Capitolo
6
Il nome
della sua donna vagava nella mente di Kazuya da tempo. Non aveva mai
smesso di
pensare a lei in tutti questi anni. Come stesse, che cosa facesse
mentre lui
governava alla Mishima… Non aveva saputo più
nulla riguardo la sua Jun. Era
arrivato addirittura a credere che fosse morta. Invece eccola
lì.
Viva.
O no?
Kazuya
sussultò. Effettivamente, ora che la guardava bene Jun
sembrava un corpo senza
vita. Immobile come una statua, eterea, o più che altro
bianca… bianca come un
cadavere. E per di più sembrava ferita. Tutte quelle bende
implicavano
qualcosa. Un combattimento finito male, magari. Kazuya fissava la
figura inanimata
della donna, pieno d’interrogativi. Ma il più
ricorrente era:
che
diavolo ci faceva Jun lì dentro?
Mentre
Kazuya guardava sconcertato attraverso il vetro, Heihachi gli si
avvicinò.
-Bella
vero?- disse. Kazuya strinse i pugni e si voltò arrabbiato
verso suo padre.
Rispose ad Heihachi con un ringhio.
-Ehi,
calmati figliolo! Ho solo detto la verità. La tua Jun
è senza dubbio una delle
più belle donne che io abbia mai visto in vita mia-
-Allora
lei è davvero…-
-Jun
Kazama. Sì, è lei. a dire la verità neanche io ci credevo. La
sua identità è
rimasta dubbia fino all’esame del DNA. Satoshi è
stato molto bravo in questo…-
Kazuya
guardò oltre le spalle di suo padre e si accorse che il
ragazzino era sparito.
Heihachi notò la sorpresa del figlio.
–L’ho
mandato via. Non volevo che ci
disturbasse, questa è una questione di famiglia. Tu non hai
notato nulla,
imbambolato com’eri- gli disse ridacchiando. Kazuya
ringhiò e si rivolse al
padre.
-Che ci
fa lei qui?- disse indicando la stanza dove si trovava la donna.
Heihachi
gignò.
-Preparati
ad una lunga storia Kazuya. Devi sapere che nel livello cinque si
conducono da
sempre esperimenti che vanno al di là di ogni immaginazione.
Ho fatto costruire
questi laboratori sotterranei quando ancora eri poco più che
un bimbetto. Avevi
cinque anni, se non sbaglio. Ed eri solito ficcare il naso dappertutto,
mettendomi i bastoni fra le ruote nonostante
l’età. Che ragazzino impertinente-
Kazuya sospirò e incitò il padre a continuare.
Non gli importava nulla delle
marachelle della sua infanzia.
-Ebbene,
qualche giorno fa, io ed i miei tecnici stavamo conducendo esperimenti
sul gene
Devil. No, non devi essere sorpreso Kazuya, molti dei tuoi sottoposti
lavorano
segretamente per me. Mi passano tutti i dati degli esperimenti su di
te, sai? Sono
proprio dei tecnici fedeli…- continuò
ridacchiando –era già da un paio di
giorni che gli esperimenti erano fermi sullo stesso punto. Per quanto
ci
provassimo, non riuscivamo ad andare avanti. Nessuno riusciva a cavare
un ragno
dal buco, non c’era dottore o scienziato che sapeva darmi una
risposta. Fino a
quando scoprii quel ragazzino. Satoshi ha un bel talento, te ne sei
accorto tu
e me ne ero accorto anch’io. Inoltre era pieno di idee
innovative,
rivoluzionarie. I miei, anzi i tuoi scienziati non erano nulla in
confronto a
lui. Il genio di quel ragazzo sovrastava completamente le idee obsolete
di quel
branco di idioti. Era perfetto… ma cosa credi,
l’ho sfruttato e lo sto
sfruttando ancora- Kazuya provò un momentaneo dispiacere per
quel ragazzino.
L’ennesima persona sfruttata dal malvagio padre.
-Comunque…-
disse Heihachi schiarendosi la voce –Con lui ero riuscito a
trovare qualcosa.
Avevamo condotto un esperimento sulla strana energia emanata dal gene.
E,
grazie ad un marchingegno messo a punto da Miyamoto, eravamo riusciti
ad
identificarne una simile. Un’energia negativa, ma che mi
affascinava
moltissimo. L’unico problema era che l’energia non
proveniva dalla nostra
dimensione. Ti sto meravigliando, vero? Ma aspetta di conoscere il
seguito…-
Kazuya era rapito dalle parole del padre. Un’energia negativa
simile a quella
di Devil? Ma esisteva al mondo una cosa del genere? Ormai, da quando
Kazuya
aveva rivisto la sua Jun, era disposto a credere a tutto. A proposito
di Jun,
da lei ancora nessun segno di vita.
-Bene-
disse Heihachi –noi non riuscivamo a credere
all’esistenza di questa dimensione
parallela, tuttavia facemmo un tentativo. Satoshi, grazie alle sue
capacità,
riuscì ad inventare una macchina per creare uno squarcio
dimensionale, che ci
avrebbe messo in comunicazione con la dimensione X, così la
chiamammo. Si, so
che sembra impossibile, ma noi ci riuscimmo. Non so dire con precisione
se era
ambizione o pazzia, fatto sta che io dovevo attingere
quell’energia. Ti rendi
conto di quello che avrei potuto fare? Sarei riuscito anch’io
a diventare
potentissimo, proprio come te e quel bastardo di tuo figlio Jin!-
c’erano
sadismo e follia pura nelle parole di Heihachi. Tuttavia Kazuya decise
di
rimanere ad ascoltare, intento a scoprire il segreto che si celava
nella
perversa mente del padre.
-Ad
ogni modo, noi ci riuscimmo. Aprimmo un varco nella parete dello spazio
tempo.
Non so bene come descriverti quello che esattamente vedemmo, sappi solo
che dal
buco ne uscì quella donna. Era avvolta da un misterioso
alone nero, nuda,
ferita e priva di sensi. Rimanemmo a bocca aperta quando scoprimmo che
l’energia negativa proveniva da lei. La tenemmo qui per un
paio di giorni,
anche se era inavvicinabile. Perché quell’oscura
nebbia che la ricopriva faceva
fuori ogni cosa si avvicinasse più di qualche centimetro a
lei. il primo a
pagarne le conseguenze fu un dottore venuto a medicarla. Ere ridotta
proprio
male, anche se non oso dirti che fine ha fatto il medico. Per alcuni fu
orribile. Io invece come ben sai, sono abituato alla vista del sangue.
Nessuno
si avvicinò alla ragazza per più di una
settimana. Quando finalmente decidemmo
di riprovare, perdemmo un altro dottore e ben due scienziati. Miyamoto
cominciava a pensare che fosse meglio rispedire la creatura da dove era
venuta.
Io no. A me interessava tantissimo quell’incredibile potere.
Se solo avessi
visto cosa sapeva fare… sarei stato invincibile se solo
fossi riuscito ad
appropriarmi dell’energia della ragazza…-
-Ma…?-
intimò Kazuya. Sapeva che le cose non erano andate come
voleva il padre,
l’aveva capito dal suo tono rassegnato. Ed era davvero
compiaciuto di tutto
ciò. Il vecchio aveva fallito. Tutto merito di Jun.
-Un
giorno, l’energia oscura sparì.
Abbandonò il corpo di quella donna
improvvisamente. Sentimmo delle urla provenire dal livello cinque. La
ragazza
era in piedi, in preda a quello che doveva essere un dolore straziante. L’alone nero si
espandeva a dismisura,
provocando molteplici sovraccarichi di energia. Esplosero quasi tutte
le luci.
Poi l’energia oscura si levò in alto e si disperse
nell’aria. La donna si
accasciò a terra, come morta. Da quel giorno non ci fu
più alcun segnale dell’energia
negativa. Potevamo avvicinarci alla ragazza però. Non appena
la vidi ravvisai i
tratti di una partecipante al secondo Tekken. Non c’erano
dubbi, era proprio
lei. Jun Kazama, la madre di tuo figlio. La tua donna. La credevi
morta, eh?
Invece eccola qui. Non te lo aspettavi Kazuya… E poi
stranamente la ragazza è
rimasta giovane come un tempo. Abbiamo attribuito questo fenomeno
all’energia
oscura. Probabilmente se me ne fossi appropriato avrei potuto godere di
una
grande longevità, se non vivere per sempre. Ma ormai
è troppo tardi…-
-Perché
la tenete ancora qui allora? Lasciala subito andare Heihachi, lei non
ha nulla
a che fare con te!-
-Vedi,
il fatto è che i risultati del DNA sono molto interessanti.
In lei si cela una
strana forza che è capace di eliminare il gene Devil. Ma una
cosa che mi
soddisfa pienamente è che ho preso ancora una volta
ciò che era tuo- disse
Heihachi ghignando compiaciuto. Kazuya sussultò, irato,
pronto a colpire il
padre.
-Non l’avrai
mica…-
-Non l’ho
toccata nemmeno con un dito. Almeno finora… L’ho
lasciata ai miei uomini però. Qualcuno
di loro voleva vendicarsi della morte dei propri colleghi, altri
avevano verso
di lei un desiderio… non è facile per loro
resistere ai piaceri della carne…
Non so cosa le abbiano fatto, ma posso immaginarlo…-
concluse sadico. Kazuya si
lanciò furiosamente contro il padre, pronto ad ucciderlo.
-Kazuya!
Fermo, non farlo!- gridò una voce. Heihachi e Kazuya si
voltarono verso quel
suono. Era stata Jun a parlare, appoggiata
al vetro e malferma sulle gambe,
guardava i due con le lacrime agli occhi.