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Autore: ClosingEyes_    15/11/2016    3 recensioni
Arrivi ad un punto che il tuo cuore ormai è stanco, ti abitui a vivere nell'umiltà e non ti interessa più essere una persona migliore, butti alle spalle anni e anni di sacrifici perché sai che ci sarà sempre qualcosa a bloccarti.
Ma una magia bastò per cambiare la mia vita, in un ristorante, con un Ferrari di troppo e un freddo pungente.
Quest'aria di Natale in anticipo fa miracoli.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Voglio svegliarmi con la musica, non con questi maledetti clacson della città , accidenti!.
Sgusciai una mano fuori dalla coperta per arrivare al cellulare, per mia fortuna non troppo lontano dal divano.
Trovai una marea di chiamate, tutte da parte di un numero sconosciuto; richiamai, presa dalla curiosità, nonostante avrei risposto con la mia voce da sonno profondo.
Ogni squillo era un sospiro, pronta a rispondere non appena avessi sentito la voce dall'altra parte del telefono.
-Pronto?-.
Per poco non mi cadeva il cellulare dalla mano: spalancai la bocca, insieme agli occhi, sconvolta, sorpresa e incredula.
-Signor ...Sesshomaru, come ha avuto il mio numero?- che domanda stupida, sicuramente Kagome.
-Penso che lei lo sappia- ma dai.
-Comunque mi dica , stavo dormendo - poi dopo ti chiedo del biglietto, bastardo.
-Mi apra il portone innanzitutto-.
Ma cosa, quale portone?! Che fa non sale dalla finestra come ieri sera, adesso è un normale umano che sale le scale.
-Ma come , ma perché ? Cosa vuole da me?-.
-Voglio parlarle-.
Sbuffai, tanto era inutile insistere, sarebbe restato sotto casa le ore; mi trascinai fino al citofono, aprendo il portone e la porta di casa , notando che il tappetino era leggermente spostato e il terreno della pianta leggermente scostato.
Un momento, io le chiavi di scorta le ho la dentro se torno a casa ubriaca, come è possibile, dove sono le chiavi maledizione.
-Sta cercando queste signorina?-.
Alzai il viso e vidi la faccia di quel grandissimo arrogante, mentre manteneva fra le sue dita le mie chiavi di casa, soddisfatto di avermi fregato alla grande.
-Quindi lei aveva le mie chiavi, è entrato dentro casa mia e mi ha messo la coperta addosso-.
-Anche a New York fanno così , mettono le chiavi nei vasi quando deve venire qualcuno-.
-Io non aspettavo nessuno-.
Non di certo mi aspettavo che lui venisse a casa mia, non so neanche per quale strana ragione lui lo abbia fatto.
Mi rimise le chiavi nel vaso e  lo feci accomodare dentro casa, ancora con il pigiama addosso e i capelli scombinati.
-Dunque lei cosa vuole da me?- chiesi, sedendomi sul divano.
Feci segno a Sesshomaru di accomodarsi sul divano ed egli si sedette vicino a me, troppo vicino.
-Signorina, voglio sentirla cantare-.
Ma si è bevuto il cervello, io non canto neanche sotto tortura davanti a questo, a cosa vuole arrivare? Non basta che io e mia sorella ci odiamo, devo anche fregarle il lavoro.
-Non se ne parla-.
Vidi il suo solito sorrisetto sbruffone, mi iniziai a preoccupare.
-Suvvia signorina Rin, mi faccia contento , voglio sentire l'Hallelujah di Cohen-.
Insomma una cosa facile, era una delle prime canzoni che mia sorella cantò in uno di quei programmi musicali, quando aveva venti anni penso. 
Sapendo che non avrebbe tolto il suo sedere dal divano finché non mi sarei messa a cantare a squarciagola, acconsentì , non proprio invogliata ma dovevo farlo per togliermelo dai piedi.
Mi alzai dal divano e andai vicino alla finestra, notando la forte nevicata e forse quella fu una specie di ispirazione per le mie corde vocali.
Chiusi gli occhi ed intonai le prime strofe, facendo scivolare ogni parola sulla lingua per poi riprodurre il suono in modo più leggiadro possibile; era una canzone molto delicata e richiedeva impegno e passione.
Le mie mani torturavano i miei capelli , alzandoli dolcemente, scoprendo la nuca.
Mi sentivo finalmente così libera di poter cantare davanti a qualcuno che forse avrebbe apprezzato tanti anni di duro lavoro e fatica. 
Arrivai al ritornello e sentì delle mani lungo i miei fianchi e un forte sospiro sul mio collo: non riuscivo a capire più nulla, ma sapevo che probabilmente Sesshomaru mi stava sfiorando, con una tale delicatezza da fare indivia ad una piuma.
-La sua voce è talmente bella da farmi sentire su una nuvola signorina, la prego non la smetta-.
Mi strinse da dietro e non mi scomodò molto questa cosa, anzi nonostante fosse un estraneo la gradì tremendamente.
Mi mancavano, forse, così tanto queste dolcezze da accettare anche una coccola da una persona conosciuta neanche 24h fa.
Fuori faceva freddo, si capiva dalla condensa sui vetri: le luci natalizie erano l'unica fonte di calore in quelle strade ghiacciate, le persone camminavano fra loro  abbracciati,  oppure tentavano di scaldarsi con una cioccolata calda fra le mani, io invece avevo il mondo in una stanza senza saperlo.
Ma le magie finiscono, come le canzoni, ma gli abbracci no.
Sesshomaru era ancora stretto a me, allora mi girai: i suoi occhi erano decisamente caldi e forse tremendamente maliziosi.
-Lei mi ha fatto innamorare della sua voce-.
-Solo della voce?- ma cosa cavolo vado a dire.
-Non solo -.
Capendo la situazione scomoda, mi scostai dolcemente da lui, osservando il suo sguardo contrariato.
-La prego, non mi faccia del male anche lei, ho subito abbastanza- dissi scostandomi una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
-Lavori per me- cosa, ho capito bene?.
-Lei vuole che lavoro per cosa?-.
-Io ho una casa discografica, sto cercando una persona così, la prego non rifiuti- me lo chiese con gli occhi speranzosi che dicessi si.
Cosa dovevo fare, dovevo sperare che forse il mio futuro poteva improvvisamente cambiare per mano di quel bellissimo demone che aveva apprezzato la mia voce tanto da innamorarsi, oppure dire di no perché soffiare il lavoro da sotto al naso di mia sorella non era una cosa corretta.
-Posso pensarci?-.
-La prego Rin-.
Pregare, mi sta sul sta sul serio pregando per lavorare con lui.
Quelle labbra, maledizione se le sta torturando con quei denti affilati, cosa darei per saltargli addosso, quel suo atteggiamento spavaldo , le sue gambe accavallate e quei occhi magnetici.
Aveva ancora la giacca, ancora non aveva avuto modo di togliersela per la fretta di sentirmi cantare ed ecco che mi venne l'idea.
-Facciamo così: io questo fine settimana sono libera, se lei viene a casa mia per questo fine settimana e iniziamo a lavorarci un po' su, senza che nessuno sappia nulla?-.
L'ho appena invitato a casa mia per fare le prove, se dice di no ha un orientamento sessuale molto strano.
-Accetto-.
Mi lasciò spiazzata la velocità della sua risposta, come se non vedesse l'ora di restare ancora solo con me.
-Kagome non lo deve sapere, nessuno deve, può tenersi le chiavi di casa mia, ci vedremo dalla mattina fino alla sera, lei è d'accordo?-.
-Assolutamente, iniziamo già da oggi?-.
La prima volta che scoppiai a ridere per una risposta così frettolosa è stato proprio un quel momento: mi accasciai a terra, ridendo come una pazza e mantenendomi la pancia , era incredibile la sua voglia di poter sognare ancora fra le mie note.
-Perché ride?-.
-Sa, lei è la persona più  strana che io abbia mai conosciuto e queste avance non me le ha mai fatte nessuno-.
-C'è sempre una prima volta-.
Si, è vero, ci si può sempre innamorare una seconda volta come se fosse la prima, principalmente di un demone come Sesshomaru.
-Bene, allora si metta comodo, vado a cambiarmi-.
-Rin-.
-Si?- perché mi guardi così.
-Dammi del tu per favore-.
Allora è una cosa intima, addirittura dargli del tu, va bene.
-Va bene, Sesshomaru, fai come se fossi a casa tua -.
Marcai il suo nome, prima di sparire dietro lo stipite della porta , completamente imbarazzata, che strano effetto che mi fa quel demone.
Mi diedi una lavata e una sistemata, indossando un maglione-vestitino beige con le spalle scoperte e  un paio di parigine nere , mentre i capelli li raccolsi morbidamente in una treccia.
Uscì dal bagno e tornai in salotto, trovando Sesshomaru senza giacca, senza cravatta, con la camicia aperta di due bottoni e le maniche rimboccate all'altezza del gomito.
Mi guardò come se avesse visto un angelo, la donna più bella della sua vita.
-Che c'è ?- cosa ho che non va.
-Sei sempre vestita così per casa?-.
Mi guardai il maglione pensando che forse non aveva gradito il mio abbigliamento, però strano non capisco.
-Perché sto male?- lo sapevo che questo maglione mi faceva una palla.
-Sei bellissima-.
Diventai rossa come un peperone e subito voltai la faccia di lato, non ero più abituata a questo tipo di attenzione, che imbarazzo.
-Ma che ore sono?- guardai l'orologio ed era già l'una, maledizione.
Mi girai e lo guardai, cercando di fargli capire che non ero proprio un fenomeno nella cucina e che forse era il caso di chiamare il pranzo.
-Ehm, cinese?- chiesi titubante.
-Ho chiamato il giapponese, offro io- ma questo è il mio angelo.
Felice come una Pasqua , gli saltai 
addosso e subito mi prese, ma non realizzai che probabilmente lui rimase più sconvolto di me dal mio improvviso atteggiamento.
-Scusami , scusami non volevo io..- ma perché sono ancora in braccio a lui.
Mi guardava con gli stessi occhi di prima, ma stavolta avevano quella strana scintilla di chi desiderava altro.
Mi chiedo scusa da sola per quello che è successo.
Mi sbattè sul tavolo della cucina, baciandomi un ogni angolo del collo fino arrivare alle labbra, catturandole con foga e passione, mentre le sue mani mi alzarono il maglione, carezzandomi le gambe coperte dalle parigine che sparirono poco dopo.
Mi tolse completamente il maglione, continuando a baciarmi, non c'era dialogo, non c'era niente, solo sesso.
Gli tolsi la camicia, sentendo sotto le dita quei bellissimi muscoli da probabile divinità greca e poi passai ai pantaloni, sbottonandoli e lasciandolo in boxer.
Stupida canzone di Cohen, mi ha incastrato con questa benedetta Hallelujah.
L'unica Hallelujah che sentivo un quel momento era quella dei miei ormoni in preda all'eccitazione del maschio alfa, solo così posso definirla.
Ma nonostante fossimo seminudi, il destino ha detto di no, tanto da far arrivare il pranzo proprio nel momento migliore.
Scappai in camera a rivestirmi, completamente rossa in volto e dannatamente accaldata, non potevo crederci che sono così bella da farmi sbattere sul tavolo da un demone che sicuro viene riempito di avance da qualunque donna a Boston.
Tornai in cucina e Sesshomaru aveva appena apparecchiato e si era anche già rivestito, veloce il demone, una persona che non perde tempo.
Il pranzo iniziò in un silenzio imbarazzante e tagliente: non riuscivamo a guardarci in faccia, non si è capito cosa cavolo era successo qualche minuto prima.
Decisi di rompere il silenzio, più mangiavamo per evitare di parlarci, più quell'aria tesa non si sarebbe mai disciolta.
-Sesshomaru senti io..-.
-Possiamo prima mangiare e poi parlare?-anche lui era decisamente teso, più di me, forse era pentito.
-Va bene-.
Non me lo scorderò mai: passarono tre minuti, tre minuti precisi di orologio, centottanta secondi della mia vita che furono forse uno dei migliori.
Si alzò dalla sedia e mi venne vicino, prendendomi per le gambe e portandomi in braccio sopra al piano della cucina.
-Tu mi hai fatto impazzire, mi hai stregato, ma cosa mi hai fatto-.
Mi guardava veramente sorpreso, era più incredulo di me.
-Cosa hai fatto tu a me- dimmelo tu cosa mi hai fatto Sesshomaru, che mi accendi appena mi prendi in braccio.
-Maledizione Sesshomaru, baciami e fammi tua-.
Ho detto una cosa importante, ho detto ciò che non ho mai detto a nessuno con tanta foga: con nessuno è stato così bello, con nessuno ho sentito delle mani dolci e delicate sfiorarmi con tanta passione, nessuno mai mi ha fatto sentire così donna.
Non ho mai dato il mio corpo a nessuno con tanta facilità, così al primo " appuntamento", ma lui mi ha fatto sentire donna, lui mi ha adulato mentre cantavo, lui mi ha coccolato con un semplice abbraccio, lui mi ha sbattuto sul tavolo con la voglia di avermi con se, dentro se, su di se.
In un orgasmo, spingeva dentro di me la voglia di avermi, ma non perché lo eccitassi,  perché ha visto qualcosa in me che nessuno mai ha notato: l'amore.
Mi sfiorava le guance con il dorso della mano e i suoi baci silenziavano i miei gemiti di piacere, mentre io conficcavo, nel vero senso della parola, le unghie dietro alla sua schiena, alla sua possente schiena.
L'ultima spinta ed io guardai fuori, sorridendo a quella fine neve che cadeva copiosa dal cielo, poi lo guardai , soddisfatta e ancora con le gote rosse.
Scesi dal piano della cucina un po' dolente, considerato che lo avevamo fatto sul marmo.
-Rin- mi stavo rivestendo quando mi trovai i suoi occhi addosso.
-Dimmi Sesshomaru- lo guardai perplessa, che si fosse pentito.
-Continuiamo a mangiare che ho fame-.
Le mie guance si gonfiarono al punto di scoppiare di risate.
Eravamo io, lui, il tavolo e quel sushi, niente di più.
   
 
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