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Autore: Diana cavalca    17/11/2016    2 recensioni
E se Sarada non fosse la vera figlia di Sakura?
Non arrabbiatevi e non traete conclusioni affrettate: non c'è nessuna Karin all'orizzonte e nessun vaneggiamento con cui Kishimoto ci ha ''deliziati'' durante il Gaiden.
Piuttosto, poniamo il caso che Sasuke sia lo zio di Sarada...uno zio impegnato che ha in custodia la piccola di cui non può prendersi cura a tempo pieno. E poniamo il caso che abbia bisogno di una baby-sitter. A chi potrebbe rivolgersi se non ad una ragazza dai capelli rosa?
Commedia romantica che del Gaiden riprende solo il messaggio finale: ciò che conta davvero sono i legami di amore a prescindere da qualsiasi nesso biologico.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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 CAPITOLO 4

 

L'Utile e il Dilettevole

Dialogo nel buio

 

 

 

“Deve essere per i geni di Izumi. Incredibile”

“Sicuro. Noi abbiamo sempre vantato dieci decimi”

“Itachi poi, è sempre stato lodato per i suoi occhi formidabili”

“Tuo fratello ha superato l'esame ottico per la patente di guida con lo stupore dell'oculista che lo ha visitato”

“Degno del mio nisan”

“Ricordo che una volta Izumi ha scambiato un geco per una lucertola”

“E' ovvio che è accaduto per problemi di vista”

 

Questo sconvolgente dialogo che sta giungendo in questo momento alle mie orecchie vede come protagonisti due individui affetti da autostima ipertrofica. Uno è il mio forse-datore di lavoro; l'altro, il suo ragguardevole genitore.

Tale padre, tale figlio.

La mela non cade mai lontano dall'albero.

Mai queste pillole di saggezza popolare mi sono apparse più veritiere.
Se si incontra Sasuke Uchiha e suo padre, si può avere modo di constatare che i dieci decimi non sono la sola caratteristica ereditaria degli Uchiha. Anche la superbia lo è. E anche il nero assoluto di tutti i loro peli corporei.
Pare che stiano cercando di trovare una ragione a ciò che a loro pare sorprendente: una Uchiha con gli occhiali. Il difetto genetico è stato prontamente attribuito ad un membro della famiglia acquisito, solo così si potrebbe – a loro dire – spiegare la stortura .
A me sta venendo il dubbio che fino ad ora gli Uchiha abbiano mantenuto pura la loro progenie unendosi solo tra fratelli e sorelle, un po' come facevano i Targaryen. Perché, a meno che non sia stato così, credo che quelle volte in cui veniva alla luce un Uchiha imperfetto (vuoi con un deficit di vista, vuoi con i piedi piatti, vuoi con un orecchio più a sventola dell'altro), per loro doveva costituire la spia di una triste e sensazionale verità: i geni del vile volgo potevano prevaricare sui loro, nonostante la suprema perfezione di cui erano portatori.

“Cosa c'è di cui stupirsi?” - Intervengo io innocentemente - “Nessuno dei miei diretti parenti aveva i capelli rosa, eppure io son venuta fuori con questa chioma!”

I due Uchiha interrompono momentaneamente la loro conversazione e mi guardano con un misto di irritazione e di stupore per via di una affermazione che ha osato insinuare che le leggi di Mendel valevoli per noi comuni mortali, possano applicarsi con la stessa leggerezza anche alla loro stirpe.

Cosa pretendono? Di avere geni non solo dominanti, ma anche dominatori? Che le scoperte di quel monaco agostiniano che armeggiava coi suoi piselli odorosi siano roba che solo raramente possa riguardare la loro nobile casata?

Sono le quindici e trenta e io risento ancora delle conseguenze di un pasto ingurgitato in fretta e che, per il nervosismo del momento, sta ancora riproponendosi ad intervalli regolari. Mi dico di restare calma, ma il mio apparato digerente non vuole saperne nulla delle argomentazioni razionali. Pascal molto finemente diceva che il Cuore ha le sue ragioni che la Ragione non conosce.
Io, che sono dotata di meno esprit de finesse, ritengo che, in questo frangente, sia il mio Stomaco a voler fare valere le proprie ''ragioni'' ad una Ragione - la mia - che invano tenta di aprire un dialogo con i piani inferiori. Pare proprio che non riesca a frenare lo straripante senso di nausea da prestazione che mi pervade.

Sasuke mi ha dato appuntamento a casa sua. Ed è qui che ho trovato il rispettabile patriarca Uchiha, il quale mi ha salutata con espressione assente e voce atona. Di sicuro la sociopatia del figlio non è stata elemento di stupore all'interno della famiglia, dato che è un chiaro retaggio paterno.

I due riprendono la conversazione, decidendo di ignorare la mia audace dichiarazione. Prego, fate pure come se non ci fossi.

“Come sta okaasan?”

“Come sempre. Trascorre i suoi pomeriggi andando a trovare Itachi ed Izumi. Non riesce ancora a farsene una ragione”

“Verrò con Sarada questa settimana”

“Mh”

Pronunciando quel mugolio che, per quello che ho avuto modo di recepire, nel linguaggio-muto di un Uchiha può significare un segno di assenso, così come di dissenso (sono le espressioni e le movenze corporee che danno modo di intenderlo), l'illustre genitore decide di porre fine alla sua visita e si dirige verso la porta.
Il fatto che la madre di Sasuke vada a visitare quotidianamente i genitori di Sarada, mi fa ritenere che si trovano a Tokyo. Allora perché non si occupano della loro bambina?

“Buonasera signor Uchiha, è stato un piacere fare la sua conoscenza”- Considerata la magnificenza di colui che ho dinanzi, per salutarlo, chino il capo e il busto formando un angolo di trenta gradi.

“Mh”- Fa lui, rispondendo a quella quasi-genuflessione che si è meritato, con un leggero cenno della testa.

Io deduco che nel sistema linguistico di un Uchiha, quel verso può essere impiegato anche in segno di saluto. È davvero un suono gutturale versatile!

Io e Sasuke restiamo da soli. Per l'apprensione, Ragione e Stomaco continuano a discutere ancora più animatamente e ognuno dei due cerca di fare valere le proprie ''ragioni''. Il Cuore detiene un monopolio ingiusto, anche lo Stomaco sa il fatto suo quando si tratta di emotività. E il reflusso gastroesofageo dovrebbe rivendicare la stessa dignità poetica della tachicardia.

“Sarada frequenta la scuola materna fino alle sedici e trenta. Hai l'incarico di andarla a prendere e di portarla a casa. Non ci sarò per tutto il pomeriggio. Rientro in casa stasera. Fino ad allora dovrai occuparti tu di lei”

“Puoi contare su di me!”- Affermo io con tono deciso, cercando di celare il nervosismo.

“Queste sono le chiavi dell'appartamento. Te le sto consegnando, ricordandoti che sei in prova e che al mio rientro sarà meglio che ogni cosa sia esattamente laddove l'ho lasciata”

“Non serve che me lo rammenti”- Rispondo io, irritata per quell'affermazione che allude alla possibilità che io sia una curiosona che fruga tra la roba altrui o - peggio - una ladra.

“Bene. Per qualsiasi esigenza sai già come e dove reperirmi. Ti ho indicato il numero di cellulare e l'indirizzo in cui mi trovo”

“E io non ho mancato di memorizzarli!”

Sasuke indossa il cappotto. Un indumento nero che gli si addice tanto quanto il mantello al conte Dracula. Adesso sembra un eburneo essere della notte.
Più si veste e più risulta sexy (non che senza abiti non debba esserlo); e la sua ombra è quasi abbagliante (quando si tratta di lui gli ossimori si sprecano).
Volendo svecchiare (e ridicolizzare) l'immagine dei vampiri, potrebbe essere perfetto nei panni di uno
dei due fratelli Salvatore - e non di certo nelle vesti di quello buono, comprensivo e magnanimo.

Sta per andare via.

“Della cena di Sarada me ne occuperò io” - Dico con tono professionale.

“Mh!” - Va bene.

“Vuoi che prepari qualcosa anche per te?”

“Mmmh” – Non disturbarti.

“D'accordo, buon lavoro dunque. A stasera.”

“Mh...” - A stasera.

Così, la versione borbottante di Damon Salvatore se ne va. Resto sola. Mi guardo intorno interessata. Le case sanno raccontare molto dei loro proprietari.
Definirei questo appartamento ''essenziale''. Che è l'aggettivo con cui l'architettura contemporanea traduce il profano ''spoglio'' ed il popolano ''vuoto''.
Ad una rapida occhiata non mi sembra di vedere elementi che possano manifestare l'animo di Sasuke Uchiha, che evidentemente non vuole trapelare né dai suoi occhi, né dal suo habitat domestico.
Mi trovo nell'ampia zona giorno. Un open space in cui l'area pranzo e quella relax sono contigue. Un trionfo di non-colori: questo è il reame del bianco e del nero. È tutto di gran classe e gusto e già mi pare di percepire l'inconfondibile odore delle cose-costose.
Lo stile dell'arredamento è occidentale, ma l'estremo rigore delle linee e la pienezza dei toni privi di qualsiasi sfumatura, riflette il senso estetico giapponese. Da uno sfondo bianco assoluto emerge, in forte contrasto, il mobilio nero. Non ho idea della tipologia di materiale che costituisce questi mobili, ma poiché sono una intenditrice di cose-costose, giudico che di certo si tratta di legno-fantastico.
L'ampio divano angolare posto al centro della sala e disposto davanti al grande televisore, è di una consistenza morbidissima. Ad una celere sniffata mi sembra fatto di pelle-fantastica, senza dubbio.
Il pavimento è così latteo e lucido che se mi scorgo, trovo il riflesso della mia faccia. Sembra di stare su di una lastra di ghiaccio su cui fare del pattinaggio artistico (lo spazio per piroette e avvitamenti non mancherebbe di certo!). Non ho mai visto un marmo così trasparente e rilucente. Marmo-fantastico.
Le pareti sono completamente libere da ogni ingombro, fatta eccezione per un grande orologio digitale. Nonostante non emetta alcun ticchettio, la sua presenza è incombente.

Ogni cosa è disposta in maniera così razionale che non si ha l'impressione che questo sia il teatro in cui scorrono delle comuni vite cariche di imprevisti e sorprese. Non sembra di stare in una casa vissuta, avente un Cuore pulsante oltre che ad una fredda Ragione che organizza lo spazio in maniera ottimale e rammenta il tempo che passa. Nessuna traccia che testimoni un qualche accadimento avvenuto tra queste mura (neppure una piccola ammaccatura su di un mobile o un graffio sul divano).
Pochi soprammobili posati sulle superfici e tutti aventi uno scopo ben preciso. Nulla che possa essere valevole per se stesso, a finalità puramente estetica o affettiva. Portaceneri, portacarte, portapenne, portaombrelli, portalumi...cose che servono ad uno scopo, che devono ''portare'' qualcosa. Non noto nemmeno una foto esposta, né un oggetto che possa aprire uno squarcio sull'intimità dell'uomo che qui dimora. Credo che ciò che vedo possa essere in linea con l'indole del mio datore di lavoro. Mi è parso un tipo dal temperamento flemmatico; un calcolatore. Una persona che include nel suo spazio vitale tutto ciò che può avere una qualche efficacia e che non si lascia convincere dalle pascaliane ragioni del Cuore.

E pensare che invece io sono una persona così diversa! Amo il colore; riempire della mia storia il luogo che mi accoglie; dare un'anima agli oggetti con cui condivido l'esistenza. Una borsa può essere un male di cui disfarsi; un tailleur un bene da custodire per sempre. Ecco come sono fatta io!

Se Sasuke Uchiha fosse l'Utile, Sakura Haruno sarebbe il Dilettevole.

Io penso che l'umano non possa trovare piena realizzazione nella pura logica; nella azione in vista di un tornaconto.
A volte mi chiedo se il
senso sia solo in ciò che è profondamente sensato. Credo di no. Io scopro il mio essere – il senso di me - nella pura dilapidazione; nelle dissipazione delle energie senza un perché; nella posizione di qualcosa che non mi arreca alcun vantaggio, ma che mi dà gioia disinteressata; soddisfazione dovuta al puro godimento provato.
In fondo l'umanità ha sempre dimostrato di non essere solo un tedioso ''animale razionale''. Ogni manifestazione artistica; ogni sentimento scaturito dalla vertigine del sacro; ogni stato di ebbrezza per i carnevali delle diverse epoche; ogni palpito provato per la bellezza di una poesia o di una composizione musicale, ha pienamente provato quanto l'essenza dell'uomo alberghi nel Dilettevole.
Anche il mio progetto di vita è scaturito dal sentimento. Se ho deciso di intraprendere la carriera medica non è stato per le ragioni della Ragione, ma per quelle del Cuore...

Salgo la scala di marmo-fantastico e mi ritrovo nella zona notte. Voglio dare una sbirciatina alle camere. Sì ok, sono proprio la ragazza che poco fa si è indispettita per l'allusione di Sasuke alla sua possibile ed inopportuna curiosità, ma chiunque in questa situazione si darebbe all'esplorazione. Apro una delle porte e mi ritrovo dentro ad una spartana stanza da letto singola. Pareti bianche, mobili neri. Portacarte, portapenne, portaombrelli. Che fantasia!

Nell'angolo individuo una grande cesta con giochi di strategia, puzzle, costruzioni, lego. È la cameretta di Sarada! Come si può riservare una stanza così anonima ad una bambina? Ma soprattutto, dove sono le bambole, gli orsacchiotti e i giochi che non servono a nulla, se non a divertirsi? Questi saranno stimolanti ed istruttivi - senza dubbio - ma quale bambina potrebbe deliziarsi costruendo un - vediamo che c'è scritto in questa scatola - cantiere in miniatura?!
E che spasso deve essere unire i pezzi di questo puzzle per ricavarne una
fedele immagine della Tour Effeil!

Immagino che suo zio stia lavorando alla creazione di una brillante carriera da ingegnere per lei. Potrebbe essere da lui cominciare a porvi le basi sin da ora.
Non credo che un tipo che si circonda solo di porta-qualcosa sia in grado di comprendere dell'inutile ed improducente Dilettevole. E credo altresì che sia molto lontano dall'intendere un concetto come quello di ''gratificazione della femminilità'' di una bambina. Capisco adesso perché Sarada si sia rivelata così bisognosa di rosa e di fate!

Do una occhiata all'orologio: è tardi, devo scappare. Salgo dentro al maggiolone e mi avvio verso la scuola materna. Mi posiziono davanti all'ingresso principale. Sono già presenti diversi genitori in attesa dei loro pargoli. Suona la campanella. Due maestre accompagnano un gruppo di bambini. Cerco di individuare una chiazza nera in mezzo alla mandria di piccoli scalmanati. Non faccio troppa fatica a scovare quel faccino dagli occhietti vispi su cui adesso troneggia un paio di sfavillanti occhiali rossi. Sarada è più allegra e dinamica del solito: grazie a quelle lenti, la nebbia che si frapponeva tra lei e il mondo si è finalmente dissipata. Vedendomi palesa il suo grande entusiasmo. Io la attendo oltre la soglia, desiderosa di donarle il rosa e le fate.
La saluto con un caloroso abbraccio che lei non manca di ricambiare. La prendo per mano e ci avviamo verso il maggiolone giallo. Lei guarda stupita quel catorcio dal colore vistoso.

“Questa è Maggie!”

“Maggie?”

“Sì! È la mia compagna di avventure! Mi ha portata in posti incredibili!”

“E dove ci potta oggi?”

“Vediamo. Io mi limiterò a tenere le mani sul volante. Il resto lo deciderà lei!”

!”- Sorride eccitata per il brivido di qualcosa che pensa possa sfuggire al mio e al suo controllo. Non vede l'ora di lasciare che un oggetto dotato di un'anima - quell'anima che suo zio non è avvezzo a conferire alle cose - la trascini in una avventura che possa nutrire di immagini e sensazioni la sua avida fantasia.

In realtà Sasuke aveva detto che saremmo dovute ritornare a casa. Ma non mi pare che mi abbia esplicitamente vietato di uscire con la piccola, quindi credo di potere agire di mia iniziativa.
Mentre io stessa quasi mi convinco che sia la macchina a decidere per noi la destinazione, Sarada mi racconta, nel suo modo incerto di padroneggiare le parole, delle peripezie di una bambina che frequenta la scuola materna. Deve essere sfiancante avere a che fare con coetanei che pretendono tutto per se stessi e che al più piccolo diniego, ti stampano una cinquina in faccia. Del resto i bambini assecondano gli impulsi: possono essere adorabili, così come violenti. E una scuola materna può trasformarsi in un quartiere di Sin City.
Pare che Maggie ci abbia portato nel luogo in cui io e Sarada ci siamo reciprocamente viste per la prima volta. Il luogo del caos panico; il regno del
Dilettevole, dove ogni cosa si sottrae al comandamento del ''lavora e produci''. Il posto in cui il Tempo non è tempo-per-porre-in-essere-qualcosa, ma è pura armonia con gli elementi. Il Tempo del Ritorno alle Origini.
Ci inoltriamo nella nostra magica dimensione antica. Mi siedo sull'erba. Il cielo, visto da quaggiù non potrebbe essere più buono, né la terra su cui sono adagiata, più confortevole.
Sarada poi, sta divertendosi un mondo con gli altri bambini.
Sono così affiatati, così contenti di avere ancora accesso a quel tipo di godimento che non si riesce a provare più quando si diventa adulti. Ricordo ancora l'adrenalina che mi inondava quando giocavo a nascondino e l'eccitazione mista alla paura di essere scoperta.
La piccola Uchiha è la degna ospite del dio Pan. Si sta scatenando. Corre, si nasconde, ansima per la fatica e l'entusiasmo. Ha le gote rosse ed è così piccola da potere sparire dietro al tronco di un albero. Un tenero bambino si avvicina a lei, per condividere il nascondiglio. Sono così briosi, sembrano due angioletti in un quadro idilliaco.

Adesso uno dei due adorabili puttini sta...

...prendendo a legnate Sarada?

Apro di più gli occhi per accertarmi che la violenza a cui sto credendo di assistere, si stia davvero consumando.

Sì: il ''tenero'' bambino sta pestando di brutto Sarada.

Mi alzo e comincio a correre per fermare quella zuffa che sta trasformando il nostro pacifico mondo in una strada di Sin City. Ci manca solo che la bambina che mi è stata affidata arrivi a casa con gli occhi neri nel mio primo giorno da baby-sitter!
Allontano il teppistello dalla malcapitata vittima che, a parte il pianto disperato, sembra essersela cavata senza nemmeno un graffio. Dopo una bella ramanzina, consegno alla madre il bambino e ritorno da Sarada che nel frattempo ha smesso di piangere. È seduta sull'erba, con gli occhiali storti sul volto, i capelli scompigliati, gli occhi ancora imperlati di lacrime e il moccio che le cola dal naso.
Prendo il fazzoletto dalla tasca e comincio ad asciugarle la faccia. Il suo visino è così spaurito ed è così ingiusto che qualcuno debba metterle le mani addosso. Che rabbia. Devo consigliarle di evitare i litigi e di scappare quando c'è il rischio di prendere mazzate. Soprattutto perché lei è più debole della media dei bimbi della sua età e non può che avere la peggio.

“Non devi piangere. Devi essere forte e difenderti dai prepotenti!”
Non era esattamente questo, ciò che avevo intenzione di dirle...

Lei mi guarda stupita per quell'inatteso incitamento alla violenza. Cioè, non alla violenza...alla difesa legittima a suon di pugni, più che altro.
Non paga di quel discorso che nessun adulto di buonsenso avrebbe proferito, rincaro la dose:

“Le donne devono essere forti se vogliono sopravvivere! Shannaro!”
Ti insegnerò la via del karate bambina e avrai il P|O|T|E|R|E (di garantire la tua incolumità, sia chiaro!).

Anche io sono stata più volte malmenata da bambina, non me la sento di dirle che deve subire; che deve accettare la legge del più forte e chinare il capo. E nemmeno che deve scappare come un coniglio. Giammai! Se qualcuno osa pensare di poterle mettere i piedi in testa, deve fargli capire che ha sbagliato bersaglio. Le donerò le conoscenze che ho ricevuto a mia volta dalla temibile maestra di karate di Takayama. Nonna Chiyo!

Dopo la piccola parentesi di sangue, il pomeriggio continua a scorrere tranquillo. Prima di rincasare, ''Maggie'' decide di fare una piccola deviazione. Ci fermiamo di fronte ad un negozio che prepara squisiti melonpan e ne compro qualcuno. I dolci sono la mia passione e Sarada mostra di pensarla esattamente come me. Non mi aspettavo che un pancino così piccolo potesse contenere un intero panino dolce! Credo che i bei propositi di nutrirla con una sana cena siano per oggi sfumati...
Finita la breve sosta, saliamo nuovamente in macchina, pronte a far ritorno a casa. È ormai sera e tra un po' Sasuke arriverà. Sistemo la piccola sul sedile posteriore e mi rimetto al volante. Dallo specchietto retrovisore posso vedere i suoi occhietti diventare pesanti. È stanca e sazia, si sta per addormentare. Giro le chiavi per mettere in moto e...

Il maggiolone non parte.

“No, no, no...ti prego, non farmi questo, non oggi!”

Dopo vari tentativi e colpi sullo sterzo (a volte penso che ''Maggie'' non abbia solo uno spirito, ma che sia anche un essere senziente); molte preghiere agli dei, investiti poi da altrettanti vituperi, decido di prendere la metropolitana.
Sarada è ormai in piena fase rem. La accolgo tra le mie braccia e comincio a camminare.
Andrà tutto bene...è solo un piccolo imprevisto. Sasuke non saprà mai che la baby-sitter che forse assumerà, gira con la sua nipotina, di sera e a piedi, per le vie della città.
Ma non faccio in tempo a rinfrancare il mio spirito di rosee prospettive, che queste si eclissano e si fanno nere. Nerissime.
Un pensiero terrificante mi assale: non ho i soldi per fare i biglietti! Quei pezzi di carta salvifici li ho scambiati per dei melonpan che adesso si trovano nel mio zainetto e che non sembrano più essere così succulenti!
Cosa devo fare? Chiedere un passaggio a qualcuno è fuori discussione e nemmeno tentare di fare l'intero percorso a piedi...casa Uchiha è troppo distante, più che una ''passeggiata'' sarebbe un cammino di Santiago!

Il luogo in cui lavora Sasuke è a due passi da qui. Potrei raggiungerlo.

No, ci deve essere un'altra alternativa.

Non c'è.

Rischio di perdere il lavoro, ma in ballo c'è la sicurezza della bambina e non posso fare pazzie. Spiegherò la situazione allo zio e vedrò di fargli chiudere un occhio sulla storia della tata-che-porta-a-spasso-sua-nipote-quando-le-era-stato-detto-di-rimanere-in-casa-e-che-gira-per-la-città-spendendo-i-suoi-pochi-denari-e-restando-con-le-tasche-vuote.

Esposta così la mia situazione non suona come il male. Suona come il peggissimo.
Inventerò qualcosa, ma intanto è bene muoversi.
Arrivo nel punto indicatomi da Sasuke. Un enorme grattacielo mi si presenta davanti. C'è un grande cartello con un simbolo che mi sembra familiare. Dov'è che ho già visto quel ventaglio rosso e bianco? Ah già! Quello è il rinomato logo di una delle più importanti multinazionali del Giappone che produce oggetti utili per la casa. La ''Uchiha Corporation''!

 

                        ...

 

       Uchiha Corporation
     
    Uchiha  
Corporation

 

  Uchiha Corporation

 

Avevo pensato a diverse possibilità. Che Sasuke Uchiha fosse un attore figlio d'arte oppure che la sua famiglia fosse composta da politici di un certo livello. Poi, vedendo il borioso atteggiamento dei membri della luminosa casata, avevo addirittura fantasticato sul fatto che la vecchia famiglia imperiale giapponese fosse stata sostituita da quella dei divi dai capelli neri. Nessuna di queste opzioni si è rivelata corretta.
Gli Uchiha sono quelli della
Uchiha Corporation! Quelli che producono lussuosi porta-qualcosa a livello globale! L'orgoglio del capitalismo giapponese; l'emblema contemporaneo dell'Utile!
In pratica il padre di Sasuke è il re di Cose-Landia!

Entro all'interno dello stabile e mi accorgo che è quasi deserto. Forse Sasuke è già sulla via di casa. Sarebbe un disastro se fosse così!
Nell'ampia sala di ingresso, intercetto il receptionist che sta indossando il suo impermeabile, pronto ad andare via.

“Mi scusi, cerco Sasuke Uchiha”

“È molto tardi. Ha un appuntamento per caso?”

“No, sono la baby-sitter di sua nipote...è una emergenza”

L'uomo guarda Sarada e sembra riconoscere in lei una degli Uchiha - avrà anche gli occhiali, ma i peli neri sono l'inconfondibile esito della dittatura dei loro geni.

“Ho visto il signor Uchiha scendere nel piano sotterraneo. Probabilmente deve consultare qualche documento ed è andato nella stanza degli archivi. Si trova infondo al corridoio”

“La ringrazio, le auguro una buona serata.”

A passo sostenuto mi dirigo verso il luogo indicatomi.

Stomaco e Cuore sono in tumulto. Ognuno ''batte'' il suo ritmo biologico esprimendo bene quello che è il mio stato emotivo. La povera Ragione si trova emarginata in un angolino. È impossibile per lei vincere una lotta impari contro gli organi che più di tutti si fanno sentire quando si è agitati.
Inoltre, sento le braccia divenire pesanti. Sarada può sembrare piccola e minuta, ma dopo una buona camminata, sto rivalutando le sue proporzioni. Ha fatto dell'incavo presente tra collo e spalla, una comoda sede per la sua testolina. Anzi, per il suo testone. Sento le mie ossa diventare cartongesso sotto al peso di quella che mi pare essere una boccia di piombo.
Si è totalmente abbandonata al suo giaciglio, incurante del fatto che è fatto di carne e muscoli doloranti. La sento respirare regolarmente, immersa in beati sogni. Con la coda dell'occhio guardo il suo viso. Sembra così indifeso. È commovente constatare quanto si sia rimessa a me senza riserve, nonostante le condizioni avverse al suo sonno. Percepisco che non è solo per la stanchezza che riesce a dormire con una tale profondità. Avverto di avere la sua piena fiducia. Sapere che lei conta su di me talmente tanto da lasciarsi andare all'inconscio, aumenta il mio senso di responsabilità. Di dolce responsabilità.

In fondo le mie braccia non fanno poi così male e la mia spalla è forte abbastanza da reggere la sua testa capelluta...

Percorro il buio corridoio al termine di cui intravedo una luce provenire da una stanza frontale.
Cosa posso dire a Sasuke?

...

Ci sono! Riferirò che Sarada aveva voglia di fargli una sorpresa! La piccola dorme, quindi non c'è pericolo di venire impietosamente contraddetta.

Busso sull'uscio socchiuso, ma non ottengo risposta. Timidamente entro all'interno della sala. Diversi scaffali e librerie pieni zeppi di scartoffie. Non vedo nessuno. Sto per fare dietrofront, quando percepisco un suono: il fruscio di pagine che vengono sfogliate. Aguzzo la vista.
Dietro ad una libreria posta trasversalmente per dividere in maniera ideale la stanza in due zone, lo vedo. Assorbito nella lettura, con quel suo cappotto scuro e con l'incarnato ancora più pallido di quando l'ho lasciato.
È stanco ed è bellissimo.

In preda allo scompiglio interno, combino due sillabe in un significato:

“Eilà!”
Ho proprio detto ''ei-là''?

Lui alza la testa di scatto e sgrana gli occhi. È evidentemente sconcertato di vedermi in quel posto.

Forza, rifilagli la storiella di Sarada che voleva fargli una sorpresa! - La Ragione

Sei spacciata!! - Il Cuore

Sei spacciata. E stai per vomitare il melonpan. - Lo Stomaco

Sasuke Uchiha si alza e si approssima a me. È sempre più vicino. Incatena i suoi mefistofelici occhi ai miei. Pericolo, pericolo!

“Che ci fai qui con mia nipote?”

È di nuovo Damon Salvatore ed io sono una delle sue povere vittime sotto compulsione mentale. Mentire sembra una impossibilità.
Ti dirò tutto quello che vuoi sapere e dopo mordimi anche.

“La macchina si è fermata e sono rimasta a piedi per strada. Non avevo soldi per acquistare i biglietti della metropolitana perché li ho spesi per comprare dei melopan a Sarada, al posto di prepararle una sana cena.”

Stupida! - La Ragione

Stupida!! - Il Cuore

Stupida. E stai per vomitare il melonpan. – Lo Stomaco

Almeno ho raggiunto la concordia interiore.

La faccia del mio interlocutore si incupisce considerevolmente.

“Non mi sembra di averti detto che saresti potuta andare a zonzo con mia nipote”

“No-non credevo che non avrei potuto farlo...Sa-Sarada si è divertita moltiss...

Buio improvviso.

“Cos'è successo? Un black-out?”- Affermo allarmata

Sento correre Sasuke da qualche parte. Il rumore di una maniglia bloccata giunge alle mie orecchie.

Sbam, sbam, sbam

“Aprite! Ci sono ancora persone qua dentro!”

Silenzio assoluto.

“Maledizione! Sono tutti andati via ed hanno staccato la corrente”

Io sono sempre più agitata, ma tento di essere razionale.

“Non c'è nessun problema, no? Possiamo chiamare qualcuno col cellulare e chiedere di venire in nostro soccorso”

“Qui dentro non c'è campo.”

“Co-come? Non mi dire che dobbiamo passare la notte in questa buia stanza!”

“Non abbiamo alternative”

Le mie gambe si afflosciano e sento mancarmi l'aria nei polmoni.
Una notte qua dentro? Al buio? Con l'uomo più misantropo del globo che è pure adirato con me? Non vivrò abbastanza da raccontarlo ai miei figli. Perché non vivrò abbastanza per avere dei figli! Morirò inghiottita dall'ansia, stanotte.
Il mio respiro si fa sempre più difficile.

“Adesso cerca di non agitarti.”

Sento delle mani posarsi con delicatezza sul mio braccio. Come ha fatto a raggiungermi nelle tenebre? Cos'ha gli infrarossi negli occhi?

“Rilassati.”

La sua voce ha una tonalità diversa. È sempre ferma e decisa, ma colgo al suo fondo una inaspettata morbidezza. Credo che Sasuke abbia percepito in me una crisi di panico pronta a scatenarsi.
Lentamente mi guida nell'oscurità. Si ferma d'improvviso e tocca le mie spalle, inducendomi ad abbassarmi. Io non capisco, ma nello stato di confusione in cui verso assecondo il suo volere senza emettere un fiato.

Mi siedo su qualcosa di soffice che ha anche una spalliera. Una poltrona?

“Ci toccherà aspettare qui fino a domattina, per cui tanto vale mettersi comodi”

Si è appena seduto al mio fianco. Deglutisco. Non era una seduta singola, accidenti...

Qualcosa viene posto sulle mie ginocchia.

“Dammi Sarada, la tengo io”

“N-no, potrebbe svegliarsi. S-se si accorgesse di questa situazione, avrebbe paura. ”

“Mh. Cerca di coprirla col cappotto allora”

Deduco che quello che è stato poc'anzi adagiato sulle mie gambe è l'indumento che Sasuke si è sfilato per tenerci al caldo. Ma ciò che più ci avvolge è la fitta oscurità. La stanza è sotto il piano terra. Sembra di fluttuare nello spazio siderale.

“Tsk. È incredibile che non si siano accorti di noi”

“Prima anche io ho fatto fatica a scorgerti. E poi è troppo tardi per pensare che qualcuno lavori ancora...” - Spero che domani abbia pietà di colui che ha avuto l'ardire di chiuderlo qua dentro e che di sicuro passerà un brutto quarto d'ora.

“Non saresti dovuta uscire con Sarada”
Male. Credevo che la situazione di emergenza avesse posto in secondo piano il mio reato.

“N-non pensavo che le cose sarebbero andate in questo modo. E poi ha passato un bel pomeriggio...”

“Non si addormenta mai con nessuno. La sera aspetta me per prendere sonno. È sorprendente che si sia assopita con te”
Davvero? Che stia per essere assolta?!

“È incredibile che abbia scelto una persona così irresponsabile di cui fidarsi”
E ti pareva! Sta per giungere la sentenza di morte...

“Mi licenzierai, vero?”
Vai boia, scaglia un colpo secco e non sbagliare il punto!

“Non posso...”
Grazia in extremis! Ma il personaggio mi sembra un pelo OOC...

“...perché non ti ho ancora assunta. Sei solo in prova.”
Adesso c'è l'IC! Non poteva che essere un boia sadico!

Cerco di abbandonarmi al divano, ma avverto qualcosa che si frappone tra me e lo schienale. È lo zainetto con dentro i melopan. Potrei rigurgitare al solo pensiero di addentarne uno, ma forse Sasuke non è dello stesso avviso, dato che deve essere a stomaco vuoto.

“H-ho dei panini dolci con me...ne vuoi uno?”

“Non amo lo zucchero.”

“Ma qualcosa devi pur mangiare...resteremo qui fino a domattina...”

“Mh.”

È un sì o è un no?
È buio pesto e non vedo le sue espressioni facciali, come posso capire se quel mugolio sta per assenso o dissenso?
Aiutandomi con una mano, mi libero del mio zainetto frugandovi dentro. Porgo audacemente una pagnotta a Sasuke e...quel ''Mh'' stava per un ''sì''!

“Non ti facevo un tipo che spende i suoi averi per dei dolci, restando a corto di denaro per i biglietti della metropolitana”

“Eheeheh non rivanghiamo più l'accaduto! Piuttosto pensa che grazie a me non stai passando la notte da solo e a stomaco vuoto...”

“Voglio dire: leggendo la tua biografia ho immaginato che fossi una persona che considera sempre le possibili conseguenze di un atto illogico”

“Cuore e Stomaco desideravano un dolce per festeggiare il mio primo giorno di prova e ho deciso di soddisfare il loro desiderio! Per me e Sarada è stato un bel pomeriggio”

“Ma non ne è valsa la pena”

“Certo che sì! Col senno di poi, mi sono accorta di avere fatto una idiozia, certo, ma mentre io e lei assaporavamo insieme il melonpan, abbiamo provato attimi di semplice contentezza”

“Tsk...Come se fosse una cosa importante”

“Lo è stata!”

“Ma converrai sul fatto che assecondare le voglie del momento sia da stupidi, dato che può creare risvolti problematici”

“Ne convengo. Però credo che a volte valga la pena rischiare di essere sciocchi. Se si è troppo proiettati sul futuro, ci si perde il presente. Ed in fondo il presente è tutto ciò che abbiamo. Sempre.”

“Beh, non mi sembri una che vive solo di attimi presenti. Mi è parso di capire che la tua vita ruota intorno ad un progetto molto nitido”

“Sì voglio a tutti i costi diventare una ginecologa. Ma il domani che sogno, non mi impedirà di godermi l'oggi. Cerco di non confondere il ritmo della lancetta che segna i secondi, con quello che scandisce i battiti del mio cuore”

“Che vuoi dire?”

“Che il tempo che mi è stato donato dalla vita intendo viverlo bene. Non voglio spenderlo, come se fosse una moneta con cui comprarmici il sogno del domani. Voglio che sia un bene in se stesso”

“Io la penso in modo diverso”

“Lo so!”

“Come fai a saperlo?”

“Dall'arredamento del tuo appartamento. E dal grande orologio che c'è nel salone”

“Cosa avresti dedotto da così pochi elementi?”

“Che tu sei l'Utile ed io il Dilettevole!”

“Non mi sembra che tu sia una incline al diletto, dato che hai scelto di frequentare un corso di medicina all'università più prestigiosa del Giappone. Sei una calcolatrice tanto quanto me”

“Sicuro...è inevitabile fare dei conti. Ma se penso all'organo che più ha determinato il corso del mio destino, non penso alla Ragione calcolante, ma al Cuore. Non voglio diventare ginecologa per manie di affermazione, né perché credo possa arrecarmi dei vantaggi; bensì perché avverto che in questo modo posso rispondere ad una specie di chiamata. Sono stata tirata su dalle donne e come missione di vita, ho deciso che voglio assisterle in un evento che per me ha del miracoloso. È questo piacevole pensiero che dà senso alla mia scelta e che rende felice il cammino”

...

“L'altra volta hai detto che non so chi tu sia”

“L'ho detto”

“Potresti cominciare a dirmelo.”

L'oscurità ha smesso di opprimermi. Sento addirittura che, al posto di costringermi, sia pronta a darmi una inaspettata chance. Percepisco Sasuke vicino e non solo perché è seduto accanto a me. È come se il buio stesse sciogliendo le forme con cui ci siamo mostrati l'uno all'altra alla luce; come se stesse eliminando le barriere del visibile, ponendoci a diretto contatto.
Ho sempre pensato che la notte fosse perfetta per rivelare le essenze. Forse la vera conoscenza si dà nell'ombra, al riparo dallo sguardo presuntuoso che tutto crede di potere cogliere e intrappolare. Ciò che v'è di più autentico probabilmente si offre all'udito e non alla vista. Mi chiedo se l'ascolto della parola di chi ci sta di fronte ci avvicini di più di quanto sappiano fare gli occhi. Due sguardi che si incatenano possono di certo creare una forte intimità. Ma non possono farlo anche due voci che si intrecciano nel buio?

“C'è un motivo per il quale mi chiamo Sakura.”

“Immagino che sia per i fiori di ciliegio. Ricordano il colore dei tuoi capelli.”

“Ti sbagli. Sono nata prima del compimento dei canonici nove mesi. Ero molto debole e rischiavo di non farcela. Mamma mi paragonava agli effimeri fiori degli alberi di ciliegio; bellissimi, ma pronti a volare via al più flebile alito di vento. Nonna però la pensava diversamente. Mi ha sempre raccontato di come, guardandomi all'interno dell'incubatrice mentre lottavo per vivere, avesse avuto il sentore della mia forza. I miei polmoni tentavano di aspirare tutto l'ossigeno che riuscivano a prendere, mentre il mio petto si alzava ed abbassava smaniosamente, avido di vita. Nonna disse che ero una guerriera; che avrei combattuto e che, se mi fossi staccata dall'albero, lo avrei fatto non con la vanità di ciò che è caduco e transeunte, ma con l'onore di un samurai. Il nome che mi è stato dato, è stato scelto perché i fiori di ciliegio sono quelli che si associano ai gloriosi guerrieri del Giappone. Le loro esistenze erano precarie, è vero; ma la loro forza interiore e il loro coraggio sono giunti sino ai giorni nostri. Sono eterni quanto il rinnovarsi della primavera. Da questa prospettiva, i fiori di ciliegio non mi sembrano poi così fragili. Io una combattente lo sono stata sin da quando sono nata. E nonna Chiyo mi ha forgiata insegnandomi la sublime arte del karate, eheheh”

La notte sta definitivamente sfaldando l'involucro che di giorno si offre agli occhi degli altri. Sento come si mi stessi togliendo i vestiti. Non provo nessuna vergogna perché questa nudità che gratuitamente si sta offrendo alle orecchie di Sasuke Uchiha non ha nulla di osceno. Non è impudica. È un dono; il dono che di me sto facendo ad uno sconosciuto. Non c'è ragione alcuna per la quale sto decidendo di raccontarmi: è puro, magnifico Dilettevole. Dilapidazione senza un perché. Comunicazione che è pura apertura all'altro, senza riserve e gelosie del proprio Ego. Parola che viene alla luce e che manifesta quanto di più vero c'è in quel che di norma custodisco nell'intimo. È dolce vulnerabilità figlia di una scelta compiuta senza calcolare danni e benefici. È solo per l'ebbrezza di confessarmi alla notte e all'ospite che vi soggiorna dentro, seduto al mio fianco. Non ho timore di favorire il mio interlocutore, perché non è l'avversario. È l'uditore, colui che sta ricevendo qualcosa da me, che non pretendo niente in cambio. Lui non si sta avvantaggiando ed io non mi sto indebolendo. Entrambi ci stiamo arricchendo. Quello che gli sto dando, è mio per sempre.

“Sono stata una bambina che ha sofferto molto per l'abbandono di suo padre. Ho desiderato tanto essere abbracciata da lui, almeno quanto poterlo avere di fronte per prenderlo a schiaffi. In quei momenti l'insegnamento di mia nonna mi è stato di grande aiuto”

“...il karate?”

“La Comprensione. Hai creduto davvero che potessi prendere a sberle mio padre?”

“Per un attimo ho temuto il peggio.”

“Beh, non che non avessi desiderato sfogare la rabbia con la violenza, ma la pratica del karate presuppone una certa filosofia e un forte rigore etico. Non serve per ottenere una vendetta egoista. E poi non è così che sono diventata la persona che sono oggi. Nonna ha placato il mio rancore parlandomi dei miei genitori. Grazie a lei, ho capito che mio padre mi ha lasciata non perché non tenesse a me, bensì perché era un uomo molto fragile che non riusciva a gestire gli alti e bassi di mia madre. In casa l'atmosfera era sempre assai tesa e i miei genitori litigavano spesso. Mio padre si sentiva un inetto, col lavoro aveva collezionato un fallimento dietro l'altro. Se penso ai suoi occhi, rivedo quelle pupille tristi e cariche di vergogna per la persona che era divenuto. Un uomo la cui debolezza era un fardello troppo grande da portare. E infatti è stato schiacciato da quel peso. Abbandonandomi ha arrecato tanto dolore a me almeno quanto ne ha provocato a se stesso. Non ha giustificazioni agli occhi degli altri, ma io l'ho perdonato. Provo tenerezza e dispiacere per lui. In fondo quello che ha ottenuto costruendo una nuova famiglia non è un vero riscatto da una vita di miserie. È solo una fuga e lui deve avvertirlo distintamente. Credo che non farà mai nulla per emendare la sua colpa. E anche se cercasse di redimersi, rimarrà sempre un padre che ha lasciato la figlia. Il suo gesto lo ha condannato per sempre. Io ho superato il lutto della perdita e ho perdonato i suoi errori. Sono una persona risolta, mentre lui non potrà mai esserlo...”

Sasuke ascolta pazientemente. Le sue orecchie non sono curiose. Sono spalancate come mani che non si ritraggono perché sanno di stare ricevendo un regalo che gioiosamente si porge loro.

“A scuola fui vittima di episodi di bullismo. Ero troppo povera per essere percepita dagli altri bambini come una loro pari. E allora l'insegnamento di mia nonna mi fu di nuovo molto utile”

“La comprensione?”

“Il Karate! Sono una guerriera, non una santa!”

“...”

“Guarda che anche se non ti vedo percepisco il tuo disappunto. Il karate serve per la difesa personale, mi è parso più che giusto rispondere ai pugni improvvisati con pugni bene insegnati. Nessuno ha più osato sfiorarmi con un dito”

“Avevo intuito che dovevi essere una persona molto forte”

“Sul serio?! ♥ E come hai fatto?”

“Da come hai spinto la porta dall'esterno durante il nostro primo incontro.”

“...”

“Che c'è?”

“Nu-nulla, quella è una storia che preferisco dimenticare...”

Parlare di me senza alcuna inibizione è una esperienza liberatoria. C'è un volto davanti a me. Un volto che si presenta mentre si assenta. Non lo vedo, ma ho la certezza che mi sta fissando con occhi che sebbene siano ciechi alla mia figura, non lo sono al mio spirito. Non gli chiederò di parlarmi di lui a sua volta. Non voglio un contraccambio per quello che gli ho offerto.
Ma c'è una cosa che mi preme sapere.

“Saské-kun”

“Mh?”

“Perché i genitori di Sarada non si prendono cura di lei?”

“Sono morti.”

 

“Mo-morti?! Ma ho sentito che tua madre va sempre a trovarli!”

“Va a visitare le loro tombe.”

Resto impietrita all'ascolto di quella verità raggelante. Gli occhi mi si riempiono di lacrime. Non faccio nulla per frenarle, dato che posso beneficiare dell'oscurità per nasconderle.

Sarada.

Così piccola che può sparire dietro al tronco di un albero; che è felice perché indossa finalmente gli occhiali; che mangia un melonpan insieme a me; che si fida della sua tata tanto da addormentarsi in braccio a lei.
Sarada non ha più una madre ed un padre.
La stringo più forte e cerco di coprirla meglio col cappotto, nella illusione di poterle infondere un po' del tepore che le serve per attutire il freddo che deve sentire dentro. Come può un essere così piccolo contenere un vuoto così grande?

“Devi cercare di darle una vita felice.”

“Mh.”

Stavolta non ho alcun dubbio: è un ''sì''.

Il sonno comincia a premere sui miei occhi. Le palpebre si abbassano per la pesantezza che avvertono. Pian piano scivolo nell'incoscienza. Anche io, come Sarada, trovo un posticino a cui abbandonarmi, certa che nessun male potrà cogliermi fintanto che soggiorno nell'angolo a cui sto affidandomi. Non è soffice come un cuscino, ma è solido e rassicurante. Non è come il letto della mia casa, ma è accogliente ed ha un buon odore.
Mi serve per avere un luogo ove rifugiarmi. E mi piace sentire che sta sostenendomi. È ciò che mi necessita ed anche ciò che desidero.
È Utile ed è anche Dilettevole.

 

EXTRA
“Oi, oi!”

“ L'ecogvafia shignora...”

“Sakura svegliati è mattina! Hanno aperto la porta!”

“Femmina...lo sciapevo...Congvatulascioni”

“SAKURA!”

...

“...Saské-kun?!!”

“Smettila di biascicare idiozie e, soprattutto, di sbavare sulla mia spalla!”

“Eh?! Sc-scusa, mi sono appoggiata!”

“Non ti sei solo appoggiata. Mi hai scambiato per il tuo letto?”

“So-sono mortificata.”

“Fata!”

“Sa-Sarada! Buongiorno!”

“Ei voi là fuori! Chiamate il dipendente che ci ha chiusi qua dentro, voglio subito parlargli...è inaccettabile quello che è successo!”

“Saské-kun non essere troppo duro con lui...”

“Certo che lo sarò! Non ha assolto bene il suo compito!”

“A qu-questo proposito, vorrei chiederti...sì insomma...”

“Cosa?”

“...do-dopo quello che ho combinato ieri...de-devo ancora fare da baby-sitter a Sarada?”



“MH.”

 

 

Le chiacchiere dell'autrice. Cari lettori, mi è mancato non avere il pretesto per interagire con voi! Questo capitolo ha richiesto un bel po' di tempo per essere scritto, non solo perché è molto lungo, ma anche perché ho cercato di dare profondità al ''dialogo nel buio'' tra Sasuke e Sakura. Ce l'ho messa tutta, spero che ne abbiate goduto!
Per quanto riguarda le mie personali miserie devo dire che - mentre l'uomo più potente del mondo diveniva un tizio che, tra le tante improbabilità dette, affermava altresì che “non è vero che c'è il riscaldamento globale perché a New York si muore di freddo”- io spendevo il mio tempo tra la derelizione per la pesantezza dello studio ed occupazioni più piacevoli. Oltre a stare scrivendo questa storiella, ho acquistato il Gaiden di Kishimoto e devo dire che, con una buona traduzione, non è poi così male a livello di dinamiche familiari (quanto a trama invece resta qualcosa di tanto brutto). Da quelle pagine traspare tutta la dolcezza che lega Sasuke a Sakura (ed ovviamente anche a Sarada, ma di questo mi importa un pelo di meno eheheheheh).
Con la speranza di avere allietato una manciata di minuti del vostro tempo libero, vi saluto e vi do appuntamento al prossimo aggiornamento. :-*

 

 

 

   
 
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