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Autore: floricienta    04/12/2016    1 recensioni
In una società governata dalla tecnologia più avanzata combinata alla forza del Mana, la divinità dell'oceano, Tangaroa, minaccia la sopravvivenza del genere umano, costringendolo a ritirarsi a vivere sulle aeronavi e obbligandolo a compiere sacrifici per beneficiare la propria benevolenza.
È in questo contesto che si intrecciano i destini e i sentimenti di due persone. Ari, un ragazzo timido e pauroso, che si è visto portar via tutto ciò che di più caro gli era al mondo, e con un potere dentro di lui che non può neanche immaginare; e Nael, un ladruncolo di strada che, per diverse vicissitudini, si è ritrovato a convivere proprio con Ari, aiutandolo giorno per giorno a diventare sempre più forte con la sua presenza.
Un insieme di turbamento, tristezza, felicità, disperazione, amore.
Sarà proprio la catena che li lega indissolubilmente a determinare la salvezza o la distruzione dell'umanità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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CAPITOLO 13
ANCHE IL FRUTTO MATURO VUOLE RIMANERE AGGRAPPATO AL PROPRIO RAMO

Ottobre, anno 439 del XII periodo

Quel giorno sarebbe stato tra i più importanti nella vita di Ari.
La Cerimonia della Pietra.
Aveva passato l'intero mese a condannarsi mentalmente per quella scelta, ma non sapeva che altro avrebbe potuto fare, dato che non aveva avuto libero arbitrio.
Una parte del suo corpo, però, era lieta di quella decisione.
Il potere si era accresciuto in particolar modo, gli erano state insegnate delle magie stupefacenti e aveva imparato molti gesti che servivano per compiere tali magie; un'energia aveva cominciato a sprigionarsi dentro di lui che non credeva neanche di possedere e, per l'ennesima volta, si era reso conto di quanto il Mana lo facesse sentire bene.
E, finalmente, era arrivato il giorno del suo passaggio da apprendista a Mago.
Persino Keyondre si era stupito di come era avvenuto tutto troppo velocemente e non avrebbe mai pensato che un ragazzo come Ari ne sarebbe stato in grado, invece, l'aveva stupito con la sua perseveranza. Aveva intuito che dietro a quel comportamento ci fosse una ragione molto importante, altrimenti non si spiegava.
Ari si era alzato alle cinque del mattino quel giorno, dato che non riusciva a dormire.

Sto davvero per diventare un Mago... mi sembra tutto così impossibile.

Si rigirò nel letto e sospirò profondamente.

Sei orgoglioso di me, Nael?

Chiuse nuovamente gli occhi e pensò al volto sorridente del ragazzo.
Era così dura affrontare le giornate senza di lui, tuttavia, era convinto che non ci sarebbe voluto ancora molto per la loro riunione.

Non aspetto altro.

Incapace di ricadere nel mondo dei sogni, si tirò su in piedi e cominciò a prepararsi.



Il suo primo appuntamento prima della cerimonia era con Freya, che l'avrebbe aspettato al centro del parco.
Quando arrivò, la vide mano nella mano con il Sommo Molan e subito pensò che tra i due dovesse esserci qualcosa di romantico e si ritrovò a sorridere.
Lo stesso fecero i due maghi quando il ragazzo si avvicinò a loro.
“Come stai, ragazzo?” chiese il mago dell'acqua.
“Agitato.”
“Non hai motivo di esserlo.” Freya s'inchinò appena su di lui e gli mise una mano tra i capelli – che si era tagliato la sera prima per rendersi più presentabile.“È un giorno di grande gioia.”
Ari annuì.
Gioia.
Non sapeva se fosse la parola più esatta per quello che stava per accadere, ma, sicuramente, doveva esserne molto fiero per quanto non si sentisse ancora pronto per affrontare la morte di altre persone.
“Adesso andiamo a scoprire il tuo destino.” fece la donna, con una risata limpida.
Ari venne scortato dai due membri del Consiglio ancora nei piani alti, fino a raggiungere una stanza nella quale lo stava aspettando una Curatrice, il cui compito era quello di sfruttare il potere della luce per imprimere sulla pelle un simbolo che avrebbe sancito il patto tra Ari e le divinità.
In sostanza, sarebbe stato come farsi un tatuaggio del quale non sapeva, però, la forma.
“Benvenuto.” gli sorrise la ragazza, che doveva essere poco più grande di lui. “Sono Eirny.”
“Ari, molto piacere.”
“Accomodati pure.”
Si andò a sdraiare sul lettino e poté notare che non c'erano strumenti di chissà quale genere con cui pensava gli avrebbe disegnato il tatuaggio.
Quella situazione gli fece tornare alla memoria quando Nael l'aveva obbligato a farsi i buchi alle orecchie, senza neanche sapere come fare e cosa utilizzare, mettendosi davanti a lui con un ago riscaldato sulla fiamma. Aveva bruciato da morire quella volta.
“Ti hanno spiegato a cosa serve questo rituale, giusto?” Eirny aveva un tono di voce calmo e pacifico.
“Ad amplificare la connessione con le divinità in modo da disporre di Mana puro.” rispose in breve, continuando a sperare dentro di sé che non avrebbe fatto alcun male.
“Bravo, hai studiato.”
La donna prese quella che aveva tutta l'aria di essere un incrocio tra una bacchetta e una penna: era intagliata nel legno e aveva splendidi ghirigori che assomigliavano a tante piccole onde che nascevano l'una dall'altra, fino ad esplodere in una cascata immensa dalla parte opposta della punta.
Ari si dovette alzare la maglia, perché il tatuaggio andava fatto sul ventre, il luogo da cui il Mana aveva origine in ogni essere umano.
“Stai tranquillo. Il tuo corpo non sentirà niente, ma dovrai tenere sotto controllo il tuo potere.”
“Lo so.”
“Scopriamo quale messaggio hanno per te le divinità.”
Eirny chiuse gli occhi e prese un respiro profondo prima di cominciare una cantilena di cui Ari non capiva la lingua e ancora meno il significato.
Rimase a fissarla estasiato, mentre attorno alla penna stava cominciando a generarsi una luce azzurra non appena colse tra le tante parole Tangaroa e l'attimo dopo aveva l'attrezzo sul ventre. Lo pizzicò appena, ma non provava alcun dolore, anzi, era quasi piacevole come il solletico.
La mano della Curatrice cominciò a muoversi e a incidergli la pelle con estrema calma, quasi fluttuava trasportata da un'energia esterna.
Fu in quel momento che Ari si accorse che qualcosa stava cambiando dentro di lui.
Il mana aveva cominciato a sbattere contro le pareti dei suoi organi e correva furioso al suo interno, cercando una via d'uscita. Dovette strizzare i pugni e gli occhi per mantenere la padronanza di esso.
Si sentì prudere le dita così come gli era capitato nei giorni prima di scoprire che avesse i poteri e non gli mancò per niente quel formicolio che gli aveva causato più guai che altro.
Socchiuse appena un occhio per vedere cosa stava uscendo fuori sulla sua pelle, anche se non avrebbe saputo dargli un significato.

Non riesco a capire...

Il tatuaggio era avvolto dalla luce azzurra, che si faceva sempre più intensa andando a ricoprire anche tutto il proprio addome e metà braccio della maga.
Solamente dopo qualche minuto, il mana dentro di sé cominciò a calmarsi, riprendendo a circolare tutt'uno con il sangue e gli altri fluidi, e la mano della donna si fermò così come la cantilena.
La luce scomparve non appena la penna abbandonò la sua pelle e tutto sembrò tornare normale.
Ora poté ammirare il simbolo sul suo ventre.

È un...

“...riccio di mare?”
Al centro vi era un cerchio vuoto, all'esterno di questo un ulteriore cerchio pieno e tutto intorno partivano degli aculei tondeggianti che davano l'impressione di essere molto morbidi e protettivi nello stesso tempo.
Lo trovò molto bello.
“Tangaroa è stato notevolmente gentile con te. Devi piacergli particolarmente.” scherzò Eirny, posando la penna su un tavolino lì a fianco.
“Cosa significa?” Ari si puntellò sul lettino con i gomiti e contemplò ancora il simbolo sul suo ventre.
“La luce nelle tenebre.”
Ari rimase sorpreso.
Come poteva associare a se stesso quel significato? Non era sicuro di quello che gli volesse comunicare Tangaroa da quando aveva scoperto di essere un mago, anche perché non era più tornato nei suoi sogni e non gli aveva più chiesto di aiutarlo – anche se, da come erano andate le cose, era logico supporre che fosse da sempre stabilito che sarebbe diventato parte dei maghi del Sacrificio che donano le anime proprio a Tangaroa.
Quel simbolo su di lui, però, lo fece stare meglio di quanto avesse creduto.
Sentiva crescere a dismisura dentro di sé la forza ed era sicuro di riuscire già a gestirla anche senza la Pietra del Mana.
Sfiorò il tatuaggio con le dita e si accorse che era fresco come l'acqua.
Sorrise e si sentì pronto per affrontare il resto dei giorni che sarebbero arrivati.



Tutti i suoi compagni e i membri del Consiglio erano nella sala dove si sarebbe svolta la cerimonia.
Ari si trovava proprio sul palco insieme a Keneke e Keyondre, che teneva in mano la tunica ripiegata, la mitra e su di essa vi era appoggiata la pietra.
La maga del fuoco stava tenendo un discorso su quanto fosse importante impegnarsi nello studio per raggiungere risultati come i suoi in così poco tempo, che se qualcuno era davvero portato per la magia allora sarebbe arrivato subito a ricoprire posti prestigiosi e altre cose del genere.
Ari si sentì in imbarazzo a venire lodato a quel modo davanti a gente che di fatto non conosceva, ma che lo stava osservando. Alcuni con aria incuriosita, altri evidentemente invidiosi, sebbene molti altri fossero semplicemente orgogliosi che qualcuno ce l'avesse fatta.
Tra questi c'era Inaya, che sfoggiava una delle sue solite capigliature: i capelli erano stati intrappolati in un tubicino bianco perpendicolare alla sua testa e da esso ricadevano come se fosse una stupenda fontana piena di onde. Inoltre, il glitter argentato e dorato, che si era sparsa su alcune ciocche, dava ancora più risalto alla sua bellissima chioma.
La ragazza lo salutò con la mano quando incrociarono lo sguardo e lui abbassò gli occhi ancora più impacciato.
Non era mai stato il tipo da voler essere al centro dell'attenzione.

Sto davvero per diventare un Mago.

Ignorò per qualche istante il discorso di Keneke, che era passata a discutere di quanto le divinità fossero importanti per la loro vita.

Questo segnerà il mio percorso.

“Sono quindi orgogliosa di consegnare la tunica e la Pietra del Mana a questo giovane ragazzo.” la donna prese dalle mani di Keyondre il ciondolo e si avvicinò ad Ari.

È un passo verso un nuovo futuro.

“Congratulazioni.”
Glielo mise al collo e un'ondata di calore l'avvolse per tutto il corpo, sentendo che qualcosa veniva plasmato dentro di sé.
“Ari, Mago dell'Acqua.”

Verso un nuovo me.



“Ehi, guarda chi dà sfoggio di essere diventato un Mago!” esclamò Inaya, vedendolo con l'uniforme nuova di zecca mentre si stava specchiando nella sua camera.
Ari rise e si aggiustò il copricapo sulla testa per bene.
Vedere quella tunica decorata con quell'azzurro, che trovava semplicemente meraviglioso e che gli ricordava il fiume di fianco a casa sua, gli aveva messo una contentezza addosso tanto da dimenticarsi che fosse quasi da ventiquattro ore in piedi.
“Come mi sta?” chiese poi voltandosi allegro.
“Davvero bene.” alzò il pollice in su e si sedette con poca eleganza sul letto del ragazzo, sprofondando nel materasso.
Ari si rigirò il ciondolo tra le dita e poté notare il Mana che vi scorreva all'interno scontrandosi l'un l'altro.
“Menomale che sei più felice di quanto mio padre avrebbe scommesso.”
“Cosa?” domandò Ari, tornando nel mondo reale.
“Credeva che non fosse quello che volevi davvero.”
“Infatti è così da una parte...” Ari si sedette al suo fianco, sentendo il tessuto morbido aderire perfettamente al suo corpo. Avrebbe dovuto abituarsi anche a quello.
“Allora perché hai accettato? Non dovresti fare quello che vuoi seriamente?”
La franchezza della Curatrice lo destabilizzò per un attimo.
“Ma questo è sempre stato il mio scopo fin da quando mi sono trasferito. Sto tenendo duro solo per la speranza di un futuro dove non avrò più paura e potrò rimanere insieme a Nael.”
La ragazza puntellò le mani dietro di sé e alzò le gambe ondeggiandole su e giù.
“Non vuoi che sia più un Sacrificio?”
“Certo che non voglio che lo sia.”
“Spero che ci riuscirai.” Inaya inclinò la testa di lato, facendo ricadere un ammasso di capelli sul suo volto.
In qualche modo, avvertì una nota triste nella sua risposta, ma non sapeva da cosa fosse data.
“Sai, anche io avrei voluto che qualcuno non fosse più un Sacrificio.” riprese a parlare, alzando gli occhi al cielo e sospirando con un sorriso nostalgico.
“Chi?” domandò Ari schiettamente, senza neanche riflettere sui sentimenti dell'altra.
Inaya scosse la testa e si mise a giocare con la sua Pietra, riflettendo i suoi occhi, che in quel momento avevano il colore della buccia di una mela verde – erano davvero strani delle volte come cambiassero la loro tonalità.
“Questo è il tuo giorno e non voglio rovinarlo con sciocchi racconti tristi!” esclamò ritrovando la solita energia di sempre.
Ari si ritrovò a pensare che voleva saperne di più di lei, voleva conoscere il suo passato, dato che non ne avevano mai parlato, e voleva sapere molte altre cose. Per una volta si sentì quello che voleva fare domande e non quello che ne riceveva una caterva da lei.
Non ci aveva mai riflettuto attentamente, ma anche una ragazza con quel carattere aveva dovuto avere i suoi momenti negativi nella vita e lui non si era mai premurato di interessarsene.
In quel momento aveva deciso di coltivare seriamente la sua prima amicizia e che si sarebbe fatto coraggio nei giorni a seguire per imparare a conoscere davvero Inaya.
Quello sarebbe stato il suo primo passo come Ari maturo e conscio di poter cambiare il suo futuro.
Il prossimo passo sarebbe stato Nael.



Nael ne era uscito ancora più devastato dalla seconda separazione.
Questa volta non aveva neanche la possibilità di sgattaiolar via dalla cella per poter raggiungere Ari nei piani sovrastanti e si sentiva solo come non lo era mai stato prima.
Non ricordava un dolore così grande come quello.
Per i primi giorni aveva avuto di nuovo l'impulso di rompere ogni cosa, aggiungendo un graffio accanto a quello che aveva fatto la prima volta con le forbici sul muro. Svolgeva il proprio lavoro con estrema lentezza per farlo durare il più a lungo possibile e non rimanere con gli altri nel magazzino, tanto non avrebbe rivolto loro comunque la parola.
Era così arrabbiato con il mondo intero che era meglio così.
Non voleva intorno nessuno, tanto nessuno sarebbe stato in grado di sanare quel vuoto nel suo cuore e pensò che la solitudine fosse meglio che la compagnia di qualcuno di cui non gli importava niente.
Nonostante fosse sicuro di questo, alla sera si coricava sempre tra le lacrime. Il cuscino ormai era perennemente bagnato, avendo assorbito tutte le lacrime che erano uscite dai suoi tristi occhi.
L'unica cosa che lo tranquillizzava un po' era la promessa che Ari gli aveva fatto prima del suo trasferimento.

Tornerà da me, ne sono certo.

E questa era accompagnata da una delle magliette che l'altro era solito indossare, piena del suo profumo e con la quale aveva preso a dormire tutte le notti, abbracciato ad essa.
Si sentiva così inutile senza Ari accanto a sé, così vulnerabile e impaurito, che ormai aveva ben compreso quei sentimenti che avevano sempre affiancato il ragazzo dagli occhi cristallini e li aveva fatti propri.
Almeno questo era ciò che provava rimanendo da solo nella sua cella o in quella di Ari, ma, non appena usciva da essa, tornava con il volto rigido, i suoi occhi quasi atoni e neanche la sua caratteristica dell'eterocromia gli davano qualche emozione. Il tutto era mascherato da una profondità senza fine, oscura e malinconica.
Il suo istinto aveva anche cercato di spingerlo a commettere qualcosa giusto per avere un po' d'azione, tuttavia, ricordava come si era sentito rinchiuso in isolamento e non voleva riprovare quella sensazione dove tutti i tormenti bussavano incessantemente nella sua testa per costringerlo a soffrire ancora e ancora.
Già gli bastava vedere costantemente Ari davanti a sé e non poterlo toccare per procurarsi una fitta indicibile nel petto e non riusciva a smettere di pensarci.
Le sue giornate passavano tutte uguali, nessuna novità, nessun cambiamento dentro di sé. Solo il vuoto la mattina e solo la speranza di sera di poter sentir bussare alla propria porta perché c'erano delle notizie per lui.
I giorni continuavano a passare e tutto rimaneva costante.
Era ormai arrivato al limite.
Durante un pranzo, mentre era in mensa a gustare con poca voglia il cibo nel suo piatto, gli si era avvicinata una ragazza, forse di qualche anno più grande di lui. Era molto bella, con i ricci biondi che le cadevano dolcemente sulle spalle e gli occhi scuri, la figura esile e armoniosa e le labbra avevano un'adorabile forma a cuore che la rendeva ancora più graziosa.
Non si era presentata nei migliori dei modi, dato che aveva esordito con un: “È da un po' di tempo che non ti vedo con quell'altro ragazzo.”
E Nael aveva schioccato la lingua, stizzito, percependo come se qualcuno l'avesse mandata apposta per rigirare il coltello nella piaga.
Nonostante questo, si era seduta e aveva cominciato a parlare. Nael non aveva voglia di starla a sentire, ma non la cacciò neanche, prima di mettersi in qualche pasticcio, data la voglia di tirarle un pugno nonostante fosse una donna; quindi rimase fermo al suo posto, continuando a mangiare e ascoltando i racconti di quella ragazza insistente.
Anche durante i pasti dei giorni successivi accadde lo stesso e aveva scoperto che era molto più simpatica di quanto avesse voglia di credere.
Si chiamava Sanna ed era sulla nave dei Sacrifici insieme ai suoi genitori e il fratello più piccolo, qualche tempo prima era con loro anche il nonno, ma si era illuminato uno dei primi mesi dopo il loro spostamento in Cielo. La tristezza che aveva negli occhi mentre parlava di lui era quasi paragonabile a quello che Nael stava provando in quel momento, nonostante Ari non fosse morto.
Fu quello che lo spinse ad iniziare una vera conversazione con Sanna, finendo anche con il passare qualche pomeriggio insieme a lei dopo aver finito il lavoro.
Quello lo fece rimuginare sul fatto che né lui né Ari avessero mai avuto altri amici con cui confidarsi, perché tanto bastavano l'un l'altro. Tuttavia, adesso erano distanti e non voleva che Ari fosse rimasto rinchiuso nella sua conchiglia senza riuscire a comunicare con gli altri a causa della sua timidezza o per il fatto che non sapesse come gestire certe situazioni.
Sperava, invece, che avesse trovato qualcuno – benché sarebbe stato un mago e la cosa non gli andava molto giù – con cui poter alleviare quei giorni.
Lui stesso si sentiva un po' meglio dopo l'incontro con Sanna e ne fu compiaciuto; persino le lacrime erano diminuite e non credeva sarebbe stato così facile. Aveva provato ad allontanarsi da tutti, ciononostante la soluzione era proprio il contrario.
“Natanael...” la ragazza incrociò le gambe sul prato e si sedette più composta. “Ma tu e quel ragazzo avete litigato? Vi vedevo sempre insieme e non riuscivo ad avvicinarmi a te, ma adesso sembra svanito nel nulla... pensavo che voi due...”
“È una questione complicata.” la interruppe subito, non volendo affrontare quel discorso e Sanna sembrò rendersene conto.
“Beh, meglio così.”
“Mh?” il ragazzo la guardò di sbieco.
“Mi sono sempre voluta avvicinare a te perché ti ho sempre trovato affascinante, ma non riuscivo mai a trovare l'occasione e il coraggio di farlo.” si dichiarò con un piccolo sorriso e le guance che diventarono appena più rosee del resto del volto.
Nael rimase sorpreso da quell'affermazione. Non aveva mai considerato le persone intorno a sé da accorgersi che poteva far effettivamente colpo su qualche ragazza.
“Poi ti ho visto sempre solo e allora mi sono detta: Sanna, queste sono le divinità che ti concedono un'opportunità! O adesso o mai più!” rise appena. “E poi ti ho parlato...”

Questa è una dichiarazione d'amore?

Nael alzò un sopracciglio, non sapendo come rispondere, e subito dopo avvertì la mano della ragazza afferrargli il braccio.
“E sei ancora meglio di quello che credessi. Certo, forse all'inizio eri un po' rigido, invece sei un ragazzo così premuroso e dolce.” strinse ancora di più la presa come ad avvalorare il peso di quelle parole.

Peccato che il mio cuore appartenga già a qualcuno.

Nael sussultò per quel pensiero.
Peccato? Non era affatto un peccato Ari, anzi, era la pura innocenza.

Piuttosto sono io il peccato.

Afferrò la mano di Sanna e la stritolò quasi a farle male.
“Natanael, tu mi piaci.”

Non ho il candore del tuo viso, io sono un demone.

La ragazza provò ad avvicinare il volto a quello di lui.
“Dimmi che anche io ti piaccio.”

Tu l'hai sempre oscurato, ma adesso non so come tenerlo dentro di me.

Sanna portò la mano sulla sua guancia e l'accarezzò dolcemente.

Non sono forte come ti ho sempre fatto credere.

Non riusciva a collegare i pensieri. Aveva sentito solamente esplodere quello stesso sentimento di rabbia che l'aveva scortato per giorni e giorni e che aveva cercato di trattenere per non commettere qualche stupidaggine, ma adesso non lo conteneva più.
Da cosa era convenuto? Neanche a questo riusciva a dare una risposta.
Semplicemente, vedere Sanna quasi sul punto di piangere, che continuava a mostrare un sorriso gentile e che aveva aperto il cuore così con lui, lo fece andare fuori di testa pensando che Ari non era più al suo fianco e, probabilmente, non l'avrebbe mai più rivisto e tutte le speranze a cui aveva cercato di aggrapparsi non erano che futili.

Ti hanno allontanato da me per sempre. Non tornerai mai. D'altronde, sono contento che tu non debba più stare al fianco di un mostro come me.

“Natanael..?” provò a richiamare la sua attenzione, senza ottenere alcuna risposta.
La voce che sentì, però, non era quella della ragazza.
Il moro socchiuse le labbra sul punto di dire qualcosa, ciononostante un singulto lo colse prima di poter spiaccicare qualsiasi parola.

Cosa sto dicendo?

Il volto di Ari si sovrastò a quello di Sanna. Erano quelli gli occhi che voleva vedere davanti a sé, erano quelli gli zigomi che dovevano dipingersi di una splendida tonalità scarlatta ed erano quelle le labbra paffute che dovevano arrossarsi a causa dei suoi baci.

Io...

“Perdonami.” Nael si alzò di scatto e corse via, lasciando dietro di sé la ragazza inebetita.

...sono davvero terribile.

Scappò nella sua cella, sbattendo con forza la porta.
Gli tremavano le ginocchia e aveva il fiatone come se avesse corso per chilometri, si appoggiò ad esse incurvandosi in avanti.

Ari, come ho potuto? Sono davvero un mostro.

Non aveva concluso nulla, però, il solo fatto che gli era balzato alla mente per un istante di poter baciare Sanna senza nessun problema gli fece contorcere le interiora.
Tradire a quel modo Ari. Non pensava sarebbe mai successo e che avrebbe ceduto così facilmente.
Si pentì amaramente di tutto, quasi gli venne anche un conato di vomito e si gettò sul letto con le braccia spalancate, cercando di incanalare più aria che potesse, espandendo il torace sempre di più.

Scusa. Perdonami, ti prego.

Lo colse anche una piccola lacrima che sfuggì via cadendo sul cuscino e creando un piccolo alone bagnato.
“Quanto sono stupido?”
Domandò a se stesso, rimettendosi seduto dopo essere riuscito a calmarsi.
Gli faceva male il petto e l'unica cosa che i suoi occhi percepivano era il volto di Ari che lo fissava con ammonimento e che gli dava un pizzicotto sul braccio come punizione.

Scusami...

Si ritrovò a dare un calcio alla struttura del letto, facendolo traballare.

Io ti amo. Sono innamorato di te. Ti amo più della mia stessa vita.

Nascose il volto tra le mani, respirando con fatica.

Sei tu la mia vita e così deve essere.

Cercò di darsi un contegno cominciando a vagare per la stanza per scaricare la tensione, ritrovando quel barlume di fiducia dentro di sé. L'unica cosa che poteva davvero tenerlo con i piedi per terra e a cui stava affidando tutto.

Ti amo, Ari.



Il giorno seguente, Nael, si era sentito in dovere di chiarirsi con Sanna, ricevendo un bel segno rosso di cinque dita sulla guancia. Mai avrebbe creduto che in fondo avesse un temperamento del genere, ma era stato meglio così.
Era tornato alla sua solitudine, anche se un po' più tranquillo.
Aveva cercato di fare chiarezza anche dentro di lui. Riguardo ai suoi sentimenti non c'erano dubbi; aveva capito che era molto più di quello e che doveva smetterla di tirarsi addosso calunnie, soffrendo più di quanto già non lo stesse facendo.
Una cosa, però, era immutabile in tutta quella storia: amava Ari in un modo che non aveva mai sentito in nessuna storia d'amore prima d'ora e lo voleva indietro ad ogni costo.
Quel pomeriggio si stava lavando nella stanza di Ari, dove ormai si era trasferito completamente, e ringraziò che nel caldo di quelle giornate poteva almeno rinfrescarsi con quell'acqua che era appena andato a prendere.
Si riempì di sapone, nonostante non ne avesse molto di cui usufruire, e si sciacquò poi con dedizione, ritrovando un po' di calma nel godersi un bel bagno – se così si poteva definire.
Davanti a sé c'era lo specchio e controllò che non avesse più sapone tra i capelli.

Dovrò darci una bella spuntatina domani...

Notò tirando un ciuffo davanti ai propri occhi, troppo lungo rispetto al solito.
Successivamente gli cadde lo sguardo sul petto, dove vide un qualcosa di verde proprio sopra di esso.
“Ma cosa..?”
Immerse la spugna nell'acqua, la strizzò lievemente e prese a grattar via, accorgendosi che non accennava a togliersi. Un istante dopo, una fioca luce verdina comparve proprio sul punto dove c'era la chiazza.
“C-cosa?!”
Nael venne sopraffatto dal panico. Non voleva credere a quello che stava succedendo e ancora non era sicuro se stesse accadendo per davvero.
Riprese a strofinare con violenza fino a quando non graffiò la pelle e una piccola goccia di sangue imbrattò la spugna. Non importava del dolore che si stava auto-infliggendo, voleva solamente che fosse un sogno. Un terribile incubo in cui era arrivato il momento di svegliarsi di soprassalto.

No. No. No. No!

“Cazzo!”
Il petto non accennava a tornare del proprio colore, anzi, la luce verde si faceva sempre più intensa e larga fino ad arrivare a ricoprire totalmente la zona superiore del busto.
Si guardò le mani e gli cadde la spugna, che sbatté a terra con un tonfo poiché intrisa d'acqua. I suoi occhi erano sbarrati e increduli.
Sulle sue mani si stavano espandendo tante piccole macchie verdi luminose che si ingrandivano per ricoprire un'area sempre più vasta.
“No...”
Scosse la testa con vigore senza neanche accorgersi che aveva cominciato a piangere.
“No... merda!”
Indietreggiò fino ad incontrare il catino, per poco non perse l'equilibrio, ma lo rovesciò del tutto bagnando il pavimento e l'acqua cominciò a concentrarsi verso il canale di scolo posto al centro della stanza.

Ari...

Si portò una mano alla bocca mentre il suo corpo non faceva che illuminarsi sempre di più, fino a quando ormai non distinse più alcuni tratti del proprio corpo totalmente immersi in quel bagliore.

Dovevi venire a vedere come stavo. Era una promessa, ma ora...

Singhiozzò più e più volte cercando di trattenere i gemiti nella mano davanti alle sue labbra.
Il suo corpo era paralizzato mentre la vista si stava facendo appannata a causa di quella luce troppo accecante.
“No! No! Non è giusto! No!” urlò in preda alla rabbia, tirando un calcio al catino e neanche si curò del dolore.

Non ti vedrò mai più. Non saprai mai cosa mi è successo. Io... io dovevo dirti così tante cose!

Si osservò ancora allo specchio, ormai incapace di vedere il suo vero riflesso, circondato da un alone verde chiaro e brillante.
“Lui piangerà ancora...” cominciò a tremare, una convulsione dopo l'altra seguita dai singulti del pianto. “E io non potrò più consolarlo...”

Dovevamo vivere fino alla fine, insieme, senza sprecare tempo proprio perché saremmo potuti morire... eppure, non sono riuscito a dirti tutto quello che avrei voluto, non ti ho abbracciato fino a sentire i muscoli troppo stanchi e tesi, non ti ho baciato fino a non sentire più l'ossigeno nel cervello.

Tremò ancora, sentendo scorrere le lacrime sul volto e colpirlo come carboni ardenti sul collo e il petto e giù fino al ventre.

Non ti ho detto quanto ti amo.

Crollò sul materasso a peso morto.
Tutto ciò in cui aveva ritrovato la forza di sperare era nuovamente svanito nel nulla a causa di un qualcosa che andava al di là dell'essere umano e sarebbe stato impossibile contrastare il volere di una divinità. Quella stessa divinità che gli aveva portato via Ari e che non gli avrebbe mai più permesso di incontrarlo ancora.
“Perché? Mi merito tutto questo?” gridò con quanto fiato aveva in gola e la voce tremolante, alzando gli occhi verso il cielo come se il suo interlocutore fosse proprio Tangaroa. “Gli dei mi vogliono punire per essere un farabutto? Perché non ho avuto il coraggio di esprimere prima i miei sentimenti?”
Prese un respiro profondo, sentendo che ormai la luce era arrivata al massimo del suo splendore e a breve sarebbero arrivati i maghi a prelevarlo.
“È forse un castigo divino?!”

Ari...

Nael sussultò ancora e pianse più di prima.
Si guardò attorno nella stanza e di nuovo poté scorgere il viso di Ari che lo guardava in un modo in cui soltanto lui era capace, con tutto l'amore che una persona poteva metterci.
Era così bello, così tanto che il suo stomaco era pieno soltanto ammirandolo.
“Ari...”

Voglio vederti ancora una volta...

“Ari..”
Scoppiò in un pianto ancora più disperato del precedente e si ricoprì il volto con le mani, lasciando uscire tutta la tristezza che lo stava opprimendo. Era incapace di dar vita a qualsiasi forma di pensiero.
L'unico nome che girava nella sua mente era quello di Ari e si scusò con lui fino a quando anche la parola scusa non perse di significato di fronte ad un qualcosa come la morte.
Non esisteva più un futuro per lui, non esisteva più un futuro per lui e Ari.
Era tutto finito.
All'improvviso smise di piangere, come se ormai non avesse altre lacrime da versare o come se fossero inutili.
Rimase seduto sul letto a testa bassa, i capelli neri gli ricoprivano il volto e i tremiti non avevano ancora del tutto abbandonato il proprio corpo.
Non fu che qualche istante dopo, che avvertì un'aria gelida colpirlo.
Sapeva perfettamente cosa fosse appena successo, ma non alzò comunque lo sguardo.



Wayra e Niremaan erano arrivati nella cella per prendere quello che sarebbe stato il Sacrificio del mese, così come erano soliti fare, ma il mago del vento non si aspettò di dover trattenere un sussulto quando vide chi sarebbe stata la prossima vittima.
Il ragazzo non accennava a parlare, rimanendo immobile sul materasso.
Tuttavia, Wayra non ebbe il coraggio di ripetere quelle parole che pronunciava a tutti i Sacrifici poco prima di portarli via, qualcosa dentro di lui gli stava dicendo che era sbagliato per una volta condannare una persona a quel modo.
Non poté comunque lasciarsi andare a certi sentimentalismi. Ogni Sacrificio era come tutti gli altri, questo era un dato di fatto e non importava che questo fosse proprio il ragazzo amato da quello che era stato suo allievo per due mesi.
Wayra fece un cenno di saluto, inchinandosi appena. Il sorriso che era solito avere era sparito dal suo volto, sostituito da un'espressione atona.
Si fece coraggio e disse quella frase di cui solamente adesso sentiva il peso sulle proprie spalle.
“Che la tua anima possa placare l'ira delle divinità.”



NOTE DELL'AUTRICE:

*inizia a fare le valigie per un posto molto lontano*
Ragazzziii! Ben tornati nella Nari! :D *sicuramente fare la finta tonta distoglierà*
Mancano ancora così tanti capitoli alla fine! Eeeeh °^° sta funzionando fare la finta tonta? °^°
Ari è diventato un mago! Festeggiamo! Sììì! Gli sta così bene la divisa! Davvero un bambino bellissimo e qua mi tocca spiegare la storia del tatuaggio.
Mi rifaccio sempre alla cultura polinesiana. Prima di tutto, la posizione del tatuaggio sul ventre indica, proprio come ho accennato nel capitolo, il luogo da dove il Mana ha origine. Secondo, ogni simbolo ha un proprio significato e ti riconosce come persona di una certa posizione all'interno della società, nel mio caso, ogni mago possiede un tatuaggio fatto il giorno della Cerimonia. Quello di Ari è un riccio geometrico e stilizzato che significa la luce nelle tenebre. Molto semplicemente (la ricerca no, quella è stata estenuante, soprattutto trovare l'immagine di quel tatuaggio...)
Nael... è tornato, non siete felici?! :D
Stava anche per baciare Sanna! Ehm... u.u *tossicchia* non credo di poter commentare oltre, spero soltanto di essere riuscita ad esprimere tutti i sentimenti in contrasto in Nael, il suo sentirsi un mostro, il condannarsi per un niente, la speranza svanita nel nulla...
Abbiamo ancora un lungo viaggio davanti a noi, non disperate!
Ringrazio tutti quelli che commenteranno, mi farebbe davvero piacere sentire le opinioni di tutti voi e ringrazio chi mi segue anche in silenzio :)
Ci sentiamo domenica prossima!
Flor ^w^

  
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