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Autore: benzodiazepunk    19/10/2016    1 recensioni
Frank e Gerard, due ragazzi dalle vite completamente opposte che si incontreranno, o meglio scontreranno all'improvviso, negli anni '40 del XX secolo.
Il primo in cerca di indipendenza e di un posto nel mondo, il secondo scontento della sua vita e plagiato da un padre autoritario.
Quando poi la forte stratificazione sociale, i pregiudizi e una guerra imminente si aggiungeranno ai loro problemi, il loro incontro migliorerà o meno le loro vite?
---Aggiornamento ogni mercoledì---
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QUESTA STORIA NON MI APPARTIENE MA E' STATA SCRITTA DA MCRmichi UTENTE DI WATTPAD DA CUI HO AVUTO IL CONSENSO DI PUBBLICARLA SU EFP. TUTTE LE IDEE APPARTENGONO A LEI.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'SCAR'
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CAPITOLO TERZO
 
 

Gerard era pronto. L'abito nero da cerimonia era perfetto. I suoi capelli neri erano pettinati meticolosamente: più lunghi e ritti in alto, rasati sui fianchi e dietro la nuca. Ogni ciuffo era in una posizione studiata attentamente.

Diede un' ultima occhiata soddisfatta al suo riflesso nello specchio prima di scendere le grandi scale di marmo.

Suo padre, sua madre e suo fratello gli rivolsero un grande sorriso, poi presero i cappotti e tutti insieme si avviarono verso l'università, per partecipare alla cerimonia di laurea di Gerard.
 

Frank aveva due giorni di vacanza.

Esatto, dopo mesi di duro lavoro finalmente gli era stata concessa una piccola tregua, ma non era convinto del fatto che questa gli fosse stata data per generosità.

No, Frank sapeva che il capo era davvero in difficoltà, e forse aveva bisogno di un paio di giorni per risistemare le cose.

Non aveva grandi progetti per i due giorni di libertà: pensava di far visita ai suoi genitori, e magari di guardarsi in giro per trovare il famoso monolocale che da tempo aveva iniziato a desiderare molto ardentemente. Il motel in cui passava le notti cominciava a stancarlo, ormai era troppo stretto per lui.

Se avesse lavorato ancora un paio di mesi avrebbe potuto affittare qualcosa. Certo, avrebbe dovuto tirare la cinghia per un po', magari saltare qualche cena, ma avrebbe potuto farcela.

Decise quindi di recarsi subito dai suoi genitori. Per togliersi questo peso. Sì, perché quello di mandare loro soldi e di tener loro compagnia ogni tanto, Frank lo considerava un dovere.

Attraversò la città sotto un limpido sole primaverile e dopo un' oretta di cammino, finalmente arrivò davanti alla porta della sua vecchia casa. Più che altro era una baracca, pensò.

Bussò tre volte e aspettò.

Dopo circa due minuti si affacciò uno dei suoi cuginetti, il più piccolo, Charlie.

"Hei ciao Charlie! Come stai campione?" lo salutò subito Frank prendendolo in braccio.

"Quando torni a casa Frankie?"

"Io non vivo più qui, ora ho un lavoro tutto mio e cerco di inviarvi un po' di soldi per... " A Frank si strinse un po' il cuore alla domanda del bambino, e resosi conto di aver parlato troppo, cambio' discorso. "Come sta papà? "

"Non bene, vieni a vedere"

Frank seguì il piccolo dentro casa. Sua madre doveva essere al lavoro, perché in casa vi erano solo i suoi cuginetti e il padre malato a letto.

"Ormai dorme tutto il tempo. Non si sveglia mai. Solo qualche volta, e quando succede la mamma lo obbliga a mangiare, però lui non vuole" lo informò il bambino più grande, che aveva undici anni.

Fu in quel momento che Frank si rese conto di quanto fosse felice di essere andato via di casa. Non poteva davvero più sopportare quella situazione: sua madre che obbligava suo padre a mangiare negli unici istanti in cui era cosciente. Ormai era una specie di carcassa, lì buttato sul letto, magrissimo e sporco.

Si sentiva in colpa di essere felice per la sua nuova vita e anche un po' egoista, ma sentiva che era l'unico modo per fare davvero qualcosa della sua vita.

Incapace di rimanere lì più a lungo, diede un po' di soldi a ognuno dei suoi cugini e salutandoli si tirò dietro la porta.

Aveva bisogno di svagarsi in quei due giorni di libertà, doveva riprendersi dal duro lavoro dei mesi precedenti, e non aggiungere preoccupazioni alla sua testa già strapiena di problemi.

Si allontanò velocemente da quella specie di inferno e si rifugiò in un parco. Superò l'entrata, percorse il vialetto a testa bassa e si sedette su una panchina vuota.

Si sentiva triste. Frank Iero, l'esuberante ragazzino che era sempre stato allegro e scatenato, ora si sentiva completamente a terra.

Dannazione, aveva solamente 20 anni, si ritrovò a pensare, era giusto che avesse già tanti pensieri per la testa?

Mentre rifletteva scorse una panchina lontana dalla sua su cui erano seduti due ragazzi, forse della sua età, o forse un po' più grandi.

Nell'atmosfera semibuia del tardo pomeriggio, si stavano girando una canna. Pensò che dovevano averne di soldi per potersi comprare l'erba, eppure erano lì seduti come due straccioni.

Rimase lì a fissarli per un po' mentre si dividevano lo spinello, poi quando fu completamente buio ritornò verso il cancello e si diresse nuovamente verso il motel.

Il giorno seguente Frank lo passò girando per il centro in cerca di un monolocale da affittare, ma ben presto si rese conto che i prezzi erano troppo elevati, e che avrebbe dovuto lavorare ancora un bel po' prima di potersene permettere uno.

Quando, alle otto del giorno seguente, arrivò davanti al cantiere vide con stupore che non c'era nessuno.

Sì, forse era leggermente in ritardo, solitamente arrivava dieci minuti prima, ma non era mai successo che anche gli altri arrivassero tardi.

Si guardò un po' intorno, provò a spingere il cancello e vide che era socchiuso. Probabilmente erano già tutti dentro. Camminò sulla ghiaia con i suoi anfibi neri fino a svoltare l'angolo, quando vide un gruppetto di persone che discuteva animatamente.

Si avvicinò velocemente e si accorse che il signor Blake, il suo capo, stava parlando ai suoi colleghi. Non fece in tempo ad arrivare che lui prese a venirgli incontro.

"Mi dispiace Frank. Mi dispiace molto. Arrivederci, forse" e detto questo, senza dire nient'altro, gli mise in mano una busta, prese le sue cose e abbandonò il cantiere.

Frank non capiva cosa stesse succedendo così raggiunse gli altri, che sembravano essere tra lo sconvolto e il disperato.

"Siamo a piedi Frank! A piedi! E io come lo darò da mangiare ai miei bambini?" disse Tommy, davvero scosso.

"Non può farci questo, non può proprio. Io ho bisogno di questo lavoro! Cazzo, non ci voleva!"

"E tutta colpa della famiglia di Billie! Se non avessero fatto causa a Blake ora noi saremmo sui ponteggi a lavorare!"

"Okay adesso basta ragazzi!" intervenne Jack interrompendo il fiume di lamentele che sfociava dalle bocche degli altri.

"È meglio se ce ne torniamo a casa per oggi, o forse sarebbe meglio metterci subito a cercare un altro lavoro. Voi vi lamentate tanto ma pensate a me. Ma vi immaginate? Chi volete che assuma un vecchio che non ha fatto nient'altro se non il muratore per tutta la sua vita?"

E detto questo si dispersero: ognuno prese una strada diversa, diretti chissà dove.

Frank rimase lì impalato.

Probabilmente il suo cervello doveva ancora elaborare le informazioni che gli erano state fornite negli ultimi dieci minuti. Restò lì in piedi da solo per un po'. Poi, obbedendo alle sue gambe come se fosse stata un'azione automatica e non decisa da Frank, cominciò a muoversi camminando verso il motel.

La sua mente non riusciva a focalizzarsi su un pensiero preciso e continuava a ripercorrere la conversione appena avuta con i colleghi. Anzi, con gli ex colleghi.

Tutto ciò che sapeva era che non aveva più un lavoro, e si ritrovava esattamente nella stessa situazione di qualche mese prima. Anzi, a questo punto era messo anche peggio. Non aveva nessuna possibilità di trovarsi un' altra occupazione, considerando la fatica fatta per trovare il posto da muratore.

Immerso in questi pensieri, Frank arrivò al motel. Fu solo quando dovette usare le mani per aprire la porta dell'edificio che si ricordò della busta che poco prima gli era stata consegnata da Blake.

Tornato in camera dopo aver ricevuto uno sguardo bieco dalla vecchia signora, che sembrava volergli dire 'ricordati che tra poco devi essere fuori di qui' si buttò sul letto e aprì la busta. Dentro vi trovò la sua ultima paga, i soldi che aveva guadagnato nelle ultime due settimane. Frank contò il denaro e si accorse che la cifra era superiore a quella che gli spettava. Ne dedusse che Blake gli aveva pagato anche tutti quegli straordinari che aveva fatto, ma per i quali aveva smesso di sperare di ricevere un compenso.

Ora Frank era davvero nella merda. Senza lavoro, senza casa, e quasi senza soldi. I pochi risparmi che era riuscito a mettere da parte potevano bastare al massimo per tirare avanti un paio di mesi. E per di più si trovava in un periodo dell'anno davvero pessimo per cercare un posto. Nessuno in primavera aveva bisogno di nuovo personale, erano tutti proiettati verso l'estate e le vacanze, e lui non poteva permettersi di aspettare settembre o ottobre per ricominciare a guadagnare.

E come se non bastasse, era ormai da mesi che non aveva dei veri amici o anche qualcosa che assomigliasse vagamente ad una fidanzata, e si sentiva estremamente solo.






Note.
Ciao a tutti e grazie di essere arrivati fin quaggiù. Questo capitolo è piuttosto corto, MA la vera azione non tarderà ad arrivare, anzi, quindi rimanete connessi! Ringrazio come sempre tutti e, alla prossima settimana! Ricordo ancora che su Wattpad la storia è più avanti rispetto a qui, per chi volesse un po’ di “spoiler” ;)
A presto; buona scrittura, buona lettura e see u next week 
🍵☕️
  
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