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Autore: KiarettaScrittrice92    06/12/2016    5 recensioni
Dopo la conclusione della prima stagione, mi sono finalmente decisa a scrivere e pubblicare la mia prima long su questo fandom...
Avviso che ovviamente se mai la serie continuerà la mia storia non avrà più nulla a che fare con gli avvenimenti che accadranno dopo la comparsa di Volpina.
Questa storia perciò la potete considerare come un seguito alternativo che mi sono immaginata io, oppure semplicemente come una fic in più da leggere che spero vi emozionerà.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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La convivenza

«Il fatto è che suo padre è stato akumatizzato e, a quanto pare, Ladybug e Chat Noir attualmente sono impegnati, quindi per proteggerlo ho pensato di farlo stare qui per un po’.» disse la ragazza ai genitori.
Gli venne quasi da ridere nel vederla: era partita tutta decisa con quella spiegazione, ma poi man mano che andava avanti con la storia le sue guance si coloravano e la sua voce calava. Era davvero bella quando era imbarazzata e intimidita.
Quella storia se l’erano inventata nel tragitto verso la boulangerie assieme alle altre due eroine, in modo che i genitori di Marinette potessero credergli.
«Ma certo che puoi dormire qui Adrien!» rispose subito entusiasta Sabine Cheng, rivolgendosi direttamente a lui e regalandogli un bellissimo sorriso: era certo, la bellezza e la delicatezza dei lineamenti, Marinette, li aveva presi dalla madre.
«Grazie mille!» disse chinando il capo.
«Mi spiace solo che non avrai un vero e proprio letto in cui riposarti.» continuò la cinese con un’aria un po’ di spiaciuta.
«Oh, non si preoccupi signora Cheng, il divano andrà più che bene.» rispose tranquillamente.
«Divano? No, no, assolutamente: perché farti dormire nel divano, la chaise-longue in camera di Marinette è molto più comoda.»
«Cosa?!» vide la sua ragazza impallidire all’improvviso e poi arrossarsi di nuovo, chissà cosa passava nella sua testa in quel momento. 
Anche lui effettivamente a quella notizia iniziò a sentirsi a disagio: l’idea di dormire nella stessa stanza con lei lo eccitava parecchio, ma allo stesso tempo lo rendeva nervoso e, in quel disagio, le parole di Volpina, quelle che aveva detto a casa sua, gli rimbombarono nella testa come una campana che non voleva smettere di suonare. Cosa gli stava succedendo? Da quando qualcosa lo rendeva imbarazzato? Insomma era successo sì, ma da quando era diventato Chat Noir aveva imparato a controllare le sue emozioni, soprattutto quel genere di emozioni, eppure non poteva fare a meno di sentire il cuore martellargli nel petto.


«Ecco qua!» disse la cinese poggiando un lenzuolo, una coperta leggera e un cuscino già con la federa, sopra la chaise-longue, per poi scomparire di nuovo dalla botola e lasciarli soli.
Intanto Adrien poggiò il borsone, che aveva riempito con l’indispensabile prima di scappare da casa, proprio lì vicino.
«Dove sono finite tutte le mie foto?» chiese con un tono da finto offeso, notando la parete sopra la scrivania completamente vuota, facendole scappare un riso divertito, mentre si chinava sulla borsa.
«Tranquillo, non le ho buttate. - cominciò mentre apriva la cerniera del borsone, per far uscire i due kwami - È che volevo mettere…»
«Plagg smettila di giocarci!» sbottò la creatura rossa attirando l’attenzione di entrambi i ragazzi.
La prima a vedere cosa stava succedendo, ovviamente, fu Marinette che era proprio lì, chinata sopra di loro: il kwami gatto stava saltellando sopra un piccolo tubo di plastica, ricurvo nella parte finale. La ragazza lo afferrò tra le dita, facendo cadere il kwami sui vestiti ben piegati dentro la sacca nera.
Guardò quel tubo accigliata, non perché non sapesse cos’era, insomma l’aveva visto un sacco di volte in TV in qualche film. Quello che la stupiva era il perché si trovasse dentro quella borsa.
Alzò il suo sguardo dubbioso verso il biondo che stava guardando nervosamente la sua mano, quando però si accorse del suo sguardo azzurro addosso, si avvicinò a lei e, togliendole l’oggetto dalla mano, le sorrise ficcandoselo in tasca.
«Allora… Facciamo il letto?» chiese prendendo il lenzuolo che Sabine aveva portato su.
La ragazza si alzò per poi prendere due lembi dello stesso pezzo di stoffa bianca e stenderlo su quel letto improvvisato.
Non ci misero molto e dopo aver sistemato tutto si sedettero entrambi sul loro lavoro.
«Beh è il mio turno… - cominciò Marinette, prendendo il ragazzo alla sprovvista e, vedendolo voltarsi stupito, chiarì subito il dubbio che gli leggeva negli occhi - Ho io la domanda del giorno per te…»
A quell’affermazione lo vide sospirare, come se sapesse già quale sarebbe stata la domanda e sicuramente pensava bene, ma a lei non importava, se dovevano condividere tutto voleva dire tutto.
«Spara!» disse con un’altro sospiro.
«Per quale motivo avevi un’inalatore nella borsa?» domandò subito dopo, tutto d’un fiato.
Lui rimase un po’ zitto, poi tirò fuori l’oggetto dalla tasca, osservandolo quasi con uno sguardo di odio.
«Fino a tre anni fa, ho sofferto d’asma per attacchi di panico. Mi sembrava una vita che non usavo più questa maledetta cosa.» le ultime parole quasi le sibilò, stringendo con rabbia il piccolo tubo.
«Ed ora? Perché usi il passato? È tornato?» chiese lei, non sapeva cosa dire.
«L’altro giorno… quando Angelie ti ha rapita… Io ero qui e… ho trovato la sua lettera… Avevo paura… Avevo paura che… che…» nonostante stesse iniziando a respirare affannosamente e male, lanciò il tubo contro il muro, furioso.
«Calmati Adrien. - lo rassicurò lei avvolgendo entrambe le braccia attorno al suo corpo e facendo in modo che si avvicinasse ancora di più a lei - Sono qui, ti prometto che andrà tutto bene…» a quelle parole il ragazzo scoppiò a piangere, finalmente stava buttando fuori tutto il dolore accumulato in chissà quanti anni. 
Marinette percepì una fitta al cuore nel vederlo in quelle condizioni: un cucciolo abbandonato, ecco cos’era. Continuò ad accarezzarlo dolcemente baciandolo lievemente sui capelli biondi.
«Risolveremo tutto, promesso. Vedrai che ce la faremo, noi insieme riusciremo a fare tutto.» concluse rassicurandolo, mentre lanciava un occhiata ai due kwami che facendo capolino dalla borsa guardavano entrambi la scena con occhi pieni di tristezza e commozione.


«Marinette, Adrien se non vi svegliate arriverete tardi a scuola!» disse una voce dolce dal piano di sotto.
La ragazza mugugnò qualcosa di sconnesso, mentre lui in realtà era già sveglio da una buona mezz’ora ed era già vestito.
La sera prima erano stati svegli fino agli tardi a parlare: avevano rotto la regola della domanda al giorno e si erano raccontati tante di quelle cose, che adesso era come se si conoscessero da tutta una vita. Adrien aveva scoperto che Marinette aveva paura dei tuoni e che nella loro battaglia contro Tempestosa aveva lottato con tutta se stessa per non fargli notare che era terrorizzata. Lui le aveva raccontato invece, che da quando avevano affrontato il Cieco, aveva iniziato ad aver paura del buio assoluto. Si erano raccontati ricordi di quando erano bambini e Marinette gli aveva mostrato alcune foto di quando era piccolina. Aveva insistito per prenderne una in cui indossava un bellissimo vestito rosa da principessa, promettendole che gliene avrebbe dato una sua appena fosse stato possibile.
Quando entrambi furono talmente stanchi da non riuscire quasi a tenere gli occhi aperti, Marinette salì nel soppalco come uno zombie, ed entrambi si misero sotto le coperte augurandosi la buonanotte. In quelle lenzuola che odoravano di pulito si era addormentato profondamente ed aveva dormito, finalmente, tranquillo.
Vide Marinette scendere: indossava lo stesso pigiama della sera prima, un pantaloncino fucsia e una canottierina bianca che le copriva appena la pancia.
«Buongiorno dolcezza!» la salutò lui con sorriso.
Marinette, probabilmente non ricordandosi che lui era lì, si era voltata di botto, arrossendo vistosamente, per poi cominciare a balbettare.
«A… Ad… Adr…» all’improvviso mise male il piede su uno dei gradini e probabilmente si sarebbe rotta l’osso del collo se lui con uno scatto, tipico del supereroe nero, non si fosse lanciato a prenderla.
«Maledizione Marinette, stai attenta a dove metti i piedi.» protestò, guardandola intensamente.
«Scusa…» disse scostandosi da lui, ancora rossa in volto, dopodiché prese dei vestiti dal suo armadio e disse ad Adrien di scendere, mentre lei sarebbe andata a lavarsi e cambiarsi.
Poco dopo uscirono dalla boulangerie con un croissant a testa in una mano e quella dell’altro nell’altra.
«Questa poi… Com’è che siete usciti tutti e due da casa di Marinette?» chiese Alya, mentre i due davano gli ultimi bocconi alla brioche, a quella domanda la bruna arrossì, così toccò a lui rispondere.
«Por un po’ durmerò du loei…»
«Tesoro, non lo sai che non si parla con la bocca piena? - lo rimproverò mentre lui ingoiava il boccone - Comunque questo l’avevo capito, mi chiedevo solo perché… Insomma state insieme da poco più di una settimana e già dormite nella stessa casa, mi sembra un po’ esagerato.» disse tutto d’un fiato la castana, aggiustandosi gli occhiali.
«Suo padre è stato akumatizzato e né Ladybug né Chat Noir si sono fatti vedere, quindi abbiamo pensato che sarebbe stato meglio…»
«Oh, a proposito di Ladybug e Chat Noir… Hai visto la foto che ho postato qualche giorno fa sul Ladyblog?» chiese, con gli occhi che le brillavano per l’eccitazione.
«Quale foto?» chiese dubbiosa la sua compagna, la voce sembrava tremarle e probabilmente Alya pensava che fosse euforica quanto lei, ma in realtà Adrien sapeva che era per l’agitazione e la paura di essere scoperta.
La mora prese il cellulare e dopo aver digitato qualcosa mostrò la foto ad entrambi: per fortuna era scattata da parecchio lontano, ma si vedevano distintamente tre figure, una nera, una arancione e una gialla che balzavano sui tetti di un quartiere di Parigi.
«Guarda, Chat Noir sembra avere in braccio qualcuno, magari è Ladybug, ecco perché non si fanno più vedere, è stata ferita e poi ci sono quelle altre due eroine, almeno credo siano femmine. Forse sono in mezzo a qualcosa di grosso…»
Era una macchinetta. Come diavolo si spegneva? Continuò a parlare finché non arrivarono in classe, mentre Marinette l’ascoltava interessata, sviandole le idee se nelle sue congetture si avvicinava troppo alla verità. 


La giornata scolastica passò in fretta e i due uscirono dalla scuola salutando Alya e Nino proprio in cima alle scale.
«Adrienuccio, che ne dici se andiamo a fare shopping oggi?» chiese Chloé saltando addosso al biondo, facendolo quasi cadere.
«Mi spiace Chloé, ma non posso… Io…» si voltò verso di lei chiedendole aiuto con gli occhi e per un’attimo le scappò da ridere.
«Dobbiamo andare da mio zio Fu, Jinnifer mi ha appena mandato un messaggio: dice che è importante.» disse avvicinandosi a loro.
Cercò di rimanere seria, visto che il messaggio era vero, ma la visione di Adrien tra le grinfie laccate di giallo della piccola e viziata figlia del sindaco, la faceva troppo ridere e pensare che probabilmente qualche giorno prima sarebbe morta d’invidia per una scena del genere.
«Oh sì, certo… Lo zio Fu! Scusa Chloé, devo proprio andare.» disse lui, staccandosi dalla bionda che sbuffò scocciata e si allontanò.
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo e lei scoppiò finalmente a ridere, non riuscendo più a trattenersi.
«Cos’hai da ridere, insettina?» le si rivolse lui con tono offeso.
«Nulla… nulla… - disse lei, cercando di calmarsi e tornare a respirare normalmente, poi però qualcosa la fece smettere all’improvviso di ridere, anzi proprio di sorridere - Adrien, ma quella non è la tua limousine?» chiese indicando la lunga auto bianca che stava svoltando proprio in quel momento nella via.
«Oh cavolo, ha mandato Nathalie a prendermi. Corri!» la incitò, prendendola poi per il polso e iniziando a correre.

  
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