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Autore: serena_sloan    02/11/2016    1 recensioni
Serena ha un sogno: diventare uno dei neurochirurghi più bravi al mondo. Non ha avuto quel che si può definire un passato facile, ma ora è qui, al Seattle Grace Hospital, uno degli ospedali universitari migliori d'America, pronta a specializzarsi e a diventare un chirurgo. Per lei questo è tutta la sua vita, ma che succederebbe se un affascinante dottore che non si è mai innamorato le facesse scoprire che c'è anche molto altro? L'amicizia inaspettata con Alex, George e Izzie la aiuterà a superare le faticose giornate al Seattle Grace, le iniziali incomprensioni con Cristina e l'arrivo di nuovo personale dal Mercy West Hospital, che potrebbe scatenare un vero e proprio inferno. E così Serena, tra tanto divertimento, amore e colpi di scena, vivrà il suo sogno nella Città di Smeraldo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Karev, George O'Malley, Izzie Stevens, Mark Sloan, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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Durante un infarto, il cuore si ferma improvvisamente. Il tessuto, che subisce un’ischemia, va in necrosi, ovvero comincia a morire, più o meno lentamente a seconda della gravità della situazione. I sintomi sono vari, ma quello principale è un dolore acuto che sorge improvvisamente. Come curarlo? Tempestività. Serve assoluta tempestività. Il massaggio cardiaco non fa riprendere il cuore, aiuta solo a mantenere attiva l’ossigenazione diretta al cervello. Fatto sta che, per la prima volta da quando ho deciso di diventare un chirurgo, mi accorgo che quel dolore intenso, quella fitta profonda allo stomaco non è tipica solo di un infarto.
Lo stomaco mi brucia, mi fa male e il dolore immobilizza i miei muscoli. Non c’è massaggio cardiaco o defibrillatore che funzionino. L’unica cosa che mi fa reagire è, credo, un’improvvisa scarica di adrenalina. Sento il sangue scorrere di nuovo nelle vene, caldo e prepotente, i polmoni riprendono aria, i miei occhi tornano vivi. “Com’è che lo ha chiamato Cristina? Istinto di sopravvivenza.”
-Non vieni a salutarmi, Ser?-
Lo osservo da capo a piedi. Non è cambiato affatto, è sempre alto, slanciato, con quei capelli biondi scompigliati e la cravatta ben annodata. Guardo le sue mani, e sono ancora strette a pugno. Le guardo e mi viene istintivo sfiorarmi la guancia coi polpastrelli. Le mie mani, nonostante la situazione, non tremano, sono le mani di un chirurgo. Fermo il mio sguardo nel suo, e mi mordo l’interno delle guance mentre cerco di controllare la paura con la rabbia. “Non è cambiato affatto… ma io sì.”
-Cosa ci fai tu qui? Te ne devi andare subito.- La mia voce è ferma e convinta : non avrei mai pensato di poter provare tanta rabbia nei confronti di qualcuno. In questo momento vorrei proprio che Alex fosse qui… lui riesce sempre a calmarmi, a schiarirmi le idee, e a darmi forza. Non so perché me ne accorgo solamente ora, e per di più in questa situazione, ma credo di volergli davvero bene. ”Vorrei che fosse qui…”
-Come, di già? Ho attraversato mezzo paese, almeno lascia che ti offra qualcosa da bere. Devi darmi qualche spiegazione, non credi?-. Si sta avvicinando. “Fai un altro passo e ti prendo a pugni.”
Cerco di mantenere il livello della rabbia sempre costante, in modo che l’adrenalina non mi faccia fermare. Ma non appena fa un altro passo verso di me e allunga il braccio, per prendere il mio, credo, mi ritraggo indietro prepotentemente. E la paura mi sommerge.
-De Luca, sono dieci minuti che ti aspetto, dobbiamo eseguire un intervento e non ho le cartelle dei miei pazienti! Guarda un po’, sono per caso quelle sul pavimento le mie cartelle, dottoressa De Luca?-
C’è un momento in cui tutto si ferma, persino il tempo. Tutti si allontanano dal paziente. Il defibrillatore scarica e il paziente è scosso da una carica elettrica talmente forte da farlo sobbalzare. E nel migliore dei casi, il cuore, improvvisamente, ricomincia a battere. La voce di Mark alle mie spalle, quella voce che mi rimprovera del mio ritardo, quella bellissima voce che avrei desiderato non sentire più dopo quella sera… quella voce è il mio defibrillatore.
Mi volto verso di lui e vedo che ci guarda con la fronte corrugata, come se stesse cercando di capire cosa sta succedendo.
-Buongiorno, sono il dottor Sloan, ha bisogno di aiuto? È venuto a trovare un parente?- Mark lo guarda con aria circospetta e tiene gli occhi fissi sui suoi, anche quando si china a raccogliere le cartelle. Mi guardo intorno e noto che le infermiere ci stanno osservando. Tutti quelli che ci passano accanto soffermano lo sguardo su di noi, curiosi, interrogativi, cercando di raccogliere più particolari possibili per raccontare la loro storia. O meglio, la nostra storia.
-No, non ho bisogno di nulla. Sono solo venuto a trovare Serena, cioè, la dottoressa De Luca. Ma, a quanto vedo, è già in ottima compagnia.- dice tranquillamente lui e con un sorriso languido dipinto in viso. Si avvicina di nuovo a me e riesco a non muovermi, anche se non so come. Alzo lo sguardo verso di lui e noto che non sta guardando me, ma Mark. Con quel sorrisetto furbo che mi fa rivoltare lo stomaco. Tiene lo sguardo fisso su di lui mentre alza una mano e la porta vicino al mio viso. Smetto di respirare e osservo i suoi movimenti. Mi sposta delicatamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi sfiora la guancia con la punta delle dita. Sento che ho bisogno di ossigeno, di riprendere fiato, di tornare a respirare. Non ci riesco.
-La dottoressa è impegnata in un delicato intervento questa mattina, perciò le consiglio di tornare un’altra volta e rimandare il vostro randez-vous. Con tutto il rispetto, signore, noi prendiamo molto sul serio il nostro lavoro, soprattutto quando si tratta di salvare vite umane. È stato un piacere, comunque.- Mark mi prende per il polso, costringendo l’uomo ad indietreggiare, e mi trascina via.
-Piacere mio, dottor Sloan. Ci vediamo presto, Serena. E la prossima volta farò in modo di avere una conversazione con te a quattr’occhi, non so se mi spiego…-
“Ci vediamo presto…? A quattr’occhi…?” Riprendo fiato come se fossi appena uscita dall’acqua, come se avessi appena raggiunto la superficie dopo aver rischiato di annegare. Quasi senza accorgermene, inizio a respirare a singhiozzo e le mani, le mie mani da chirurgo, iniziano a tremare. Mark mi passa un braccio dietro le spalle e mi tiene stretta, velocizzando il passo più che può.
-No Serena, non qui. Non qui, vieni.-
Apre la porta di una piccola stanza buia dove teniamo coperte, cuscini e qualche brandina e mi fa entrare, chiudendo la porta e abbassando la tendina in modo che nessuno veda dentro. Mi sento la testa girare e ho il fiato corto. “Attacco di panico…” Cammino avanti e indietro in cerca di aria, ma è come se non riuscissi a trovarla. Cerco di stare calma, sono un medico, e la prima cosa che ti insegnano ad un corso di pronto intervento è come comportarsi in caso di attacco di panico. Ma è molto più facile curare gli altri che se stessi.
-Shh, calma, ehi! Stai calma, ci sono io, respira a fondo, prendi dei bei respiri.- Mark mi ferma mettendomi le mani sulle spalle e appoggiando la fronte contro la mia. Sto tremando. “Da quando in qua ho così poco autocontrollo?”
-Ora respira con me. Respira, così, brava. È un attacco di panico, ora passa, respira a fondo. Bene… bene così, guardami.-
Lo guardo negli occhi. È calmo, ma mi sembra di notare un velo di preoccupazione nella sua voce. I miei polmoni lo ringraziano. Respiro insieme a lui, inspiro l’aria che esce dal suo naso. È calda e sento profumo di fragole. Forse è solo la mia immaginazione. La respiro intensamente e ritorno lucida. Mi lascio scivolare contro il suo petto. Sono esausta, come se avessi corso chilometri e chilometri tutti d’un fiato, senza mai fermarmi. Mark tira un sospiro di sollievo e circonda la mia schiena, stringendomi a sé. Vorrei staccarmi, lo vorrei davvero, perché non ho certo dimenticato quella sera. Ma la verità è che qui mi sento al sicuro.
 
-Ora che stai meglio, vorrei che mi spiegassi quello che è successo. Soffri di attacchi di panico? È una cosa che ti capita spesso?-
Mi guardo le mani mentre sto seduta per terra con la schiena contro la parete. Mark è seduto di fianco a me e mi osserva interrogativo, ma calmo come al solito. Vorrei avere io la sua stessa calma.
-No, è la prima volta, non… non mi era mai capitato. Mi dispiace, non so come sia potu…-
-Chi è quell’uomo?-
-Cosa…?-
-Quell’uomo con cui parlavi nel corridoio. Senti Serena, sei un medico, e sai benissimo come me che una persona che non ha mai sofferto di attacchi di panico non può averne uno senza motivo. Non uscirai da qui finché non avrò capito che cosa sta succedendo. E non voglio più vederti star male così.-
-E’ una cosa che non la riguarda, dottor Sloan. La prego, ne stia fuori…-
-Non sono il dottor Sloan ora, non siamo in sala operatoria. E la cosa mi riguarda, ci sono dentro fino al collo, perciò parla.-
Non ho più scampo ormai. Sì, potrei benissimo inventare qualcosa, me la potrei cavare arrancando un po’, ma il problema è che dopo quello che Mark ha fatto per me sarei una sanguisuga se gli mentissi. “Parla.”
-Questa cosa non deve uscire da qui. Non voglio che altre persone siano coinvolte. Chiaro?- Mark annuisce, sebbene non così convinto.
-Quando mi sono trasferita in America, più o meno sei mesi fa, sono riuscita a trovare un posto di lavoro in un piccolo ospedale in Indiana, poco lontano da Oakland, e qui ho continuato la mia specializzazione cominciata in Francia. Una sera, mentre uscivo da lavoro, ho incontrato quest’uomo di nome Edward. È bizzarro… quel giorno avevo deciso di mettere i tacchi ma non ci sapevo camminare, così mi sono incastrata in un tombino e lui era lì e mi ha aiutata. Ci siamo presentati e siamo usciti a mangiare qualcosa insieme. Ho notato subito quanto fosse gentile, e cortese, buffo e simpatico, insomma… mi ha colpito. Così abbiamo iniziato ad uscire insieme e le cose andavano bene, anzi molto bene. Poi ci siamo fidanzati. Mi ha fatto la proposta di matrimonio durante una gita romantica in barca, me lo ricordo bene… era perfetto, era tutto perfetto. Poi abbiamo deciso di andare a convivere insieme, a casa mia. All’inizio andava tutto bene. Dopo qualche settimana le cose hanno iniziato a prendere una piega inaspettata, strana. Edward aveva da ridire su tutto, sul fatto che tornavo sempre a casa troppo tardi, che non rispondevo quasi mai al cellulare, un giorno mi ha detto addirittura di volere che lasciassi la specializzazione. Era convinto che il mio lavoro mi mettesse troppo a contatto con le persone, fulminava con lo sguardo ogni uomo che mi guardava, era diventato ossessivo, esageratamente geloso, possessivo. Non era più lo stesso. Poi le cose sono peggiorate ancora… ha iniziato ad uscire alla sera e tornava a casa tardissimo e ubriaco fradicio. Ho iniziato ad avere paura di lui. Una sera ho preso coraggio e l’ho aspettato sveglia. Gli ho detto che forse era meglio prendersi una pausa, riflettere un attimo su quello che stava facendo. Gli ho detto che così non potevamo continuare. E lui si è… si è arrabbiato. Mi ha tirato uno schiaffo talmente forte da farmi cadere. La mattina dopo ho deciso di andarmene. Un mese prima avevo ricevuto una lettera dal Seattle Grace Hospital con un’offerta di lavoro. Richard era stato informato dal primario di neurochirurgia che aveva seguito l’inizio della mia specializzazione in Francia. Quella lettera mi ha salvato la vita, Mark. Sono scappata, convinta che non mi avrebbe più trovata, ho gettato il cellulare su cui ogni giorno arrivavano le sue chiamate e i suoi messaggi. E lui ora è qui, mi ha trovata, e io non… io non so cosa fare…-
La voce mi trema, è stato difficile, terribilmente difficile vedere quelle immagini tornare vive davanti ai miei occhi. Guardo Mark, che mi fissa immobile da quando ho iniziato a raccontare. Ha i muscoli in tensione, e i suoi occhi sono due enormi macchie nere, profonde come l’oceano. Si passa una mano tra i capelli e scorgo un velo di rabbia e pietà nel suo sguardo. È incredulo. E non più così calmo.
-Serena…- sussurra talmente piano che quasi non lo sento. -Serena, devi fare qualcosa. Quel figlio di puttana ti perseguita, devi fare qualcosa subito. Non puoi continuare a scappare, lui ti troverà sempre, quel bastardo sa come trovarti. Ti ha picchiata e ti ha costretta a scappare, ti sta lentamente portando via tutto, arriverai ad un punto in cui ti sentirai costretta a smettere di fare il chirurgo perché avrai così tanta paura da non uscire più di casa. Quell’uomo non ti deve toccare mai più, o giuro che…-
-No, non farlo, non dirlo nemmeno! È esattamente quello che vuole, fare in modo che tutti quelli che ho intorno vengano coinvolti. È un uomo potente Mark, ha i migliori avvocati e persone molto fidate al suo fianco, non voglio che tu o nessun altro finiate nei guai. Sa bene come girare le carte sul tavolo.-
-Non mi importa, è un maniaco, un bastardo, e anche io ho molte persone dalla mia parte.-
-Mark ti prego, smettila, la cosa non deve riguardarti. Non sai di cosa è capace.-
-Esatto, non so di cosa è capace, e questa è la cosa peggiore! Non gli permetterò di farti del male di nuovo.-
-Perché ti interessa così tanto? Si può sapere perché continui a preoccuparti per me quando nemmeno mi conosci, e nemmeno sai chi sono?-
-Perché sei una persona. Prima di essere un medico, un chirurgo, un’amica, o non so che, tu sei una persona, e lui è una persona, perciò non ha alcun diritto di farti del male, in quanto non è superiore a te in alcun modo. Perciò devi ascoltarmi, De Luca. Sei una persona, e in quanto tale, hai dei diritti. E spetta innanzitutto a te difenderli.-
-Io…- sbuffo, sapendo che ha ragione. Nessuno mi aveva mai fatto un discorso così prima d’ora. Penso a queste ultime due settimane, a quanto mi è piaciuto lavorare qua, a tutto quello che ho imparato e non riesco ad immaginare che a causa di uno stronzo non potrò più fare tutte queste cose. E qualcosa dentro di me si accende. “Com’è che lo ha chiamato Cristina? Istinto di sopravvivenza.”
-Va bene… dimmi che cosa devo fare.-
Mark tira un gran sospiro e incrocia le braccia, riflettendo e guardando un punto fisso davanti a sé.
-Innanzitutto, vivi con qualcuno? Hai una coinquilina o una cosa del genere? Un cane?-
-No, vivo da sola, ho un piccolo appartamento e non ho certo lo spazio per un animale.-
-Se lui è riuscito a trovarti, se è potente come dici tu, se può avere tutte le informazioni che gli servono quando gli servono, non farà fatica a scoprire dove abiti. Qui non siamo in Italia, la maggior parte delle case non hanno allarmi, e le serrature non sono poi così difficili da scassinare. Perciò devi trovare un posto in cui stare, almeno sarai più al sicuro.-
-Non ho amici qui, né parenti, non saprei veramente a chi chiedere, e non voglio che la notizia trapeli. Deve rimanere tra me e te, ricordi?-
-Non c’è bisogno che tu lo dica a qualcuno, basta che inventi una scusa, del tipo “il palazzo dove ho l’appartamento è in ristrutturazione e mi serve un posto in cui stare”.-
-Certo che le pensi tutte, Sloan, sicuro di non lavorare per Law and Order Unità Vittime Speciali?-  rido cercando di sdrammatizzare. Ma a quanto pare, il signor PaladinoDellaGiustizia prende questa cosa molto sul serio. “È quello che dovresti fare anche tu” mi ripete il mio subconscio dandomi una bacchettata sulle dita.
-E comunque… non saprei a chi chiedere.-
-Karev. Tu sei amica con Karev, no? Vi vedo sempre scherzare in giro per i corridoi, siete i nuovi Meredith e Cristina. Chiedi a lui, non penso ci siano problemi.-
-Alex abita a casa di Meredith, così come Cristina, Izzie, George, e periodicamente anche Derek. Izzie si lamenta sempre del fatto che non c’è spazio ed è troppo affollata, perciò non credo proprio che sia il caso. Mark, sul serio, ti ringrazio, ma me la cavo bene anche da sola, davvero. Me la sono sempre cavata bene da sola.-
-Non ne dubito, ma ora hai bisogno di aiuto, e ti lascerai aiutare. Scegli quello che preferisci: ti fai aiutare da me oppure da tutto il reparto di chirurgia dell’ospedale.-
Sbuffo di nuovo. Lo so che cerca di aiutarmi, ma io non ci sono abituata, e non sono abituata a vivere con altra gente, sono sempre stata… beh… indipendente. “O forse intendi dire sola?”
-Arizona e Callie! Hanno un appartamento accanto al mio, e una camera è di Owen, però è molto spazioso e ci sono altre due camere, e così se avrai qualche problema potrai parlarne con me quando vorrai. È geniale!-
-A casa di Torres e Robbins?! Ma non posso chiederlo a loro! Sono miei superiori, sarebbe strano! E inappropriato!-
-Non sarai tu a chiederlo, sarò io, mi basta inventarmi una scusa del tipo “l’ho sentita parlare con i suoi amici del fatto che non avesse un posto in cui stare e mi è sembrato giusto aiutarla”.-
-E pensi che ti crederanno? Non mi sembri esattamente il tipo che accoglie a casa sua i barboni dandogli una ciotola di latte e un tozzo di pane, sai?-
-Mi basta aggiungere che tu mi piaci e che averti come vicina di casa non può fare altro che aiutarmi a flirtare con te. Come ti sembra?-
Lo guardo esterrefatta. Non so se essere più sorpresa del fatto che riesca ad inventarsi tutte queste cose sul momento e a farle sembrare realistiche, o piuttosto di quello che ha appena detto. Mi scappa una risata. “Perché non farsi aiutare da lui? In fondo stai ridendo, e dopo quello che è successo, non tutti avrebbero saputo come tirarti su.”
-Mi sembra subdolo, molto subdolo.-
-Ehi, il fine giustifica i mezzi. E poi chi ti dice che non mi piaci davvero?- Mark sfoggia il suo solito sguardo malizioso e mi sento un po’ in imbarazzo. E confusa, insomma… troppe emozioni in una sola giornata.
-Mark, è stata una mattinata dura, e ora questo, è un po’…-
-Troppo, lo so, scusa. Ora andiamo, ci attende un intervento. Più tardi parlerò con Callie.- Sloan apre la porta e fa un passo in avanti.
-Grazie- lo interrompo. -Grazie, Mark.-
Lui mi guarda e sorride. Poi torna serio tutto d’un colpo.
-Fuori da qui sono il dottor Sloan, chiaro, dottoressa De Luca?-
Lo ringrazio dentro di me per aver mantenuto la promessa di non dar nulla a vedere.
-Mi scusi, dottor Sloan. Esaminiamo le cartelle.-


Ciao ragazzi! scusate se mi sono fatta attendere, ma ho avuto un periodo pienissimo e soprattutto tante idee per la fan fiction da mettere a punto. Comunque ora sono qui, e siccome mi piace leggere le vostre recensioni, positive o negative che siano, commentate e fatemi sapere che cosa ne pensate! Il prossimo capitolo arriverà molto presto, perciò commentate commentate commentate! Un bacio da
   
 
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