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Autore: KiarettaScrittrice92    21/10/2016    6 recensioni
Dopo la conclusione della prima stagione, mi sono finalmente decisa a scrivere e pubblicare la mia prima long su questo fandom...
Avviso che ovviamente se mai la serie continuerà la mia storia non avrà più nulla a che fare con gli avvenimenti che accadranno dopo la comparsa di Volpina.
Questa storia perciò la potete considerare come un seguito alternativo che mi sono immaginata io, oppure semplicemente come una fic in più da leggere che spero vi emozionerà.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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Le spiegazioni

Qualcuno la stava chiamando: non era un urlo o una voce troppo alta, erano dei sussurri. Qualcuno stava continuando a sussurrare il suo nome, come quando sua madre cercava di svegliarla dolcemente i giorni in cui doveva andare a scuola e non sentiva la sveglia. Forse era sua madre, no, quella era una voce maschile, sì, riconosceva quella voce.
Cercando di aprire gli occhi mugugnò il suo nome, nel tentativo di rispondere a quel richiamo.
«Sono qui Marinette.» le rispose lui con un tono dolce e più sollevato rispetto a quando la stava chiamando.
Finalmente riuscì ad aprire gli occhi e, nonostante il fastidio che le provocava la luce, dopo aver sbattuto un paio di volte le palpebre, lo vide.
Vide quegli occhi smeraldo osservarla attenti con un espressione tra il rassicurante ed il preoccupato, anche il suo volto mostrava le stesse emozioni, il viso rigido, tirato e ancora nervoso, ma con un sorriso dolcissimo e sollevato.
Tentò di alzarsi e mettendole una mano dietro la schiena, il ragazzo l'aiutò a farlo.
«Come ti senti?» chiese mantenendo quel tono dolce e basso.
«Bene, credo... – si portò la mano destra agli occhi per stropicciarseli – Insomma non credo di...» si bloccò facendo un piccolo verso di dolore.
Mentre si stropicciava gli occhi, all'improvviso, aveva percepito una fitta bruciante al polso: non era un dolore insopportabile o ingestibile, ma abbastanza fastidioso da farla sentire fragile. Si guardò il polso e vide che era fasciato, come d'altronde lo era anche il sinistro.
«Marinette perdonami! – disse il giovane modello facendole alzare lo sguardo su di lui – È colpa mia se...»
«Tu non c'entri nulla Adrien! – lo interruppe lei, prima che si prendesse le colpe di qualcosa che non aveva fatto – Non è colpa di nessuno.»
«Ma io...»
«La miseria quanto sei melodrammatico gattaccio!» intervenne una voce conosciuta.
Solo in quel momento si rese conto che il letto in cui era sdraiata fino a poco prima non era il suo, che la stanza in cui si trovava non era la sua. Dove si trovava?
Si voltò verso la proprietaria di quella voce, con aria stupita e anche preoccupata, mentre sapeva già d'incrociare un paio di occhi verdi, non un verde lucente come quello che caratterizzava gli occhi del suo ragazzo, ma un verde più scuro, quasi ingiallito.
«Lila tu...?» chiese sconvolta, mentre vedeva Adrien guardare la stessa ragazza con sguardo offeso, ma per niente preoccupato, come se l'unico problema fosse stato il fatto che l'avesse insultato.
«Ben svegliata Mari!» la salutò, con un sorriso che appariva tutto tranne che sincero, ma che non sembrava nemmeno forzato o in qualche modo malvagio.
«Mari?» chiese di nuovo lei, scioccata da quel sorriso e da quel soprannome.
«In Italia vanno molto di moda i diminutivi dei nomi, mi piace chiamarti Mari... Ti scoccia?» chiese buttandosi sul divano rosso che si trovava a qualche metro dal letto, dal lato opposto, nella zona giorno.
«Io... No... Però... Io non... Non capisco... Tu...» non sapeva che dire, non trovava le parole, era come se lo stupore e la confusione le avessero mangiate tutte.
«Ora ti spiegheremo tutto Marinette. – disse un'altra ragazza, entrando nella camera – Anzi, vi spiegheremo tutto.» disse volgendosi poi anche ad Adrien.

 

Si sedette più comodamente sul letto, mettendosi proprio di fianco a lei e, con un gesto lento e delicato, le prese la mano, intrecciando le dita alle sue, che subito ricambiarono la presa.
Intanto anche la rossa si era seduta sul divano, proprio di fianco all'amica.
«Credo che conosciate Lila ovviamente, quindi non penso ci sia bisogno che ve la presenti. Io invece mi chiamo Jinnifer Thompson. Ci siamo conosciute parecchi anni fa, quando eravamo bambine, eravamo amiche di penna.»
«Amiche di penna?» chiese dubbioso Adrien.
«Esatto! – rispose Lila – In Italia, alle elementari, per far imparare agli studenti bene l'inglese, s'inizia ad inviare lettere a una persona all'incirca della stessa età che vive in Inghilterra, l'amico di penna. A me è capitato l'indirizzo di Jinny.»
«Esatto. Non vi sto a raccontare tutta la nostra infanzia, non penso v'interessi, vi basti sapere che siamo diventate inseparabili, seppur a distanza. Così, quando Lila si dovette trasferire qui a Parigi con i suoi, decisi di venire a trovarla e presi questo appartamento e spesso lei viene a dormire qui.»
«Insomma vi siete viste per la prima volta qui a Parigi?» chiese Marinette, stupita e ammirata della profonda amicizia che sembrava legare le due ragazze.
«Beh non proprio, ci siamo comunque viste in video-chat per un sacco di tempo, ma dal vivo sì, qui a Parigi tre mesi e mezzo fa.» specificò l'inglese.
«Ma com'è che avete i Miraculous?» chiese il biondo.
«Ora ci arriviamo gattaccio!» gli rispose a tono l'italiana, venendo ricambiata con uno sguardo irritato.
«Lila...» la rimproverò l'amica e a quel richiamo la vide sbuffare, per poi rivolgersi di nuovo a lui.
«Ok... Scusami...» gli disse, sebbene non sembrasse molto convinta.
«So bene cosa è successo con Lila, me lo raccontò quando, tornata in sé, venne a casa con il finto ciondolo della volpe: mi disse che sebbene non si ricordasse perfettamente cosa vi aveva fatto, si ricordava di cosa aveva provato. So quanto può sembrare insopportabile...»
«Ehi!» protestò lei guardandola male.
«...ma se imparate a conoscerla scoprirete che è una ragazza fenomenale!» continuò sorridendole.
«Siete davvero legate.» fece entusiasta Marinette.
«Sì parecchio. – le rispose con tono dolce la rossa – Comunque oltre a raccontarmi quello che le era successo mi raccontò anche del libro che riguardava i super eroi e comprendemmo che c'era seriamente qualcosa sotto a questa storia degli eroi. Passammo più di un mese a cercare informazioni sui Miraculous, sulle loro origini, sulle loro capacità, ma a parte qualche leggenda antica non trovammo nulla. Poi un giorno, tipo qualche settimana fa, mentre ero in giro, ho incontrato una signora che mi ha chiesto se potevo accompagnarla al centro massaggi Fu e, visto che comunque stavo andando nella stessa direzione, non mi feci problemi ad aiutarla. Dopo averla lasciata davanti all'edificio stavo per andarmene, quando vi vidi uscire proprio dal centro. Di certo era strano vedere Ladybug e Chat Noir uscire da un luogo del genere, insomma certamente non avevate bisogno di massaggi. Assistetti alla vostra litigata, sebbene da lontano, vi assicuro che allora non sentii assolutamente nulla di quello che vi diceste, ma capii che c'era qualcosa di davvero serio lì dentro, se vi aveva fatti mettere l'uno contro l'altra.»
Adrien ascoltava il racconto con attenzione e per un'attimo, al ricordo di quella sua confessione e del modo furioso con cui aveva reagito Ladybug, gli si strinse il cuore. 
Come se avesse capito esattamente cosa gli passasse per la testa o come se provasse le sue stesse emozioni, la ragazza di fianco a lui strinse ancora più forte la sua mano, tanto da fargli dolere le nocche, ma non gli importava. Quella era la prova dei loro sentimenti, con quel gesto lei gli stava dicendo che si fidava di lui, che si pentiva di quella sfuriata. Lui quindi ricambiò la stretta, con l'intento di prometterle la più assoluta verità e farle capire che non c'era bisogno di scusarsi e che ormai era tutto passato. Riusciva a percepire tutto questo in quell'unico, piccolo, gesto che per lui, però, in quel momento, rappresentava l'intero universo.
«Quando tornò a casa mi raccontò tutto. – proseguì Lila – E iniziammo a credere che quel Fu c'entrasse qualcosa con i Miraculous. Però non potevamo certo irrompere lì e chiederglieli: saremmo sembrate invadenti, se non delle persone al servizio di Papillon, così cambiammo strategia. Iniziammo a seguire voi: sapevamo che era sbagliato, – disse subito, non appena vide gli sguardi stupiti dei due – e vi chiediamo sinceramente scusa per esserci impicciate della vostra vita privata per questo lasso di tempo, ma era l'unico modo che avevamo per capire.»
«Vedemmo il vostro legame tornare, il vostro amore nascere... – ricominciò Jinnifer – e poi, circa quattro giorni fa, scoprimmo che c'era qualcun altro che vi stava seguendo: Angelie Fontaine era sempre alle vostre calcagna, come un'ombra, soprattutto con Marinette. Capimmo che c'era qualcosa che non andava quando iniziammo a vederla parlare apparentemente da sola e decidemmo che non era più tempo di esitare: se una possibile akumatizzata, aveva scoperto le vostre identità qualcuno sarebbe dovuto intervenire.»
«Così tre giorni fa siamo andate da Fu e gli abbiamo raccontato tutto: i pedinamenti, le cose che avevamo scoperto e soprattutto i nostri sospetti su quella bambolina da rivista. Lui ci ha risposto con un qualche detto cinese o non so e poi ci ha dato i Miraculous. In questi tre giorni ci siamo allenate ad usarli per i fatti nostri e, visto che non c'erano akumatizzati, siamo state libere di girare un po' per Parigi, stando attente a non farci vedere troppo e senza incontrarvi. Fino ad oggi...» concluse Lila, indicando i due ragazzi che erano seduti sul letto ancora sconvolti.
«Quindi il maestro vi avrebbe dato i Miraculous dell'Ape e della Volpe, così?» chiese stupito lui.
«Esatto. Ha detto che il solo fatto di esserci preoccupate per voi, valeva la nostra buona condotta e dimostrava che il nostro spirito è chiaro e limpido, quindi ci ha dato i Miraculous.»
«Sul fatto che lo spirito di Lila sia chiaro e limpido ho qualche dubbio.» sbottò il biondo che ricevette immediatamente uno sguardo furioso dall'italiana e una gomitata dalla sua fidanzata di fianco a lui.
«Beh, – intervenne dopo vari minuti di silenzio Marinette – direi che adesso siamo una squadra.»
Il suo sguardo s'incantò su quel bellissimo e dolce sorriso che lei stava rivolgendo a tutti e tre, come se la sua gioia e la sua felicità per aver incontrato due nuove compagne d'avventure, contagiasse anche lui.
«Puoi ben dirlo dolcezza!» le fece l'occhiolino Lila.
«Quindi sarò l'unico uomo con tre donne? – sbuffò lui divertito – Speriamo che quel periodo non vi venga a tutte e tre nello stesso momento o sarò spacciato.» a quelle ultime parole ricevette un cuscino in piena faccia da Lila, ormai stufa delle sue battutine.

 

Atterrarono sul parquet di camera sua, o meglio, lui atterrò. Lei era avvinghiata alle sue spalle, con le braccia intorno al suo collo e le gambe che gli circondavano la vita. Appena furono dentro il ragazzo si chinò un po' per farla scendere meglio e lei finalmente toccò il suolo.
«Ripeto che avrei potuto tornare a casa anche da sola.» disse lei, risistemandosi la maglia che si era un po' alzata.
«E rinunciare al piacere di stare sulle mie spalle?» chiese l'eroe nero con il suo solito tono malizioso.
Arrossì, sicuramente stava arrossendo, ma gli rispose comunque a tono.
«Oh beh, non è che le tue spalle siano tutto questo granché.» disse con tono parecchio ironico.
Lui la squadrò per qualche secondo, facendo un verso pensieroso.
«Non sei brava a mentire principessa.»
Lei scosse la testa divertita e si diresse verso la scrivania.
«Ah... Quasi stavo per dimenticare... – riprese a parlare Chat Noir, facendola voltare nuovamente verso di lui – Questi credo siano tuoi.»
Allungò la mano e il guanto artigliato dell'eroe gatto le poggiò sopra un paio di orecchini: i suoi orecchini. Li strinse nel pugno, portandoseli al petto, come se avesse finalmente trovato un pezzo della sua anima.
«Grazie» sussurrò con gli occhi lucidi e lui le sorrise, per poi ordinare al suo kwami di farlo tornare normale.
Quando davanti a lei non ci fu più Chat Noir, ma Adrien, aprì nuovamente la mano e guardò ancora per qualche secondo quegli orecchini rossi a pois neri, per poi indossarli.
Appena entrambi furono ben ancorati nei suoi lobi, davanti a loro apparì la piccola kwami rossa.
«Marinette!» esclamò la creatura, fiondandosi verso la sua portatrice e sfregandosi sollevata contro la sua guancia, mentre lei allungava le mani per coccolarla e tenerla ancora un po' vicino al suo viso.
«Oh Tikki, non sai quanta paura ho avuto di perderti...»
Il kwami si staccò e le guardò i polsi ancora fasciati, con aria preoccupata.
«Non è niente tranquilla, passeranno in fretta.» le sorrise dolcemente.
«Maledetta coccinella, mi hai fatto prendere un colpo sai?» irruppe una voce, che fece ricordare a Marinette e rendere conto a Tikki, che non erano sole.
La kwami si voltò incrociando lo sguardo verde del suo simile.
«Ah, allora ti preoccupi ancora per me?» chiese con aria scettica.
«Ma che razza di domande sono? Certo che mi preoccupo per te. Non ho fatto quella promessa millenni fa, per non mantenerla.» sbuffò Plagg irritato.
«Che promessa?» chiese Adrien curioso.
Effettivamente anche lei stava per chiederlo, si era sempre chiesta quale fosse il passato dei loro kwami, come avevano vissuto prima d'incontrare loro, com'erano nati, ma a quella domanda Tikki arrossì, quel poco che si poteva notare dal colore della sua pelle cremisi, mentre il kwami nero rispose irritato.
«Non sono affari tuoi, ragazzino!»
Dopo quella discussione i due kwami si misero a parlare sul giaciglio di Tikki e lei si sedette con un verso stanco sulla chaise-longue.
«Stanca, my lady?» chiese Adrien sedendosi di fianco a lei.
«Un po'... È stata davvero una giornata assurda...» rispose, buttandosi verso di lui e appoggiandosi con la testa alle sue gambe.
A quel suo gesto lo vide arrossire per qualche secondo, poi però gli si dipinse in volto un bellissimo sorriso, quello stesso sorriso che sfoggiava per i suoi servizi fotografici e che l'aveva conquistata.
«Come ho fatto senza di te per tutto questo tempo?» le chiese lui, allungando una mano e spostandole un po' la frangia corvina dalla fronte.
«Mmm... Non lo so... Ti annoiavi... Insomma io sono splendida!» disse con aria divertita, imitandolo e facendolo scoppiare in una fragorosa risata, la stessa risata spontanea del giorno in cui lei si era innamorata di lui.
«Devo ammettere che stai migliorando coccinellina, ma per arrivare al mio livello ti devi allenare ancora.»
«Oh sicuramente, caro Narciso.» rispose lei alzandosi e dandogli uno schiocco scherzoso sulla fronte, poi entrambi scoppiarono a ridere di nuovo.

  
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