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Autore: Yuki Delleran    03/11/2016    1 recensioni
"La tranquillità e la pace, si sa, non avevano mai condotto a nessun rinnovamento. Per giungere ad un cambiamento di qualunque tipo era necessario passare attraverso il conflitto,[...] eppure anche nel disordine stesso c'era un equilibrio e come tale andava mantenuto: se le forze che governavano l'universo si fossero sbilanciate, ad essere in pericolo sarebbe stata la stabilità stessa del mondo. Per questo, paradossalmente, un andamento placido era sempre il meno consigliabile."
(Fantasy AU ispirata al film Disney "Maleficent" con un pizzico di HQ Quest)
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 9

 

Il ritorno verso Shiratorizawa si era rivelato più complicato del previsto.
Hinata era rimasto sconvolto da quanto avvenuto nella Brughiera, dall'attacco di Kageyama e dall'epilogo tragico che quell'atto impulsivo aveva avuto. Tuttavia non aveva potuto soffermarsi più di tanto sulla propria reazione perché l'arciere era, se possibile, anche più sotto shock di lui e in ogni caso non vi era tempo da perdere in recriminazioni. Avevano dovuto ringraziare il sangue freddo di Kenma, che si era immediatamente affrettato a controllare le condizione di entrambi i feriti, rendendosi conto che erano ancora vivi. Shoyou lo aveva fissato con il cuore in gola negoziare una tregua con Kuroo, che in quel momento non sembrava affatto dispiaciuto di venire a patti con un umano: di certo avrebbe fatto di tutto per poter portare Oikawa al sicuro.
Trasportare Iwaizumi alla locanda invece era stato più difficile: poiché certo non poteva montare a cavallo con quella ferita e non disponevano di nessun altro mezzo di trasporto, alla fine Aone si era offerto di portarlo in braccio e per tutta la strada aveva recitato a bassa voce preghiere ed incantesimi di guarigione volti ad arginare il più possibile gli effetti devastanti di quella ferita.
Kageyama invece non aveva detto una parola per tutto il tempo, pallido come un lenzuolo e con lo sguardo sfuggente. Quando Hinata aveva cercato di avvicinarsi per confortarlo e rassicurarlo come poteva, o anche solo per spiegargli quello che aveva scoperto sul re dei demoni, lo aveva apertamente evitato, non riuscendo nemmeno a guardarlo negli occhi. Il piccolo spadaccino era parecchio angosciato, sia per quella reazione che per le condizioni di Iwaizumi e per come si era evoluta quella situazione. Sembrava quasi studiata apposta per fare il più male possibile a tutti.
Quando giunsero alla locanda, decisero di non perdere ulteriormente tempo e partire subito per la capitale. Iwaizumi giorni prima aveva accennato ad una persona, a palazzo, che aveva a che fare con la magia. Se era così nota di certo conosceva incantesimi più efficaci di quelli di un mago comune come Kenma, quindi era meglio raggiungerla prima che fosse troppo tardi.
Acquistarono un carro dal padrone della locanda e vi stesero il ferito, mentre a turno Kenma e Aone gli stavano accanto recitando incantesimi di guarigione. In alcuni momenti anche Hinata prese posto al suo fianco, soprattutto per riposare visto che la marcia non prevedeva soste per la notte. Sarebbe stata una perdita di tempo pericolosa. Solo Kageyama non accettò mai di riposare un po' nel carro.
Per i due giorni successivi Iwaizumi riprese conoscenza a tratti anche grazie al fatto che gli incantesimi stavano facendo il loro effetto: riusciva a mangiare e a bere qualcosa e a scambiare brevi frasi con chi gli era a fianco, tuttavia era ormai chiaro che ci fosse qualcosa di strano. Come la volta precedente per la freccia, anche ora la ferita guariva più lentamente e in modo anomalo e ben presto sia Kenma che Aone iniziarono a sospettare che ci fosse dell'altro. Fu Iwaizumi stesso, in un momento di lucidità, a rivelare loro il dubbio che aveva riguardo la magia della Brughiera che gli stava avvelenando il sangue e a riceverne suo malgrado conferma. Tra chi operava la magia era un fatto tristemente noto e tenersi alla larga da tutto ciò che cresceva nella Brughiera era la norma. L'influenza del potere degli spiriti della natura sulla salute del corpo umano era sempre negativa.
« Sarà, ma non mi pento affatto di aver mangiato quel frutto, anni fa. » mormorò Iwaizumi nel buio della notte, convinto che solo Kenma al suo fianco potesse sentirlo. « Oikawa me l'ha offerto in un bellissimo pomeriggio, ci eravamo divertiti un sacco quel giorno, ed è stato allora che gli ho promesso di restare al suo fianco per sempre. Mi sarei impegnato a creare un mondo dove umani e creature fatate potessero convivere pacificamente e in armonia. Ero uno sciocco e un illuso, ma non mi pento di aver condiviso quest'illusione con lui. »
Hinata e Kageyama cavalcavano ai lati del carro e, sentendo quell'affermazione, l'arciere s'incupì. Il rossino se ne accorse nonostante l'oscurità, più che altro per il fatto che la sua andatura rallentò e si allontanò dal carro. Tirando le redini del cavallo, aggirò il carro e fece in modo di affiancarsi al compagno: era ora di finirla con quell'atteggiamento.
« Ehi, Kageyama! » lo apostrofò senza mezze misure. « Hai intenzione di aver quel muso lungo per tutto il viaggio? Questo non migliora la situazione, lo sai? »
L'arciere gli rivolse uno sguardo corrucciato ma non disse una parola.
Hinata non era un tipo particolarmente permaloso, ma in quel momento era già molto preoccupato e quell'atteggiamento peggiorava solo le cose.
« Capisco che tu sia in ansia, lo siamo tutti, ma isolarti e fare il martire non ti servirà a niente. » continuò.
« Non sto affatto facendo il martire, idiota! » lo zittì bruscamente Kageyama, ma quello non sarebbe bastato a mettere a tacere Hinata.
« Allora perché te ne stai da solo a rimuginare? Perché non parli neanche con me? Magari potrebbe farti stare meglio. »
« Non sto per niente male! » fu la risposta secca, corredata da uno schiocco delle redini che fece aumentare l'andatura del cavallo.
Hinata s'imbronciò ma decise che non poteva lasciar cadere la questione così facilmente, per questo incitò a sua volta la cavalcatura e si affiancò all'arciere davanti al carro.
« Sei davvero testardo! E io che pensavo ti preoccupassi per sir Iwaizumi! »
A quelle parole Kageyama finalmente si voltò verso di lui con un'espressione, se possibile, ancora peggiore di prima.
« Lo faccio! Eccome! Dopotutto sono stato io a colpirlo. Quello che non riesco a capire è perché diavolo si è messo in mezzo per proteggere quel mostro. Nello scontro precedente l'aveva ferito e ti aveva rapito, è un demone che sa solo fare del male, il suo sacrificio non ha avuto senso. »
Hinata sgranò gli occhi di fronte a quell'affermazione: il suo compagno non aveva dunque capito nulla di quello che era successo? O forse Iwaizumi non aveva raccontato nel dettaglio il suo rapporto con quello che era diventato il re dei demoni, quindi Kageyama non poteva conoscere i sentimenti che sia il cavaliere sia Oikawa provavano.
« Non è così! » esclamò impulsivamente. « Tooru non è quel tipo di persona! »
Sul volto di Kageyama si dipinse un'espressione inorridita.
« Tooru?! Ma che diavolo stai dicendo? Adesso ti metti a chiamare quel demone per nome? Non eri quello che diceva che li avrebbe sconfitti tutti? » Scosse la testa, incredulo. « Cosa ti ha fatto mentre eri suo prigioniero? Aspetta, ho capito! Ti ha stregato! Vi ha stregato entrambi! »
Hinata era letteralmente senza parole, non poteva credere che Kageyama avesse frainteso fino a quel punto, che arrivasse a pensare addirittura che le parole di Iwaizumi e le sue non fossero altro che il frutto di un incantesimo.
« Sei impazzito, che vai farneticando?! » gli strillò contro, attirando l'attenzione degli altri membri del gruppo. « Nessuno è stato stregato! Sir Iwaizumi si è comportato così perché lo ama  e Tooru lo ricambia! É così ovvio! »
Ma evidentemente non lo era visto che la risposta dell'arciere, secca e più aspra del solito, troncò la conversazione e non vi fu più verso di continuarla.

Quella stessa notte Semi Eita si svegliò di soprassalto con il respiro affannoso e il cuore in tumulto. Impiegò alcuni istanti a realizzare di non trovarsi sperduto chissà dove nel buio più completo, ma in un letto, dal quale aveva calciato via le coperte nell'impeto del sogno. Lentamente, sollevò le palpebre e mise a fuoco un volto a poco più di una spanna da suo. Re Ushijma lo stava fissando con le sopracciglia leggermente aggrottate ad increspare la sua espressione solitamente neutra, mentre teneva una mano posata sulla sua fronte.
« Altezza... » mormorò Eita schiarendo finalmente lo sguardo e i pensieri. « Mi dispiace avervi svegliato. Tornate pure a dormire. »
« Ti agitavi. » rispose il re, ignorando l'invito a coricarsi di nuovo.
Il tono usato non mostrava nessun particolare coinvolgimento, ma Eita vi lesse una certa premura insieme al gesto della sua mano: anche se non lo esprimeva apertamente, Ushijima doveva essere preoccupato per lui.
« Credo di aver sognato qualcosa, ma in questo momento non saprei dirvi di più. » ammise Eita con aria contrita.
In qualche modo si aspettava che il sovrano gli facesse pressione per conoscere un'eventuale nuova premonizione, ma Ushijima lo stupì spostando la mano dalla sua fronte alla guancia, in una sorta di goffa carezza.
« Non ha importanza. » rispose tornando a distendersi e spostando lo sguardo sul soffitto del baldacchino sotto al quale si trovavano. « Preferisco saperti tranquillo. »
A quelle parole l'espressione tesa di Eita si sciolse in un sorriso. Si preoccupava sempre del fatto che Ushijima lo volesse solo per il suo potere, che non gl'importasse di lui sotto altri aspetti, ma quando compiva quei piccoli gesti gentili, lontano dagli occhi di tutti, capiva per quale motivo continuasse a rimanere al suo fianco. Ushijima non l'aveva mai costretto, era sempre stato libero di scegliere se andarsene e anche la giustificazione di non avere un altro posto dove stare non era altro che una scusa. La verità era che in momenti come quello tutto le sue ansie svanivano come neve al sole e anche il fastidio e il disagio di essere additato come “l'amante del re” perdevano importanza. Sì, era l'amante del re, si disse con un sospiro soddisfatto, e ne andava fiero. Quello che le malelingue non avrebbero mai saputo era la gentilezza e l'accortezza che Wakatoshi gli riservava quando erano solo loro due e che gli riempivano il cuore di calore allontanando i suoi sciocchi timori.
Fu mentre indugiava in questi pensieri oziosi, la testa reclinata sulla spalla del suo re, che un frenetico bussare alla porta li fece sobbalzare entrambi.
« Nobile Semi! Nobile Semi, per favore, svegliatevi! É urgente! »
La voce del domestico era concitata e Ushijma si alzò prima che potesse fermarlo. Non che avesse tutta questa importanza che qualcuno lo trovasse nella sua stanza a quell'ora di notte e la faccenda sembrava seria.
Il servo sbiancò quando si trovò davanti il sovrano e prese a balbettare ogni genere di scusa, ma venne prontamente arginato da una chiara richiesta di spiegazioni. Sembrava che un gruppo di avventurieri fosse appena giunto a palazzo e tra essi si trovasse anche uno dei cavalieri reali in gravi condizioni. Si erano scontrati con i demoni della Brughiera e il cavaliere aveva espressamente chiesto di vedere il nobile Semi.
A quelle parole, Eita si gettò velocemente sulle spalle una vestaglia e superò il domestico a passo spedito, accennando solamente un semplice « Perdonatemi. » all'indirizzo del sovrano.
Doveva trattarsi di sir Iwaizumi, realizzò mentre attraversava praticamente di corsa i corridoi del palazzo e i cortili che lo separavano dalla foresteria dei cavalieri, doveva essere successo qualcosa di brutto, ecco spiegato il motivo di quel risveglio angoscioso.
Quando raggiunse la stanza in cui era stato alloggiato il gruppetto, vi trovò anche altri due cavalieri di sua conoscenza, che lo salutarono prontamente con un inchino.
« Sir Hanamaki, sir Matsukawa. » rispose Eita con un breve cenno del capo. « Cos'è successo? »
I due spiegarono brevemente che loro stessi erano stati svegliati da una guardia che sosteneva che qualcuno li cercasse al cancello principale, e vi avevano trovato Iwaizumi decisamente malridotto insieme al resto della compagnia.
Eita si sporse oltre le loro figure ed individuò immediatamente il cavaliere disteso sulla branda alle loro spalle. Attorno a lui si trovavano quattro persone dalle espressioni preoccupate che dovevano essere i famosi avventurieri. Uno in particolare, un giovane biondo con indosso la veste bianca dei maghi che, alla debole luce delle candele, non aveva notato, gli si fece incontro piegando appena il capo al suo cospetto. Sembrava sul punto di dire qualcosa, ma Iwaizumi stesso lo interruppe.
« Non preoccuparti, Kenma, ci penso io. Bentrovato, nobile Semi. Sembra che la vostra idea per mettere fine ai conflitti non sia finita come speravamo tutti. »
Si era alzato dal letto puntellandosi sul braccio sinistro ma era pallido e aveva un'espressione sofferente, come se fosse troppo esausto anche solo per dissimulare il dolore.
Eita intuì, in qualche modo, che era bene che parlassero a quattr'occhi e chiese agli altri di uscire; solo quando furono soli si avvicinò al letto e si apprestò ad esaminare le ferite.
« Questa ormai è quasi rimarginata. » disse Iwaizumi posandosi una mano sul petto. « Kenma e Aone sono ottimi curatori, il problema è un altro. Pare che la magia della Brughiera mi abbia contagiato. Mi sono graffiato con dei rovi e, da ragazzo, avevo mangiato frutta di quel luogo. L'avevo dimenticato. »
Eita aggrottò la fronte e si sedette sul bordo della branda.
« Il veleno della Brughiera è difficile da eliminare, nemmeno io posso fare granché. Al massimo posso arginare la sua diffusione. » mormorò, sentendosi improvvisamente stanco. Nonostante le sue origini e la magia nel suo sangue, era perfettamente consapevole di non essere abbastanza potente per salvare la persona davanti a lui. « Solo una creatura magica con poteri superiori può riuscire ad eliminarlo del tutto, ma farò del mio meglio. Intanto ti prego di raccontarmi cos'è successo al villaggio di Seijou. »
Iwaizumi annuì e, mentre Eita si concentrava nel tentativo di sfruttare al meglio la propria forza, iniziò a raccontare tutto ciò che inizialmente aveva riguardato solamente lui stesso e uno spirito dei boschi chiamato Oikawa Tooru e che aveva finito per coinvolgere il regno intero.
Alla menzione delle ali della creatura, il consigliere del re ebbe un piccolo sussulto che evidentemente non sfuggì al cavaliere nonostante le sue condizioni.
« Lo sapevate, vero? » domandò infatti a bruciapelo. « Sapevate che Oikawa ed io ci eravamo amati, per questo avete chiesto proprio a me di partire. »
Eita scosse la testa, desolato.
« Che tu lo creda o no, sapevo solo che qualcosa vi legava, non immaginavo un sentimento di tale entità, amore o odio che fosse. »
Il cavaliere però non aveva ancora finito.
« Vi ho raccontato la mia storia, ora mi aspetto che rispondiate almeno ad un'altra domanda. Oikawa era convinto che fossi stato io a tradirlo mentre voi avete insistito che fossi proprio io a partire. Per quanto possiate sostenere di non essere a conoscenza dell'intera questione, di certo non può essersi trattato di un caso o di una mera intuizione. Voi sapete chi gli ha strappato le ali, vero? Magari sapete anche cosa ne ha fatto. O peggio ancora siete stato proprio voi a farlo. »
« No! »
Di fronte a quell'accusa fin troppo diretta, Eita si discolpò d'istinto, prima di rendersi conto che quell'esclamazione sarebbe suonata ancora più sospetta. Forse era giunto il momento di giocare a carte scoperte: se la storia di Iwaizumi era vera, e a giudicare dalle ferite e dal suo stato di salute lo era eccome, era certo di potersi fidare di lui in quel frangente.
« Non farei mai deliberatamente del male ad una creatura fatata, per un motivo molto semplice: anch'io lo sono per metà. Mio padre era un essere umano, mia madre una fata dei boschi, probabilmente della stessa razza del tuo... amico. É questa l'origine del mio potere ed è anche il mio più grande segreto, spero tu possa comprendermi. »
Dopo il primo attimo d'incredulità, vide Iwaizumi socchiudere gli occhi e annuire.
« Il vostro segreto è al sicuro con me, non sono mai stato un amante dei pettegolezzi e in ogni caso non credo che vivrò a sufficienza per poterne parlare con qualcuno. »
C'era una sorta di ironia amara nelle sue parole ed Eita preferì glissare sull'ultima parte della frase: sperava che il suo intervento servisse ad allungare quella vita almeno un po'.
« Non ho responsabilità in quanto accaduto ma so chi è stato e so dove si trovano le ali del re dei demoni. » aggiunse, nel tentativo, per quanto assurdo, di ottenere una sorta di riscatto ai suoi occhi.
Ebbe immediatamente l'attenzione del ferito di fronte a lui e gli costò una certa sofferenza narrare dei due incontri con lo spirito del caos, di come ogni suo tentativo di dialogo non fosse servito a nulla e di come la sua opposizione fosse rimasta del tutto inascoltata dal sovrano. Non voleva che re Ushijima venisse visto come un tiranno semplicemente assetato di potere, dopotutto l'aveva fatto per proteggere il suo popolo, ma non poteva negare la fascinazione che aveva avuto su di lui quella manifestazione della magia.
Iwaizumi dovette intuire i suoi pensieri perché cercò il suo sguardo con espressione seria.
« Quello che è stato strappato ad Oikawa non è un semplice artefatto magico, lo capite, vero? » disse in tono basso e teso. « Non è un oggetto. »
Eita lo sapeva benissimo, le ali non erano solamente una parte del corpo per una creatura magica, erano ciò che la rendeva completa e che funzionava inoltre come regolatore del loro potere. Il collasso che lo spirito dei boschi aveva avuto e che l'aveva portato a diventare il re dei demoni era il minimo che ci si sarebbe dovuti aspettare in una situazione del genere. Visto quello che era successo, inoltre, dubitava fortemente che si sarebbe giunti ad un qualunque genere di soluzione di quel passo. Bisognava agire, e bisognava farlo subito, o le conseguenze sarebbero state peggiori di tutto quello che era accaduto finora.
« Va bene. » decise. « Ti porterò dove si trovano le ali, nella torre che nasconde il talismano che protegge il regno. Anche a costo di rendere vano l'intento di sua altezza, vorrei che tu le riportassi al loro legittimo proprietario prima che si trasformi in un flagello peggiore di qualunque carestia. »
Forse era un ragionamento egoista, forse re Ushijima lo avrebbe accusato di tradimento per quello, ma ciò a cui andavano incontro era davvero peggiore di quanto pronosticato dalla creatura oscura e dai suoi stessi sogni. Una creatura potente come il re dei demoni, se non veniva placata, poteva davvero essere foriera di morte e distruzione più di qualsiasi calamità naturale.

Quando vennero invitati a lasciare la stanza per permettere a Iwaizumi e quel nobile di parlare indisturbati, Hinata tentò di nuovo di avvicinarsi a Kageyama, approfittando del fatto che i due cavalieri si erano appartati con Kenma e Aone per informarsi sulle condizioni dell'amico.
L'arciere aveva un'espressione ancora più cupa del solito e camminava nervosamente avanti e indietro, probabilmente tormentandosi sull'argomento della loro precedente discussione.
« Vedrai che il nobile Semi riuscirà ad aiutare sir Iwaizumi. Presto starà meglio. » esordì tentando un approccio meno aggressivo.
Kageyama però non sembrava dello stesso avviso.
« Oh, non ne dubito. » rispose lanciando al compagno un'occhiata obliqua. « Quello che mi chiedo è com'è possibile presentarsi a palazzo dopo aver fallito su tutta la linea. Ci eravamo ripromessi di eliminare il re dei demoni, sir Iwaizumi era stato inviato per mettere fine al conflitto, e invece eccoci qui: feriti, sconfitti, una totale delusione. E solo perché avete lasciato andare quel dannato mostro quando avevamo la possibilità di eliminarlo una volta per tutte. »
Le ultime parole erano state pronunciate con sottofondo di rabbia tale che Hinata finì per accantonare tutti i buoni propositi e perdere le staffe. Si aggrappò al braccio del compagno e prese a strattonarlo nervosamente.
« Smettila di dire queste cose! Non c'è stato nessun fallimento! L'unica possibilità mancata è stata quella di far riappacificare quei due! Non c'è nessun mostro in questa storia, non lo capisci? Ci sono solo persone che stanno soffrendo. »
« Stai ancora parlando sotto l'influsso di qualche incantesimo? »
Il tono di Kageyama, infastidito, e quello di Hinata, che si era alzato più del dovuto, finirono per attirare l'attenzione del gruppetto poco lontano e anche i due cavalieri si voltarono ad osservarli con perplessità.
« Non c'è nessun incantesimo, insomma! » sbottò il piccolo spadaccino. « Quello che pensavamo era sbagliato, le creature della Brughiera non si sono rivoltate contro gli umani senza motivo o per la loro indole malvagia! Tooru, il re dei demoni, ha subito un torto enorme. Amava sir Iwaizumi e ha sofferto tantissimo pensando di essere stato tradito da lui. In realtà non era così e se solo avessero avuto modo di parlarsi... »
« Sarebbe bastato che sir Iwaizumi non s'incapricciasse di un demone. »
Il suono dello schiaffo fece sobbalzare addirittura Kenma, che si voltò allarmato verso i due.
Hinata s'immobilizzò fissando la propria mano che era scattata quasi senza che se ne rendesse conto: aveva picchiato Kageyama, aveva colpito il suo compagno di vita mosso da una rabbia e da un senso di giustizia che non aveva nemmeno realizzato del tutto di avere. Per contro, lo stesso Kageyama lo fissava allibito.
« Allora forse nemmeno io avrei dovuto incapricciarmi di te. » mormorò il rossino in tono basso e insolitamente cupo.
Fece per andarsene, ma l'arciere lo afferrò per un braccio, trascinandolo in un angolo più appartato. Sembrava decisamente arrabbiato, ma in qualche modo anche spaventato dalla piega che aveva preso quella discussione. Hinata lo vedeva dal suo sguardo e ne era allarmato lui stesso, avendo agito come al solito totalmente d'impulso.
« Tutta questa storia mi fa uscire di testa! » ringhiò Kageyama. « Come puoi...? »
Hinata prese un lungo respiro, non era mai stato bravo a mantenere la calma né tanto meno a spiegarsi come si deve a parole, ma questa volta era necessario.
« Posso perché ho visto Tooru piangere mentre ero là, ho visto le cicatrici sulla sua schiena dove un tempo aveva le ali e ho pensato a come mi sarei sentito io se tu mi avessi aggredito. Ho visto i suoi amici preoccuparsi per lui e proteggerlo come si fa con chi ha sofferto troppo, anche se lui è il più forte di tutti. Ho visto sir Iwaizumi mentre parlava di lui e il modo disperato in cui lo guardava. Non è un capriccio, non lo è mai stato, così come non ci sono mai stati mostri. Kageyama, lo capisci? »
Rialzò lo sguardo sul giovane di fronte a lui, che nel frattempo aveva allentato la presa sul suo braccio. Aveva abbandonato l'espressione furibonda per una pensosa e piuttosto preoccupata.
« Quindi secondo te finora abbiamo sempre sbagliato tutto. » commentò.
Hinata annuì, convinto.
« Già... Non è colpa di nessuno, non potevamo sapere, ma ora che siamo al corrente della verità dobbiamo come minimo fare qualcosa. »
Kageyama lo fissò dritto negli occhi mentre chiedeva: « Anche se questo qualcosa implicasse il tuo andartene da me? »
Hinata rimase sbalordito da quella domanda e, quando ne comprese appieno il significato, dovette trattenersi dallo scoppiare poco delicatamente a ridere.
« Non ci penso proprio ad andarmene, non ti libererai così facilmente di me! » esclamò sentendosi immediatamente più leggero. « A volte dici cumuli di sciocchezze più alti delle torri di questo palazzo e hai un senso dell'onore decisamente esagerato, ma ti amo e farò finta di non aver sentito nulla. »
Sorrise radioso, felice del fatto che il compagno avesse finalmente compreso, certo di essere più vicino alla soluzione di tutti quei guai, e avrebbe aggiunto altro se qualcosa di pesante non l'avesse improvvisamente colpito alla nuca, facendolo quasi stramazzare al suolo. Quando riuscì a riprendersi dallo spavento e a levarsi di dosso con l'aiuto di Kageyama ciò che era piovuto dal cielo, si ritrovò di fronte l'ultima persona – o in questo caso creatura – che si sarebbe aspettato di vedere lì a palazzo.
« Kuroo! Che cosa ci fai qui? » esclamò incredulo.
Il gatto nero si aggrappò con le unghie alla sua casacca e miagolò concitatamente: « Hinata, presto! Abbiamo bisogno del tuo aiuto, non c'è un minuto da perdere! »

 

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