperlo… Oliver è stato particolarmente cattivo.-
- Perché mai?- domandò Demi, impietosita. - Sembra un tipo così perbene. Non farebbe del male ad una mosca. Perché rendergli la vita un inferno?-
- Perché è gay.- rispose Jackson, desolato. Demi spalancò gli occhi azzurro cielo, incredula: possibile che neanche il mondo sovrannaturale fosse esente da quelle pessime, ridicole ed inutili discriminazioni? Quale diritto aveva un troglodita come Oliver di sentirsi migliore di qualcun altro? Se le fosse stato possibile tornare indietro nel tempo, quantomeno Demi gli avrebbe sputato in un occhio. - E si dà il caso che il suo fidanzato sia anche un vampiro.- completò Jackson, a bassa voce.
Nonostante fosse di nuovo arrabbiata, la Salvatore non poté fare a meno di notare il lampo di gioia repentina e sinistra che brillò negli occhi di Prince a quelle parole:
- Ma è perfetto!- asserì quest’ultimo, battendo vittoriosamente un pugno sul tavolo. Mentre sia la ragazza che Jack rimanevano perplessi, Prince fece un cenno ad Aiden, intimandogli di accorrere, e lui, intimidito, per poco non si spruzzò sul naso con lo spray lucidante. Non appena fu a portata d’orecchio, il principe lo abbagliò con un sorriso accattivante: - Qual è il nome del tuo bel ragazzo vampiro, amico mio?-
Aiden boccheggiò, incerto, mentre le sue guance perdevano ogni sfumatura rosata. Guardò Jackson con aria tradita ma alla fine, probabilmente per paura di inimicarsi un soggetto ancora più pericoloso di Oliver, cedette:
- Josh. Joshua Rosza.- mormorò, torcendosi le mani.
- Molto bene.- annuì Prince in tono affabile. Demi stava per intromettersi per chiedergli a che razza di gioco stesse giocando, ma lui la anticipò, rivolgendosi nuovamente ad Aiden: - Pensi che il signor Rosza sarebbe disposto a fare un piccolo favore, in tutta segretezza, alla stessa persona che, poco fa, ha spodestato a calci nel sedere l’odioso aguzzino del suo fidanzato?-
Colto alla sprovvista, il giovane cameriere riprese un pizzico di colore:
- Credo… credo di sì. Sì.- balbettò, rilassandosi un po’. In fondo al suo sguardo, Demi vide farsi strada un moto di genuina gratitudine per il suo salvatore: - Di che genere di favore si tratta?-
- Ho bisogno che un vampiro mi aiuti ad intrufolarmi alla corte di Marcel Gerard.- disse Prince, modulando la propria voce per far sì che, ad ascoltarlo, fossero solo loro tre. - Per farlo, ho bisogno della massima riservatezza. Se il Re dei vampiri sapesse che sono in città, vorrebbe accogliermi con tutti gli onori. Organizzerebbe pacchiani festival jazz e ricevimenti formali, tutte cose che vorrei assolutamente scansarmi. Niente potrebbe distoglierlo dal suo desiderio di rispettare le tradizioni quanto l’effetto sorpresa.-
- E cosa saresti tu, una specie di star?- si lasciò sfuggire Demi, inarcando un sopracciglio e immaginando una processione di vampiri festanti portare Prince in trionfo per le strade di New Orleans, suonando le trombe e seminando coriandoli al suo passaggio.
- Klaus Mikaelson ha reso Marcel ciò che è oggi.- spiegò lui, asciutto. - Lo ha preso con sé quando era solo un adolescente povero e privo di punti di riferimento e lo ha vampirizzato, insegnandogli cosa fosse il potere e come ottenerlo. Marcel lo temeva e lo venerava come un dio e, per qualche motivo, è convinto che io sia la sua reincarnazione. Una volta, fargli visita ed essere trattato come un sovrano per tutto il tempo era divertente. Ma comincia a diventare seccante quando la gente ti guarda in faccia e, in realtà, non è te che vede, ma il fantasma di tuo padre.-
Demi si sentì punta sul vivo da quell’affermazione e distolse ostentatamente lo sguardo.
Eccome se lo capiva.
Per tutta la vita, senza saperlo, era stata la prova vivente che Damon Salvatore era esistito per desiderare, amare e perdere Elena. Tutti, nel guardare le sue iridi cristalline di bambina innocente prima e di donna in fiore poi, avevano riconosciuto quelle identiche del vampiro.
Tutti, attraverso lei, avevano sentito la sua mancanza, persino la stessa Demetra, che non l’aveva neanche mai conosciuto.
- Josh conosce benissimo il castello di Marcel ed è anche una delle sue guardie del corpo. Per lui sarà un gioco da ragazzi aiutarvi ad eludere la sorveglianza.- Aiden sembrava pronto a contattare il suo ragazzo per avvisarlo, quando si interruppe bruscamente, sospettoso: - Non gli accadrà nulla di male, vero? Non si tratta di alto tradimento o di roba del genere? Perché, in tal caso, non ho intenzione di mettere in pericolo la sua vita.-
- Il caro Joshua non sarà mai collegato alla nostra infiltrazione.- assicurò Prince, mellifluo. - Se accetterà di aiutarmi, farò in modo di evitargli guai.-
Il cameriere lo fissò dritto negli occhi e, per la prima volta, il sentimento che provava nei confronti di Josh bastò a farlo sembrare forte, rispettabile, fermo sulle proprie posizioni, e non più fragile ed impaurito.
- D’accordo.- acconsentì alla fine, decidendo di fidarsi. Dalla tasca dei pantaloni estrasse un cellulare, poi fece un cenno di congedo a tutti loro: - Con permesso.- bisbigliò, poi sparì.
Mentre Aiden si allontanava a grandi passi, Jackson emise un versetto con la gola per far sì che Prince concentrasse la propria attenzione su di lui.
Sembrava infastidito:
- Che sta succedendo?- gli domandò a bruciapelo, gli occhi scuri velati di preoccupazione. - L’ultima volta che ti ho visto, dicevi di volerti prendere una pausa da Marcel e dalle sue feste strampalate. Dagli eccessi della corte, dal sangue, da tutto ciò che ti distraeva dalla tua missione.- Demi aguzzò le orecchie, sull’attenti: non sapeva nulla di ciò che riguardava quelle celebrazioni ma, a quanto sembrava, non dovevano essere un argomento che i due amici affrontavano con piacere. - Che cos’è cambiato, adesso?- incalzò Jackson.
- Niente.- fece prontamente Prince, sbattendo le palpebre, angelico. – Voglio ancora evitare di sballarmi e di fare tutte quelle pagliacciate da reali.-
- Ma non vuoi evitare Marcel.- precisò Jackson, senza farsi fuorviare.
- Ho bisogno di lui.- ringhiò Prince, messo definitivamente alle strette. Con grande stupore di Demi, il biondo si mise una mano sul viso, in un anomalo segnale di stanchezza. – Si tratta di mio fratello, Jack.- si lasciò scappare, lentamente, come se ogni parola gli costasse uno sforzo immane.
- Nick?- chiese Jackson, drizzandosi sulla sedia, confuso.
Sentire pronunciare il suo nome provocò un grosso senso di vuoto nel petto della Salvatore: era come se qualcosa di oscuro e inanimato avesse di nuovo preso vita nella sua gabbia toracica, succhiandole via ogni briciola di felicità e rendendola una specie di marionetta dalle emozioni congelate.
- E’ stato morso da un’Ombra.- rivelò Prince, atono, senza troppi preamboli. Dalla porzione di braccio lasciata scoperta dalla camicia a quadrettoni di Jackson, Demi vide la pelle del giovane proprietario accapponarsi all’istante. - Perderà la sua anima e diventerà schiavo di Sophie per l’eternità. L’unica speranza che ho di impedire che questo accada è aprire il sepolcro di Luinil e, per farlo, avrò bisogno dell’aiuto della Reggente in persona. Ma lo sai, le streghe, a New Orleans, non possono compiere incantesimi senza il consenso di Marcel. Ecco perché devo incontrarlo.-
- Ma non è più Marcel ad occuparsi di queste faccende!- esclamò Jackson, affannato.
- Come sarebbe?- sbottò il principe, irritato come un gatto a cui hanno appena pestato la coda.
- Da quando te ne sei andato via, alcune cose sono cambiate.- chiarì l’altro, dondolandosi sul posto per scaricare il nervosismo. - E’ arrivata una donna a palazzo, una straniera. Pare che, dopo aver fatto il suo ingresso, abbia incantato tutti i presenti con la sua bellezza e che, a rimanerne particolarmente stregato sia stato proprio il buon vecchio Marcel. Dopo qualche tempo, i due hanno intrecciato una relazione. La faccenda ha suscitato un certo scandalo, all’inizio, ma poi i collaboratori del Re hanno dovuto accettare il fatto di essere stati scavalcati da questa vampira misteriosa ed inarrestabile. Nel giro di pochissimo, lei è diventata la sua favorita e, al momento, seppur non ufficialmente, è la Regina di New Orleans. Si dice che, per motivi che restano ignoti, abbia insistito per concentrare nelle proprie mani il controllo della magia praticata entro i confini della città, e che Marcel glielo abbia concesso. Se vuoi il permesso di aprire una tomba con l’aiuto di una strega, è con lei che dovrai scontrarti.-
- E com’è che si chiama, quest’adorabile donzella?- borbottò tra i denti Prince, cercando di mascherare come non fosse affatto contento di quell’improvviso cambio di programma.
- Ha un nome insolito. Te l’ho detto, non è di queste parti. Hanno dovuto inglesizzarlo per renderlo più facile da ricordare.- rispose Jackson, mordendosi il labbro inferiore mentre si impegnava a farselo venire in mente. – Se non sbaglio era… Petrova. Katerina Petrova. Ma sta’ tranquillo, a corte si fa chiamare semplicemente Katherine.-
 
























 

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TADAAAAAAAAAAAAAAAAAN!
Salve a tutti, miei adorati, eccomi qui con il tanto atteso capitolo 1°! <3
Scriverlo è stata davvero un’avventura assurdamente lunga e complicata, infatti le prime 17 facciate sono rimaste ferme nel documento di Word per un anno e mezzo prima che l’ispirazione tornasse a farmi visita! Ogni volta che provavo ad aggiungere una scena senza essere veramente carica, sentivo di stare facendo qualcosa di innaturale e, inevitabilmente, finivo con il rimandare.
Ho ripreso in mano il mondo di Demi con un piacere che non credevo sarei stata ancora capace di provare e non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate di questo bel mattone che, alla fine, sono riuscita a partorire! Se volete fare un favore a me e alla storia, inseritela tra i preferiti o tra i seguiti, passate parola, commentate… solo così riusciremo a far sapere a tutta la ‘’DD family’’ che WE’RE BAAACK AND SO READY TO PLAY! <3
Cosa ne pensate di New Orleans? Curiosi di conoscere il resto del Clan della Luna Crescente? Vi sono piaciute le interazioni dei Princetra? Vi erano mancati gli altri personaggi? Cosa pensate che combinerà Damon nel tentativo di seppellire Rebekah? Siete emozionati all’idea di rivedere la Queen K. alla corte di Marcel, in carne ed ossa?
Spero di non avervi delusi e di potervi regalare infinite emozioni con questo nuovo volume del Diario… non vedo l’ora di farvi scoprire cosa accadrà nel prossimo capitolo!
Un bacio e a presto!
 
***** Per informazioni e domande, come al solito:
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 Evenstar75 <3
  
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