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Autore: YakerHenbane    19/11/2016    3 recensioni
Zootropolis, la città dove ogni animale può essere quello che desidera. In questa enorme utopia zoologica seguiamo lo spaccato di vita di tre giovani predatori in cerca del proprio posto nella società. Cosa ha da offrire loro, in termini di possibilità e imprevisti, questa grande metropoli dal cuore peloso? Un terzetto bislacco destinato ad unirsi in una forte amicizia e...
Per quelli interessati al fattore "introspettivo" della storia (qui parla l'autore), i tre personaggi principali sono i miei tre fursona, sostanzialmente incarnazioni di lati diversi di quello che, nel complesso, sono io. La storia può essere letta anche come qualcosa di più interiore di una semplice serie di spaccati di vite quotidiane, anche se tale è e come tale può essere tranquillamente interpretata. Spero che vi piaccia!
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: Furry, Spoiler!, Tematiche delicate
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“Look how far you’ve gone, you filled your heart with love.
Baby you’ve done enough, take a deep breath!”


Le parole note di quella canzone riempirono la stanza fendendo la penombra: la vibrazione del cellulare sul comodino quasi sembrava seguire il ritmo della musica, come aveva fatto per tutti gli anni di scuola in cui Alexander era stato svegliato da quel motivetto così famoso e di cui ancora nessuno si era stancato. Quel giorno, invece, Alexander era già sveglio nel momento in cui la solita scadenza lo avrebbe dovuto buttare giù dal letto, si stava vestendo nella stanzetta semibuia cercando di fare il meno rumore possibile, benché l’apparecchio elettronico fosse tutt’altro che rispettoso del sonno dei suoi genitori.
Giugno ormai aveva preso piede, e Zootropolis sfavillava di riflessi sulle vetrate dei grattacieli e nell’acqua delle fontane, come se l’intera città volesse partecipare di quel fulgore estivo così estroverso: persino TundraTown riusciva a partecipare a questa sfolgorante atmosfera, seppur mantenendo i suoi connotati freddi e un po’ distanti; i riflessi della luce rilucevano attraverso il ghiaccio cristallino quasi vitreo, riempiendo i dintorni di un alone innevato allegro e, in qualche modo, magico. Il Distretto Foresta Pluviale, d’altro canto, non poteva che sfoggiare i suoi arcobaleni tropicali: il sole, questa volta, rimbalzava scherzosamente sulle foglie degli alti baobab e zompava da una cima all’altra, lasciandosi dietro una coda allegrissima che gli animali potevano scorgere mentre filtrava dalle spesse chiome e faceva scintillare la rugiada. E se Outback Island e Sahara Square contribuivano al movimento cittadino con i loro turbini di sabbia e pulviscoli, che s’intrecciavano l’un l’altro nelle ampie distese percorrendo il perimetro di dune e rocce, mentre Paludonia risuonava in un concerto di gracidii ambientali che tradizionalmente accompagnano la vita delle attive manguste, il Distretto dei Notturni placido si insonorizzava e, proprio con l’arrivo della luce più potente, chiudeva gli occhi, per poi riaprirli al vespro e darsi alla pazza gioia tra i suoi luna park e casinò, le cui luci sgargianti si specchiano nei grandi cristalli opachi delle pareti cavernose, che consegnano all’esterno l’eco festoso delle grida e del divertimento. Circondato da quest’aria estiva, Alexander era diretto verso Pratèria, un distretto periferico di Zootropolis, dall’aria più rurale e che sembrava ben poco presente nell’atmosfera estiva che univa la città: Pratèria era placida; per quanto il sole la rischiarasse completamente, quasi tentando di trascinarla nella luminosa frenesia, rimaneva di fatto immobile. Le dolci e gentili colline verdeggianti ondeggiavano i fili d’erba guidate dal venticello e accarezzate da un cielo azzurro e cotonato da bianchissime nuvole, anch’esse lentamente accompagnate dallo scirocco nel loro sonnolento transito. Tra ogni piccolo colle sorgeva un borghetto, ognuno attraversato da timide stradine morbide e popolato da pecore anziane e cortesi, abituate alla loro vita tranquilla. Tra quelle pittoresche casette c’era quella che Alexander andava a visitare ormai con regolarità da quando aveva finito il terzo anno delle scuole superiori, ossia l’anno dell’incidente. Rivedere Pratèria ogni volta lo faceva sentire strano, come avvolto in una pace ovattata e talvolta persino sonnolenta che però, sistematicamente, lo riportava indietro con malinconia e lo proiettava in avanti con risolutezza: questo accadeva ogni volta che visitava una delle pochissime famiglie di bisonti rimaste di Pratèria, i Brownherd. Il piccolo predatore non riuscì (e con tutta probabilità non riuscirà mai) a scordare il modo in cui la signora Brownherd l’aveva abbracciato piangendo fiumi di lacrime quando, avvilito, si era voluto presentare a loro al ritorno dalla gita, come pianse la morte di Micheal al funerale vicino al fratellino della vittima, Chad… Da allora, Alexander aveva visitato con costanza i Brownherd, forse per alleviare un senso di colpa che credeva non lo avrebbe mai abbandonato, o magari per riscattarsi, o ancora per semplice altruismo; questo la lontra non lo sapeva, era solamente sicuro di voler vivere un pizzico della vita di quella famiglia senza Micheal e di aiutarli ad essere felici. Questo lo faceva stare bene, riusciva a percepire un senso di grande serenità nel farlo. Talvolta persino Jennifer lo aveva accompagnato a far visita ai Brownherd: il loro rapporto era sopravvissuto persino alla tragedia e, benché avesse attraversato momenti di traballante insicurezza, i due sapevano che era destinato a durare ancora, per il resto delle loro vite.
“Oh, Alex! Piccolino, cerca di non trascurare lo studio per venire qui, manca poco agli esami!”
“Buongiorno signora Brownherd. Non si preoccupi, ho tempo per quello, ma di certo non posso perdermi la recita di Chad, invece!”
“Avete lavorato così tanto insieme, per imparare tutte le battute, e proprio stamattina ha avuto il panico da palcoscenico. Sarà entusiasta di vederti tra il pubblico…”
“Andiamo signora Brownherd, non vorremo fare tardi!”
“Arrivo, Alex, arrivo.”
   
 
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