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Autore: JacobStark    24/10/2016    2 recensioni
ATTENZIONE, IL CAPITOLO 7 E' STATO RICARICATO A CAUSA DI UN PROBLEMA DEI SERVER
Davanti a lui c’era una ragazza dall’aria stranamente familiare, profondamente addormentata nonostante le urla di Akane. La dormiente era rossa di capelli, ben dotata, snella ma muscolosa e cosa più importante, o imbarazzante, Ranma sul momento non seppe dirlo, era completamente nuda.
Ma la cosa che riuscì a pietrificare il ragazzo fu un’altra. Perché il volto, il volto era quello di lui in forma di ragazza!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ultime introduzioni

 

Ranma

Quello che stava guardando aveva un che d’incredibile. Un essere disgustoso, lungo quasi sette metri, che si avventava contro una figura in nero, che era sicura fosse Artorias Stark. “MUORI MALEDETTO!”. Il grido dell’essere era come di artigli che graffiavano un vetro, e gli feriva i timpani. Un altro colpo dell’essere, che spazzò il terreno con il corpo da centipede, nel tentativo di colpire il nemico, pressoché invisibile nella notte. Ma qualcosa bloccò il colpo. Dal corpo gigantesco partì uno spruzzo di sangue che superò le cime degli alberi. L’urlo che né seguì l’assordò e la stordì, a tal punto che lei cadde dall’albero. Cercò disperatamente di afferrare a qualcosa, ma era troppo stordita. Si maledisse per essere salita così in alto. Si appallottolò per proteggere la testa, sperando di non farsi troppo male. Ma venne afferrata per aria da due braccia forti. Non sentì nemmeno l’atterraggio. Aprì gli occhi, tenuti serrati fino a quel momento, ma non trovò il cobalto di suo fratello, bensì si ritrovò a fissare le due schegge di ghiaccio grigio di Artorias. E non c’era quel lucido entusiasmo che gli brillava negli occhi quella sera, ma solo una fredda e spietata determinazione, che le fece quasi paura, ma le fece anche perdere un battito. C’era qualcosa in quella sicurezza, in quella volontà di ferro che gli si leggeva nello sguardo, che l’affascinava. Improvvisamente un brivido le salì per la schiena, partendo dai punti in contatto con lui. “Che ci fai qui, Rossa?” Chiese lui, in modo molto informale e parecchio sfacciato. “Cosa ci facevi su quell’albero? Ti sembra normale andare in giro così, di notte? Da sola? Non sai che è pericoloso? SIF! Portala via.” Ranma rimase per un attimo stupita. Se si riferiva a quello che si ricordava lei come avrebbe fatto a portarla si sicur… per poco non tirò un urlo. Un lupo gigantesco, alto almeno quattro metri, si era manifestato, apparentemente dal nulla, con in bocca i pezzi insanguinati dello yokai di prima, e lo sgranocchiava contento. Tuttavia il mostro, quando la vide, ebbe un lampo d’entusiasmo, ingoiò in fretta il pasto e si chinò per permettere ad Artorias di caricarla in groppa. Poi con un mugolio entusiasta cominciò a saltare, scavalcando alberi e strade come se niente fosse. Ranma chiuse gli occhi, stringendo più che poteva al lungo pelo dell’essere che, ormai era chiaro, in qualche modo era lo stesso cucciolo che aveva coccolato nemmeno due ore prima. Alla fine, cullata dal dondolio del lupo e stanca per le troppe emozioni, si addormentò, sfinita. 

Si risvegliò in piena notte. Era in un appartamento, in stile occidentale, sdraiata in un grande letto, apparentemente vuoto. Appena si svegliò del tutto si accorse che c’era una suono di acqua che scorreva. Veniva da un bagno, quindi probabilmente era una doccia. Sapeva che i bagni occidentali avevano la doccia a cabina, e quindi probabilmente era quello che sentiva. Si alzò, silenziosa come un gatto, e scivolò per l’appartamento. Si avvicinò ad una vetrata. Era in alto, veramente in alto. Aveva la ferma impressione di non essere mai stata così in alto. Le luci della città, smorzate dall’altezza, illuminavano fiocamente la stanza. Solo in quel momento, vedendosi riflessa nel vetro della finestra, si rese conto di indossare una lunga veste giro perla, che le arrivava alle caviglie, e che le avvolgeva il corpo perfettamente. Controllò di avere ancora la biancheria intima. Era tutto a posto. Ma allora perché le avevano sfilato i vesti e infilato quella? Certo, si disse specchiandosi, era davvero un bel vestito, che sembrava tagliato per lei, ma perché cambiarla? Poi lo scroscio d’acqua si interruppe. Dalla porta del bagno, con solo un asciugamano a fasciargli i fianchi, uscì proprio Artorias, con i capelli fradici e gli occhi scintillanti. Era chiaro che non si aspettava di trovarla sveglia, perché si scusò, le fece cenno di distogliere lo sguardo e si mosse rapidamente verso la stanza. Nè uscì con un paio di pantaloni della tuta blu notte, ed una specie di vestaglia corta, nera. “Mi scuso, ma avevi i vestiti sporchi di sangue. Li ho già messi a lavare, tra un paio d’ore saranno pronti. Ma immagino che sarai confusa. Quindi ti do due opzioni. Puoi decidere di scordarti quello che hai visto, oppure ti posso spiegare, anche se va contro tutto quello che mi hanno insegnato. Scegli pure.” Disse, sedendosi su una delle poltrone del soggiorno. Non accese nemmeno la luce. Ranma si sedette. Voleva sapere. Voleva sapere che cavolo stava succedendo. “Solo una cosa. Di chi è questa vestaglia? Perché sembra fatta per me, e non sembra affatto che tu indossi roba del genere.” Il ragazzo dai capelli bianchi fece una faccia buffa. “Uno dei pigiami di mia sorella minore. Avete un fisico simile, infatti ti sta benissimo. Sei molto elegante.“ Ran-chan arrossì. Non era un po’ troppo informale? A quanto pare Artorias se ne accorse, così cercò di scusarsi. “Mi spiace, credo di essere stato sfacciato. Sono in Giappone da circa tre mesi, non sono pratico dei modi di fare.” Certo che per essere lì da così poco la parlava fin troppo bene la lingua, pensò Ran-chan. “Racconta, così vedo se posso perdonarti.” scherzò la rossa. Ed Artorias cominciò a raccontare. “Io sono uno Stark di Flott Vinter, una piccola isola  nel mare del nord. Da oltre mille e cinquecento anni ci occupiamo di eliminare mostri dal mondo. Non è una cosa che si possa fare alla luce del sole, quindi operiamo nell’ombra. Governi e regni ci hanno sempre pagato cifre altissime per occuparci di tutto questo nel modo più silenzioso possibile. Pensa agli omicidi delle ultime settimane. Colpa di uno yokai che predava persone per accrescere il suo potere. E il mostro di stanotte aveva compiuto stragi in tutto il Giappone.” Ranma rimase leggermente stupita. Non immaginava certo una roba del genere, così assurda e complottista. Era al limite del ridicolo. Ma per quale motivo avrebbe dovuto inventarsi una roba del genere? E poi era certa di quello che aveva visto. No, la sua storia non era affatto credibile. Ma era sensata. E spiegava perché lui avesse affrontato un mostro gigantesco. La rossa prese un gran sospiro. “Non mi sembra di avere molta scelta se non crederti. Ma sei sicuro che tu possa dirmi tutte queste cose che puzzano di segreti lontano un miglio?” Sul volto di Artorias comparve  un sorriso ironico Notò che aveva una leggera cicatrice che gli si allungava da sotto il mento fino allo sterno, come se qualcosa l’avesse graffiato alla gola. Chissà che gli era capitato. “Si, in teoria. Ma sono sempre stato stuccato da regole così vecchie da risalire ad oltre trecento anni fa. Pensa che, in base alle cose che ti detto, tu dovresti essere la mia futura moglie.” Ranma arrossì. Che razza di regole erano? Ma era matto, a dirgli una cosa del genere? Con quella leggerezza? Poi riuscì a vedere il suo sorriso scintillare nell’oscurità. “Tranquilla, è una tradizione vecchia, che probabilmente non seguirei nemmeno se costretto. E poi mi fa bene parlare di queste cose, di solito parlo solo con Sif. E per quanto sia intelligente non è certo una persona.” “A proposito, dov’è…?” “Sif? Credo che sia del tetto ad assorbire energia.” La ragazza con il codino lo guardò confusa. “Sif…lui non è proprio un lupo normale. Si tratta di un tipo di spirito animale, legato alla mia famiglia da tantissimo tempo. Lui adora essere cucciolo, sa che le persone, sopratutto le donne. E’ un cucciolo che non vuole crescere. Purtroppo le devo tenere nascosto, il padrone del palazzo non permette di tenere animali. E poi non ho abbastanza spazio.” disse Artorias, seccato. Ran-chan lo guardò, stupita. Quell’appartamento enorme era piccolo? Ma cosa voleva, un castello? “Ma prego, fatti pure una doccia. Poi se ti serve ti riaccompagnerò a casa.” Disse, serio. Ran-chan non sapeva cosa dire. Non era normale fare una proposta del genere ad una ragazza. “Non ci sto provando con te, non in quel modo. E’ solo che so quanto ci teniate voi giapponesi alla pulizia, e credevo che dopo aver indossato il pigiama ed aver dormito nel letto di altri volessi pulirti.” “Vuoi dire che stavo dormendo nel…” strillò Ran-chan, shoccata, fermandosi a metà della frase. “Si. Non ho altri letti qui, quindi hai dormito nel mio letto. L’alternativa era il divano. E la vestaglia credo te l’abbia infilata Sif.” La rossa non sapeva se essere tranquillizzata o inquietata. Certo, era sollevata che a spogliarla non fosse stato lui, ma il fatto che l’avesse fatto un lupo la inquietava. Poi una porta, quella di uno sgabuzzino, si aprì. Dalla stanzetta uscì una donna. Era pallida come la morte, con i capelli bianchi, ed un vestito nero e lilla da cameriera. In testa una cuffietta dello stesso tipo. “No, non è stato il suo lupo signorino. Sono stata io.” Lui le rivolse un sorriso grado, ma senza vero calore, come se lei non potesse capirlo. “Grazie Maiden. Non so come farei senza di te.” Poi la ragazza fece un piccolo inchino sulla testa e si richiuse la porta. “Scusa, chi era quella?” Chiese la rossa, ‘leggermente’ stralunata dalla situazione assurda. “Oh, non preoccuparti. Non tengo una persona chiusa nello stanzino delle scope. Lei è un automa, si occupa della casa. Cucina, pulisce e si assicura che io sopravviva. Immaginala come una bambola meccanica. Niente tecnologia, solo Ki che viene infuso in un oggetto. Quel tanto che basta a dargli la capacità di muoversi e di parlare.” Disse, con una tranquillità quasi innaturale. Ma in che cavolo di mondo viveva? Ranma suppose che non l’avrebbe mai capito. Poi si arrese. Si sarebbe fatta una doccia e sarebbe tornata casa. “Va bene, grazie per l’offerta. Se mi serve aiuto?” “Manderò la Maiden. Non preoccuparti, per quanto tu sia bella non voglio sbirciare.” Ranma arrossì, ma decise di fare finta di nulla. Probabilmente le parlava così perché era straniero. Si diresse verso una porta, ma l’avvertimento di Artorias non fece in tempo a raggiungerla. Una catasta di armi, pezzi di metallo, piastre d’armatura, persino un incudine vennero vomitati fuori dal bagno degli ospiti. Un’altra persona si sarebbe fatta schiacciare. Un’altra persona. Ran-chan fece volare via spade, asce, lance, balestre e archi, evitò un’armatura completa che gli sarebbe caduta addosso a peso morto, ed afferrò l’incudine al volo, schiantandola a terra. Probabilmente aveva spezzato tutto il parquet, ma o lei o il pavimento. Si voltò, stupita dall’evento ma imbarazzata per il pavimento. Si ritrovò Artorias a due centimetri dal naso. Aveva afferrato tutte le rami che lei aveva fatto volare in giro e sostenuto l’armatura. L’incudine l’aveva proprio ignorata. “Sono sorpreso. Sei abile come tuo fratello, forse anche più veloce. Molti sarebbero rimasti schiacciati.” Sorrideva come un’idiota, e lei non sapeva se la cosa la inquietava o la eccitava. “Tranquilla, usa pure il bagno padronale, è pulito ed in stile giapponese. La Maiden ti porterà il necessario. Io devo riordinare. E vorrei davvero non dover usare un bagno per ripete tutte le mie armi.” Disse seccato. Ranma si infilò nel bagno. Era enorme. Una grande vasca da bagno fumante e piena fino all’orlo gorgogliava invitante Si sfilò la finissima vestaglia, ripiegandola con cura. Era un po’ preoccupata di dover  ma si sforzò di farsi una breve doccia prima di infilarcisi dentro. Una specie di brivido l’avvolse, mentre si immergeva nell’acqua bollente. Gli piaceva davvero, specie dopo quella strana sera, fin troppo ricca di eventi assurdi. Si mise a parlare da sola, a bassa voce per non farsi sentire. “Certo che questa è proprio una storia stramba. Un ragazzo misterioso, che combatte mostri vari, che ha come cameriera un automa, e che ha una caterva di armi nascoste nel bagno e che ha uno spirito di lupo. Sono stata davvero fortunata, forse…” poi immerse la testa. Guardandosi allo specchio, quando riemerse, si chiese se il rossore fosse dovuto al caldo o al fatto di essere nel bagno di un ragazzo. Quando finì di rilassarsi nella vasca e di fare tutte quelle cose da ragazza si rese conto di non avere affatto modo di chiamare quella bambola. Si guardò attorno, cercando una soluzione. Mettersi ad urlare “Ho finito” era fuori discussione. Sarebbe stata la cosa più imbarazzante del mondo. Alla fine lo vide. Una cordicella, che pendeva vicino alla vasca, proprio dietro di lei. Casualmente il bagno era proprio accanto allo stanzino della Maiden. Tirò la cordicella e una campanella emise un suono argentino. Pochi secondi dopo la cameriera apparve dalla porta. Portava un candido asciugamano, la sua biancheria intima, che era stata pulita ad una velocità pazzesca, e i suoi vestiti, lindi e pinti. Li indossò con piacere. Nonostante tutto non c’era nulla come tornare nei propri panni. Uscì dal bagno contenta. Ora era rilassata, pulita e pronta a tutto. Non a quello. L’automa stava alle spalle di Artorias, che miagolava come un gatto. “Ohhh, si, proprio lì. Ohhh, giusto un po più a destra” Per un attimo l’imbarazzo la paralizzò. Stava per risgattaiolare nel bagno quando lui si girò vero di lei. “Vuoi un massaggio? Le sue mani saranno anche finte, ma sono magiche.” disse, completamente rilassato. “Se hai finito e non vuoi il massaggio ti riaccompagno, dai, andiamo.” Disse, alzandosi. Si era rimesso il lungo impermeabile nero. “Preferisci una moto oppure andiamo a piedi?”

 

 

Ranma

DOVE DIAVOLO ERA FINITA SUA SORELLA!!!??? Era sparita nel nulla dopo il duello, accennando solo che andava a fare una passeggiata, ma erano le due di notte, e non era ancora tornata. “Basta, vado a cercarla!” disse, alzandosi. E si ricordò dove era. In camera di Akane, accanto a lei, sdraiati sul SUO letto. Però erano ancora vestiti. Almeno quello. Forse, pensò, era il caso di rallentare. Oppure molto presto sarebbe stato impossibile tenere nascosto il loro fidanzamento. Anche perché non sapeva quanto ancora avrebbe controllato la gelosia quando qualcuno si avvicinava a lei, in particolare Kuno o Ryoga. Anche Akane, disturbata nel sonno, e stranamente ferma, si svegliò. “Mhhh, che cosa succede Ranma? Perché urli?” La tranquillità di lei lo lasciò allibito. Pensava che si sarebbe arrabbiata, che avrebbe urlato a che gli avrebbe dato del porco, o simili. Certo non si immaginava che l’avrebbe abbracciato e fatto sdraiare ancora. “Avevamo deciso di passare del tempo insieme stanotteee.” si lamentò la ragazza, sussurrando e abbracciando ancora più stretto. “Akane, guarda, sono felicissimo che non mi stati picchiando per esserti svegliata con me nel tuo letto, ma mia sorella è sparita da troppe ore. Devo andare a cercarla. Lei lo strinse più forte. “Stai sempre con lei. Dedicati anche un po’ alla tua fidanzata.” borbottò, più sonnolenta che mai. Ranma provò un brivido. C’era qualcosa che non gli tornava in quella dolcezza, che però gli fece comunque venire voglia di abbracciarla. Ed infatti  fu quello che fece. Allungò le braccia, ed avvolse la ragazza. Mise la faccia tra i suoi capelli. Il profumo lo avvolse. Ma Akane aveva sempre avuto un odore così buono? Poi però si rese conto che era davvero troppo tardi. “Akane, sono il primo ad essere entusiasta di dormire con te, ma se non mi sbrigo rischiamo che ci scoprano, e poi non riesco stare tranquillo, non con mia sorella che non è rientrata a casa alle tre di notte.” disse, posando lo sguardo sulla sveglia notando l’ora. In qualche modo riuscì a sganciarsi dalle braccia di lei, sebbene a malincuore, e si avvicinò alla finestra. Vide qualcosa. Sul tetto del dojo, vicino alla loro camera, due ombre erano appena atterrate sul tetto. Leggere come gatti si mossero nella luce della luna, rivelando i loro profili. Uno era alto, con i capelli bianchi e risplendevano alla luce della luna, mentre l’altra era minuta, con un codino che oscillava dietro alla testa. Sua sorella, senza dubbio. E l’altro gli ricordava quel tipo che era venuto in palestra quel giorno. Ma che diavolo ci faceva lì? Poi lo vide fargli un inchino ed un baciamano, mentre lei sembrava imbarazzata. Con uno scatto che definire felino sarebbe stato un eufemismo Ranma si fiondo’ fuori dalla finestra. No. Non avrebbe permesso a quel tipo di far qualcosa alla sua sorellina. Un salto ed era sul tetto, accanto a lei. “Ancora sveglio fratello? E perché vieni dalla stanza di Akane? Devo preoccuparmi di venir chiamata zia anzitempo?” Quella domanda allusoria, che normalmente lo avrebbe pietrificato, gli rimase indifferente. “Cosa diavolo stavi combinando con quel tipo?” chiese, a metà tra il preoccupato e l’arrabbiato. “Nulla, mi sono persa mentre passeggiavo e mi ha riaccompagnato a casa.” “Alle tre di notte? Dimmi la verità, quello ti ha fatto qualcosa!” La ragazza sembrò non capire cosa intendesse. “Ma cosa avrebbe dovuto farmi? Mi ha solo riaccompagnato a casa,mi ero persa.” Disse, ma non sembrava convinta fino in fondo. “Se non me lo vuoi dire tu lo farò sputare a lui!” disse, sentendosi molto virile nel farlo. Si, era decisamente da uomo prendere a sberle quello che ci provava con tua sorella. “Non so quanto ti convenga…” L’avvertimento di sua sorella si perse nel vento. Si mise a correre tra i tetti, alla ricerca di un’ora dai capelli nivei, quando lo vide. Quel tizio praticamente volava. Probabilmente una persona normale nemmeno lo avrebbe notato, ma lui non toccava terra quasi mai. Calciava l’aria piuttosto, rimanendo in volo quasi perenne. Doveva fermarlo! Afferrò al volo una tegola staccata dal tetto, e la tirò verso il bersaglio. Non voleva colpirlo, o meglio, era sicuro che l’avrebbe schivato. Invece non solo lo fermò con facilità, la deviò con altrettanta semplicità. Alla fine fu Ranma a doverla schivare, visto che gli tornò indietro al triplo della velocità iniziale. Ma come diavolo…? “Salve amigo. Saotome, giusto? Che modi strani che avete in Giappone, tirate le tegole per attirare l’attenzione di qualcuno.” Lo disse con una disinvoltura quasi assurda. Ma al ragazzo con il codino non importava granché. “Cosa hai fatto a mia sorella? Perché era così in imbarazza alle tre di notte? EH!?” Urlò il ragazzo, furibondo, non sapeva nemmeno lui bene il perché. Bhé, in realtà lo sapeva, ma non l’avrebbe mai detto in pubblico. Si sarebbe sentito troppo simile a suo padre. “Non è una cosa da fare. L’hai conosciuta solo stasera, e l’hai riportata a casa alle tre di notte. Lei è mia sorella prima di ogni altra cosa, e…” Ma lui aveva smesso di ascoltarlo. Stava sbadigliando, annoiato. “Senti, due cosine. Primo, io tua sorella l’avevo già incontrata.” La rabbia gli stava annebbiando il cervello. Artorias sembrò non notarlo. “Secondo, l’ho solo riaccompagnata a casa. Si era persa, stavo facendo una passeggiata e l’ho incontrata. Le ho offerto una doccia e” La rabbia di Ranma esplose. “Hai offerto una doccia a mia sorella? Ma come ti sei permesso di fare una cosa del genere!?” Artorias rimase basito. “Ma che diavolo…?”            

Ranma si lanciò all’attacco. Una raffica di pugni si scatenarono sull’avversario, che però non fece una grinza. Deviò o bloccò tutti i colpi con facilità, ma sembrava di colpire il ferro tanto erano dure le sue braccia. “Ma di cosa cavolo sei fatto dannazione?” chiese il ragazzo con il codino, stupito. “Io a tua sorella non ho fatto nulla. Ammetto senza problemi che è bellissima, ma io non tocco una ragazza prima di averla conosciuta. E poi credo che lei sia una di quelle che non necessitano proprio di un controllo simile.” Ranma, più furioso di prima, attaccò ancora, ma venne interrotto. Qualcuno aveva fatto esplodere un’enorme masso ed aveva scagliato tutti i frammenti contro di lui. E conosce solo una persona in grado di fare una cosa del genere. “RYOGA, NON ROMPERE!” “TI HO VISTO MALEDETTO! TI HO VISTO CHE AMOREGGIAVI CON AKANE!” Urlò il giovane, che, con il suo solito zaino enorme, si avventò su di lui lanciando insulti, imprecazioni e lunghe frasi tutte più o meno uguali e offensive, che facevano riferimento alla purezza di Akane, alla sua ingenuità, la sua dolcezza. A Ranma scappò un sorriso. Certo, sulla dolcezza non negava, ma in quanto ad ingenuità e purezza avrebbe avuto qualcosa da ridire. Quella ragazza era decisamente passionale quando si trattava di contatto fisico. Tentare di tenere a bada Ryoga e di pestare Artorias contemporaneamente era parecchio difficile. Sopratutto per colpa di Artorias, che stava ridendo come un pazzo. E per di più si scusava di continuo. “Scusate, ma non avevo mai visto una cosa così assurda e divertente in vita mia, e di cose strane né ho viste.” E continuava, seppure in guardia, a sghignazzare. “STAAAARK!” Altra pavimentazione stradale andata. Il colpo di Alberto fece a pezzi parte della strada, sventrandola. “Dove eri sparito? Il nostro incontro non era ancora finito!” disse, inviando un possente calcio dritto contro l’avversario, che però schivò, facendo arrivare il colpo dritto contro Ryoga. “Cosa ti impicci tu!” urlò il ragazzo con i canini, attaccando l’italiano e tentando di farlo a pezzi. “Tu stavi combattendo con me!” Urlò Ranma, aggredendo Ryoga. “Ma noi si stava combattendo!” Urlò Artorias, tentando di colpire sia Ranma che Alberto. In pochi secondi lo scontro a due divenne uno a quattro, e dopo poco lo scontro tra marzialisti divenne una rissa in cui nessuno si ricordava neanche perché combattevano, si stavano solo picchiando. E Ranma non si era mai divertito tanto. In tutti quegli anni di allenamenti aveva perso il gusto ad una sana scazzottata tra amici o quasi. Andarono avanti per quasi un’ora. Alla fine erano stanchi, ma non si volevano fermare per nessun motivo. Poi un esplosione, ed Artorias volò, schiantandosi contro un muro e frantumandolo. I tre ragazzi si voltarono verso di lui, stupiti dall’accaduto. Ed anche Ranma ricevette un colpo “Fratellone, che stai combinando?” Sua sorella lo aveva colpito con il taglio della mano alla nuca ed ora si ergeva, furiosa, sopra di lui. Anche Ryoga era a terra, sotto le zampe di Biancanera, che gli abbaiava seccata, come si fa con il fratellino disobbediente. L’unico ancora in piedi era Alberto, che evidentemente non aveva nessun familiare. Infatti, dove prima si trovava Artorias, che si stava rialzando dalle macerie, c’era una bellissima ragazza dai capelli biondo platino raccolti in una treccia, la pelle d’alabastro e due occhi del colore del mare d’inverno. Le sue mani erano avvolte da un’aura talmente densa da essere visibile ad occhio nudo. Evidentemente l’aveva colpito con quella. “ELSA! Ma che diavolo combini?”. Artorias era in piedi, e guardava, furioso, la ragazza. “Non è degno di uno Stark pestarsi in giro, di notte, con delle persone qualunque.” Lui era furioso. Il tono altezzoso della ragazza sembrava averlo fatto arrabbiare, ma rispose sorridendo. “Perché, se mi fossi pestato con un duca e un marchese sarebbe stato meglio?” Poi un lupacchiotto investì la ragazza,  facendole una quantità di feste da non credere. Ma che diavolo? Ranma si rialzò stupito. Erano circondati da ragazze, tutte abbastanza arrabbiate. Infatti sua sorella lo stava fissando furiosa. “Allora, come pensi di giustificare il tuo comportamento infantile e stupido?” in effetti faceva paura. “Io, io non devo spiegarti null..” SBANG! Un calcio micidiale lo zittì. “Tu mi devi proprio delle spiegazioni invece. Uno: io sono una persona perfettamente indipendente, e se provi a controllarmi in qualche modo sono disposta ad affrontarti. Secondo: Se non mi dai tempo di spiegare come pretendi di chiarire?” Per la prima volta in vita sua Ranma ebbe davvero paura di una donna. Certo, Akane a volte era spaventosa, e Nabiki lo inquietava, ma non gli avevano mai davvero paura. Sua sorella era terrificante. “Io, io…” “Bau Bau Bau! Wof Bau WOF!” mentre Ranma balbettava come un idiota Biancanera, fin troppo intelligente per essere una cane, sgridava Ryoga per il suo comportamento irresponsabile. Alberto continuava a non capire nulla della situazione. Che in effetti era assurda. C’erano tre ragazzi grandi e grossi messi all’angolo da due ragazzine e una cagnetta. Poi successe qualcosa. Un lampo passò per gli occhi di tutti i ragazzi. Un cenno di intesa e i quattro ragazzi scapparono il più velocemente possibile dalle loro sorelle e similari. 

Si ritrovarono poco dopo, davanti ad un piccolo supermercato aperto tutta la notte. “Ma che diavolo di famiglie avete voi” chiese Alberto, tuttora stupito di cosa era successo. “Mia sorella Elsa. Prende molto sul serio la presunta nobiltà della mia famiglia, sopratutto se ci ritroviamo in un posto nuovo. Poi si calma, ma ogni tanto gli parte la brocca.” Disse Artorias, stranamente allegro. “A proposito, che gli hai fatto alla mia sorellina?” chiese Ranma, ancora un po’ alterato. “Come cercavo di dirti prima, si era persa e ho cercato di aiutarla. Visto che era tutta sudata l’ho accompagnata un’attimo a casa mia, lo ho fatto fare una doccia e l’ho riaccompagnata a casa. Se mi sono preso troppa confidenza mi scuso, non conosco i costumi di voi giapponesi.” Ranma si placò, decidendo di credergli per buona fede. Poi Artorias continuò. “E tu invece? Ti fai mettere sotto dal cane?” scherzò. Ryoga era imbarazzato. “Io… Biancanera è l’unico essere vivente che trovo sempre a casa quando torno. Insomma, negli ultimi anni lei è stata tutta la mia famiglia. E’ normale che cerchi di impedirmi di fare stupidaggini.” “Sapete cosa? Era tantissimo tempo che non mi facevo una cazzottata come si deve, e questa rissa è stata fantastica! Che ne dite se lo facessimo più spesso?” Chiese Alberto, che si era divertito come mai prima di allora. “Si, concordo.” “Vero.” “Non potrei essere più d’accordo.” i quattro ragazzi si erano davvero divertiti, nonostante le loro differenze. 

Ranma era più o meno soddisfatto. Finché Ryoga non si ricordò perché cercava Ranma “COSA STAVO COMBINANDO CON AKANE? TI SEI INFILATO NELLA SUA CAMERA STANOTTE!” i due stranieri fecero un lungo fischio di approvazione, seguita da un contenuto applauso. “Seconda base?” chiese l’italiano “Io dico terza, se si è infilato in camera sua…” disse, allusivo, quell’altro. I due giapponesi li guardarono confusi. “Mi sa che non hanno capito.” “Si. Io scommetto sulla palpata.” disse Alberto. “Io invece punto sullo step successivo. Te la sei fatta?” chiese Artorias, così diretto che stupì Ranma, che si era convito che fosse una persona molto più seria e compassata. Cavolo, non gli era mai capitato di trovarsi in quelle situazioni, un gruppo di amici che si mettono a parlare di ragazze. Poi infine si ricordò del perché Ryoga lo guardava male. “Si Ryoga. Ora Akane è la mia ragazza a tutti gli effetti, io mi sono dichiarato a lei ed Akane a corrisposto i miei sentimenti. E’ tanto, troppo che lo nascondo. Quindi mi dispiace, ma ora posso dirlo seriamente. Ryoga, lei è la mia fidanzata, che ti piaccia o no!” Era sicuro che, se non fossero arrivati i pugni, sarebbero arrivati gli insulti, ma invece nulla. Ryoga cadde a terra, in ginocchio. “Se Akane a detto questo così sia. Ma voglio sentirlo da lei.” I due stranieri seguivano lo scambio di battute come si segue un film comico. “Non te lo dirà mai! Abbiamo deciso di tenerlo segreto, almeno per ora, e, visto che lei non ha idea che gli corri dietro non vedo perché dovrebbe dirtelo.” Per un attimo gli occhi di Ryoga, morti fino a quel momento, si ravvivarono. “Ma io la amo con tutto il cuore, e se dovrò fartelo entrare a suon di pugni in quella testaccia lo farò!” Si rimisero in guardia, ma i due ragazzi stranieri, che avevano assistito fino a quel momento, li trattennero. “Scusate, ma che ne pensate di rimanere buoni amici solo per stanotte?” chiese Alberto “Si, concordo. Ci prendiamo una cosa da bere e domattina torniamo a casa. Facciamo preoccupare le ragazze e poi riappariamo. Magari dopo ci pesteranno, ma quand’è l’ultima volta che vi siete presi una nottata tra uomini? Mi sembrate un po’ oberati di donne.” rinforzò la proposta Artorias, tirando fuori un portafogli pieno. I due giapponesi ci pensarono su un attimo e poi accettarono. Una pausa non gli avrebbe fatto male. Artorias e Alberto entrano nel negozietto e ne uscirono poco dopo, con snack e bibite. “Abbiamo pensato di evitare gli alcolici.” dissero, per poi saltare su un tetto dirigersi verso il parco pubblico. I quattro ragazzi scavalcarono il muro. Ranma si sentiva molto ribelle nel farlo, ma era ovvio che agli altri tre non era cosa nuova. Si scelsero un posto decente e si misero a banchettare. Scherzarono, risero e  raccontarono cose assurde. Non c’era una storia che fosse normale. Alberto era stato inseguito da un’orda di scimmie in India, Artorias invece si era trovato a fare da capobranco a dei lupi, mentre Ryoga gli parlava dei suoi viaggi. In effetti un po’ gli mancava viaggiare, passare mille avventure, vedere cose nuove, ma non riusciva ad essere insoddisfatto della sua vita attuale. Aveva una bellissima ragazza, una vita stabile dopo tanto tempo, insomma gli piaceva. E poi molto spesso gli passavano tra le mani centinaia di avventure bizzarre. “Insomma, certo che anche voi né avete passate di tutti i colori, vero?” chiese Artorias, che si era fatto un sacco di risate. 

Si fece l’alba. Erano tutti stanchi, così si salutarono e rientrarono a casa. Certo, ad un certo punto della notte un gruppo di teppisti li aveva circondati, ma… In effetti era stato divertente. Erano in otto, e se li erano divisi allegramente, due a testa. Insomma, di ritorno dalla nottata si rese conto che lui e Artorias stavano facendo la stessa strada. “Come mai vieni con me?” “Mia sorella ha comperato una nuova casa, e mi ha detto l’indirizzo al telefono. Per quanto, scusa, ma voi giapponesi siete tremendi con le strade. Ma come fate a orientarvi senza nomi per le strade?” disse il ragazzo, chiaramente un po’ seccato. Si divisero solo davanti a casa, dove Artorias entrò nel cancello della casa davanti. Era una grande villa, più o meno delle dimensioni di casa Tendo, ma era disabitata da anni. “Allora, ci si vede in giro.” Erano talmente stanchi che nemmeno si accorsero seriamente di star entrando nelle due case una in fronte all’altra. Si limitarono a salutarsi brevemente ed infilarono le  porte. Ranma decise che, visto che era presto ed era sabato, si sarebbe fatto una doccia e poi un pisolino. Tanto nessuno lo avrebbe disturbato. Peccato che, alla porta, ci fossero la sua fidanzata e sua sorella. 

 

 

Akane

Era arrabbiata. Ranma non solo l’aveva mollata li, cosa che avrebbe anche capito. Era preoccupato per sua sorella, quindi lei avrebbe anche potuto capire, ma sparire senza dire nulla per tutta la notte era troppo. Sopratutto dopo che finalmente avevano fatto un passo avanti così grande come dormire assieme. Sapeva che era stupido, ma nel momento in cui lui si era infilato nel suo letto si era sentita più tranquilla che mai. Insomma, ora lui era con lei, avevano dormito assieme, si facevano le coccole, tutto andava bene. E, stranamente, non vedeva l’ora di dirlo a tutti. Solo il giorno prima si era dovuta confrontare con l’ennesimo tentativo di Shampoo di appiccicarsi a lui, e non lo sopportava più. Quando Ran-chan era ritornata e gli aveva detto che era scappato insieme agli altri si era davvero arrabbiata. Si era convinta che non sarebbe più successo nulla del genere, ed invece ecco che lui spariva di nuovo a fare chissà cosa chissà dove. “Allora?” chiese, con le mai sui fianchi e la faccia imbronciata. “Come ti permetti di tornare così tardi, senza nemmeno avvertire? Mi hai lasciato da sola, e mi avevi promesso che non mia avresti mai lasciato!” Ranma la guardava confuso. “Si, ma sono andato solo fuori per una notte, non credo…” “Non importa! Tu non ti devi andartene così!” 

Era furiosa, anche se sapeva che non era molto intelligente esserlo. Decise che la punizione più giusta sarebbe stato togliergli il saluto per tutto il giorno. Finì di sgridarlo e poi si chiuse in camera sua, a recuperare un po’ di sonno. Non aveva più dormito dopo che Ranma era sparito. Si buttò nel letto, finché, verso le dieci, non venne svegliata da Kasumi. “Sorellina, alzati. I nuovi vicini sono venuti a presentasi. O meglio, la nuova vicina. E’ una ragazza molto carina, e poi è gentile, ha portato degli ottimi biscotti.” Akane, facendo uno sforzo, si alzò. Se non altro sarebbe stato interessante incontrare la nuova vicina. 

Bella. Poteva solo dire che era bella. Aveva gli occhi di ghiaccio, una morbida treccia biondo platino che le ricadeva sulla spalla. Indossava un vestito celeste, con decorazioni a forma di fiocchi di neve che sembravano intessuti in argento. Aveva in mano un piatto pieno di biscotti, piccoli cerchietti glassati. Erano molto invitanti. Somigliava parecchio al ragazzo che era venuto trovarli il giorno prima, quello con il cucciolo di lupo. Si stava presentando: “Pacere di conoscevi, io sono Elsa Stark. Probabilmente avete incontrato mio fratello maggiore. Ora viviamo qui davanti, spero di rimanere in buoni rapporti con voi.” disse, facendo una piccola riverenza. Era davvero educata. Poi la bionda ospite si rivolse a Ran-chan. “Senti, noi ci siamo viste ieri sera? Stavi dando anche tu la caccia a tuo fratello.” Disse, con un sorriso entusiasta. Aveva uno scintillio felice negli occhi, come se il massimo del divertimento per lei fosse dare la caccia al proprio fratello. Cosa leggermente strana, ma da quello strano ragazzo non si aspettava altro. Elsa sembrava avere circa la loro età. “Scusate, voi ragazze quanti anni avete?” chiese, rivolgendosi proprio a lei e Ran-chan. Rispose Ranma prima di lei. “Noi sedici quasi diciassette, tu?” La bionda prese un sospiro di sollievo. “Che bello, anche io. Mi potreste consigliare qualche negozio carino? Voglio cercare anche qualcosa di tradizionale!” chiese. Non sembrava esattamente esperta in materia, era più come se cercasse a tutti i costi di iniziare un rapporto d’amicizia. Ran-chan guardò Akane, come a chiederle cosa pensasse. Akane sorrise. Era divertente vestire le altre ragazze. “Certo, non vedo l’ora. Visto che è sabato potremmo anche andare subito, se non hai nulla da fare.” Disse, accendendosi. Elsa sembrò un pochino stupita, e rivolse uno sguardo a Ran-chan. Lei fece un cenno, come per dire di stare tranquilla. Poi la bionda rivolse ancora una volta lo sguardo ad Akane. “Magari non subito, devo finire di sistemare ancora qualcosa, ma vi assicuro che già oggi pomeriggio potremmo andare.” disse, entusiasta. 

Quando lei se né andò le due ragazze decisero di infastidire Ranma. Cosa c’era di meglio che infastidire il propio ragazzo o fratello? Mentre salivano Akane chiese spiegazioni “Come mai ti ha riconosciuta?” “Ieri notte ci siamo incontrate mentre inseguivo Ranma, li abbiamo beccati che si picchiavano con Ryoga e quel ragazzo italiano, quell’Alberto. Ci siamo scambiate solo un’occhiata, alla luce della luna. E’ davvero incredibile che mi abbia riconosciuta.” Arrivarono alla stanza di Ranma. dove lo videro, come al solito, aggrovigliato fra le coperte. Mormorava qualcosa, ma non si capiva bene cosa. Lei e Ran-chan si scambiarono uno sguardo, poi, insieme, si infilarono nel letto del ragazzo. La reazione di Ranma al ritrovarsi le due nel letto era tanto prevedibile quanto divertente. Si sarebbe guardato attorno, si sarebbe reso conto di chi aveva attorno e sarebbe saltato per aria, terrorizzato di aver fatto qualcosa o con la fidanzata o, peggio con la sorella. Ma quanto poteva essere ingenuo quel ragazzo? Tutto andò come previsto, fino a quando Ranma vide Akane nel suo letto, e non saltò come previsto. Si rigirò e si trovò davanti sua sorella ma nemmeno lì si mosse. “Ragazze, piantatela, ho sonno. Stanotte non ho dormito, e oggi pomeriggio c’è il primo esame del mio corso. ‘Notte.” disse, rigirandosi e buttando fuori dal letto le due ragazze. Inutile dire quanto fossero deluse le due. Scesero di nuovo al pianterreno, un po’ deluse. Speravano i farsi quattro risate. Decisero di allenarsi un po’, almeno fino a che la loro nuova vicina non avesse confermato loro la sua disponibilità. Poco dopo pranzo, mentre si preparavano ad uscire, la ragazza nuova le raggiunse. Passarono a prenderla, se così si poteva dire aspettarla davanti casa. Suonarono al campanello, ed ad aprili venne una bella e pallida ragazza, vestita da cameriera. Si rivolse alle due nuove arrivate con molta cortesia e formalità. “Voi siete le onorevoli ospiti della signora Elsa?” la sua voce era fredda e formale, e sembrava, in base a quanto Akane poteva vedere, che Ran-chan la conoscesse già. “Scusa, ma tu non sei la cameriera di Artorias?” chiese la rossa. “No, io sono la cameriera di lady Elsa. Lei deve aver parlato con un alta di noi, la servitrice di lord Artorias. Vi accompagno da milady.” disse, voltandosi e guidandole in soggiorno, muovendosi in modo rigido. “Non è umana, è solo una specie di Automa magico.” “E tu come diavolo?” “Ti ho raccontato cosa è successo, l’ho incontrata quando ero da Artorias.” arrivarono nel soggiorno, arredato in uno strano ma elegante mix di Giappone ed Europa. Elsa era al centro della stanza, vestita con un elegante abito bianco, con una gonna un po’ corta, che arrivava appena sotto le ginocchia. Era molto bella. “Oh, ragazze, eccovi. Io sono pronta,  possiamo andare.” Aveva uno scintillio entusiasta negli occhi. Che si spense quando, dalla porta scorrevole, apparve Artorias, spettinato, con i vestiti spiegazzati tipici di chi si è appena alzato. Si guardò attorno, identificando chi fosse davanti a lui. Poi si rivolse alla sorella. “Nuove amiche? Divertiti sorellina. SIF!” disse, chiamando il lupetto, che, senza meno, si avventò sulle tre ragazze, alla folle ricerca di coccole. Dopo dieci minuti di coccole, le ragazze riuscirono a sfuggire all’assedio del cucciolo, e si diressero fuori. “Allora, andiamo?” chiese la bionda, più contenta che mai. Ma non aveva mai avuto amiche? 

 

 

 

 

 

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E’ mezzanotte. Non ci riesco a scrivere un commento sensato. 

Il prossimo cap inizia la prima delle due grandi saghe di questa fic. Grazie, lasciate una piccola recensione e spero che il cap vi abbia anche solo fatto un po’ ridere.

vostro

Jacob Stark di Grande Inverno

 

 

 

  
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