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Autore: Virgo_no_Cinzia98    24/10/2016    2 recensioni
Post Hades e post Soul of Gold, Atena è riuscita a riportare in vita i Cavalieri d'Oro, ma la pace che regna sovrana al Grande Tempio viene ben presto spezzata: il Cavaliere di Artemide giunge al Santuario portando con sé la notizia di una guerra incombente. L'Oracolo di Apollo ha previsto un nuovo conflitto tra divinità, ma resta ancora un'incognita: chi sarà il nemico che Atena e i suoi Cavalieri saranno chiamati ad affrontare? Un altro dubbio però affligge i nostri paladini, l'ambigua Artemide è veramente dalla loro parte come ha dichiarato o cerca solo di sfruttare la loro alleanza? Sta ai nostri valorosi Saint stabilire di chi fidarsi e di chi dubitare. Quale divinità uscirà vincitrice di questo gioco degli Dei?
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17 – L’ultimo battito di Antares
 

“Ῥέα”. Daphne squadrò l’unica scritta presente sull’enorme porta che si era materializzata sul loro cammino. La sua comparsa significava due cose: uno, che la missione non era ancora finita e due, che Milo e suo fratello erano riusciti a superare le prove degli altri Olimpi.
- E questa cos’è?- domandò Kanon rivolto più a se stesso che agli altri
- Una porta- notò Saga
- Non mi dire… e io che pensavo fosse un chiosco per gelati!- ribatté il fratello alzando gli occhi al cielo – Intendevo, cosa dobbiamo farci?-
- Aprirla?- suggerì il maggiore con sufficienza
- Non ti rispondo male solo perché sei suscettibile e potresti tornarmi utile durante la missione-
Saga non fece molto caso al gemello e spalancò la porta con decisione – Qualsiasi cosa ci sia oltre questa porta dovremo affrontarla, non ha senso stare qui a farsi domande-
I tre Cavalieri varcarono la soglia. Daphne non sapeva cosa avrebbe trovato in quella stanza, ma di certo non si aspettava un pavimento ricco di strane incisioni. Seguì con gli occhi il disegno della scanalatura: partiva dalla base della porta, attraversava tutta la stanza e risaliva su un piedistallo posto sul muro di fondo. Non c’erano altre porte o corridoi. Quello era evidentemente il capolinea.
“Dove sono Camus e Milo, allora?”
Tornò a fissare l’incisione con attenzione, doveva avere un senso.
- Sono delle lettere- notò il Grande Sacerdote dopo aver girato intorno all’oggetto della loro attenzione come una tigre che punta una preda.
Anche Daphne riuscì a decifrare il disegno, nonostante le decorazioni e i riccioli vari.
“Ζε”
- Potrebbe essere l’inizio del nome di Zeus- commentò la ragazza – Mi sa che questa è una specie di prova finale-
Kanon si avvicinò al piedistallo, su di esso era poggiata un’anfora – E questa serve per imprigionare l’anima del nostro nemico. È molto simile a quella di Poseidone-
Avvicinò una mano tremante al coperchio e tentò di sollevarlo. Inutile dire che non ci riuscì.
- Ovviamente dobbiamo prima superare la prova per riuscirci…- iniziò a dire Saga, ma fu interrotto
Un forte vento si alzò, cosa alquanto strana dato che si trovavano al chiuso. Quando cessò, un’aquila era poggiata sull’anfora. Sembrava priva di consistenza, come un fantasma.
“Cavalieri” proferì nella loro mente una voce maschile “Io sono Perifa, trasformato in aquila dopo la morte dal sommo Zeus come ricompensa per essere stato un uomo onesto e giusto. In quanto tale ho il dovere di dirvi come superare questa prova. Per aprire questa anfora è necessario che i sigilli di Rea e di Crono siano attraversati ciascuno dal sangue di un Cavaliere. Quando il flusso della linfa vitale avrà raggiunto questo vaso, esso potrà aprirsi e imprigionare l’anima del Sommo Zeus”
Visto che sulla porta che avevano attraversato vi era inciso il nome di Rea, Daphne ipotizzò che quello che si trovavano davanti fosse il sigillo di Rea.
“Ma allora dov’è l’altro?” si chiese
Kanon diede voce ai suoi pensieri – E il sigillo di Crono? Dov’è?-
“Altri Cavalieri se ne stanno occupando” rispose Perifa
- Milo e Camus- commentò Saga
Qualcosa non tornava. Perché quella specie di fantasma era venuto lì a spiegargli cosa fare? Se era una sorta di guardiano al servizio di Zeus non avrebbe dovuto ostacolarli? - Perché ci stai dicendo come fare?- intervenne allora Daphne – Così non tradisci forse il tuo Signore?-
“È giusto che voi sappiate come affrontare la prova, anche se non vi sarà mai permesso di superarla. Il mio Signore si sta già occupando di persona degli altri Cavalieri.”
La francese sentì crescere l’agitazione - Come sarebbe a dire? Zeus sta affrontando Milo e mio fratello? Ma non doveva combattere al Grande Tempio?-
“Lui non vuole essere imprigionato, vi fermerà a tutti i costi. I vostri compagni al Santuario stanno già morendo sotto i colpi del suo esercito e di quello di Ares, gli altri due Cavalieri non supereranno mai il sigillo di Crono vivi. Il sommo Zeus glielo impedirà, anzi, lo sta già facendo” terminò Perifa prima di scomparire così com’era arrivato. Il vento che lo portò via sembrò trascinare con sé le possibilità di vittoria, lasciando la stanza pervasa da un gelo profondo che sembrava stringere i cuori dei Cavalieri in una morsa. Non potevano combattere contro Zeus in persona, non ce l’avrebbero mai fatta.
“Artemide, mia Signora, abbiamo bisogno del vostro aiuto. Non possiamo sconfiggere un Dio in uno scontro diretto” pregò Daphne mentre tentava di digerire le informazioni appena ricevute, ma un rumore proveniente da poco dietro di lei la distrasse. Saga aveva tirato un pugno contro il muro, lasciandovi un bel segno.
- Questa non ci voleva. Zeus non doveva scendere in campo qui!- imprecò a denti stretti
- Andate- disse Kanon
Saga e Daphne si voltarono verso di lui – Come scusa?- chiese lei
- Andate ho detto. Mi occupo io del sigillo di Rea, voi raggiungete Milo e Camus. Non possono farcela da soli contro un Dio-
- Kanon, ti rendi conto che…- iniziò il fratello
- Sì, per riempire il sigillo e far arrivare la mia “linfa vitale” all’anfora è necessario impiegare una bella dose di sangue-
Daphne osservò meglio il disegno e capì quello che i gemelli stavano dicendo. Chiunque avesse provato a sbloccare il sigillo avrebbe dovuto usare una quantità di sangue troppo ingente.
- Questa prova è fatta per uccidere chi tenta di superarla- realizzò
- Milo e Camus stanno affrontando un Dio in questo momento- continuò Kanon come se nulla fosse – Non possono combattere e pensare al sigillo allo stesso momento. Muovetevi, qui ci penso io-
- Non te lo permetterò- disse Saga
- Infatti non ho chiesto il tuo permesso- ribatté il gemello. Si alzò in piedi e rimosse l’armatura, poi allungò una mano verso Saga – Mi farebbe comodo un pugnale-
“No, Saga. Non farlo”
Riluttante, il fratello gli porse ciò che gli era stato chiesto
- NO! Ci deve essere un altro modo- implorò Daphne
- Invece no- Kanon poggiò la lama sulla pelle e fece un taglio trasversale sul braccio. Passò il pugnale a Saga mentre il sangue cominciava a scendere copioso.
Daphne guardò il maggiore – Non puoi lasciarglielo fare!- urlò
Saga voltò gli occhi alla vista del sangue del fratello che andava a incanalarsi nel sigillo
- Datevi una mossa!- li spronò Kanon – Milo e Camus potrebbero già essere in fin di vita. Salvateli, loro non hanno la coscienza sporca come la mia-
- Kanon…- cercò di farlo ragionare lei con le lacrime che le inondavano gli occhi
- Non iniziare a fare la sentimentale, Daphne! Lo sai anche tu che è necessario. Va’ ad aiutare tuo fratello-
Daphne sentì la mano di Saga stringerle il polso – Andiamo- disse trascinandola verso l’uscita della stanza
- Io vado a salvare mio fratello mentre tu lasci il tuo qui a morire!-
Lui non rispose e attraversò la soglia. Daphne tentò invano di divincolarsi dalla presa mentre si allontanavano  dalla porta, da Kanon. Non poteva credere che Saga, il suo Saga, lo stesse facendo sul serio. Stava veramente lasciando suo fratello a morire? Daphne capiva che superare quel sigillo fosse necessario, certo, ma come poteva accettare di sacrificare un suo amico? E Saga, come poteva abbandonare così suo fratello? Controvoglia e inorridita da ciò che sarebbe successo a Kanon, assecondò i passi affrettati del Grande Sacerdote che la stava conducendo alla ricerca di Milo e Camus, probabilmente seguendo la traccia dei loro cosmi.
“Non posso abbandonare Kanon, devo provare a far cambiare idea a Saga”
- Lo stesso sangue vi accomuna, Saga! Come puoi lasciargli fare una cosa simile?- provò ancora a convincerlo
Il greco si bloccò – Lo stesso sangue…- ripeté a mezza voce – Daphne, hai ragione!-
- Cosa?-
- In me e mio fratello scorre lo stesso sangue- spiegò Saga – Io o lui, non fa differenza. La nostra “linfa vitale” è la solita-
- Quindi?… oh, ah! Muoviti allora!- disse spintonandolo
- Ma Zeus… non puoi andare lì da sola nelle tue… ehm... condizioni, è troppo pericoloso-
- Pericolo è il mio secondo nome, tu pensa al sigillo di Rea. Ho mandato una richiesta di aiuto ad Artemide per Zeus, se vuole sconfiggerlo sarà meglio che ci aiuti a non morire prima di essere riusciti a sbloccare anche il sigillo di Crono-
- Per il sigillo di Crono, anche tu e Camus siete fratelli, nelle vostre vene scorre lo stesso sangue- le fece notare
“È vero. Perché non ci sono arrivata prima io?”
Sondò la sfera emotiva di Camus e ciò che scoprì non le piacque per niente
- Pensa al tuo di fratello, ci vediamo dopo- lo liquidò voltandosi
- Daphne- si sentì chiamare – Vedi di non morire stavolta-
- E tu non ti suicidare- lo rimbeccò
Si voltò e partì a corsa, la traccia emotiva di suo fratello come pista.
***
 
Non andava bene. Non andava per niente bene. Camus era capace di organizzare piani per superare le situazioni più difficili, ma scontrarsi contro un Dio faccia a faccia? Beh, nemmeno il Signore delle Energie fredde aveva una soluzione per quel problema.
- Devo ammettere che siete stati bravi, arrivare fin qui non è per niente facile- commentò Zeus
Non era stato difficile riconoscerlo. Occhi azzurri come il cielo, barba e capelli in confusione tanto che sembravano colpiti da un fulmine. L’unico particolare che differiva dalle solite rappresentazioni del dio del Cielo era il piccolo tatuaggio a forma di saetta sul collo. Doveva essere una conquista recente visto che il Dio gliel’aveva mostrato orgoglioso prima di presentarsi. “Simbolo del ventunesimo secolo” aveva detto. Camus non era sicuro che i tatuaggi all’henné fossero uno dei caratteri distintivi del secolo, ma contraddire un dio, specialmente se nemico, non era mai una buona idea.
- Però non posso permettervi di sbloccare il sigillo di Crono- continuò Zeus – Ne vale della mia incolumità. Avrei preferito di gran lunga trovarmi sul campo di battaglia a mietere vittime tra le vostre fila, ma ahimè, non posso permettermi questo lusso-
- Oh che peccato- commentò a mezza voce Milo
- Avrete l’onore di essere uccisi da Me in persona-
- Ti avviso, non sarà affatto facile- lo mise in guardia lo Scorpione
- Ma io sono un Dio, sprovveduto Cavaliere-
Mai provare ad avere l’ultima parola quando si discute con Milo - E noi ne abbiamo sconfitti di Dei, sprovveduto Dio-
Zeus accennò un sorriso – Sei sfacciato, mi stai simpatico. Peccato che devi morire. Il tuo collega invece… mi ricorda qualcuno… Qual è la tua costellazione, Cavaliere?-
- Acquario- rispose Camus
- Oh Acquario certo!- il Dio si batté una mano sulla fronte – Bello e raffinato come il mio adorato Ganimede! Conosci il mito?-
- Sì- rispose freddamente il francese
Secondo il mito Ganimede era un affascinante giovane, figlio di Troo, re di Troia. Zeus non poté resistere alla sua bellezza, così lo rapì e lo portò con sé sull’Olimpo, facendone il coppiere degli Dei nonché, secondo diverse versioni, il suo amante. In genere la costellazione dell’Acquario viene identificata col personaggio di Ganimede.
Zeus sospirò - Ah, mi manca tanto. Però avrei proprio bisogno di un nuovo coppiere…- disse guardando in tralice Camus – E tu saresti proprio adatt…-
- Non ci provare- lo interruppe Milo
Anche lui conosceva il mito.
- Prego?- disse innocentemente Zeus – Gli sto offrendo la possibilità di entrare al mio servizio e avere salva la vita, tu non ti intromettere-
- Mi intrometto eccome!-
“No, Milo”
Il Dio si avvicinò a Camus – Che ne dici? Vivere sull’Olimpo?-
Milo si spostò e, testardamente, si mise davanti al Cavaliere dell’Undicesima Casa
- Milo…-  il francese tentò, invano, di farlo desistere
- Mi stai forse ostacolando, umano?-
- Non provare ad avvicinarti a Cam-
Zeus alzò un sopracciglio - Altrimenti?-
Prima che Milo potesse rispondere, Camus lo affiancò e fronteggiò il Dio – Ho fatto un giuramento di fedeltà ad Atena, avere salva la vita non è nei miei interessi-
- Rifiuti la mia offerta?- domandò il Signore del Cielo a metà tra il sorpreso e l’offeso
- Non ho mai pensato di accettarla- ribatté il Cavaliere
La metà sorpresa di Zeus si convertì all’offesa. Il Dio corrugò le sopracciglia e richiamò il cosmo – Nessuno può permettersi un simile affronto. Muori allora, Aquarius-
Un tuono rimbombò al di fuori del tempio. Improvvisamente un fulmine squarciò il soffitto diretto verso Camus, troppo veloce, troppo potente. Tentò di proteggersi con uno scudo di ghiaccio impenetrabile, ma quando il fragore della saetta risuonò nella stanza non era il suo scudo ad essere stato colpito, né tantomeno lui. Milo si trovava davanti a lui, le braccia incrociate a x nel tentativo di difendersi dalla potenza del colpo divino. Camus si rese conto di quello che era successo solo quando lo vide cadere in ginocchio. Milo era sempre stato più veloce di lui, ma anche più testardo, più stupido…
- No- un monosillabo pronunciato con un filo di voce
Milo lasciò andare un lamento di dolore mentre poggiava le mani in terra per sorreggersi
- Milo!- si chinò accanto a lui, avvolgendolo con le braccia – Che cosa hai fatto?-
Non voleva piangere, detestava cedere alle lacrime, ma sentiva che erano in arrivo. Gettò un rapido sguardo alla ferita: attraversava il petto del greco trasversalmente, l’armatura distrutta nel punto in cui la folgore si era abbattuta.
- Ti ho… salvato- ansimò lui
Camus iniziò a vedere appannato. Perché doveva avere la nomea di Cavaliere più freddo e distaccato se poi non era vero? Si trovava nel bel mezzo di una battaglia, non poteva mettersi a piangere. Milo era stato colpito, lui doveva  restare impassibile…
Ma cosa pensava? Come poteva rimanere indifferente davanti a una cosa simile? Milo, il suo compagno, gli aveva fatto da scudo e ora rischiava di morire. Il suo Milò stava morendo per causa sua…
- Stupido, stupido, sei un idiota- singhiozzò Camus
- Gentile da parte tua… avermelo ricordato-
- COME OSI?- urlò irato Zeus – Quel fulmine non era destinato a te! Ma adesso morirete tutti e due, non preoccupatevi, non potrete salvarvi a vicenda-
Camus fu costretto a lasciare Milo. Si alzò in piedi fronteggiando il dio a testa alta. Zeus era più forte di lui, ma non importava. Se il suo destino fosse stato morire combattendo, Camus lo avrebbe accettato.
- Umano, pensi davvero di essere in grado di sconfiggermi?-
L’Aquario sentì un cosmo divino ormai noto avvicinarsi.
- Io sì-
La voce di Artemide fu la benvenuta alle orecchie del Custode dell’Undicesima Casa
- Artemide? Figlia mia, cosa ci fai qui?- chiese spaesato Zeus
La Dea si rivolse a Camus – Tu pensa al sigillo, mi occupo io di lui-
Camus non se lo fece ripetere due volte. Milo aveva bisogno di cure, doveva fare in fretta se voleva almeno provare a salvarlo.
“No, non provare. Milo si salverà, punto. Non ho intenzione di lasciarlo andare”
Milo si lamentò mentre cercava di alzarsi
- Tu non ti muovere- gli disse Camus mentre creava un pugnale di ghiaccio abbastanza appuntito per tagliare la pelle
- Cam…- lo chiamò
- Non parlare. Resisti e basta-
- No Cam non farlo… Usa il mio sangue… tanto, sto già morendo-
- No!-  Camus prese il suo volto tra le mani – Tu non morirai, capito? Nessuno di noi due morirà, ce lo eravamo promesso, ricordi?-
- Non sono bravo… a mantenere le promesse- riuscì a dire il greco tra un respiro e l’altro
- Vedi di diventarlo- lo zittì
Milo non ribatté. Il francese pensò di averlo convinto, ma la cosa non gli tornava, il greco era troppo testardo per lasciarsi persuadere così facilmente. Gli lanciò una rapida occhiata mentre si tagliava la pelle diafana per lasciar scorrere il sangue nel sigillo. Milo teneva gli occhi chiusi, una mano sul petto, il volto contratto in una smorfia di dolore.
- Resisti Milò-
- Cam… perché l’hai fatto… così morirai- mormorò il biondo
- Non morirò-
“…spero” fu tentato di aggiungere. Aveva capito come aggirare il problema del sigillo già da un po’, ma aveva bisogno di sua sorella. Se le sue supposizioni erano esatte, il sangue di due fratelli si sarebbe rivelato ugualmente efficace. Al momento però non poteva fare altro che sperare nell’arrivo di Daphne se voleva sopravvivere.
Sentì la voce di Milo provenire da lontano - Cam-
Aprì gli occhi. Quando li aveva chiusi?
- Cam… parlami-
Si sentiva debole, molto debole. Guardò il sigillo e vide che una buona parte era attraversata dal suo sangue, doveva averne perso molto.
“Daphne, ti prego”
Le palpebre erano così pesanti…
“Devo rimanere cosciente…”
Le forze lo stavano abbandonando, si accasciò su un fianco mentre il sangue continuava a scorrere dal suo braccio.
- Camus!- questa volta non era la voce di Milo
Daphne piombò accanto a lui – Scusa per il ritardo- borbottò mentre armeggiava con l’armatura.
- Cosa… ci fa lei qui?- chiese Milo, una nota di sorpresa nella voce
- Gli salvo la vita- rispose Daphne mettendo il braccio sopra il sigillo
- Ma…-
- Daphne è mia sorella. Lo stesso sangue scorre nelle nostre vene- spiegò piano Camus mentre cercava di riprendersi. Con i suoi poteri aveva raffreddato il braccio per limitare la circolazione mentre con la mano esercitava pressione per ridurre la fuoriuscita di sangue.
- Tu… lo sapevi- realizzò lo Scorpione – Ecco perché… non volevi che io…-
- Smetti di parlare e risparmia le forze- lo zittì Camus. Tuttavia il fatto che continuasse a parlare lo tranquillizzava, voleva dire che la ferita non lo avrebbe ucciso nel giro di qualche minuto come aveva temuto all’inizio. Fortunatamente i Cavalieri godevano di capacità di guarigione nettamente superiori rispetto alle persone normali, altrimenti Milo sarebbe morto sul colpo.
“Milo ce le farà. Quando avremo imprigionato Zeus lo porterò al Grande Tempio per farlo curare” si convinse. Ma una vocina proveniente da un angolo remoto della sua mente si intromise
“Non pensi a quello che ha detto Estia?”
La fine della vostra missione non è altro che l’inizio. Questa volta avrete bisogno dell’aiuto degli Dei. Tua sorella è una parte fondamentale del piano…
Tutte quelle informazioni continuarono a ronzargli fastidiosamente nella testa come uno sciame di api. La voce di sua sorella lo fece disperdere
- Certo che il mio sangue fa veramente schifo. Guarda com’è… “sanguinoso”- si lamentò
- Vi lamentate di tutto… voi donne- mormorò Milo, la sua voce sempre più debole
“Quella ferita è molto grave, nonostante lui cerchi di nasconderlo comportandosi come se niente fosse… spero che la battaglia a cui faceva riferimento Estia non sia immediatamente successiva alla sconfitta di Zeus, siamo troppo deboli”
Come per dare conferma alle sue teorie, Milo si piegò in due dal dolore. Il rosso si precipitò subito ad aiutarlo, ma il movimento improvviso gli provocò un capogiro e ben presto si ritrovò appoggiato al greco.
- State lì buoni e cercate di sopravvivere- borbottò Daphne
Camus non badò molto alle parole di sua sorella. Prestò più attenzione al fatto che il sangue aveva ormai raggiunto il piedistallo in fondo alla stanza. Il Cavaliere si sentiva ancora debole, ma riusciva a parlare senza problemi – Daphne, voi avete incontrato Estia?- si decise a chiedere
- No. Perché?-
- Lei ha detto che la guerra che stiamo combattendo non è contro Zeus-
- Intendi dire che il vero nemico è qualcun altro?-
- E questo qualcun altro si desterà dopo che l’anima del Dio del Cielo sarà imprigionata. Secondo Estia avremo bisogno dell’aiuto degli altri Dei per sconfiggere questa nuova minaccia- terminò
Daphne portò istintivamente una mano sopra la ferita per fermare il deflusso di sangue – Vuoi dire che imprigionando Zeus libereremo un’altra divinità?-
Camus annuì – Lei ha detto che la fine della nostra missione non è altro che l’inizio della guerra contro un nuovo nemico-
- E ovviamente non sappiamo chi è- commentò Daphne. Spostò la mano lasciando nuovamente libero il sangue di scendere.
- Estia diceva… che sperava… di sbagliarsi- intervenne Milo
Camus sentì il suo respiro farsi più lento e affaticato. Scrutò attentamente il suo volto e ciò che vide non gli piacque per niente. Milo era pallido, la pelle sudata, gli occhi socchiusi e le sopracciglia aggrottate in una smorfia di dolore. Non sarebbe resistito ancora per molto – Devo portarti via di qui, Milo-
- Cosa?... No- la sua voce era ormai un debole sussurro
- Hai bisogno di essere curato!-
- Anche tu… sei… debole- le sue parole furono appena udite dalle orecchie di Camus
- Sono abbastanza forte per entrambi-
- No… pensa a… te- mormorò lo Scorpione chiudendo gli occhi
- Milo!- gli prese una mano tra le sue – Resta sveglio!-
- Ti… amo- pronunciò con un filo di voce il greco, poi la sua testa si abbassò sulla spalla del francese.
- NO! Milo, resta con me! Regarde-moi Milò… Ti prego- implorò prendendo il suo volto tra le mani
Il petto del biondo Cavaliere era immobile, l’ultimo respiro utilizzato per dare l’ennesima prova dei suoi sentimenti.
- MILO!- gridò Camus, gli occhi ormai pieni di lacrime. Abbracciò il corpo dell’amato cercando di trattenerlo con sé, impedendogli di andare via, di abbandonarlo.
Un improvviso bagliore illuminò la stanza. Camus era troppo accecato dal dolore per rendersi conto dell’urlo di rabbia di Zeus. Udiva e vedeva quello che stava succedendo ma non sentiva né osservava, l’unica cosa di cui era conscio era il suo cuore di ghiaccio che si stava sbriciolando in mille schegge.
- Artemide! Mi hai tradito, perché?- urlò Zeus
- Il tuo dominio sull’Olimpo è finito- rispose Artemide
- Figlia mia, cosa ti ho fatto?-
La Dea lanciò un’occhiata al fondo della stanza. Non c’era più alcun muro, il piedistallo su cui era poggiata l’anfora per imprigionare l’anima di Zeus era l’unica separazione tra le lettere che costituivano il sigillo di Rea, Ζε, e quelle del sigillo di Crono, ύς. Tutte e quattro le lettere che componevano il nome del capo degli Dei erano intrise di sangue, così come le scanalature dell’anfora.
Artemide si avvicinò al piedistallo – Questa è la tua fine- decretò
Sollevò il coperchio nonostante Zeus la implorasse di non farlo. Una specie di uragano avvolse il Dio da capo a piedi trascinandolo verso la sua prigione, poi la figura del Signore del Cielo si avvolse su se stessa e fu inghiottita dall’anfora.
Camus non si rendeva conto di quello che stava succedendo. Stringeva ancora Milo tra le braccia, il volto affondato nei suoi riccioli dorati. Non era vero, era un incubo. Il giorno dopo si sarebbe svegliato con Milo al suo fianco, come sempre.
Sentì appena la voce di Saga – Allora? È fatta?-
Fu sua sorella a rispondere – A quanto dice Estia, questo è solo l’inizio-
- Cos’è… successo?- mormorò un debole Kanon – Milo, Camus… state bene?-
“Certo che stiamo bene, è un sogno, non ve ne rendete conto? Tutto questo non è reale”
Una mano si posò piano sul suo braccio – Camus… alzati, su- la voce di sua sorella
- No- singhiozzò lui in risposta
- Camus, so che è dura ma…-
Sentì dei passi avvicinarsi, poi Saga parlò – Milo è…-
- Zitti! Lasciateci stare!- lo interruppe il Cavaliere dell’Undicesima Casa, il suo volto ormai completamente bagnato dalle lacrime. Perché non volevano capire? Non era reale…
Ma allora perché stava piangendo?
- Milo non tornerà- continuò imperterrita Daphne
Quelle parole risuonarono come una campana nella sua testa. Era vero. Non era un sogno, quello che lui stava vivendo, quel terribile momento… era reale, era tutto reale.
La stretta di sua sorella si fece più decisa – Alzati! Non puoi fare più niente per lui-
Camus non la stava ascoltando. Milo era morto e con lui tutti i loro sogni. Sentiva un vuoto profondo dentro di sé. Era una sensazione nuova, gli era capitato spesso di non provare niente ma quel vuoto era qualcosa di diverso, non era dovuto alla sua impassibilità, no… Era qualcosa di più cupo e straziante. Un silenzio assordante che si propagava all’infinito nel suo essere lasciando dietro di sé una scia di dolore e disperazione. Quello che batteva nel suo petto non era più un cuore, era un semplice strumento che lo teneva in vita pompando il sangue nelle vene, nulla di più. Non avrebbe più accelerato il proprio ritmo quando Milo gli sorrideva.
“Non vedrò mai più il suo sorriso” un singhiozzo più violento dei precedenti lo scosse
- Camus- lo chiamò sua sorella
- È stata colpa mia!- gridò tra le lacrime – Si è messo davanti a me per proteggermi… non doveva andare così-
- Capisco il tuo dolore…- Camus era sicuro di non aver mai sentito la voce di Saga assumere un tono così comprensivo -  ma non puoi abbandonarti ad esso-
- Non posso- gemette il francese – Abbandonare il dolore sarebbe come abbandonare Milo, non posso lasciarlo andare-
- Combatti il dolore, non farti consumare l’animo-
Saga aveva ragione. Lui era un Cavaliere e come tale doveva continuare a combattere, non poteva abbandonarsi  al dolore della perdita che aveva subito. Si costrinse a lasciare Milo e ad alzarsi in piedi, ma la vista del suo corpo senza vita lacerò la sua anima. Fu come se tutta l’energia, tutto il suo cosmo, gli fossero stati strappati.
“È questo ciò che ha provato Milo quando mi ha trovato all’Undicesima Casa dopo lo scontro con Hyoga?”
Quella volta era stata colpa sua. Voleva far diventare il suo allievo padrone del settimo senso a tutti i costi, anche a costo della sua stessa vita. Non si era reso conto che così facendo aveva ferito Milo più di se stesso.
“Io gli ho fatto provare tutto questo e adesso… anche adesso è colpa mia. Quel fulmine avrebbe dovuto colpire me, non lui”
- Pardonne-moi , mon amour – mormorò – Ti ho fatto male così tante volte… io non ti merito, non ti ho mai meritato-
Avrebbe fatto ammenda per la sua colpa, non poteva vivere con la vita di Milo sulla coscienza. Si sarebbe sacrificato volentieri in quella battaglia se si fosse rivelato necessario, non aveva motivo di vivere senza di lui.
“Ma cosa sto dicendo? Milo non vorrebbe che buttassi via così la mia vita, cosa penserebbe? E Hyoga? Non posso abbandonarlo, non ora che l’ho trovato davvero. Devo essere forte, come un vero Gold Saint”
Si chinò sul corpo dell’amato e baciò piano le sue labbra fredde – Addio, amore mio-
“Vivrò per tutti e due, Milò. Veglierò su Hyoga come se fosse il figlio che non abbiamo mai avuto”
Si voltò dall’altra parte per evitare di fissare oltre il volto senza vita di Milo, privo del solito calore, del suo sorriso smagliante che illuminava anche i giorni più bui. Mentre si girava giurò di aver visto una lacrima solcare le guance di Saga.
La voce di Artemide riportò i quattro Cavalieri alla realtà – Daphne- chiamò. Non sembrava più sicura come prima, era accasciata a lato del piedistallo, l’anfora con dentro l’anima di Zeus tra le mani.
- Mia Signora-
- Che cosa ho fatto?-
- Avete sconfitto Zeus, no?-
- Ho imprigionato mio padre… ma c’è dell’altro- disse con voce tremante
- Non credo di capire- rispose tentennante la giovane
La Dea abbassò lo sguardo - Io… non ero in me. Lei mi controllava. Perdonatemi, non volevo-
- Lei chi?- chiesero in coro i gemelli
Improvvisamente, Daphne cadde a terra. Saga si chinò subito accanto a lei – Daphne!- la chiamò. Provò di nuovo, ma non ottenne risposta. Puntò il suo sguardo furibondo su Artemide – Cosa le hai fatto?-
La Dea si appiattì contro il piedistallo – Io non volevo, mi dispiace…-
Saga si alzò in piedi – Cosa ci stai tenendo nascosto?- chiese
- Non è colpa mia, lei mi faceva agire secondo la sua volontà-
- Dimmi chi- sibilò il Grande Sacerdote, la daga d’oro apparsa magicamente in mano
- Non è contro di me che dovresti usare quell’arma… ma contro di lei- disse Artemide accennando a Daphne
Camus osservò sua sorella alzarsi in piedi. C’era qualcosa di strano, quella non era Daphne, il cosmo che la circondava non le apparteneva, gli occhi intrisi di un bagliore scuro, antico.
Lei inspirò profondamente - Finalmente libera-
- Chi sei?- domandò Camus – Che ne hai fatto di mia sorella?-
Temeva di conoscere già la risposta alla seconda domanda. Ecco perché Daphne era stata riportata in vita… sua sorella era la reincarnazione della divinità a cui aveva fatto riferimento Estia. Artemide l’aveva scelta perché le era stato ordinato di farlo. Restava da capire quale divinità si trovavano davanti.
- Tua sorella è andata, Cavaliere. Adesso inchinatevi tutti al cospetto della Madre Terra- ordinò
- Tu sei Gea- realizzò Camus
La Dea della Terra, della potenza divina, la dea primordiale, la più potente in assoluto. Estia aveva ragione, non ce l’avrebbero mai fatta senza l’aiuto degli altri Olimpi. A giudicare dallo sguardo terrorizzato di Artemide, quella era una battaglia persa in partenza.
 
 

Nota dell’autrice: scusate se aggiorno con un po’ di ritardo, ma la scuola mi ha tenuta particolarmente occupata in questi giorni. Detto questo… una valanga di allegria in questo capitolo, vero?  T.T
È finalmente uscita allo scoperto la nostra nemica: Gea… che ne dite, ve lo aspettavate? Fatemelo sapere!
A presto!  =^-^=
   
 
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