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Autore: yllel    18/10/2016    4 recensioni
Raccolta one shot Sherlolly.
Ovvero: idee che proprio non se ne vogliono andare. Spoiler su TAB
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ed ecco finalmente il nuovo sassolino... come promesso, è il seguito del precedente. Sono sicura che ci sarebbe stata bene una storia con più capitoli, per sviluppare bene tutte le sfaccettature, ma sinceramente  non ci sarei riuscita e spero di non aver trattato il tema in maniera troppo leggera.
Lo stile che ho adottato per la narrazione è un po’ particolare, spero che vi piaccia. Sono molto contenta di tornare a pubblicare, grazie a tutte le persone che in questi mesi di mia assenza hanno comunque continuato a commentare!
yllel.
 
SASSOLINO # 8
 
 
“Il Dottor Watson e sua moglie mi hanno detto che sono stati a trovarti”
”Oh si. Loro...sono stati molto gentili. Mi hanno regalato una nuova fotografia del matrimonio, e fatto vedere le ecografie. Ormai Mary è quasi al termine”
“Ti ha fatto piacere stare con i tuoi amici?”
“Beh ecco...Se devo essere sincera, io non lo so”
“Hai provato ansia, Molly? Qualcuno ti ha fatto sentire a disagio?”
“Oh no, questo no! È solo che... ero molto stanca alla fine dell’incontro”
“Vuoi parlarmi di come ti sei sentita in loro compagnia?”
“Non sono sicura che sia un sentimento giusto da provare”
“Lasciamo da parte il giusto e lo sbagliato, per ora. Dimmi solo come ti sei sentita”
“Soffocare... come se tutto intorno a me ci fosse una spasmodica attesa di chissà cosa, e ognuno di loro si stesse muovendo  in punta di piedi senza sapere bene come approcciare l’argomento. Nessuno di noi era sereno”
“Quindi non sei contenta di riprendere i rapporti con loro?”
“Non ho detto questo, solo non so che cosa aspettarmi, e questo mi mette in difficoltà”
 “Non sei obbligata a vederli se non vuoi, ma prova a considerare il fatto che l’intento  fosse solo quello di manifestarti la loro vicinanza. Credi che vogliano costringerti a raccontare del tuo rapimento?”
“Costringermi, no. Ma penso che si aspettino che succeda, prima o poi, che io ne parli... e non sono sicura di volerlo fare.  Sono contenta che ci fosse solo Sally quando ho reso la  mia deposizione. Lei non mi... giudica”
“È di questo che hai paura? Che qualcuno ti ritenga una persona debole per quello che ti è successo?”
“Non volevo dire giudica! Io...”
“Va tutto bene, Molly... rilassati. Sai che questo è uno spazio di rielaborazione e ascolto, abbiamo già parlato del fatto che è normale che una parte di te si senta in colpa, succede alle vittime di violenza”
“Non voglio sentirmi cosi”
“Lo so. Lavoreremo per fare in modo che emerga tutto il resto e lo faremo insieme, ok?”
“Ok”
“Bene. Che ne dici se ora  ci concentriamo  un po’ sulla respirazione?”
 
***
 
L’unico suono che si udiva nella stanza era il ticchettio del vecchio pendolo appeso al muro che scandiva il passare del  tempo.
L’uomo seduto in poltrona si mosse con fare nervoso e iniziò a battere ritmicamente le dita delle mani sui braccioli, seguendo  in modo inconscio l’andamento delle lancette.
La donna seduta di fronte a lui, invece,  aveva una postura rilassata, e il taccuino abbandonato sulle gambe accavallate.
Fu lei a rompere il silenzio per prima.
“Me lo lasci dire, Signor Holmes... sono piacevolmente stupita dal fatto che abbia finalmente accettato di incontrarmi”
Gli occhi chiari di Sherlock si puntarono sulla sua interlocutrice.
“Mary ha minacciato di non darmi la placenta dopo il parto come aveva promesso”
La donna non battè ciglio, nè sembrò particolarmente sconvolta da quella risposta e, anzi, fece un mezzo sorriso divertito.
Stizzito, il consulente investigativo volse lo sguardo verso un altro punto della stanza.
 “Qualunque sia il motivo che l’ha spinta ad accettare il mio invito, ora che è qui possiamo cercare di dare un senso a questo incontro. Vuole che Le parli delle mie qualifiche?” continuò in modo pacato la donna, guadagnandosi un’altra occhiata penetrante che le fece inclinare leggermente il capo.
 “O forse non è necessario... Mi sta già deducendo?” continuò con un tono incuriosito nella voce.
Sherlock serrò le labbra.
“Andrebbe contro l’idea del dare un senso a questo incontro, non crede?” chiese ironico “Discutere del prossimo viaggio di lavoro di Suo marito, o dei problemi con vostra  figlia adolescente, per non parlare del rifacimento del giardino di casa Sua sarebbe totalmente inutile, che ne dice?”
Di nuovo, la donna non sembrò colpita dal tentativo di provocazione di Sherlock e questa volta non ribattè, limitandosi a fissarlo e contribuendo cosi ad aumentare il suo nervosismo.
Con uno scatto, lui si alzò dalla sedia e si diresse verso la finestra.
Accidenti a Mary e a John. Accidenti a tutti quanti gli altri, che avevano insistito sull’importanza di questo incontro e sul fatto che
“In verità, Speravo di vederLa prima”
Sherlock raddrizzò le spalle e incrociò le mani dietro la schiena, mentre il suo sguardo vagava verso l’esterno.
“Sono stato molto impegnato. Smantellare un’intera rete criminale e ottenere il perdono della Regina richiede una considerevole quantità di tempo” disse infine.
“Quindi non ha avuto tempo...”
Sherlock si voltò a guardare la donna.
“Lo dice con un’aria molto scettica”
Lei fece un altro mezzo sorriso.
“Sa... credo che la sincerità sia un buon punto di partenza... so che Lei riteneva inutile questo incontro, quindi mi dica, perchè adesso è qui, Signor Holmes?”
La domanda fu posta con calma, ma ebbe il potere di far infuriare il consulente investigativo.
“Gliel’ho già detto, Mary ha minacciato di non darmi ciò che mi aveva promesso, e Le assicuro che ho in mente degli esperimenti spettacolari con quella placenta. Per il resto, come ha già puntualizzato Lei, non credo assolutamente che il Suo tempo possa in qualche modo -”
“La verità, Signor Holmes” lo interruppe con tono gentile, ma fermo, la donna “Potrebbe essere un modo come un altro per cominciare. Perchè alla fine ha deciso di venire?”
Il momento in cui Molly aveva respinto il suo tocco si affacciò prepotente nella mente di Sherlock. Il suo rifiuto ad andare con lui a Baker Street, la totale mancanza di fiducia che traspariva dai suoi occhi.
E la sua figura rannicchiata in quel letto quella notte che l’aveva vegliata, cosi fragile e sconfitta.
Il senso di impotenza. Marcato. Inesorabile e spaventoso.
Gridando internamente alla sua mente di tacere, e di smetterla di rimandargli quelle immagini e sensazioni dolorose, Sherlock si avvicinò alla donna.
“Perchè Lei ha insistito nell’invitarmi, più volte, fino alla nausea” rispose rabbioso, deciso a negare ogni difficoltà “Perchè tutte le persone che conoscono Molly hanno fatto dei colloqui con Lei, e sono convinte che anche io potrei  trarne giovamento. Che anche Molly potrebbe trarne giovamento, visto che Lei è la sua psicoterapeuta” mentre sul viso compariva un’espressione di scherno, il tono di Sherlock si fece pieno di disgusto “Non mi avrebbero dato pace fino a che non fossi venuto qui... Se parliamo tutti di quanto siamo stati stupidi e ciechi negli ultimi mesi,  sicuramente lei potrà dimenticare le torture fisiche e psicologiche a cui è stata sottoposta, giusto? E noi potremo andare avanti con il nostro senso di colpa ben riposto in un cassetto” Sherlock strinse le labbra in una linea sottile “Io, poi, sono il famoso e geniale consulente investigativo, sicuramente si  sta chiedendo quanto mi biasimi per quello che è successo.
Vuole chiedermi come sto, cosi potrà riferirlo a mio fratello che cosi generosamente paga il Suo onorario?” continuò, sempre più infuriato “Vuole sapere se ho problemi a dormire la notte,  o sento il prepotente desiderio di tornare a fare uso di sostanze? Saltiamo questa parte e andiamo direttamente a parlare di quanto La infastidisce e La insospettisce il fatto che l’assistente personale di Suo marito lo accompagni nel suo prossimo  viaggio di lavoro, sarà sicuramente una discussione più interessante e proficua”
Questa volta, il volto della donna tradì un attimo di incertezza e di stupore, ma poi riprese l’espressione impassibile di poco prima, mentre appoggiava il taccuino sul tavolino di fianco a lei.
“La mia priorità è Molly, Signor Holmes” disse infine con voce pacata “E si, sono fermamente convinta che tutta la cerchia dei  suoi conoscenti più stretti debba in qualche modo rielaborare ciò che è successo, il problema era capire quanto in questo momento Lei fosse pronto a farlo. Sto incontrando  Molly da quasi un mese, ormai, e Lei è l’unico ad aver sempre rifiutato di parlare con me... speravo che fosse in qualche modo disponibile, ma evidentemente mi sbagliavo. Dirò a Mary Morstan che può darLe la sua placenta, stia tranquillo... e quando avrà bisogno di me, io sarò qui”
Sherlock contrasse i pugni,  rifiutandosi di incontrare di nuovo lo sguardo della psicoterapeuta.
“Non credo che succederà, Dottoressa Cooper” disse freddamente “Mi spiace, ma non penso che riusciremo a dare un senso a questo incontro” dichiarò infine, voltandosi per dirigersi verso la porta.
“Molly sta facendo un buon percorso, tutto considerato. È una donna con una forza enorme”
Il consulente investigativo si fermò sulla soglia e rilassò impercettibilmente le spalle a quelle parole, con la sensazione che fossero state pronunciate non per blandirlo, ma semplicemente per tranquillizzarlo.
“Si” mormorò orgoglioso e un po’ più calmo.
Dopo qualche attimo, la dottoressa parlò ancora.
“Li ha, Signor Holmes?”
“Che cosa?” rispose lui di nuovo guardingo.
“Problemi a dormire la notte, o il prepotente desiderio di tornare a fare uso di sostanze”
Lui strinse con forza la maniglia della porta.
“Suo marito non la tradisce” disse infine “La sua assistente è una madre single in difficoltà economiche, lui cerca di aiutarla facendole guadagnare qualcosa con i rimborsi delle trasferte”
Senza aggiungere altro, Sherlock Holmes uscì dallo studio e richiuse la porta dietro di sè.
 
***
 
“L’altra sera Donovan ha proposto di fare una passeggiata, e io ho pensato fosse una buona idea. Ho pensato che potevo farcela.”
“E come è andata?”
“Non ci sono riuscita. Uscita dal portone, dopo circa cinquanta metri ho avuto uno dei miei attacchi. Sono dovuta rientrare in casa”
“Hai provato con gli esercizi che abbiamo visto insieme?”
“Si. Ma più cercavo di calmarmi, più sentivo il panico montare dentro di me”
“Sai dirmi che cosa ti spaventava di più?”
“La gente sul marciapiede. Non era tantissima, ma non riuscivo a smettere di pensare a tutte quelle persone  intorno a me, al fatto che avrebbero potuto sfiorarmi, mi sembrava che tutti mi fissassero e sapassero che avevo paura”
“Va bene, Molly. Proverai quando ti sentirai di nuovo pronta. Il fatto che tu abbia voluto tentare è molto positivo”
“Sul serio?”
“Piccoli passi, ricordi? E mi sembra che oggi tu sia venuta alla seduta senza nessuno ad accompagnarti”
“Si. E ho chiesto all’autista della macchina di Mycroft di non seguirmi fino alla porta, sono salita da sola fino al Suo studio”
“E come va invece con il sonno?”
 
***
 
Molly Hooper stava cadendo.
Le braccia allargate e il viso sferzato dal vento, vedeva il marciapiede avvicinarsi sempre di più e mentre la gravità la attirava verso di esso, quasi come se il tempo avesse rallentato improvvisamente, si ritrovò a chiedersi perchè stesse succedendo proprio a lei. Non riusciva a ricordare perchè fosse saltata, e le sembrò che qualcosa non andasse.
Una voce le risuonò nella mente.
“Mi dispiace, Molly... ma adesso è il momento”
Oh si.
Sherlock.
Stava saltando perchè lui gliel’aveva chiesto.
La discesa continuava, vertiginosa e lenta allo stesso tempo.
Molly sorrise, provando un inaspettato senso di libertà, poi capì che cosa c’era di sbagliato.
Il marciapiede si avvicinava inesorabilmente, e non c’era nulla che avrebbe fermato la sua caduta.
Perchè Sherlock le aveva detto di saltare? Dove era il materasso?
“Mi dispiace, Molly... ma adesso è il momento”
No... non era giusto. Lei era saltata come le era stato detto di fare, la volta precedente il materasso era pronto al suo posto, tutto aveva funzionato a dovere...
“... adesso è il momento”
Il marciapiede ormai era vicino, sempre più vicino...
“Mi dispiace, Molly...”
 
L’urlo si fermò in gola e le gambe scattarono per liberare il corpo dalle coperte, mentre Molly si metteva a sedere sul letto e cercava di dominare il panico che la stava inondando. La donna si portò le mani alla bocca per soffocare i singhiozzi, cercò di ritrovare un respiro regolare, e piano piano ritornò a stendersi e si raggomitolò in posizione fetale per avere conforto, ma poi si constrinse ad afferrare il quadernetto che teneva sul comodino per annotare l’ennesimo incubo.
La sua terapista aveva molto insistito su questa cosa, sottolineando il fatto che poteva aiutarla a differenziare le cose su cui lavorare: gli incubi non  erano sempre gli stessi, a volte Molly cadeva, altre volte si ritrovava nel laboratorio dove per tre mesi era stata drogata e torturata per fornire informazioni che aiutassero la sua copia a portare avanti il piano di Moriarty, altre volte riviveva il momento della sua cattura.
Il senso di impotenza.
Il senso di disfatta.
La paura di non farcela.
Ogni maledetto giorno e ogni maledetta notte.
Sei stata una vittima, Molly. Ma puoi scegliere di non esserlo più, se affronti i tuoi incubi.
Le parole della Dottoressa Cooper risuonarono nella sua testa come un mantra, e pian piano il respiro tornò regolare.
Non devi dimenticare ciò che ti è successo. Devi dominarlo e dimostrarti più forte.
Molly finì di appuntare i dettagli del suo incubo e con uno scatto deciso richiuse il quaderno, un’espressione determinata sul volto. Non si sarebbe fatta dominare.
Soprattutto non oggi.
Uscì dal letto e si diresse verso il piccolo bagno di servizio che comunicava con la camera da letto e, dopo una veloce doccia e dopo essersi vestita, entrò in cucina.
Sally Donovan la accolse con uno sbadiglio e una tazza di caffè.
“Buongiorno”
Molly prese la bevanda calda con un sorriso e un cenno di ringraziamento.
Le due donne condivisero in silenzio i primi sorsi di caffè, poi la poliziotta alzò gli occhi dal giornale che stava leggendo.
“Dunque è il gran giorno, eh?”
Molly annuì.
“Come ti senti?”
La patologa si sorprese. Sally non le chiedeva mai direttamente come stava, cercava sempre di lasciarle i suoi spazi, soprattutto quando tornava dalle sedute di psicoterapia, e anche se nessuna delle due ne parlava, Molly sapeva che l’altra era consapevole dei suoi incubi. Donovan si stava dimostrando la compagna di convivenza perfetta, non intrusiva ma sempre attenta e presente.
Dopo un attimo di pausa, le rispose.
“Agitata, ovviamente. Ma anche eccitata e felice. La Dottoressa Cooper non era d’accordo, ma questa è stata l’unica cosa su cui mi sono impuntata, mi sento pronta e sento di doverlo fare. Non riuscirò mai davvero ad andare avanti, se non ricomincio. Mi aiuterà anche ad affrontare gli altri... problemi. Non posso contare a vita sul fatto che tu sia presente di notte nell’appartamento o che, addirittura, non vivrò più da sola”
Sally agitò una mano per liquidare quelle affermazioni.
“Sai benissimo che qui sei la bene accetta” disse in tono convinto.
Molly annuì.
“Lo so e ti ringrazio” disse “Ma sai bene anche tu che non è giusto.”
La poliziotta la osservò per un attimo, ripensando a quanti passi avanti Molly avesse già fatto in quelle settimane, e a quanto coraggio stesse dimostrando.
“Ok” disse infine con un sorriso “Ma sappi che avere una compagna di appartamento mi fa piacere”
“Fa piacere anche a me...” disse Molly afferrando un biscotto e dirigendosi verso la borsa che aveva preparato la sera precedente.
La patologa se la mise a tracolla e poi raddrizzò le spalle.
“Buona giornata!”disse con un sorriso.
“Buona giornata, Dottoressa Hooper”rispose Sally.
 
 
***
 
Dunque Mary Watson ha partorito”
“Oh si. La bambina è meravigliosa! Cosi piccola e cosi perfetta... Mary e John sono al settimo cielo”
“Sei andata in ospedale a trovarli?”
“No... io ho pensato che non fosse il caso. Però mi hanno mandato delle foto e dei video, e forse la settimana prossima potrò andare a casa loro, quando ci sarà una situazione più tranquilla, che io possa affrontare. E sa... è bella”
 “Cosa?”
“Una nuova vita che inizia.  Quando ho visto le immagini di Emma non ho potuto fare a meno di avvertire un senso di speranza, l’inizio di qualcosa di potenzialmente meraviglioso”
“È un’ottima sensazione, Molly”
“Si”
 
***
 
A Sherlock Holmes i corridoi del Bart’s non erano mai sembrati cosi lunghi ed intricati, e mentre li percorreva a passo veloce, non poteva nascondere a sè stesso il forte senso di attesa che lo inondava.
Dietro di lui, John Watson faticava a tenere il passo, e pensava di sapere benissimo cosa stesse passando per la mente dell’amico.
“Sherlock, fermati!”
Il consulente investigativo strinse le labbra al richiamo dell’amico, ma si costrinse a rallentare.
“La paternità ti ha rammollito, John. Non oso pensare cosa succederà quando dovremo scappare da qualche feroce criminale”
Il Dottore non si lasciò scoraggiare, deciso più che mai a non farsi distrarre dal tono di scherno dell’amico.
“Smettila. Sai benissimo che non ti ho chiesto di fermarti per questo, ma perchè sarebbe meglio se facessimo due chiacchiere, prima di entrare. So che per te è difficile e che questo è un giorno importante, per cui se senti il bisogno di parlarne adesso, per me va più che bene”
Sherlock strinse le labbra.
“Non capisco cosa tu intenda dire, John. Molly torna al lavoro, finalmente. Gli incompetenti si faranno da parte e tutto ritornerà come deve essere”
“Non è cosi semplice! E se tu avessi avuto la pazienza di continuare gli incontri con la Dottoressa Cooper...”
“Non ne ho bisogno. Il fatto che Molly voglia rientrare dimostra la sua grande forza, cosa di cui io non ho mai dubitato. Non sono cosi stupido da pensare che sia tutto risolto, ma questo è un passo avanti verso il ritorno alla normalità”
‘’Normalità? Sherlock, l’hai vista anche tu a casa nostra quando è venuta a trovare Emma, Molly ha ancora serie difficoltà anche a stare in una stessa stanza con noi, e io non vorrei proprio che la tua ansia si ripercuotesse su di lei”
‘’Ansia? Io non sono ansioso!’’
‘’Oh, ti prego, guardati! Sei un fascio di nervi, pronto a scattare! Il fatto che in tutto questo periodo voi non abbiate avuto molta interazione non gioca a tuo favore, tu non sai veramente come è la situazione!’’
‘’Le sto lasciando spazio, John! Questo non significa che non mi importi di come sta!’’
John si avvicinò al suo migliore amico.
“So che sei spaventato, Sherlock” sussurrò, guardandolo dritto negli occhi.
L’altro girò il viso verso il muro.
“No. Io non sono-“
“Lo siamo tutti, ok?”incalzò il Dottore “Spaventati, e incerti su come comportarci. Ma ci stiamo provando, tutti insieme. Non sei solo. Però... devi accettare che le cose potrebbero essere davvero differenti  e non voglio che tu ci rimanga male’’
 “Io voglio solo che lei stia bene...” sussurrò Sherlock.
John gli appoggiò una mano sulla spalla.
“Serve tempo... molto di più di quello che è già passato. Il ritorno al lavoro è senz’altro un fatto positivo, ma non può bastare”
Sul viso dell’amico passò un’ombra, che si risolse con un cenno del capo e con una serie di passi veloci destinati ad arrivare a spalancare le porte dell’obitorio; Sherlock si pentì immediatamente del suo gesto quando vide Molly trasalire spaventata per l’improvviso rumore, e si diede mentalmente dello stupido, poi il suo sguardo si posò sugli uomini accanto alla patologa.
Mike Stamford si schiarì la voce.
‘’Ehm... ciao, Sherlock. Vedo che sei arrivato giusto in tempo per salutare il rientro al lavoro della nostra Molly. Siamo tutti contenti di averla di nuovo con noi”
Dopo una veloce analisi, arrivò la risposta tagliente del consulente investigativo.
“Allora perchè l’hai affiancata ad un supervisore?”
“Sherlock...” l’avvertimento di John arrivò alle sue spalle, ma Molly intervenne per prima.
“Devono valutare la mia idoneità” disse piano.
Sherlock  fece una smorfia.
“Sciocchezze. Tu sei la migliore patologa che hanno, qual è il problema?”
“Nessuno mette in dubbio le competenze della Dottoressa Hooper” si intromise l’uomo accanto a lei “vogliamo solo essere sicuri che il suo rientro al lavoro e il progressivo carico di responsabilità non siano troppo... faticosi da gestire”
Sherlock stava per obiettare, quando il suo sguardo si concentrò su Molly e vide.
Vide le mani che tremavano, il leggero velo di sudore sulla fronte, la respirazione forzatamente controllata e l’espressione concentrata per cercare di non mostrare  il panico.
Molly Hooper poteva essere tornata, ma una parte grande di lei era ancora nelle mani dei suoi rapitori.
E Sherlock Holmes non sapeva come fare per riportarla indietro.
 
***
 
“Come è andato il lavoro? Ormai sei rientrata da più di due settimane...”
“Oh, bene! Oggi ho ricominciato a praticare incisioni e ad usare la sega, una cassa toracica era cosi dura che sono dovuta salire sul tavolo per fare maggiore pressione... oh, mi scusi”
“Non scusarti! La mia espressione si farà di nuovo normale tra qualche secondo, te lo assicuro... quindi sei ancora sotto supervisione?”
“Si, ma il Dottor Rowen mi sta lasciando più spazio di autonomia, sembra molto soddisfatto di come sto procedendo”
“E tu sei soddisfatta?”
“Direi di si. Sospetto che Mike faccia in modo che il laboratorio non sia mai troppo frequentato quando ci sono io, ma nessuno mi fa domande, e penso di essere quasi pronta per andare alla mensa”
“Piccoli passi, Molly, ricorda. La nostra seduta è quasi finita, c’è qualche altra cosa che vuoi dirmi?”
“... Sherlock mi ha portato il caffè, questa mattina”
“Sembri quasi irritata”
“Oh no... è solo che... i ruoli si sono invertiti, era una cosa che facevo io e ora non faccio più, perchè non riesco ad entrare nella sala della macchinetta senza andare nel panico al pensiero di incontrare gli altri colleghi, e perchè non riesco ad affrontare l’idea di entrare in un luogo pubblico come una caffetteria.”
“Un giorno riuscirai di nuovo a farlo”
“Vorrei tanto che fosse già quel giorno”
 
***
 
 “E poi il Dottor Rowen ha detto ...Molto, molto bene Dottoressa Hooper. I miei complimenti, davvero un lavoro ben fatto”
John sorrise mentre osservava Molly che procedeva con passo leggero lungo il marciapiede fuori dal Bart’s, un’espressione soddisfatta sul viso.
“Si, l’abbiamo sentito, cara” disse “E devo dire che erano complimenti assolutamente meritati, la tua analisi è stata superlativa”
La ragazza annuì contenta.
“Si, lo è stata, vero?” disse felice.
“Non capisco perchè vi stiate stupendo, io non trovo nulla di straordinario nel fatto che Molly Hooper sia eccezionale nel suo lavoro”
Se possibile, il sorriso della patologa si allargò ancora di più al complimento di Sherlock, e il consulente investigativo dovette fare un grosso sforzo per trattenersi dall’avvicinarsi per godere meglio della sua espressione, rilassata e contenta; nonostante questi momenti si fossero moltiplicati nelle ultime settimane, Molly era ancora molto restia e spaventata dal contatto fisico e dall’invasione del suo spazio, e spesso Sherlock notava come lei dovesse ricorrere alle sue tecniche di respirazione e di controllo dell’ansia.
Il telefono di John squillò.
“Oh, è Mary. Scusate un attimo”
Il Dottore si allontanò e gli altri due rimasero soli sul marciapiede.
“Cioccolata calda” disse improvvisamente Sherlock.
“Cosa?”
“Cioccolata calda... oggi è una giornata perfetta per berne una. Il bar dietro l’angolo ne fa di molto buone. Ti va?”
Nello spazio di un attimo, l’espressione di Molly si fece di nuovo guardinga e insicura, e il cuore di Sherlock sprofondò.
L’idea di entrare in quel posto la stava atterrendo. Per un attimo, vedere Molly cosi contenta gli aveva fatto sperare che il peggio fosse alle spalle, o che per lo meno si sentisse cosi al sicuro con lui da provare ad entrare nel locale.
“O forse è meglio di no, probabilmente vuoi andare a casa” riprese lui, con uno sforzo per mascherare la delusione.
Vide Molly fare un lungo respiro e mordersi nervosamente il labbro inferiore, prima di fare un piccolo cenno deciso con la testa.
“Forse...”iniziò lei titubante “forse potremmo aspettare John, e chiedergli di prenderne da asporto? È una bella giornata, possiamo sederci su quella panchina e rivedere tutti i dettagli di questo ultimo caso.”
Sul viso di Sherlock apparve un grosso sorriso.
 
***
 
“Per il battesimo di Emma Watson andrò a fare del vero shopping, con Mary e Sally”
“Ti senti pronta?”
“Si. In questo periodo mi sento addosso un sacco di energie, sono tre giorni che dormo senza incubi... la cerimonia sarà molto semplice e Sherlock, come uno dei suoi regali, ha prenotato tutto il locale di Angelo, un ristorante dove saremo solo noi. Sarà una festa tra amici”
“Sembri contenta”
“Lo sono. Vorrei poter inscatolare questa sensazione e farne una scorta enorme”
“Questa sensazione è frutto del duro lavoro che hai fatto in questi mesi, Molly, non dimenticarlo. Te la sei meritata”
“Si, credo di si”
 
***
 
“Come diavolo è potuto succedere?”
“Ne so quanto te, Holmes, sono appena stata informata! Ma sta sicuro che lo scoprirò presto, e che qualcuno la pagherà cara!” La voce di Sally Donovan aveva la stessa inflessione adirata di quella di Sherlock Holmes, mentre entrambi avanzavano nei corridoi di Scotland Yard e arrivavano alle salette per gli interrogatori.
Il consulente investigativo spalancò una delle porte con violenza, e la vista che gli si presentò davanti lo riempì di rabbia.
Un giovane Ispettore appena trasferito (Torton? Gosman?) era seduto comodamente al tavolino con un quaderno aperto davanti a lui.
Di fronte, Molly Hooper con un’espressione terrorizzata.
“Ehi, come vi permettete? Questo è un colloquio privato” disse l’ uomo irritato.
Sherlock gli si avvicinò e lo prese per il bavero della giacca, in preda a una furia tremenda.
Questo è il peggior errore che tu potessi fare nella tua misera e patetica carriera”
“Holmes!” il richiamo di Donovan lo distolse dall’idea di cominciare a colpire il poliziotto, e riportò la sua attenzione su Molly.
“Ho cercato di spiegargli che ho già dato la mia deposizione” iniziò a parlare la patologa e qualcosa nella sua voce, cosi debole e spaventata, raggelò Sherlock.
“Gli ho detto che avevo già spiegato tutto, ma lui insiste” Molly scosse con forza la testa, il panico sempre più evidente nei suoi gesti e nelle sue parole, gli occhi grandi e lucidi rivolti a Donovan “vuole che gli racconti tutto... ha detto che tu mi aspettavi qui, Sally. Che dovevo seguirlo.... tu hai detto che non avrei più dovuto farlo, perchè mi sta facendo tutte queste domande? Io... io... non ci riesco. Per favore!”
“Ho solo pensato che fosse il caso di chiarire ancora alcuni aspetti” ribattè il poliziotto con voce incerta, realizzando la portata del suo impeto di zelo.
Sherlock mollò la presa su di lui con un suono disgustato e si mosse per avvicinarsi a Molly, ma  lei si coprì la testa con le braccia, come a cercare di difendersi.
Il gesto ebbe il potere di bloccarlo.
Esattamente come quella notte, quando l’avevano ritrovata.
In preda allo sconforto, si ritrovò ad assistere impotente al momento in cui la patologa perdeva tutta la sua sicurezza e i sorrisi guadagnati a fatica in quei mesi, la sua serenità di nuovo compromessa.
Donovan scattò verso di lei e le si mise di fronte.
“Non dovrai fare nulla, Molly”
La ragazza abbassò le braccia, ma iniziò a tremare e a stringere con forza le mani in grembo.
“Ma lui ha detto...” tentò di nuovo di spiegare, senza riuscire a trattenere l’affanno.
“Molly, stai iperventilando, prova a respirare come ti ha insegnato la Dottoressa Cooper!”
“Vuole sapere di quegli uomini, e di quello che mi hanno fatto, non posso... non posso” disse la patologa a fatica, il respiro sempre più corto ed erratico, gli occhi appannati per lo shock.
“Molly, guardami” Sally provò di nuovo a stabilire un contatto visivo “guardami, inspira ed espira con me”
Mentre Donovan cercava di calmare la patologa, Sherlock rivolse tutta l’immensa rabbia che provava di nuovo verso l’uomo ancora seduto e con un urlo soffocato lo afferrò, facendolo uscire a forza dalla sala.
“Sherlock!”
La voce e le mani di Lestrade lo bloccarono prima che potesse cominciare a colpire.
L’amico gli avvicinò la bocca all’orecchio mentre lo tratteneva a forza.
“Sarebbe comunque aggressione a pubblico ufficiale, e io non voglio arrestarti” sussurrò in fretta “credimi, non c’è nessuno più di me che vorrebbe vedertelo fare, ma non te lo permetterò comunque. E Molly tra poco uscirà da quella stanza, vuoi che si ritrovi di fronte a una scena di violenza?”
Respirando con forza, Sherlock considerò le parole dell’Ispettore e infine lasciò andare l’uomo, che si accasciò a terra. Da dietro la porta arrivarono i singhiozzi di Molly.
Il suo telefono squillò e, dopo aver gettato un’occhiata al display, si allontanò di qualche passo.
“Voglio che quell’uomo non abbia più la minima possibilità di avvicinarsi a Molly. Neanche per sbaglio al supermercato. Lo voglio fuori dalla città entro stasera” esordì rabbioso dopo aver accettato la chiamata.
“Sto già provvedendo, ma tu devi calmarti”
“La stava interrogando, Mycroft! Pretendeva che rivivesse di nuovo tutto da capo!”
“Sono... desolato. Quell’uomo si è presentato con delle credenziali affidabili, e gli uomini di guardia ci hanno messo un po’ a capire che qualcosa non andava”
Sherlock chiuse brevemente gli occhi, e fece un profondo sospiro.
“Avrei dovuto picchiarlo”
“Assolutamente no, sai che la tua posizione è ancora fragile, non è proprio il caso che tu sia arrestato. Me ne sto occupando io, te l’ho già detto. Va a casa, fratellino” il tono di voce del maggiore dei fratelli Holmes era fermo, ma pieno di compassione, perchè quello che le parole di Mycroft non dissero, era che questa era l’unica alternativa possibile.
In quel momento, Molly Hooper non aveva bisogno di Sherlock Holmes.
 
***
 
“Ti ho detto più volte che anche il silenzio può giocare un ruolo importante in una seduta, Molly, e io rispetto il fatto che tu non te la senta di parlare. Ma vorrei che, prima del nostro congedo, tu riuscissi anche solo a dire una parola che esprima come ti senti. Sarebbe importante”
“...”
“Va bene. Vuoi che metta un po’ di musica e proviamo con del rilassamento?”
“No”
“Ok. Allora aspetterò che tu sia pronta a parlare”
“...”
 
***
 
“Come sta Sherlock?”
“Mi piacerebbe tanto saperlo, ma evita ogni confronto, non fa altro che prendere casi e lavorare”
“Oh, John... che cosa possiamo fare?”
“Francamente, tesoro, non lo so proprio”
 
***
 
“Stronzo”
“Chiedo scusa?”
“Mi ha chiesto di provare a descrivere come mi sentissi, e questa è la parola che ho scelto”
“Scelta interessante. Vuoi spiegarmi?”
“Quel poliziotto... è stato uno stronzo. Non aveva nessun diritto di fare quello che ha fatto, nessun diritto di chiedermi quelle cose”
“Sono d’accordo”
“Ma io glielo ho permesso, ho permesso che il suo atteggiamento e le sue domande mi  facessero di nuovo provare paura”
“Molly...”
“È la verità. Ma io non voglio che accada più. Si ricorda quando mi disse che la paura sarebbe stata un sentimento dominante per molto tempo, ma che prima o poi sarebbe stata sostituita da altro?”
“Si”
“Sono arrabbiata. Sono arrabbiata con me stessa ma, soprattutto, sono arrabbiata con quell’uomo. È colpa sua se sono stata di nuovo male, non mia. Io ho ogni diritto di soffrire per quello che... per quello che è successo, e so che questo mi accompagnerà per sempre, ma non permetterò più a nessuno di decidere al posto mio, e non mi farò dominare dalle mie paure. Mai più”
 
***
 
“Sono favolosi!”
Nell’udire il commento proveniente dall’interno del suo appartamento, John sorrise e rivolse uno sguardo complice a Sherlock.
“Le ragazze hanno fatto shopping, di nuovo... preparati a un tripudio di vestiti, scarpe e borse” disse all’amico, prima di rivolgere lo sguardo verso il basso e verso la piccola forma al sicuro nel marsupio.
“E tu, signorina... spero proprio che non comincerai troppo presto, o dovrò traslocare per far posto alle cose tue e di tua madre”
Da dietro la porta giunse la risata di Molly, e il Dottore osservò il consulente investigativo  trattenere il fiato, per  poi rilasciarlo piano.
Dopo il brutto episodio a Scotland Yard, le cose stavano lentamente ma progressivamente migliorando e Molly stava facendo passi da gigante. La settimana precedente, il battesimo di Emma era stata un’occasione tranquilla e serena per tutti, ma non per Sherlock, il quale sembrava in grossa difficoltà, come se una parte di lui provasse un costante timore di avvicinare la patologa.
John scosse piano la testa e aprì la porta.
“OK, signore! Siamo colpevoli di essere uomini, quindi perdonate se non capiremo la straordinarietà di tutto quello che avete comprato!” esordì.
Mary si voltò verso di lui e lo raggiunse per depositare un bacio sulla sua guancia, e poi fece lo stesso sulla testa della figlia addormentata.
“Non comprato, tesoro!”esclamò ”Tagliato! Guarda Molly, non è una meraviglia?”
Il Dottore rivolse lo sguardo verso la patologa, e rimase a bocca aperta.
I suoi capelli erano diversi.
Molto.
Tagliati ad altezza delle spalle, esibivano anche un colore nuovo dalle tonalità più chiare: la coda di cavallo era semplicemente sparita.
“Wow, Hooper. Sei uno schianto” disse con sincerità.
John osservò Molly fare un sorriso timido, e spostare gli occhi verso Sherlock.
Il sorriso scomparve.
“Non ti piacciono?” chiese incerta, prima di raddrizzare le spalle e affermare decisa “io sono molto soddisfatta”
Il Dottore si voltò a guardare l’amico e lo trovò con i pugni chiusi lungo i fianchi, sul viso un’espressione glaciale.
“Sherlock...” sussurrò piano, cercando di rimuovere il consulente investigativo da quella specie di trance, nella speranza di evitare che Molly ci rimanesse male.
“No. Non mi piacciono”
La risposta di Sherlock rimase sospesa nell’aria per qualche attimo tra lo stupore generale.
Poi lui si girò, e uscì dall’appartamento senza aggiungere una parola.
 
***
 
“Quindi sono stati i capelli”
“Si. La trova una cosa sciocca?”
“No, Signor Holmes. Trovo perfettamente logico che sia stato qualcosa di assolutamente tangibile che non c’è più, anche se si tratta di un elemento in apparenza senza importanza. Non mi sarei aspettata altro, da una persona così votata alla razionalità come Lei”
“Lei lo sapeva, fin dall’inizio”
“Ma Lei non era pronto a sentirmelo dire”
“La... mia Molly non tornerà più, vero? Lei... lei è un’altra persona”
“Si, e non potrebbe essere altrimenti. Molly Hooper ha subito un trauma enorme e sta cercando di reagire, per far questo ha bisogno di lottare e di affrontare ciò che le è successo. Ce la farà, ma non sarà mai più la stessa. Conserverà alcune paure, e svilupperà nuove forze. Il suo processo di guarigione passa inesorabilmente dal cambiamento Signor Holmes, ed entrambi sappiamo che i capelli diversi non sono che un piccolo segno, ma ugualmente importante. Credo che la domanda ora sia...Lei vuole avere uno spazio in questo cambiamento? Perchè Molly avrà bisogno di supporto, non di rimpianti”
“Io non lo so. E se fosse Molly a non volermi accanto a sè?”
“Questa non è una domanda alla quale posso rispondere io, Signor Holmes. Ma credo che sia il momento per Lei di scoprirlo”
“C’è una sola persona che può dirmelo, vero?”
“Si”
“Sa... Lo provo. Costantemente.”
“Che cosa?”
“Il desiderio di tornare ad utilizzare la droga. Sarebbe... sarebbe il modo perfetto e più facile per chiudere fuori tutte queste sensazioni e tutta la rabbia”
“E che cosa La trattiene dal farlo?”
“Paradossalmente, la stessa cosa che mi spinge a farlo... l’immagine dello sguardo sofferente di Molly. Non mi abbandona mai”
“Beh, credo che questo possa essere un buon motivo per cercare la Sua risposta”
 
***
 
“Non sono ancora così sicura che sia una buona idea”
Sally Donovan incrociò le braccia al petto e si appoggiò alla cucina, uno sguardo di traverso sul volto.
Molly fece un sorriso, e poi finì di applicarsi il burro di cacao sulle labbra.
“Smettila, su... hai detto anche tu che i fiori sono molto belli”
La poliziotta fece una smorfia mentre si voltava a contemplare il mazzo di girasoli e margherite, che faceva bella mostra sul tavolo.
“Questo non significa che mi fidi di lui, ho ancora ben presente il suo commento nell’appartamento dei Watson” disse convinta.
La patologa si morse il labbro, e si mise ad osservare anche lei i fiori arrivati quella mattina. Erano stati recapitati accompagnati da un semplice biglietto, con una sola parola.
Perdonami.
Per la seconda volta da quando lo conosceva, Sherlock Holmes si scusava con lei, e questa volta Molly Hooper aveva avuto dei dubbi sull’opportunità di accettare quelle scuse. Il suo commento l’aveva ferita e indispettita, fino a che non ne aveva capito il motivo: il suo nuovo look aveva avuto per entrambi un’importanza enorme, ma per ragioni ben differenti... Molly capiva la paura di Sherlock e la sua difficoltà ad accettare i suoi sforzi per essere una persona diversa, una persona che affrontava le sue paure e che aveva bisogno, anche esternamente, di essere “nuova”, capiva che per lui comportavano la necessità di riorganizzare informazioni, comportamenti e pensieri.
Le spiaceva, ma il suo processo di guarigione doveva seguire quel percorso, e ora doveva concentrarsi su sè stessa.
Il campanello suonò, e Molly si riscosse dai suoi pensieri mentre Sally si precipitava ad aprire la porta.
“Holmes”
“Donovan”
La battaglia di sguardi durò solo qualche istante, poi la poliziotta si fece da parte con una smorfia.
Sherlock, però, rimase fermo sulla soglia.
“Preferirei andare subito, se Molly è pronta, ovviamente” disse con una certa rigidità, rivelando il suo nervosismo.
La patologa gli sorrise.
“Si, sono pronta” replicò, prendendo la borsa.
“Esattamente... cosa pensavi di fare?” Sally aveva le braccia di nuovo incrociate al petto, e il suo miglior sguardo inquisitorio sul volto mentre si rivolgeva al nuovo arrivato.
Sherlock si trattenne dal dare una rispostaccia, e raddrizzò le spalle.
“Una passeggiata a Regent’s Park, il taxi ci sta aspettando. E poi un te da Mrs Hudson...  non saliremo a casa mia” si affrettò a specificare, prima di lanciare uno sguardo nervoso a Molly e proseguire velocemente “ho pensato che un po’ di aria fresca e dei dolci fatti in casa potessero costituire un’occasione piacevole di... socializzazione. Sempre se per te va bene”
Lei gli sorrise di nuovo.
“Va bene, Sherlock”
Il consulente investigativo sembrò rilassarsi impercettibilmente, ma poi arrivò il commento di Donovan.
“Quindi pensi che tornerete... che ne so, per le 6?”
Lui strinse le labbra sempre più infastidito, e Molly decise di andargli in soccorso.
“Sally... sono sicura che non farò tardi. Ho il mio telefono con me e... sono in buone mani” terminò, notando come la sua ultima osservazione avesse rilassato i tratti del viso di Sherlock.
“Ok...” mormorò la poliziotta ancora poco convinta, mentre osservava i due uscire dalla porta e gettava un ultimo sguardo di avvertimento al consulente investigativo.
 
***
 
“Sarà una bella estate”
Molly offrì il viso al sole con soddisfazione.
“Pensavo che non avresti voluto vedermi, e ne avresti avuto tutti i motivi”
L’affermazione quieta di Sherlock rimase sospesa fra di loro per qualche attimo, poi la patologa parlò.
“Ci ho pensato, non lo nego” disse “ma credo di avere capito il motivo alla base della tua reazione. Sto cercando di concentrarmi su me stessa ma, credimi, so che anche per voi non è facile. Mi spiace”
Sherlock strinse i pugni.
“Perchè ti stai scusando?” disse con enfasi, meritandosi uno sguardo sorpreso da parte di Molly “sei tu la vittima! Sei tu quella che ha dovuto passare quell’inferno! Tu non dovresti capirmi, tu dovresti... odiarmi” continuò l’uomo in un sussurro.
“Sherlock...” tentò di interromperlo lei, ma lui scosse deciso la testa.
“Non mi sono accorto di quello che stava succedendo” riprese con forza “ho lasciato che ti prendessero e ti facessero del male, ho lasciato che quella... donna portasse avanti il suo imbroglio per mesi, Molly... per mesi!
“Tu non sei infallibile, Sherlock Holmes” l’affermazione della patologa fece apparire un sorriso amaro.
“No. Ma non avrei dovuto fallire proprio con te” terminò lui.
Molly lo osservò piegareil capo verso terra e, dopo un profondo sospiro, parlò.
“Quando ho capito che tu volevi che io saltassi dal tetto, una parte di me sperava che quel materasso non ci fosse”
La testa di Sherlock scattò improvvisamente di nuovo verso di lei, e nei suoi occhi potè leggere tutto lo stupore e la confusione per la sua affermazione.
“Perchè?”
Molly rivolse lo sguardo verso un punto lontano del parco.
“Ero distrutta e spaventata, stanca di ogni cosa” confessò “Per tutto il tempo in cui sono rimasta nelle loro mani, ogni volta che cedevo e davo un’informazione mi sentivo sempre più sconfitta e piena di vergogna, mi sembrava di star tradendo ogni cosa e persona in cui credevo. Se quel materasso  non ci fosse stato, avrei potuto finalmente essere libera... oggi però sono grata che invece ci fosse, oggi so che posso tornare a vivere bene, anche se sarà faticoso, e anche se non sarò più la stessa. Mi sono salvata, alla fine ho vinto io, alla fine li abbiamo battuti, anche se ci è costato tanto. Non voglio più dimenticarlo, Sherlock, e vorrei che non lo facessi neanche tu.
Io sono qui, anche grazie a te” gli occhi di Molly erano lucidi, ma si sforzò di non dare spazio alle lacrime.
Anche Sherlock stava guardando davanti a sè, e mentre lasciava che le parole di Molly fluissero dentro di lui per cominciare a liberarlo del peso che si era portato dietro in quegli ultimi mesi, allungò piano la mano verso  quella di lei, senza però afferrarla.
Molly continuò a guardare avanti, ma coprì la distanza che li separava e intrecciò le dita alle sue.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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