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Autore: Arwen297    05/12/2016    3 recensioni
[ SEGUITO DI "IL VENTO DELLA LIBERTA']
Presente la coppia Seiya x Michiru
Sono passati 13 lunghi anni da quando Haruka è partita per gli USA nel tentativo di salvare la famiglia dalla rabbia della famiglia Kaioh, la sua carriera ha preso il volo e ormai è famosa nell'ambito delle corse. Il suo rientro in territorio nipponico per la laurea della sorella Usagi le donerà un incontro sperato per tutto il tempo passato lontana da casa.
Michiru ha una carriera ormai solida a fianco di suo marito, Seiya, con il quale si esibisce in concerti di musica moderna senza abbandonare le sue composizioni classiche.
Le due si troveranno a fare i conti con il loro passato e i loro sentimenti più forti e prorompenti che mai, entrambe ne usciranno cambiate e segnate e anche per Seiya non si prospetta nulla di buono, entrambe dovranno lottare per trovare la loro felicità.
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Michiru/Milena, Seiya, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna serie
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Note dell'autrice: Buona sera a tutti, anche per questo capitolo non ho molto da dire ma ci tenevo ad augurarvi buona Immacolata e, nel caso non riuscissi a pubblicare nulla per o entro Natale vi faccio gli auguri in anticipo rivolti principalmente a chi non segue la mia pagina su FB.

Buona lettura e a questo punto..ci si legge l'anno nuovo!

 

 

Capitolo 4: Un caffè al bar

 

«Non riuscirò a venirti a prendere quando finisci, te la senti di tornare in autobus con il polso in quelle condizioni?». La voce di Seiya interruppe i suoi pensieri volti alla consegna dell'accompagnamento che avrebbe dovuto portare a termine nei quattro giorni successivi per dare modo ai musicisti di imparare la loro parte, impresa non facile tenendo conto che buona parte del pomeriggio sarebbe andato perso con le prove di Usagi, e una volta arrivata a casa doveva pensare alla figlia e a preparare da mangiare.

Avrebbe dovuto stare sicuramente sveglia fino a tardi, nei prossimi giorni, se non addirittura fare delle nottate in bianco e non dormire proprio.

«Hai capito amore?». La voce del bruno si intromise nuovamente interrompendo il ritmo.

«Si non ti preoccupare, non ho nessun problema a farmi il pezzo in autobus o in taxi; non puoi e non devi mettere da parte il lavoro quando ci sono altre soluzioni. Stai tranquillo me la caverò sicuramente in qualche modo». Gli fece l'occhiolino, era decisamente ora di andare, in caso contrario sarebbe arrivata in ritardo lei, e avrebbe fatto arrivare in ritardo lui sul posto di lavoro. E nel bel mezzo dell'organizzazione di un concerto di quella portata poteva rivelarsi contro producente, i Three Light si sarebbero esibiti da li ad una settimana nel concerto più atteso di quell'estate che stava per incominciare, questo volta lei non avrebbe partecipato. Conciliare tutto era ben sopra le sue umane possibilità.

Gli diede un leggero bacio sulle labbra, e scese dall'automobile dirigendosi verso l'ingresso dell'edificio, da una finestra aperta proprio al di sopra dell'entrata principale si disperdeva nell'aria la melodia di un pianoforte che lei riconobbe come un pezzo di Mozart suonato sicuramente da qualche allievo che si stava preparando al saggio di fine anno.

Vista la mole di lavoro per il concerto con gli allunni più meritevoli, quell'anno lei non avrebbe seguito la preparazione delle tre allieve che seguiva in violino come insegnante esterna e autonoma al complesso scolastico. Aveva passato il testimone a una sua collega, nonostante le tre ragazze non fossero per niente d'accordo sulla decisione sua e del dirigente scolastico.

Sbadigliò sonoramente portando la mano destra a coprire la bocca, le ore passate a comporre la sera prima si erano già iniziate a far sentire subito dopo pranzo.

 

***

 

«Stop, Stop, Stop!». La voce di Michiru interruppe il silenzio nell'aula, la sua mano si fermò a pochissima distanza dal tasto successivo, aveva sbagliato un'altra volta e ne era perfettamente consapevole. Ma quel pomeriggio non riusciva a mantenere a lungo la concentrazione, i pensieri le affollavano la testa e tutti erano rivolti alla situazione che si stava creando all'interno di quelle quattro mura. Era davvero preoccupata su come si sarebbero evoluti i fatti, sua sorella aveva insistito per assistere alla lezione anche quel giorno e aveva aggiunto l'ipotesi di invitare Michiru a bere qualcosa.

Ovviamente l'invito lo avrebbe dovuto fare lei.

Ecco il motivo per cui non riusciva a concentrarsi, la motociclista era infatti convinta che se fosse stata lei a proporlo la sua insegnante non l'avrebbe mai accettato.

«Usagi sei sicura di stare bene?». Noto una lieve preoccupazione nella voce dell'altra e non poté fare a meno di sentirsi in colpa.

«Si tutto bene è solo che ho un pò di pensieri oggi e non riesco a mantenere a lungo la concentrazione, perdonami mi rendo conto che questo mio atteggiamento è molto superficiale e davvero poco professionale». Si scusò abbassando lo sguardo.

«A volte può capitare ma non lasciare che la tua vita privata si intrometta con il lavoro, non è facile ma non permetterglielo. Per te ancora non è un lavoro ma è comunque un impegno importante». Si sorprese di sentire quelle parole, aveva sempre pensato a Michiru come una persona fredda e poco incline ad aprirsi con chi la circondava, ben lungi quindi dal dare consigli ed esporsi con gli altri.

A quanto pare si sbagliava. E la violinista aveva proprio ragione.

«Si hai ragione, su questo fronte credo che dovrò migliorare ancora tanto, ma ci riuscirò!». Esclamò prima di portare il suo sguardo sullo spartito davanti ai suoi occhi, si concentrò particolarmente sul punto in cui perdeva il tempo imposto dal brano, fece qualche prova di solfeggio mentalmente per cercare di memorizzare tutti i passaggi. «Potrei riprovare». Propose dunque, nonostante le due ore fossero quasi giunte al termine.

«Riprova tutto dall'inizio, così intanto ripassi tutto il brano, forza».

Si, era un'ottima idea: avrebbe suonato tutto da capo. E questa volta doveva riuscire a superare quel punto senza sbagliare.

Le note ricominciarono a espandersi nell'aria accompagnate dal tichettio della penna di Michiru che batteva il tempo sulla coda del pianoforte.

I suoi occhi corsero sui fogli alla stessa velocità delle sue dita sui tasti bianchi dello strumento, anche se ormai iniziava a ricordarsi in automatico la parte, preferiva non rischiare di sbagliare ulteriormente.

Rallentò leggermente in vincinanza del passaggio che le risultava ostico da compiere ma riuscì a passarlo senza bloccarsi come aveva fatto in precedenza e proseguire la melodia scritta nella restante parte del foglio.

«Bene, prova a riprendere la melodia da qualche battuta prima». Le disse Michiru con un sorriso. «Andiamo avanti così fino alla fine dell'ora ».

 

«Per oggi basta così, esercitati molto su quel passaggio». A quella frase si stiracchiò gettando le braccia indietro, quella notte era stata a messaggiare con Mamoru ed entrambi erano andati a dormire molto tardi; la mancanza di sonno e del pranzo l'aveva messa ko già al pomeriggio presto, aveva rinunciato a una tappa in pasticceria solamente per non far tardi alla lezione.

Era arrivato il momento di mettere in pratica il piano che aveva pensato la sorella, per l'agitazione le era salito anche il mal di pancia; temeva una risposta negativa da parte dell'altra e sopratutto temeva un irrigidimento nei suoi confronti dopo aver sentito l'invito. Decise di rimandare la proposta di qualche minuto e si alzò impiedi per raccogliere i fogli dal leggio del piano. Li ripose accuratamente in una cartellina che aveva inserito nella grande borsa che si era portata appositamente e afferrò il coprispalle che si era portata nel caso avessero fatto tardi. Osservò la violinista riporre le sue cose nella borsa come faceva sempre e sospirò profondamente.

Odiava sua sorella per averla convinta a fare una cosa del genere. Non poteva sbrigarsela da sola?

«Michiru ti va di andare a prendere qualcosa in una pasticceria qui vicino?». Propose mormorando, con poca convinzione.

 

***

 

L'invito di Usagi giunse alle sue orecchie. La sorprese non poco, ma la sua mente corse immediatamente alla presenza di Haruka, sicuramente quell'invito da parte di Usagi era opera sua per avvicinarla, sicuramente se avesse detto si ci sarebbe stata anche lei e non era sicura di aver tempo e voglia per affrontare un discorso con la motociclista. Avrebbero litigato, ne era certa.

Tuttavia però, era stata lei stessa a dire a Usagi di non mischiare la vita privata a quella professionale: non poteva rifiutare. Non voleva far capire ad Haruka che a distanza di tanti anni la sua presenza non la lasciava ancora del tutto differente.

«Si volentieri Usagi». Le rispose cercando di ignorare la sorella della ragazza.

«Son contenta che hai accettato, però se non ti dispiace c'è anche mia sorella può essere un problema?». Chiese la biondina.

«Assolutamente no, anzi!». Rispose cercando di sembrare il più convinta possibile, il suo sguardo corse fino a Tenou in segno di sfida, perché lo sapeva bene: l'idea di andare in pasticceria a prendere qualcosa era idea proprio sua, non della giovane pianista con cui avrebbe condiviso il suo nuovo brano.

Osservò quest'ultima alzarsi senza battere ciglio, per dirigersi verso di loro.

«Mi fa piacere che hai accetto Kaioh, non pensavo avresti detto di si, mi hai sorpresa positivamente oggi. Beh in ogni caso vi aspetto di sotto in macchina, cercate di sbrigarvi».

Le disse prima di fermarsi e voltarsi per uscire dall'aula, lasciandola basita. Allora è questo che voleva? Era una sfida nei suoi confronti? Pensava di aver davanti la ragazzina del passato? Si sbagliava di grosso!

Quell'uscita la innervosì appena, ma non lo diede a vedere. Si limitò a fare un cenno ad Usagi prima di uscire in silenzio dall'aula, quasi subito sentì i passi dell'altra seguirla nel corridoio.

Prevedendo che la lezione sarebbe durata di più del previsto per recuperare quella del giorno prima fatta a metà aveva affidato Nari a una babysitter in grado di arginare eventuali crisi della figlia, era libera di poter andar a prendere un caffè ma sperava tuttavia che quella farsa finisse in fretta.

Non aveva decisamente voglia di passare più tempo del necessario in compagnia di Haruka.

 

***

 

 

Il suo sguardo si posò sulle fredde piastrelle del bagno annesso alla sua camera, ne seguì le fughe fino a raggiungere la sua mano, magra più del necessario forse anche troppo rispetto a quanto sarebbe stato il suo peso forma.

Gli occhi le bruciavano terribilmente per lo sforzo appena compiuto di fronte al water, da quando i suoi genitori avevano licenziato il personale della villa con cui era cresciuta si sentiva molto più sola, non trovava una ragione valida per continuare a vivere in quelle quattro mura in cui era cresciuta.

E poi..poi c'era Haruka, aveva provato più volte a contattarla su Skype senza ottenere risultati: il suo account non era più andato online e il cellulare a cui era abituata a scrivere era tornato ad essere inesistente. Probabilmente lo aveva cambiato proprio a causa sua, per non farsi più trovare.

L'essere privata della libertà che aveva assaporato con lei anche se per poco l'aveva demolita dentro, non le aveva permesso nemmeno di provare un pò di sollievo. Aveva iniziato ad odiare se stessa e il cognome che portava perché, con una Kaioh, nessuno faceva mai sul serio. Puntavano solo ai soldi, tutti. Nessuno escluso.

Era arrivata a odiare ogni minimo angolo del proprio corpo, convinta che, se si fosse autodistrutta, probabilmente sarebbe stato meglio, almeno i ragazzi non avrebbero provato a conquistarla solamente per la dote che portava con se. Ma perché erano davvero innamorati di lei. Dopo tutto del fisico non le importava.

Della sua salute non le importava.

Anche Seiya era tornato a casa sua, a Tokyo, ma periodicamente faceva ritorno da lei per cercare di tirarla un pò su, tentativi che puntualmente finivano nella spazzatura.

Quel giorno era proprio uno di quelli in cui il bruno avrebbe fatto ritorno nella loro residenza, ma a lei non importava davvero nulla.

«Cosa stai facendo in bagno?». Proprio la sua voce piombò all'improvviso nella piccola stanza, facendola sobbalzare. «Hai vomitato di nuovo? Non ti coprirò ancora per molto con i tuoi genitori, ormai sono mesi che vai avanti così stai esagerando, guarda come sei ridotta sembri lo spettro di te stessa».

«Cosa vuoi dire ai miei? Tanto pensi che gliene freghi qualcosa? Sono troppo impegnati con il lavoro, non si sono ancora resi conto che ho perso non so quanti chili..non si sono accorti che sto sempre peggio, che io odio stare qui. Odio il fatto che abbiano licenziato tutti solamente perché sono uscita di nascosto qualche volta. E odio anche te perché hai parlato, se non dicevi ai miei di Haruka forse ora non starei così male!». Gli disse senza alzarsi, limitandosi a parlare al muro, ben sapendo che lui fosse sulla soglia della stanza. Le lacrime le uscirono rigandole il viso.

Non ne poteva più, la sua esistenza era stata letteralmente rovinata dall'essere nata in quella famiglia.

«Non rimarrò a guardare mentre schiacci il tasto dell'autodistruzione». I pugni serrati per il nervosismo, le si avvicinò e la prese per un braccio costringendola ad alzarsi e voltarsi a guardarlo. «Hai capito? Non ti lascerò autodistruggere, ora alzati e vieni in cucina devi mangiare qualcosa, io chiamo i tuoi genitori senza discussioni». Le disse severo, sperando di raggiungere l'effetto sperato. Ottenne solamente una sberla in pieno viso dall'altra, gli occhi spenti che lo guardavo arrabbiati.

«Sto male Seiya, lo capisci??? Voglio solamente essere lasciata in pace; desidero solo che tutto questo finisca in fretta». Gli urlò in faccia prima di cercare di liberarsi dalla presa di lui, che di rimando la cinse per la vita per cercare di farla calmare in attesa che quell'attacco di quasi follia passasse, cercando di ignorare le grida con cui gli diceva di lasciarla andare e di uscire dalla sua stanza.

«Shh, calmati devi fidarti di me se vuoi uscire da questo inferno, devi dirlo ai tuoi genitori solamente così possiamo aiutarti...non ti isolare così Michiru per favore». Le mormorò piano. «Fallo per te stessa se non vuoi farlo per loro, devi ricominciare a vivere».

«Voglio solo morire Seiya, la vita qui è un inferno non c'è la faccio più..voglio solo morire». Gli rispose lei prima che i singhiozzi le agitassero le magre membra.

 

***

 

Aveva scelto appositamente di sedersi dietro in macchina, aveva lasciato a Usagi il posto accanto alla sorella per evitare qualsiasi tipo di domanda che potesse provocare imbarazzo tra lei e Haruka. A dire il vero aveva sperato che la bionda avesse qualche impegno e che le avrebbe solamente accompagnate al bar ma tutte le sue speranze a riguardo si rivelarono vane. Decise quindi di cercare di tranquilizzarsi, abbattendo l'agitazione che la presenza di Tenou le arrecava anche quel giorno al pensiero che, prima o poi, sarebbero salite a galla sicuramente le questioni che in passato erano rimaste irrisolte.

Per fortuna quella mattina aveva portato con se gli occhiali da sole che utilizzava spesso quando usciva in pubblico per non essere riconosciuta dai fan e smettere in quel modo di essere tranquilla.

«Posso suggerire di andare in qualche locale non troppo in centro? Vorrei evitare di creare qualche scandalo per via dei paparazzi». Disse continuando a guardare fuori dal finestrino, ci mancava solo che suo marito vedesse l'articolo fatto infondatamente da qualche giornalista. Aveva già troppe cose a cui star dietro per aggiungerne altre.

«Nessun problema di questo genere, conosco il proprietario del locale e proprio per evitare queste cose mi ha riservato un delle salette più vicine all'uscita secondaria del personale posso garantire il massimo riserbo da parte sua su tutto». Furono le parole di Haruka, avvertì il suo sguardo posato su di lei attraverso lo specchietto retrovisore dell'automobile ma preferì ignorarlo totalmente e rimanere a fissare le vie cittadine.

 

Arrivarono a destinazione una trentina di minuti dopo, apprezzò il fatto che il locale fosse fuori città e proprio per questo molto probabilmente poco frequentato dai clienti almeno di giorno. Aveva notato più volte il piccolo edificio con la terrazza privata al primo piano ma non si era mai fermata a consumarvi qualcosa al suo interno.

Scese dal mezzo e seguì a pochissima distanza Usagi che si stava dirigendo verso una di quelle che reputò essere le entrate secondarie.

«Dovresti assaggiare la torta con panna e fragole che fanno qui, è qualcosa di davvero eccezionale Michiru». Esclamò con gioia voltandosi a guardarla. «A dire la verità, però, qualsiasi dolce prodotto in questo bar pasticceria è squisito». Lo sguardo pensieroso che rifletteva la difficile decisione sul cosa prendere.

L'allegria di Usagi la fece sorridere e i suoi nervi si distesero per qualche istante nonostante la sensazione di avere gli occhi di Haruka costantemente puntati addosso da quando l'aveva sentita chiudere la macchina.

Il locale si rivelò essere molto caratteristico all'interno, con il soffitto molto simile a una grotta, anche nella saletta privata che era stata dedicata loro l'effetto era il medesimo, solamente più accogliente e più intimo della restante parte del locale.

Un uomo anziano con il panciotto fece il suo ingresso nella sala dirigendosi proprio verso Tenou.

«Haruka, che piacere vederti pensavo che tu fossi ancora negli Stati Uniti. Quale vento ti porta fin qui, nella tua terra natia?». Chiese cordiale l'uomo, le guance rosse di chi aveva alzato un pò il gomito di recente, strinse la mano alla motociclista con quello che agli occhi di Michiru parve affetto reciproco.

«Ciao Yasai, anni che non ci vediamo, sono tornata da poco dagli Stati Uniti approfittando delle vacanze estive perché Usagi si laurea tra massimo due mesi». Gli spiegò, Yasai guardò oltre la sagoma della donna e i suoi occhi si posarono sulla ragazza bionda dagli occhi azzurri già seduta al suo tavolo.

«Usagi? Sei tu? Diamine! Vieni spesso qui insieme a quello che suppongo sia il tuo ragazzo, non ti avevo per niente riconosciuta. Se non ti avessi vista oggi con Haruka, sei cresciuta molto.. l'ultima volta che ti ho vista eri...». Fece il segno dell'altezza corrispondente con la mano. «Alta più o meno così, non ti ricorderai nemmeno di me, eri troppo piccola..piacere di conoscerti Usagi».

La ragazza si limitò a sorridere cordiale leggermente imbarazzata: quell'uomo non aveva torto, non si ricordava per niente di lui ma a giudicare da come parlava alla sorella doveva essere un amico di lunga data, probabilmente adirittura di suo padre. Certamente lo aveva già visto durante i molteplici pomeriggi in cui si rifugiava tra quelle mura a studiare in compagnia di Mamoru.

«Lei dovrebbe invece essere Miss Kaioh, dico bene?». Si rivolse alla terza ragazza in sala, che si nascondeva ancora dietro gli occhiali da sole indossati all'uscita della scuola. «Lieto di conoscerla, sa, seguo sempre i suoi concerti in televisione quando il lavoro lo permette e devo farle i miei più sinceri complimenti per i suoi brani, sono qualcosa di davvero meraviglioso».

Michiru fece un leggero inchino porgendo la mano destra all'uomo, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi di cortesia mentre si sfilava gli occhiali portandoseli sulla testa come se fossero un cerchietto. «Piacere di conoscerla Yasai, la ringrazio per i complimenti». Si limitò a dire prima di prendere il suo posto al tavolo.

«E' la verità signorina..allora ragazzi cosa posso portarvi da gustare oggi, ovviamente offre la casa per tutti». Esclamò allegro.

«Io gradirei un tè verde, con un cannolo alla crema o in alternativa un pezzo di crostata». La prima a parlare fu proprio Michiru che osservò attentamente l'uomo mentre appuntava il suo ordine sul block notes.

«Io un caffè insieme a un tost grazie». Ad ordinare era stata Haruka, la quale volse la sua attenzione verso la sorella in attesa che decidesse cosa ordinare.

«Prendo un cappuccino con una fetta di torta con la panna, la crema e le fragole». Sorrise rivolta al loro cameriere.

«Benissimo, il tempo di preparare tutto e sono da voi, non fate complimenti se volete ordinare altro aggiungete pure, offro tutto io oggi per festeggiare il ritorno di Haruka». Dopo aver ribadito il concetto uscì con passo leggero per dirigersi al bancone e prepare l'ordinazione, per fortuna non era l'unico a curare la gestione di quel locale che ormai era diventato a conduzione familiare già da una quarantina d'anni, periodo in cui suo nonno aveva rilevato l'attività.

Michiru fissò l'uomo uscire dalla stanza, cercando di non far caso al silenzio che sicuramente sarebbe sceso al tavolo non appena questo sarebbe sparito nel corridoio. Non sapeva che argomenti inventarsi per rompere la coltre di ghiaccio che sentiva ormai presente; rendendola sempre più convinta che aver accettato quell'invito era stata decisamente una cattiva idea. Doveva pur inventarsi qualcosa, quindi si rivolse ad Usagi ignorando di proposito la presenza dell'altra seduta in mezzo tra loro.

«Usagi cosa fai nella vita? Stai studiando?». Chiese dunque con sincera curiosità.

«Si ormai ho quasi finito, sto preparando la tesi tra massimo un mese o tre mi laureo, dipende se riesco a sfruttare la sessione di Luglio, altrimenti andrò a finire a Settembre. Haruka è tornata proprio per questo, per vedere il mio primo concerto ufficiale e la mia proclamazione». Gli occhi luccicanti, le fecero intuire quanto entrambe fossero legate l'una all'altra.

Ricordava bene il giorno in cui era andata a cena da Haruka in passato, ricordava anche la foto che aveva notato sul tavolino della sala che le vedeva insieme e sorridenti, con qualche anno di meno rispetto ad allora. Sorriso che, fece mente locale, non aveva più rivisto in Haruka ne quando ancora si vedevano, ne durante le sue comparse in televisione. Il sorriso della foto era quello di una persona felice, felice per davvero. Quelli che era abituata a vedere, invece, erano quasi sempre sorrisi di circostanza o in alternativa sorrisi costretti che non arrivavano agli occhi.

Usagi era diversa dalla motociclista, ogni sorriso rallegrava chi c'era intorno e infondeva una buona dose di buon umore. Era sincera e un pò ingenua.

 

***

 

Erano passati diversi mesi da quando aveva messo piede negli Stati Uniti, come promesso dai Kaioh le era stato garantito un posto come pilota di una scuderia famosa in territorio statunitense e in quel periodo era proprio alle prese con la preparazione dei mezzi per la stagione successiva, la prima in cui avrebbe corso portando lo stemma della casa automobilistica.

Aveva indicato quel pomeriggio alcune modifiche all'automobile per migliorarne l'aderenza in curva e l'aereodinamicità andata a perdersi con alettoni meno performanti dei precedenti e sicuramente da migliorare.

Era stata una giornata totalmente dedicata alle prove, era rientrata da poco nel suo appartamento in una delle strade principali di New York, non le era stato difficile adattarsi ai ritmi della grande mela, non aveva riscontrato particolari difficoltà nemmeno con la lingua, probabilmente grazie alle sue origini.

Aveva interrotto tutti i contatti con Michiru come le era stato chiesto, anche se ripensare al giorno che si erano incrociate fuori dalla stazione di polizia per la deposizione la faceva stare davvero male; alla mente le tornavano gli ultimi momenti, ma sopratutto gli occhi pieni di lacrime della violinista.

Tutto ciò aumentava il suo senso di colpa nei suoi confronti, avrebbe voluto dirle tutta la verità. Ma non poteva gettare nei casini sua madre per una storia che non avrebbe avuto comunque futuro.

Si passò le dita tra i capelli biondi in un gesto sofferente, mentre con l'altra avvicinava un bicchierino di licquore alle sue labbra per inghiottirlo, non aveva idea di quanti ne avesse bevuti ma li riteneva necessari per non pensare troppo: in passato, dopo la morte di suo padre e di suo fratello, rifugiarsi nell'alcol e in qualche scopata con qualche ragazza l'aveva aiutata ed era certa che anche in quel momento non sarebbero state da meno le due cose.

Dopotutto l'alcol l'aiutava a non pensare proprio mentre donava piacere a chi occupava il suo letto senza pensare a quando al posto della ragazza di turno c'era Michiru.

«Haruka, tesoro sei un pò distratta stasera». La voce vellutata e provocante di Rose si fece largo nei suoi annebbiati pensieri, erano coetanee ma a differenza sua l'americana aveva un seno e un fondoschiena prosperosi, quella sera per lei aveva indossato un tubino aderente che lasciava poco all'immaginazione. «A cosa pensi tesoruccio». Le mormorò, sedendosi dietro di lei sulla medesima sedia.

«A cose che non ti riguardano». Rispose tagliando corto, scocciata dall'invadenza della donna dietro di lei, se c'era qualcosa che odiava era proprio la gente che si interessava delle sue cose senza averne il diritto, ne la concessione.

«Oltre che distratta mi sembri anche molto scorbutica». La punzecchiò ella, prima di lasciarle una scia di baci sul collo esposto alle sue avances. «Lascia che io ti aiuti a rilassarti, son certa che non te ne pentirai».

Sentendo quelle parole sussurrate all'orecchio, si alzò dalla sedia per volgersi a guardare la bruna seduta. «Dovresti saperlo, ormai». Avvicinò il suo volto a quella di lei. «Haruka Tenoh non si lascia scopare, Haruka Tenoh scopa». Si allontanò appena, prima di interrompere il contatto visivo con gli occhi neri e affamati di chi aveva davanti. «Se vuoi fare del sesso con me, forse è il caso che tu ti ricorda queste regole base, altrimenti hai già perso in partenza». Detto questo si allontanò diretta al bagno del suo appartamento.

 

***

 

Non aveva idea di quanto si fosse estraniata dalla conversazione immersa com'era nei ricordi del suo primo periodo in America, ricordi sicuramente dolorosi, dolorosi come l'ostinazione ad ignorarla che le aveva sbattuto in faccia la violinista in quell'arco di tempo che stavano passando nel locale.

Con Usagi non aveva nessun problema a parlare, ma aveva più volte evitato accuratamente di rivolgerle la parola, sperava che le cose fossero andate meglio nel momento esatto in cui sua sorella sarebbe andata via con Mamoru per andare a cena fuori, sicuramente di lì a pochi minuti. Le avevano detto che il ristorante da loro scelto era fuori mano, e non era immediato arrivarci dalla città, osservò la biondina prendere il cellulare dopo una vibrazione che sicuramente era stata provocata dall'arrivo di un messaggio.

«Ragazze credo proprio che io debba salutarvi..è arrivato Mamoru». Le mormormò, per poi rivolgersi a Michiru. «E' il mio ragazzo, stiamo insieme da tantissimo ormai, sono cresciuta con lui si può dire». La vide sorridere, con quel sorriso che ormai aveva imparato a conoscere e che rivolgeva solamente a lui e a nessun altro. Le compariva sul viso ogni volta che poteva parlare del bruno a qualcuno, lei da sorella maggiore quale era lo sapeva riconoscere benissimo.

Piegò le labbra all'insù al pensiero di quanto fosse fortunata sua sorella ad aver trovato subito un ragazzo che si sarebbe fatto in quattro per lei, all'occorrenza, spostò dunque lo sguardo sulla violinista per studiarne attentamente le reazioni alla ricerca di qualche turbamento che non arrivò in superficie.

«A domani allora Usagi». La sentì esclamare prima di stringere la mano alla ragazza, poi si rivolse a lei senza palesare nessuna emozione. «Sarà meglio che io vada, credo si sia fatto fin troppo tardi». Fece atto di alzarsi, atto che bloccò immediamente ponendole la mano sulla spalla sinistra.

«Non dire sciocchezze Kaioh, se aspetti qualche minuto saldo il conto e ti accompagno io a casa, non crederai che ti lascio andare da sola». Sorrise sorniona in attesa della risposta.

«Penso di saper badare a me stessa fin troppo bene, non sono più una bambina che ha bisogno della scorta per andare in giro». Il tono era tagliente, mentre toglieva la sua mano dalla spalla.

«Io non direi vista la caduta con cui ti sei fatta male al polso, anzi...direi proprio il contrario». La punzecchiò senza battere ciglio, tenendo a freno le emozioni che quel rispondere secco le avevano provocato.

«Ti devo ricordare come quella caduta non ci sarebbe stata, se qualcuno non mi avesse fatta innervosire». Ribattè fulminandola con gli occhi.

«E io che pensavo di esserti ormai indifferente, a quanto pare quindi, ti faccio innervosire... interessante, molto interessante Kaioh». Sorrise all'espressione che faceva intendere quanto fosse vero il pensiero che le aveva appena esposto. Non c'erano dubbi quindi, sul fatto che lei era una fonte di nervoso con il suo modo di fare nei confronti dell'altra. «Forza, miss, preparati pure per andare via che vado a pagare il conto, mi raccomando non scappare, non ti conviene con la gente che c'è in giro all'ora a cui arriveresti in città con i mezzi pubblici». Si alzò dunque dal tavolo e si allontanò sfoderando l'atteggiamento più straffottente che mai che aveva nel suo repertorio, gongolando del fatto che, quella volta, aveva zittito la musicista.

 

***

 

Fissò la bionda uscire dalla stanza a loro riservata diretta alla cassa, proprio come il giorno prima anche in quel frangente era riuscita a farla innervosire con il suo modo di fare straffottente e maleducato, si sbaglia di grosso poi se pensava che non le era totalmente indifferente. Non gliene fregava proprio nulla e su quel frangente non vedeva l'ora che arrivasse il giorno del concerto per salutare definitivamente Usagi e con lei anche Haruka.

Realmente non le fregava nulla? O era solo una finzione creata dal suo subconscio per tenerla lontana e non rischiare che mandasse in sfacelo la sua vita per la seconda volta in dieci anni? Il tarlo che le si formò nei pensieri rimase li, a galleggiare in mezzo alla corrente che si agitava nella sua mente.

Uscì dunque dalla stanza per entrare nel corridoio e di li all'uscita secondaria del locale davanti alla quale la macchina l'aspettava proprio dove l'avevano lasciata una quarantina di minuti prima, si appoggiò al mezzo e incrociò le braccia volgendo il suo sguardo al mare li vicino, era più agitato di quanto erano giunti li, così il suo odore e lo iodio le riempivano i polmoni ad ogni respiro.

Sentì la sicura della macchina attivarsi improvvisamente prima di avvertire i passi di Tenoh dietro di lei, sospirò profondamente per l'ultima volta nel tentativo di rimanere calma, tentativo che sapeva sarebbe andato in fumo da li a poco sicuramente.

«Eccomi, possiamo andare». La sentì dire prima di aprire lo sportello della macchina, la imitò e come il giorno prima, una volta seduta, si mise a guardare fuori dal finestrino per non dargli spunti per intrattenere il discorso. «Mia sorella come sta andando?».

Kaioh alzò gli occhi al cielo, mossa meschina incentrare il discorso sulla sorella, non poteva proprio rifiutarsi di rispondere a una domanda sul suo lavoro. «Molto bene è brava e molto preparata, sopratutto non è indisponente e odiosa come sua sorella». Le risposte lanciandole l'ennesima occhiataccia della giornata.

«Mi raccomando, non farmi tutti questi complimenti o potrei abituarmici». Si sentì rispondere con un sorriso beffardo sulle labbra, un sorriso che le provocò instintivamente la voglia di sbatterle qualcosa sul viso nel giro di due secondi.

«Infatti non erano complimenti ma veritiere constatazioni riguardanti il tuo caratteraccio». Sorrise trionfante.

Il silenzio calò nell'abitacolo a interromperlo la musica della radio tenuta a basso volume dall'altra, forse per non farsi sopraffare dall'assenza di conversazione; il motivo non lo avrebbe mai saputo e ne aveva intenzione di chiederlo.

«Non mi hai detto dove abiti, ti ospiterei molto volentieri a casa mia ma non credo che tu saresti d'accordo». Si sentì dire dopo pochissimo tempo.

«Puoi lasciarmi vicino al ristorante giapponese Wakamé, abito nei paraggi meglio se non mi porti a casa, non vorrei che i paparazzi ci vedessero sai com'è..ho una reputazione da difendere e non credo sia una buona cosa farci vedere insieme». Più che altro non voleva che Seiya la vedesse scendere da una macchina guidata da Haruka di problemi tra concerti e la malattia di sua figlia ne aveva già troppi. Proprio per la piccola la tranquillità familiare era la base per una salute quantomeno stabile e non preoccupante.

«Va bene. Come vuoi, io ci ho provato». Rispose alla violinista prima di inserire la freccia e voltare verso destra, diretta proprio verso la via del ristorante che le era stato indicato.

 

   
 
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