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Autore: LaCantastorie    01/11/2016    0 recensioni
Francia, primi del Cinquecento. Nel baronato di Istres, un giovane rimatore compone una ballata in onore della fanciulla che ama: senza saperlo, con quei versi segnerà il suo destino...
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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<< Voi non capite >>.
Una lucciola girovaga si fece da parte, allontanandosi tra gli steli d'erba; un leggero soffio di vento percorreva il prato, scompigliando nel contempo le ciocche angeliche di una giovane donna.
<< Non capisco molte cose, mia signora >>, mormorò Sebastien, tenendo lo sguardo basso e continuando a camminarle lentamente al fianco, nel silenzio della notte.
<< Perché mi concedete il vostro tempo, ad esempio. Perché rischiate l'ira di vostro marito... >>
<< La sua ira?! >> 
Isobel si era voltata di scatto, guardandolo ad occhi spalancati: la sua vestaglia di pizzo bianco rifletteva la luce della luna piena, e anche la sua carnagione di porcellana sembrava brillare sotto i raggi delle stelle... 
<< La sua ira? Voi rischiate la vostra testa, l'avete dimenticato? >>
<< Ho già perso la testa, madame: il mio amore per voi è stata la mia ghigliottina >>, rispose lui, serio.
Isobel sorrise, scuotendo il capo: << Pensate a voi stesso, prima di consigliarmi su ciò che sarebbe meglio per me, cavaliere. So badare a me stessa, ve lo garantisco >>.
Si sedettero al riparo di un piccolo pergolato, ad osservare alcune raganelle giocare ai bordi di una polla d'acqua: fu l'uomo a parlare per primo.
<< La prima volta che vi ho vista ho pensato di avere di fronte una dea, sapete? Una dea pagana... Sicuramente somigliate a Diana, la vergine cacciatrice: ne avrete attirato l'invidia, con la vostra bellezza! >>
<< Spiate anche le mie lezioni di lettere classiche, Bastien? >>
Risero insieme, spaventando le raganelle: non era stata certo un'antica divinità, a farle sposare un vecchio barone, né d'altra parte Isobel biasimava il Dio dei cristiani per quel destino. Sarebbe stato assurdo, dare la colpa al cielo: quella distesa indifferente era, al contrario, l'unico rifugio in cui cercava e trovava un po' di pace, facendone il soffitto dei suoi incontri segreti...
<< A proposito di classicità, nel tempo libero ho costruito... Questo >>
Isobel l'occhieggiò di sottecchi, incredula: il cavaliere di cui si era innamorata a prima vista durante un torneo, dopo averlo visto imbracciare la lancia e sferrare un colpo preciso e diretto all'avversario, facendolo cadere di sella; il vassallo che più di una volta aveva ingaggiato battaglia a servizio del suo signore, guadagnandosi il rispetto dei propri pari e del nemico per la sua prodezza, la sua lealtà, il suo coraggio e la sua clemenza; l'uomo che l'aveva stregata imbracciando la spada, ora impugnava e le mostrava un aulòs, un flauto greco intagliato di sua mano...
La musica si sprigionò leggera nel giardino del castello, circondandoli con il suo impalpabile abbraccio: era una melodia soave, ma vi erano note di profonda tristezza, in quel brano, e qualcosa nel cuore di Isobel le fece capire che la loro storia era intessuta nel suono che si levava dallo strumento. Interruppe l'esecuzione con un comando perentorio, rivolgendo lo sguardo alla parte del pergolato immersa nella più fitta oscurità:
<< E' meglio che andiate, ora >>
Fu solo quando il rumore dei passi di Sebastien si fu spento del tutto che Isobel si permise di piangere.

   
 
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