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Autore: _armida    11/11/2016    3 recensioni
La sua lunga gonna di tulle frusciava sul pavimento d'oro del palazzo di Asgard, mentre il ticchettio dei suo sandali produceva un suono cadenzato e regolare.
In lontananza, si udivano ancora i rumori della festa che stava volgendo al termine: i musici stavano rilasciando nell'aria le ultime dolci note e le dame e i cavalieri ballavano le loro ultime danze.
Sorrise nel vedere alla fine del corridoio che stava percorrendo una massiccia porta, anch'essa d'oro, con la superficie interamente coperta da complicati intagli e bassorilievi.
Bussò.
Dopo pochi secondi i pesanti cardini si mossero ed essa si aprì di alcune spanne; due profondi occhi di un verde brillante si scontrarono con i suoi, colore del mare.
Si sorrisero a vicenda.
"Ce ne hai messo di tempo", disse il dio.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Thor, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VII: Il Tesseract 

Alcune ore più tardi...

Cassandra sbuffò ed osservò la marea di fogli sparsi intorno a lei. Si trovava in una sala delle conferenze, sull’Helicarrier, completamente sola. Nick Fury le aveva concesso di restare lì, isolata, per leggere e studiare tutto il materiale che lo S.H.I.E.L.D. aveva raccolto sui suoi genitori.
Si era seduta a gambe incrociate al centro di un enorme tavolo rotondo, disponendo i fogli a cerchio intorno a lei. Scarabocchiò qualcosa sopra la margine di uno dei documenti, poi portò la matita alla bocca, mordicchiandone il fondo con non poco nervosismo. 
Per ora aveva scoperto che i suoi genitori erano stati interpellati dallo S.H.I.E.L.D. in quanto principali esperti di mitologia norrena in circolazione.
Si sporse per prendere una vecchia fotografia: si trattava sempre dei suoi genitori, con indosso un camice bianco da laboratorio; apparivano sorridenti mentre parlano con Howard Stark. Anche il padre di Tony era stato coinvolto nel progetto; dai documenti che aveva letto era stato lui a ritrovare il Tesseract, dopo che l’aereo con a bordo quell’oggetto era precipitato in mare. 
Il Tesseract...
Quel nome le era sembrato famigliare fin dal primo momento, ma solo nell’isolamento di quella stanza le era venuto alla mente dove e quando lo aveva udito nominare. Chiuse gli occhi,  riportando quel momento alla mente.

Nove anni prima...

“Loki, hai finito con quel libro?”, piagnucolò Cassandra, sedendosi in modo tutt’altro che delicato su uno dei numerosi tavoli della biblioteca del Palazzo reale di Asgard, proprio di fianco al pesante manoscritto che il dio stava leggendo. Quest’ultimo, probabilmente soprappensiero, sussultò, senza comunque nessuna intenzione ad alzare gli occhi nella sua direzione.
La giovane sbuffò, riprendendo tra le mani il proprio blocco da disegno e una matita, con ormai impressa tutta la sua arcata dentale. Si mise a disegnare, come se non avesse fatto altro durante tutto il resto del pomeriggio. 
Aveva appena iniziato ad abbozzare i lineamenti del volto del dio, quando la punta della matita si ruppe. Chiuse il blocco e poggiò il tutto da parte.
Prese un lungo respiro, prima di iniziare a guardarsi intorno con aria annoiata. 

Nel mentre, Loki appoggiò distrattamente una mano sul ginocchio della giovane, cominciando a massaggiarlo lentamente, risalendo alle volte l’interno coscia, per poi tornare a scendere.
Cassandra prese la mano del dio tra le sue e se la portò alla bocca, indugiando con le labbra più del dovuto sulla sua pelle diafana, piacevolmente e perennemente fredda.
Ottenne poco più di un veloce sorriso, prima che lui ritornasse con il naso sui libri.
Sbuffò per l’ennesima volta e si sdraiò su di un fianco, stando ben attenta a coprire il pesante manoscritto con il proprio corpo.
Il dio la osservò con le labbra piegate in un enigmatico sorriso; nei suoi occhi verdi traspariva invece una punta di malizia.

C’è qualcosa che posso fare per te, Cassandra?”, le chiese, con un tono di voce leggermente più basso del normale.
“Che cosa stai leggendo?”, domandò di rimando lei, allungando una mano verso il suo volto.
“Ora come ora assolutamente nulla”, ripose lui, ironico.
Cassandra ritrasse la mano, piegando poi il braccio sotto alla testa. Sbuffò: si dimenticava sempre quanto per il Dio della Menzogna le parole fossero importanti.
“Allora...che stavi leggendo?”, chiese nuovamente, utilizzando i verbi al passato e non al presente.
Le labbra del Dio si piegarono in un sorriso soddisfatto; portò lentamente una mano al fianco della giovane, coperto appena da una sottile veste color carne, molto semplice, senza maniche e dall’ampio scollo a v. Sfiorò appena la stoffa, mentre piano piano le sue dita scendevano fino alla gamba.
“Antichi manufatti”, rispose dopo alcuni secondi in cui l’unico rumore udibile erano i loro respiri e il frusciare della mano sulla veste.
“Che genere di antichi manufatti?”. Lo sguardo di Cassandra si illuminò, osservando Loki incuriosita, pregandolo di rivelarle di più. Gli sorrise, non potendo fare a meno di contagiarlo con il proprio entusiasmo.

Il Dio portò le mani sulle proprie gambe, invitandola così a sedersi sulle ginocchia, cosa che la giovane fece appena un istante più tardi. Le scostò la bionda treccia da un lato, in modo da avere il suo collo libero; nel farlo, le sue dita non poterono fare a meno di sfiorarle la pelle candida. 
Le lasciò un leggero bacio sul collo.
“Hai mai sentito parlare del Tesseract, Cassandra?”, le chiese a voce bassa ad un orecchio.
Lei scosse la testa.
Il pesante manoscritto su cui era rimasta sdraiata fino a poco tempo prima si librò in aria, disponendosi di fronte a loro. Le pagine presero a muoversi una dopo l’altra, come dotate di vita propria. Alla fine si fermarono su di un testo riccamente decorato, con alcune lettere ricoperte da finissime lamine d’oro. Ma non fu quello o le illustrazioni dai sgargianti colori a colpire tanto la giovane, ma il disegno di un piccolo cubo azzurro.
Il cubetto parve uscire dalla pagina e fluttuare nell’aria, fermandosi a pochi centimetri dal suo volto. Provò a toccarlo, ma le sue dita passavano da parte a parte, incapaci di afferrare quella che era null’altro che un’illusione.
Rise davanti all’ennesimo gioco di magia del Dio degli Inganni e si voltò verso di lui, facendo sfoggio di uno dei suoi migliori sorrisi, di quelli che mostravano le fossette ai lati della bocca, che lui adorava tanto.
Per un periodo di tempo indefinibile gli sguardi di entrambi furono catturati l’uno dall’altro, poi Loki si chinò sulla spalla scoperta di Cassandra, indugiando su di essa con le sue labbra fredde; lei si voltò, tornando ad osservare interessata il manoscritto, attendendo in silenzio che lui riprendesse il suo racconto.

“Il Tesseract è un contenitore”, sussurrò il dio, lasciandole poi una scia di baci lungo il sottile collo di porcellana.
Cassandra chiuse gli occhi, reclinando la testa dal lato opposto, lasciandogli così più spazio di manovra.
“Contiene una fonte pressocchè illimitata di energia”, aggiunse tra un bacio e l’altro.
“E dove...dove si trova?”, domandò lei con il fiato corto.
Sentì Loki farsi più teso e scostare il volto dal suo collo. Si voltò verso di lui, osservando la sua espressione farsi improvvisamente seria. “Rubato”, disse in tono cupo. “Trafugato da Asgard secoli fa”
La giovane portò una mano al volto del dio, carezzandogli delicatamente una guancia.
“La sua attuale collocazione è sconosciuta”, aggiunse lui.
“Potremmo...”, disse Cassandra, mordendosi poi il labbro. “Potremmo andare a cercarlo”
Si mise a cavalcioni su di lui.
“Io e te. Solo noi due all’avventura”, aggiunse, sistemandosi meglio.
Loki le sorrise, poi il suo sguardo fu catturato dalle labbra della giovane. “Potremmo”, sussurrò con voce roca, prima di avventarsi su di esse.


Fu  il rumore della porta della sala conferenze che si richiudeva a riportare Cassandra con i piedi a terra.
“Cassandra, tutto...bene?”, chiese cauto Steve, muovendo alcuni passi all’interno della stanza. Non aveva potuto fare a meno di notare il sussulto delle spalle della donna quando era entrato. 
“Benissimo”, ribattè prontamente lei, voltandosi di tre quarti verso di lui e sorridendogli. “Ero solo soprappensiero”
Spostò alcune carte dall’ampio tavolo, per permettergli di sedersi affianco a lei. 
“A cosa stavi pensando?”, domandò il Capitano, poggiandosi a bordo del tavolo, nell’unico punto libero. Si guardò intorno, soffermandosi sul disordine che regnava sovrano in quel momento.
Cassandra parve tentennare sulla risposta. “Al Tesseract”, disse infine.
“Ne avevi sentito parlare prima di oggi?”, continuò lui.
La vide annuire.
“Ad Asgard?”
“Sì”
Dal tono di voce della giovane, Steve capì che sarebbe stato meglio non indagare oltre. “Anche io”, disse semplicemente. “Era meglio lasciarlo nell’oceano”, aggiunse in tono amaro. Lo sguardo basso, fisso su di un punto indefinito del pavimento mentre le immagini di quello che era successo poco prima dello schianto passavano velocemente davanti ai suoi occhi azzurri. Sospirò.
Cassandra lo osservò mentre le dava le spalle. Cercò delle parole adatte da dire ma non ne trovò; non sapendo bene come procedere si limitò a poggiargli una mano sulla spalla.
Steve tentennò un attimo, prima di poggiare a sua volta una mano su quella di lei; la strinse leggermente. 
“Come hai fatto ad abituarti a questo mondo?”. Nemmeno lui sapeva da dove quelle parole fossero uscite. Aveva capito che per lei quello era un argomento delicato, eppure esse avevano preso forma sulla sua lingua come se fossero state dotate di vita propria.
Si voltò verso di lei, osservandola dritta negli occhi. Azzurro che si specchiava in altro azzurro.
Cassandra appariva pensierosa mentre cercava il modo migliore per rispondergli; sapeva che non erano poi così dissimili, loro due: entrambi si trovavano in un mondo che non era quello che li aveva visti crescere. C’era solo una differenza.
“In realtà è stato...naturale”, disse semplicemente.
Steve intrecciò la sua mano alla propria, passando distrattamente il pollice sulle sue nocche.
“Mi sono sentita immediatamente a casa qui sulla Terra. Più di quanto lo sia mai stata ad Asgard”, aggiunse lei. Il suo sguardo non potè non finire sulle loro mani. Sorrise, mostrando le fossette.
Anche gli occhi del Capitano seguirono i suoi: il volto di Capitan America divenne paonazzo e ritrasse velocemente la mano, balbettando velocemente alcune scuse.
Cassandra non potè fare a meno di lasciarsi andare ad una risata alla vista di quel goffo comportamento. Risata che ben presto contagiò anche il Soldato.
Si concessero alcuni secondi di leggerezza, poi il volto della donna tornò serio.
“Ti stai abituando al ventunesimo secolo?”, gli chiese.
Steve sospirò. “Credo di essere senza speranze”
Ma c’era una punta di ironia nella sua voce, un residuo della spensieratezza di poco prima che stentava ad andarsene.
Lei gli tirò un amichevole pugno sul braccio. Un piccolo ammonimento. “Se ci sta riuscendo Thor, sono certa che puoi farcela perfettamente anche tu”
Quasi a volerlo fare apposta, in quel momento dei forti colpi alla porta fecero traballare l’intera stanza.
“Avanti”, disse prontamente Cassandra.
Il Dio del Tuono fece la sua comparsa. Nonostante un accenno di sorriso sulle labbra, non pareva essere di buon umore.
“Devo parlarti”, si rivolse alla giovane.
Un breve scambio di sguardi tra Cassandra e Steve, poi il Capitano scese dal tavolo, incamminandosi verso l’uscita. 
Lei lo osservò scomparire oltre la soglia, prima di prestare tutta la propria attenzione al dio. “Che devi dirmi, Thor?”
Il suo sguardo studiò attentamente il volto corrucciato di fronte a lei e non riuscì a reprimere una risata alla vista di una vistosa riga a pennarello blu che solcava per il lungo la sua guancia.
“Hai giocato con le tue nipotine, per caso?”
A Cassandra appariva così strano poterlo finalmente dire un modo così naturale. Ad osservare l’espressione del dio, anche lui doveva averla pensata allo stesso modo.
Dopo un attimo di iniziale smarrimento le sorrise, raggiante.
“Non riescono a stare ferme un istante. Quando pensi che ormai abbiano esaurito le idee, eccole uscire con qualcosa di nuovo”. La osservò dritta negli occhi. “Mi ricordano molto voi due, sono la vostra copia”
Cassandra abbassò lo sguardo, improvvisamente imbarazzata. “Già”, si limitò a dire.
Nella stanza cadde il silenzio, rotto soltanto dallo stivale di Thor che picchiettava sul pavimento.
“Perchè te ne sei andata?”
La domanda arrivò alle orecchie della donna inattesa. Prese un lungo respiro. “Io mi sentivo in gabbia, avevo come la sensazione che Asgard mi si stringesse addosso senza permettermi di respirare. Andarmene era l’unica soluzione”
Non era stato facile abbandonare tutto e tutti, eppure anche in quel momento era convinta che quella notte di diversi anni prima aveva preso la decisione giusta. 
“Perchè non sei tornata quanto hai scoperto di...di aspettare le bambine?”
Thor non avrebbe capito. Forse non lo avrebbe mai fatto.
“Tornare con la coda tra le gambe ad Asgard? Non lo avrei mai fatto”, ribattè prontamente lei.
“Non avresti dovuto tenerci all’oscuro di tutto”, la rimproverò lui. “Specialmente Loki”
Forse da questo punto di vista aveva ragione, ma che sarebbe successo in quel caso?
“Di fronte al fatto compiuto padre non avrebbe esitato a darvi il suo benestare per le nozze. Saresti potuta diventare una principessa”
Una gabbia dorata. Ecco quale sarebbe stata la sua fine in quel caso. Vivere in una gabbia dorata per il resto dei suoi giorni. 
Avrebbe così condannato anche le sue bambine a quella stessa vuota esistenza.
Cassandra scosse la testa, ma Thor continuò il suo racconto. “Forse...forse ciò che è successo a mio fratello non sarebbe mai accaduto”, disse con un filo di voce.
Già, forse in quel momento non si sarebbe trovato in una cella dell’Helicarier ma a giocare con le proprie bambine all’interno dei giardini del palazzo di Asgard. 
“Romanoff ha appena finito di interrogarlo”, rivelò il dio, quasi leggendole nel pensiero. “Forse dovresti provare a parlargli. Magari a te darebbe ascolto”
   
 
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