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Autore: LeAmantiDiBillKaulitz    25/11/2016    1 recensioni
Prendete Chelsea e Alexandria, due migliori amiche particolarmente male assortite: una, rumorosa, casinista, molto oca e morbosamente ossessionata dal cinema, l'altra acida, nervosa, arrabbiata e decisamente pronta a picchiare tutti. Poi aggiungete Bill, antipatico, isterico, viziato ma terribilmente sexy. Mescolate con un'intervista ai Tokio Hotel per il giornalino universitario, con un Tom molto scemo, un Georg molto martire e un Gustav molto affamato. Il piatto è pronto: tra gaffes, incomprensioni, tacchi alti, litigi e romanticismo-fai-da-te, riusciranno le due ragazze a conquistare l'algido cuore del cantante?
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome, Triangolo
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CAPITOLO CINQUE: SCOMMESSE E UN INVITO A CENA
-Wow, posso ufficialmente dire che facciamo un baffo a “Il paziente inglese”, diretto da Anthony Minghella nel 1996, con Ralph Fiennes e Juliette Binoche.
La mia esclamazione è seguita da un grugnito della coinquilina Hannibal, un gemito affranto del mio Blues Brother e da un’alzata del sopracciglio della mia Delfina elettiva. Siamo letteralmente accampati in salotto come gli scampati a una distruzione nucleare o a un bombardamento subatomico, io eroicamente in piedi sul divano con la mia splendida mise da Crocerossina che Alexandria mi aveva obbligato a indossare come cosplay di qualche manga orribile, Bill seduto composto al mio fianco con una faccia da fare concorrenza a una mummia egizia impegnato a smaltarsi le unghie di un improbabile rosa shocking come gli stivali come se tutto ciò non lo riguardasse minimamente, Alex abilmente incerottata dalla sottoscritta (eh, vedersi tutte le puntate di E. R. Medici in Prima Linea serve a qualcosa) che continua a far ballare lo sguardo furioso tra me e Tom, il quale giace come un cadavere su una barella di fortuna, ricoperto di bende e creme antidolorifiche sul perfetto stile di una mummia in via di preparazione.
-E’ lui che mi ha insultata!- scatta Alexandria, massaggiandosi le nocche della mano che si è mezza fracassata sul muro dopo uno scarto del chitarrista.
-Ma se qui qualcuno ha il senso dell’umorismo di una iena con le emorroidi, non è colpa mia.- mugola Tom da sotto le bende, tenendosi schiacciato il ghiaccio sulle parti basse, abilmente colpite da un calcione laterale.
-Tom, evita di girare il coltello nella piaga.- lo gela Bill, alzando lo sguardo dalle unghie per fulminare il povero gemello. – Mi sembra che la ragazzina sia piuttosto nervosetta.
Ora, tecnicamente Bill ha perfettamente ragione, perché Tom sembra davvero coglione come la sottoscritta, che si diverte a forzare la pazienza inesistente della nostra darkettona nerd e a farsi malmenare fino a sputare sangue sul pavimento, ma temo che il “ragazzina” non piaccia tanto alla mia amica, che puntuale come un orologio svizzero, abbaia
-Senti, “ragazzina” lo dici a tua sorella, capito, checca nevrotica?!
-E “checca nevrotica” lo dici a tua madre, sì?
Bill la guarda storto da sotto i dieci chili di mascara e eye-liner, tornando seraficamente a smaltarsi il mignolo e ad applicarci sopra dei brillantini. Beh, giuro su Steven Spielberg che nessuno ha mai detto una cosa simile ad Alexandria senza uscirne fuori con un occhio nero e un dente saltato, eppure qui, lei si limita a boccheggiare come se le avessero dato una ginocchiata micidiale nello stomaco, incapace anche solo di spiccicare parola, sbattendo gli occhi malamente truccati come un bambolotto meccanico. Cioè, prima ha riso come non ha mai riso in vita sua, ora non risponde a un insulto … ma che diavolo le sta succedendo? Dev’essere l’effetto deleterio di Bill, che la rende capace di sganasciarsi come un’epilettica e di continuare ad avere un fondo adorante nello sguardo torvo e incazzato col mondo verso la sua bellezza e la sua algidità, la sua compostezza e la sua aristocrazia. Ve l’ho detto, questo ragazzo ci sta distruggendo come uno specchio maledetto, ci ha marchiato della macchia nera di Long John Silver, ci ha rinchiuse in un Modigliani da cui non riusciamo a fuggire, ci ha ridotte in polvere di stelle che sparge tutt’attorno alla città, ci ha incatenate al suo destino come Dorian Gray era incatenato a Sir Henry Wotton, ci ha fagocitate nella sua morsa assassina e non ci lascia più andare. Siamo fritte in padella, andate, fottute con le nostre stesse mani, la fine che solo noi due potevamo avere. Ricordo ancora due anni fa, quando Alex era stata brutalmente mollata da quello stronzo del suo ragazzo di allora, un avanzo di galera che, per carità, un pezzo d’uomo che te lo dico io, ma bastardo nell’animo; ricordo come fosse ieri le lacrime di trucco della mia migliore amica, le prime notti insonni passate a evitare che si ubriacasse e andasse in coma etilico per la seconda volta, ad asciugarle il pianto, a frenarle gli istinti omicidi. Non aveva mai sofferto una storia prima d’allora, e non l’avevo mai vista scioccata come quando Stenka l’aveva lasciata così, da sola sul bordo di una strada, senza il minimo appiglio che non fossi io e la mia faccia da idiota irlandese (mia madre era irlandese, e io dal gene ho brillantemente ereditato quella faccia da patate bollite rincoglionite che hanno solo lì). Alexandria era un caso perso, lo è sempre stata, ma da quando Stenka se ne è andato ha cominciato il declino per l’autodistruzione, cadendo a ruota libera nel massacro e nella terra bruciata che si lascia dietro e portandomi irrimediabilmente con lei in un maelstrom che puzza di birra, musica punk e violenza gratuita. È lei, è la mia migliore amica, che si è chiusa ancora più a guscio dopo che quel figlio di troia aveva aperto uno spazietto di umanità pure nel suo cuore d’acciaio inossidabile e poi l’aveva lasciata così, col buco aperto e sanguinante asfalto fuso, tramutandola nella regina della periferia vera, fatta di alcol e sangue sulle nocche delle dita. Alexandria era stata abbandonata da qualcuno a cui stranamente sembrava tenere, e ora, dopo ben due anni di dure sopportazioni (per me e per gli eventuali tipi da botta e via), il buco nel cuore sembra essersi improvvisamente sanato. Sanato grazie al cantante più famoso di tutta la nazione e uno dei più idolatrati. Ma chi l’avrebbe mai detto?
Per quello che riguarda me, la mia cara Converse Dipendente dice che sono un caso perso sin dalla nascita, e che di nove fratelli l’unica tarata sono io (seh, perché in fondo lei Billy Terry non l’ha mai conosciuto, come nemmeno Charity Rebecca. Che due bastardi, ragazzi, che due fratelli bastardi che mi hanno bullizzato sin dalla nascita) io che vedo solo il cinema in ogni sua forma, che mangio sempre come un bufalo, che rido impunemente e dico cazzate pure nel sonno. Sì, forse ha ragione, sono tarata perché mi piace Bill e perché ero brillantemente riuscita a spedire in prigione per spaccio la mia ex fidanzata senza nemmeno rendermene conto, sono tarata perché faccio amicizia con tutti in un nanosecondo e perché mi sono fatta i dread alternati bianchi e rosa, sono tarata perché ho sempre rischiato la bocciatura e perché l’unica cosa che so fare è aggiustare la tv e il forno quando si rompono, sono tarata perché mi sono fatta tatuare un maiale che sniffa la colla sotto il seno e perché, quando il cantante dei Green Day mi aveva invitato sul palco a un loro concerto pescandomi a caso nella folla lo avevo baciato, sono tarata perché avevo fatto cadere un pregiatissimo Dix al museo d’arte e perché mi ero addormentata durante un mio esame universitario. Sì, sono tarata e basta, lo so e lo accetto senza farmi problemi. Non possiamo mica essere tutti geni a questo mondo, no? Servono pure gli idioti e i pagliaccetti, con un futuro a Hollywood come regista di commedie tragicomiche con personaggi sfasati come la sottoscritta e la sua coinquilina, ambientati nella periferia di una sfigata città sul confine tedesco-polacco che tutti ricordano solo per qualche patto della Seconda Guerra Mondiale, insieme a strani personaggi da incubo dal sesso incerto, la faccia da Winnie The Pooh, le treccine da capra bollita e il grugno da metallaro finto, contornati da musica che attinge da ogni repertorio possibile e no, non si fa aiutare dal buon Ennio Morricone, ma dall’orecchio dei giovani d’oggi. È il nuovo cinema onirico, il nuovo Lars Von Triar, il nuovo Peter Greenway.
-Sei riprovevole alla vista, levati quell’aggeggio!
La voce di Bill interrompe le mie elucubrazioni, riportandomi all’accampamento da rifugiati che abbiamo in salotto, ai gemiti del mio caro Tom, e all’occhiata schifata del cantante.
-Che ho che non va?- chiedo, grattandomi la testa e scrutando il mio cosplay da Crocerossina troppo stretto, con la pancetta lentigginosa che straborda dall’orlo della gonnellina bianca e le tette pure lentigginose che stanno per far partire tutti i bottoncini della camicetta.
-Infatti, che ha che non va?- mi fa subito eco Alex. No, non si sta schierando dalla mia parte, è solo che questo vestito l’aveva scelto lei e troverebbe osceno il fatto che qualcuno non approvi le sue scelte.
-Scusa tesoro, ma con quel vestito ci sto meglio io.
Io e Alex boccheggiamo e ci guardiamo, bavetta alla bocca. Porca zozza, ora lo voglio vedere sì Bill vestito da Crocerossina!
-Ma che cazzo dici Bill … - mugola il nostro ferito grave, alzando faticosamente il braccio che Alex gli ha serrato in una morsa assassina – Solo i tuoi scopa amici froci ti troverebbero eccitante vestito da Crocerossina!
-Non solo gli scopa amici froci … - sbaviamo noi due, dandoci di gomito.
Tom ci guarda strano, tra smorfie di dolore e di stupore, mentre Bill lo guarda con aria da vincitore e si batte il cinque da solo.
-Vedi, tesoruccio del tuo Billuccio?- miagola la Delfina, accarezzando il gemello con le unghie rosa sbrilluccicose – Io sono eccitante in qualunque mise.
Noi due annuiamo con aria convinta, stile showgirl alla Mike Buongiorno, e a Tom non resta che sospirare rumorosamente e seppellirsi nelle bende.
-Dai, Bill, facciamo una scommessa io, te e Alex!- me ne esco io, strizzandomi la pancia nella gonna e schiacciandomi il berrettino a triangolo sulla testa.
La mia amica annuisce convinta, ben capendo cosa la mia mente geniale stia per sputare fuori, mentre lui si limita ad alzare le spalle con aria di scherno e Tom a darsi una manata sulla fronte e urlare di conseguenza per aver beccato il livido provocatogli dall’anfibio borchiato che gli ha tirato in faccia.
-Se nel periodo di rapporti che avremo …
-Noi non avremo più nessun tipo di rapporto, ragazzina.- mi ferma subito lui, senza nemmeno guardarci. E meno male, così non si vede i musi lunghi.
-Invece sì!- mi spalleggia Tom, balzando a sedere e schiacciandosi il dito che Alex gli ha pressato nel tostapane acceso, strillando – Non mi porterai via né la sorellina, e nemmeno la iena con le emorroidi.
Alex è talmente presa da Bill che fortunatamente non registra l’insulto e si limita ad annuire con aria ebete e ripetere a pappagallo
-No, non ci porterai via …
-Quindi, la scommessa è la seguente: se tu ci dirai, seriamente, che ci adori in un arco di tempo di due settimane e mezzo, dovrai vestirti solo per noi col cosplay da Crocerossina. Se no, allora noi giuriamo di farti una fornitura a vita di biscotti al cioccolato e di aggiustarti gratis la tv ogni volta che si rompe.- concludiamo in coro perfetto io e Alexandria, dandoci il cinque con un sorriso entusiasta.
Tom ci guarda come se fossimo sceme e mi fa, ridacchiando nonostante la mascella slogata da un gancio mica da ridere
-Chess, tesoro, siete più fottute di David Carradine nei panni di Bill in Kill Bill volume 1 e 2 …
-Di Quentin Tarantino, del 2003, con Uma Thurman e Lucy Liu.- completo io, alzando le spalle con aria trionfante, come Beatrix Kiddo quando finalmente fa fuori quello stronzo di Bill. Un nome a caso. Coincidenze? Io non credo.
-Bene, bambine.- Bill si alza, scostandosi con un gesto studiato della mano i lunghi capelli corvini con le ciocche bianche dal viso perfetto – Cominciate a preparare i biscotti.
Si avvia sculettando abbondantemente verso la porta, per poi girarsi e sillabare
-Oh, e dopo che Jake mi ha lasciato ho rotto la tv con uno stiletto. Prepara gli attrezzi, ragazzina.- quindi schiocca le dita e strilla – Tom, portami a casa, non ho voglia di guidare.
Tom di Nazareth si alza, dolendo come un martire sul Golgota, ci stampiamo due sonori baci sulle guancie, alza timidamente la mano in segno di saluto verso Alex, che ringhia come una iena rabbiosa, e si avvia verso suo fratello che blatera qualcosa di sconclusionato sulla loro macchina. Prima di scomparire dietro l’uscio, ci sussurra, tentando di non farsi udire dal Carradine della situazione
-Stasera, siete invitate da me al Plaza alle 8. Cena a sei con tutti i Tokio Hotel. Tutte le ragazze darebbero chissà cosa per essere al vostro posto.
Riesce ad evitare l’ennesimo ceffone da Alexandria-Odio-I-Tokio-Hotel-Herder e il mio strillo da Kaulitz Girl. Io, che fino a cinque ore fa manco sapevo chi erano.
-Allora, ci state?
-Toooom, sbrigati ti ho detto, voglio andare a casa!- strilla amabilmente Bill in mezzo alla strada, dando una botta a quel gioiellino di Porsche Coupé parcheggiata fuori dalla nostra porta.
-Ci stiamo, tesoro. 8 al Plaza. Non mancheremo.- bisbiglio io, mentre Alex alza gli occhi al cielo e borbotta
-Qui non si rispetta più il grado dei vostri soldati. Corte Marziale. Stato Maggiore. Marescialli in posizione. Confindustria Bellica. Rancio dei militi semplici.
Sì, signori, qui non si rispetta più il grado di nessun soldato, ordini del Generale Kaulitz.
 
-Ok, Chess, cosa ne dici?
Riemergo dal sacchetto di patatine insieme a Panther Lily, lanciando un’occhiata indagatrice stile Diana Vreeland sul piede di guerra alla mia amica che mi parcheggia davanti in posa. Mi do una grattata alla guancia, percorrendo con lo sguardo il corpo snello fasciato in un corto vestitino nero decorato da borchie acuminate e catenelle penzolanti, con un paio di collant a rete piccola coordinati a un paio di stivali borchiati con una zeppa da paura. Le braccia nude sono adornate da un paio di guanti senza dita di pizzo nero, anelli e braccialetti gotici le decorano pesantemente le mani e i polsi, il trucco dark le ricopre il viso e i capelli le ricadono mollemente acconciati sotto le spalle. È bella, Alexandria. È bella di quella bellezza rovinata, sprecata, usata e maltrattata. È bella come una ninfa di periferia, nata dall’asfalto bruciato e dal fiume lurido dei liquami delle fabbriche, un perfetto personaggio dickensiano sbocciato nei vicoli periferici, il frutto della musica che salva e degli idoli già morti di una società già persa. Siamo gli eroi di una generazione, quelli che hanno smesso di pregare perché non hanno più dei, che hanno smesso di suonare perché hanno perso il ritmo, che hanno smesso di lottare perché non ci sono più ideali, che hanno smesso di ridere perché non esiste più la comicità, che hanno smesso di sperare perché hanno cancellato ogni sentimento, che hanno smesso di amare perché hanno lasciato scivolare via l’affetto, che hanno smesso di parlare perché sono troppo stufi, che hanno smesso di pensare perché, lo diceva Elicone nel Caligola di Camus, sono troppo intelligenti per farlo, che hanno smesso di vivere la loro giovinezza perché se la sono lasciata sfuggire. Sono La Generazione, annoiata e stanca, quella che giudica tutto con un cinismo inopportuno, che si ribella con i musi lunghi e graffiti sui muri, che è troppo furba per farsi fottere dai vecchi, che si lavora il mondo da dentro, che inganna prima di venire ingannata, mente prima di essere buggerata, muore prima che qualcuno la faccia fuori. Ci siamo noi, quelli della periferia, la streppa di ragazzi cresciuti su degli skateboard, con una canna in una mano e una bomboletta spray nell’altra. Ci hanno insegnato a rubare, a mentire, a farci gli affari nostri, a tenerci un coltello sotto al cuscino. Siamo cresciuti come Oliver Twist, relitti come David Copperfield, arrabattandoci in questo mondo che non perdona nessuno, tanti piccoli Raskol’nikov senza Sonia, inutili rimasugli per cui nessuno suonerà la campana, tanti Humbert senza Lolita. Siamo La Generazione distrutta che in fondo, forse, così distrutta non lo è mai stata.
-Sei uno schianto, Alex. Vuoi far morire del tutto Georg?- sghignazzo, dandole di gomito, mentre lei alza gli occhi al cielo esasperata dalle mie battutine squallide.
-Sì, lo arrostirò a fuoco lento e poi lo darò in pasto ai cani.- commenta acidamente, sfregandosi con un che di satanico le mani. Poi mi guarda storto – E te dove credi di andare conciata così?
-Al Plaza, no?- alzo le spalle, e mi becco un sonoro ceffone sulla testa.
-Ma che eri scema lo si sapeva, ma così interdetta no!- latra lei, prendendomi per un orecchio e sollevandomi come un pupazzo. – Ti vesti con questi due stracci da skater ritardata e vuoi andare al Plaza?! Ti lasciano fuori a mangiare trippa per gatti!
-Non è vero!- tento di giustificarmi – Se dico che sono la fidanzata e futura moglie di Tom Kaulitz mi fanno entrare anche in mutande! Anche perché se dico che sono la futura sposa di Bill, non penso mi credano.
-Chelsea, o fili a cambiarti, o ti infilo nel forno e quella capra bollita di Tom si trova come moglie uno spezzatino arrosto con patate novelle! E semmai, Bill lo sposo io!
Ci guardiamo un po’ in cagnesco, mentre lei mi trascina di peso in camera da letto e mi punta il mestolo addosso con aria cattiva
-Forza, ora cambiati che dobbiamo anche discutere di due cosette prima di andare.
Obbedisco, togliendomi i famosi vestiti da skater ritardata, cercando una qualche mise adeguata da infilarmi per la cena, schiacciandomi con fatica dentro un paio di shorts più che corti di lamé dorato e un top vertiginoso di paillettes nere assolutamente kitsch e volgare, cercando di infilarmi tra bestemmie e grugniti un paio di stivali col tacco a spillo verde acido su cui, mi pare lapalissiano, non so camminare, sciogliendomi i dread e dandoci una parvenza d’ordine. Lo so, sono pacchiana, sono sgargiante e grossolana, ma non ho nulla di meglio da indossare.
-Di cosa volevi discutere?- ansimo, tentando di tenere chiuso sto dannato paio di braghe di almeno due taglie in meno.
-Della Fatina Mortuaria, ovviamente.- Alex fa una smorfia piuttosto eloquente, spaparanzandosi sul mio letto. – Devo ammettere che Bill ci ha mandate fuori di melone tutte e due, ci ha fatto impazzire, letteralmente.
Oh Delfina, come hai potuto trascinare la dolce Ippolita in questo paradiso dei sensi meschini? Con quale cuore? Con quale trasporto?
-Ma, qui sta il problema. Io e te, strano ma vero, non saremmo mai capaci di litigare per un uomo, nemmeno volendolo.
Sì, ha ragione, anche Iena Herder oramai vuole troppo bene a Pagliaccio Spiegelmann per distruggerla di botte.
-Quindi, se entrambe siamo fuse per Bill, a chi tocca accaparrarselo?
-Alex, però è un Frocio di quelli con la F maiuscola. Secondo me se lo accaparra il primo gnocco al gorgonzola che transita per strada.- le faccio argutamente notare, accendendomi mollemente una sigaretta.
-Giammai Chess! Bill sarà nostro!- ulula lei, alzandosi di scatto – Gorgonzola o ragù, noi siamo di più!
-Beh, allora è semplice. Faremo in modo che lui ci vorrà tutte e due. Pacchetto unico, prendere o lasciare. Se vuoi la iena, ti ciucci anche il pagliaccio, se vuoi il pagliaccio, ti ciucci anche la iena. Non trovi?
Gli occhi le brillano sinistramente, troppo sinistramente per i miei gusti.
-Sai che per quanto tu sia furba quanto un procione castrato, quest’idea è davvero sensazionale?- Alexandria mi abbraccia, segno che è davvero ai minimi termini – Dici che dovremmo cominciare a lavorarcelo per bene?
-Esatto, sorella.- mi sistemo ancora un po’ i capelli, sospingendola verso la porta e uscendo in strada, un duo della Madonna Santa, con una dark decisamente emo e una rasta che sembra tanto una delle prostitute che battono dal Banhof Zoo. – Dobbiamo cominciare a circuirlo con abilità, trascinarlo nelle nostre grinfie senza che se ne renda davvero conto, e poi sopraffarlo quando ormai non vi è più china di risalita. Come in “Qualcosa di travolgente”, di Jonathan Demme, del 1986, con Melanie Griffith e Jeff Daniels.
Alexandria si gratta la testa, perché come al solito non sa assolutamente di cosa sto parlando, però annuisce convinta, mentre io declamo:
-Allora iniziamo da stasera, tesoro. Lo lavoreremo fino a farlo capitolare come era capitolato Marco Antonio di fronte allo strapotere di Ottaviano Augusto. Lo faremo cadere in ginocchio a pregarci di scoparlo come Cleopatra di fronte a Giulio Cesare. Lo faremo innamorare come Rossana aveva fatto innamorare Alessandro Magno. Lo trascineremo tra le nostre braccia come Lesbia aveva fatto impazzire Caio Valerio Catullo. Lo distruggeremo come Scipione l’Africano aveva distrutto Cartagine. Carthago delenda est, come diceva Catone!
-E allora sempre e per sempre, Bill delendo est!- strilla Alex, dandomi il cinque, mentre ci avviamo di gran carriera verso il Plaza, eccitatissime all’idea di questa geniale nottata e di quello che porterà nella nostra missione da 007.
 
Quando arriviamo davanti al Plaza, con le sue luci accecanti e il suo impeccabile stile Liberty, ci sentiamo entrambe vagamente fuori posto, osservate con evidente ribrezzo dai politici, dalle star e dalle topmodel che si affollano come vermi davanti al grandioso ingresso illuminato da cascate di luce dorata che riflettono il pavimento a scacchi bianco e nero, lucido di cera. Decisamente un posto poco adeguato a noi due, abituate ai luridi pub di periferia dove ci si ubriaca e ci si ingozza di patatine troppo unte e panini con salsicce che colano grasso, come è tipico mio e di Alex, con qualche bella rissa occasionale, due denti saltati, un po’ di sana musica metal sparata a tutto volume nelle vecchie casse sopra il bancone sudicio, tante battute sconce e risate sboccate e poco fini, skate e biciclette senza marce abbandonati fuori, bombolette spray semi vuote lasciate a mezzo con bottiglie semi vuote di Southern Comfort e di Hootch alla fragola, sigarette di contrabbando e marijuana scadente che impesta l’aria, schiene tatuate e braccia cicatrizzate. Sì, questo posto è decisamente diverso dai nostri standard abituali, ma in qualche modo ce la caveremo.
-Ehi, ragazze, siete un vero schianto!
La voce di Georg ci fa sobbalzare, e ce lo troviamo davanti con un sorrisone a trentadue denti che stona con il travestimento da metallaro finto. Ora, finché io lo abbraccio e lo bacio sulle guancie, non c’è nulla di strano, visto che abbraccio pure i lampioni, ma vedere Alexandria che tenta per un sorriso da squalo e dice, con un garbo che davvero non avrei mai potuto immaginare possibile:
-Georg, finalmente uno che ragiona come Lemmy comanda! Che piacere vederti.
Potete ben capire che per me sia uno shock terrificante, come quando mio fratello Billy Terry e mia sorella Charity Rebecca, da bravi piromani, avevano dato fuoco a tutte le mie riviste di cinematografia sotto ai miei occhi di innocente quattordicenne e se ne erano andati sghignazzando, per dar fuoco alle bambole di Charlotte Chanel. Insomma, la reazione allibita mia è più o meno simile: Alexandria gentile con qualcuno? Beh, Georg ha fatto il miracolo del secolo!
-Allora, Alexandria, quando uscirà il numero del vostro giornaletto con la vostra intervista, me ne manderai una copia, vero?- chiede con un sorriso larghissimo il nostro bassista e Alex annuisce! Basta, credo che dovremmo lasciar perdere Bill e concentrare le nostre attenzioni rispettivamente su Tom e su Georg, mi paiono più semplici da accalappiare che la Delfina o Fatina che si voglia. Anche se certamente Georg non si può dire sta gran bellezza e Tom mi è troppo simile per poterlo considerare più che un gemello separato alla nascita che un potenziale ragazzo.
Per l’appunto, non faccio in tempo a finire le mie elucubrazioni che un Obelix a dieta mi prende in braccio e urla come un’aquila mentecatta
-“Ciao, splendore”!
-Battuta detta da Barbra Streisand nei panni di Fanny Brice, in Funny Girl, del 1968, regia di William Wyler.- esclamo, mentre mi giro e strizzargli tra le dita le guance.
-Uhm, finalmente siete arrivate!- Gustav sbuca come un fungo da dietro la schiena di Tom, fregandosi le mani grassocce, guardandoci con occhi inquietantemente cupidi – Ora si può mangiare …
-Quella pizza formato gigante di tre ore fa non ti è bastata?- commenta acidamente Alex, tornando la vecchia Alex di una volta, con smorfia arrabbiata e scazzata al solito, mentre molla Georg e si schiera eroicamente al mio fianco.
-Beh, quello era un piccolo aperitivo per scaldare lo stomaco.- si difende subito Gustav, grattandosi la zazzera bionda – Tutti gli esperti dicono che noi ci cibiamo di ciò di cui abbiamo bisogno; ebbene, io abbisognavo di quella pizza tripla!
-Spero di non trovarmi mai con te in casa, Garolf.- ringhia Alex, assottigliando gli occhi – Già c’è questa rincoglionita capra che mangia tutto e anche di più, mi ci manchi pure te a dar fondo alla dispensa.
-Ehm, veramente mi chiamo Gustav.
-E’ lo stesso, soldato, non sottilizzare!
Georg la osserva affascinato, mentre Tom mi ha previdentemente stretto in un abbraccio mozzafiato onde evitare un altro pestaggio coi fiocchi e Gustav mi guarda come a dire “chi è questa hooligan in disguise?”.
-Ma Bill non viene?- faccio io con fare evasivo, cercando di sistemarmi il top e il davanzale lentigginoso che non vuole stare al suo posto. E che cazzo, è come dire che Giulio Cesare non si fosse presentato in Senato alle idi di marzo!
-Sì, Bill viene ma avrebbe tanto voluto starsene a casa, visto che è costretto a cenare con una … emo squinternata e una puttana!
Io e Alexandria ci giriamo con aria che vorrebbe essere assassina, ma che risulta pateticamente stupida, verso il fulcro delle nostre attenzioni, che ci guarda con un odio talmente potente da far impallidire l’Armageddon, l’Apocalisse e le predizioni Maya, un’occhiata che avrebbe fatto pisciare sotto Stalin e Hitler, avrebbe deviato la pallottola che ha ucciso John Fitzgerald Kennedy, avrebbe messo in riga le forze americane e fatto trionfare i vietcong decisamente prima del loro attuale trionfo, avrebbe sterminato i cinesi impedendo loro di invadere il Tibet. Sì, ce ne sarebbero volute di occhiatacce così, al mondo.
-Scusa, cocco bello, emo squinternata a chi?- ruggisce Alex, sfoderando i denti.
-A te, tesoro, che hai lo stile di un pappagallo incatramato abbandonato su Achill Island!- risponde Bill inviperito, per poi guardare la sottoscritta e sputare – E tu, Manchester, sembri veramente una di quelle troie che battono dal porto.
-A parte che tecnicamente mi chiamerei Chelsea, poi, ma ti sei visto? Se io sono una troia, tu sembri uno dei trans che battono sotto casa nostra. Dai, stasera ci facciamo uno scambio di clienti?
La mia battuta piace evidentemente alla parte ritmica della band, e ad Alex, che comincia a lanciargli anatemi sotto voce, il bracciale borchiato pronto a fare uno scempio di quel faccino meraviglioso. Bill ci guarda come se fossimo due intestini sanguinolenti appesi al culo di una pecora con l’ernia e digrigna i denti, appendendosi a Tom come fosse un’ancora di salvezza
-Andiamo, Tom. Tienimi lontano queste due … due puttane. Su, Tooom, muoviti!
Tom sospira, lanciandoci uno sguardo stravolto e apologetico, prendendolo a braccetto e guidandolo dentro il ristorante, tra gli sguardi golosi di pettegolezzi delle persone che ci circondano. Georg tenta di prendere a braccetto Alexandria, ma lei si limita a guardarlo talmente male da farlo saltare al fianco di Gustav e mi afferra per un braccio trascinandomi di peso dentro, furibonda, seguite da due scodinzolanti G&G, nel tentativo di individuare i gemelli.
-Partiamo all’attacco, ciccia?- sussurro io a bassa voce.
-Siamo già partite, tesoro. Da adesso in poi, è guerra.- mormora lei, mentre ci diamo una strizzata reciproca al braccio e ci avviamo a testa alta verso il tavolo, barcollando malamente sui tacchi troppo alti.

***
Ehilà bella gente! Qui è Un Punk Perso A Hollywood che parla! Come va con la storia? Vi piace? Vi fa schifo? Dai ragazze fateci sapere le vostre scommesse su come se la caveranno Chess e Alex nella conquista della nostra principessa di ghiaccio! Blub, ora vi lascio ... coraggio che la storia deve vederne  ancora delle belle! Bacio :* *le due tipe che vorrebbero farsi Bill* :0
   
 
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