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Autore: nikita82roma    07/12/2016    1 recensioni
Rick ha detto a Kate che non sarebbe stato a guardarla mentre buttava via la sua vita. È tornato a casa dopo la consegna del diploma di Alexis quando sente bussare alla porta del loft. Ma non è Kate, è Esposito che lo avvisa che Beckett è in ospedale gravemente ferita. Si parte da "Always" ma il percorso poi è completamente diverso.
FF nata da un'idea cristalskies e con il suo contributo.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rick Castle, William Bracken | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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- Per questo sei qui? - Gli chiese Kate dopo un po’ che non parlavano e comunicavano solo con gli sguardi.

- Per prendermi cura di te? Sì. So quello che ti ho detto l’altro giorno, ed è vero. Non voglio stare a guardare mentre getti via la tua vita e non sai quanto mi fa male vederti così. So che non ho fatto abbastanza per impedirtelo. Avrei dovuto fare di più, in tutti i modi. Non posso fare finta di nulla. Tu sei… sei importante, per me.

Rick prese fiato. Cercò di trovare le parole giuste ma in quel momento non gli veniva in mente nulla di abbastanza incisivo.

- Kate, vale la pena tutto questo? Vale la pena rischiare la vita ogni volta? Non voglio che tu ti arrenda, che rinunci alla verità. Però, Kate, ti prego... Devi combattere in modo diverso, così non otterrai nulla. - Rick la vide agitarsi e voltarsi dalla parte opposta. Le prese la mano e continuò a parlare. - Sì, ti sto dicendo adesso tutto questo perché non potrai interrompermi ed urlare e dirmi che non sono nessuno. Lo so già che non sono nessuno per dirti cosa fare della tua vita. Non devi arrenderti nemmeno a te stessa, non devi rinunciare alla tua vita perché… possono accadere ancora molte cose. Possono accadere cose belle, se tu lo vuoi.

Beckett tornò a guardarlo. Il viso di Castle era incredibilmente vicino al suo, non se ne era accorta fino a quando non aveva riaperto gli occhi, trovando i suoi di un azzurro intenso a guardarla. Luccicavano di emozione e speranza. Provò a poggiare la mano sulla guancia di lui, ma i fili che tiravano le permisero di sfiorarlo solo con la punta delle dita, fino a quando non fu Castle ad avvicinarsi di più, per avere un pieno contatto con la mano di lei. Era fresca, quasi fredda, ma a Rick sembrò bruciare sulla pelle, come se lo stesse attraversando una scarica elettrica. Kate lo voleva. Voleva tutto quello che di bello poteva accadere e voleva che qualunque cosa fosse, accadesse con lui.

- Scusate, ho interrotto qualcosa? - Non si erano nemmeno accorti che Josh era entrato nella stanza fino a quando non si era schiarito la voce con un colpo di tosse, facendoli sussultare e distruggendo quel momento nel quale c’erano solo loro due, persi nello sguardo reciproco. Avrebbero potuto essere in qualsiasi parte del mondo lontano da lì, sarebbe stata la stessa cosa. Non ci avrebbero fatto caso, perché tutto quello che avevano intorno era solo un contorno al loro mondo.

Rick guardò Josh con lo stesso sguardo di un bambino che guarda il bullo che gli fa scoppiare il palloncino appena comprato al Luna Park. Era indeciso se picchiarlo o mettersi a piangere. In realtà non si mosse, trattenuto da Kate.

- Immagino che lo scrittore non sappia la novità, sono il medico di Kate, almeno per le prossime settimane, visto che il suo cardiochirurgo è all’estero. - Spiegò il dottore a Castle

- Che fortunata coincidenza, eh! - Disse sardonico Rick tra i denti.

- Se preferisci, Castle, chiederò che sia un tirocinante ad occuparsi di Kate. - Lui non rispose e Josh si sentì in posizione di netta superiorità nel chiedergli se poteva uscire dalla stanza perché doveva visitare la paziente. Avrebbe voluto dirgli di no ed ancora di più avrebbe voluto che lo facesse Kate. Non sapeva con quale diritto si immaginava una situazione del genere, ma ci sperò fino a quando non si chiuse la porta dietro le spalle. Sobbalzò, di nuovo, trovandosi Jim davanti. Erano un paio di giorni che non si vedevano, anche se si erano tenuti costantemente in contatto telefonico, aggiornandosi a vicenda sulle condizioni di Beckett.

- Tutto bene, Rick? - Gli chiese l’avvocato, vedendolo evidentemente scosso da tutto quello che stava accadendo in quella stanza.

- Sì è solo che Josh, il dottor Davidson… Non mi evoca bei ricordi… - Si tenne sul vago

- Già, stavate per fare a pugni in un corridoio come questo… - Jim vide Castle scurirsi ancora di più a quel ricordo - Sappi che non ho mai pensato che fosse colpa tua. Anche se è vero, hai spinto tu Katie ad indagare, so che fino a quando mia figlia non metterà la parola fine su questa vicenda non sarà mai libera e per tanti anni non l’ha ammesso, ma non ha nemmeno vissuto.

- Però l’ho resa un bersaglio. Ed ha rischiato di morire due volte in meno di un anno per questo e sta ancora lottando. Fa finta di nulla, ma la vedo... E’ sofferente più di quanto non voglia ammettere.

- Josh ha detto che è fuori pericolo, la fase critica è passata. Temevano soprattutto per il suo cuore, ma sta reagendo bene. Ha detto che Kate ha un cuore forte. - Provò a rassicurarlo Jim.

- Questa è un’ottima notizia, la migliore da giorni, veramente. - Sorrise Castle, sollevato.

- Cosa farai ora, Rick? Te ne andrai come avevi detto? - Jim si era fatto più serio e Rick si chiese se sapesse qualcosa di tutta quella vicenda.

- Oh… beh… io… no… se Kate mi vuole, io non me ne andrò… - balbettò

- Credo che se dipenderà solo da Katie potrai restare, allora - Sorrise Jim, dandogli una pacca sulla spalla.

Quando uscì, Josh lasciò che fosse suo padre ad entrare.
Castle fremeva per vederla ancora, ma era giusto così. Maledì l’appuntamento che aveva con Gina per discutere del nuovo libro e che lo avrebbe costretto ad andare prima di quanto avrebbe voluto.
Appena rientrato nella sua camera comunicò a Kate che avrebbe dovuto andarsene di lì a poco e vide il suo volto intristirsi. Avrebbe voluto mandare al diavolo Gina, la Black Pawn, l’illustratore e tutti gli altri.

- Dobbiamo decidere la copertina del libro ed altre cose. Non vorrei ma… Non posso non andare. - Kate capì che era sincero, aveva quello sguardo da bambino che gli veniva fuori ogni volta che doveva fare qualcosa controvoglia. Gli sorrise.

- Vai. Non ti preoccupare. - Sussurrò.

- Non posso non preoccuparmi. Guarda qui cosa succede, come me ne vado arriva il dottor motocicletta e… - Vuole prendere il mio posto. Avrebbe continuato così, ma si morse la lingua.

- È solo il mio medico - si sforzò di dirgli Kate e Rick le fece scorrere un dito sulle labbra, per farla tacere.

- Hai le labbra secche, Beckett… - Così Castle ripeté la stessa operazione del giorno precedente, bagnandole con il fazzoletto intriso d’acqua e Kate ne ebbe ancora enorme sollievo.

Riuscì a salutarla a fatica, promettendole che se la riunione fosse finita presto sarebbe tornato ancora, quella sera. Le avrebbe scritto, in ogni caso. Potevano comunicare così, almeno. L’avrebbe fatta sentire meno sola.
Appena Rick chiuse la porta alle sue spalle, Kate cercò non senza sforzi di prendere il cellulare ed il biglietto da visita che le aveva lasciato il giorno prima il detective Price. “Venga il prima possibile. Det. Beckett” Avrebbero comunicato, in qualche modo, ma doveva riprendere le fila della storia. Quella non era stata una rapina finita male.
Price arrivò presto, da solo. Questa volta Kate ebbe modo di studiarlo meglio e, se non lo avesse già visto prima, avrebbe avuto difficoltà a inquadrarlo come un suo collega: a prima vista le sembrava più un figlio di papà che si gode la vita con i soldi di famiglia che non un poliziotto. Abbigliamento elegante, aspetto impeccabile, si chiese se avesse mai dovuto rincorrere qualche malvivente o se nel buttare giù una porta si fosse mai preoccupato delle costose scarpe verniciate. Magari era uno di quelli che si scrollava la polvere dalle spalle della giacca ed entrava solo a cose fatte, d’altronde il giubbotto antiproiettile avrebbe sgualcito il suo vestito.

- Detective Beckett…

- Detective Price… - si salutarono cortesemente mentre lui prese posto sulla sedia vicino al suo letto, dopo averle chiesto il permesso con un gesto della mano e lei accordato con un cenno del capo.

- La trovo meglio, è un buon segno credo.

- Non posso… parlare molto… - Cercava di essere una paziente diligente, anche se era difficile, ma non voleva peggiorare la situazione.

- Non si preoccupi, ci capiremo, ne sono certo. - Le sorrise affabile. A Kate sembrò molto più disponibile e cortese di quanto non gli era apparso nel breve confronto precedente con Castle presente. Era evidente che tra i due non corresse buon sangue e non faticò a capire i motivi. - Cosa è successo Detective? Si ricorda della sua aggressione?

Price era venuto subito al punto. Non c’era motivo, infatti di tergiversare oltre, era lì per quello.

- Non è stata una rapina. - Era la cosa più importante, la prima da dirgli, per mettere in chiaro le cose.

- Ne è sicura? - Chiese Price dubbioso e già solo questo bastò per farle ritirare mentalmente le cose positive che aveva pensato di lui. Annuì con forza.

- Non è stata una rapina - Disse ancora facendo appiglio a tutta la voce che aveva. - Mi hanno fatto andare lì. Sapevano che stavo indagando.

Kate parlava lentamente e a fatica e le sembrava che quegli sforzi non venissero nè apprezzati nè capiti dal suo interlocutore che invece la guardava con sufficienza.

- Vede, Detective Beckett… In quella zona ci sono state molte altre rapine violente, alcune purtroppo anche finite molto male. Non può essere che visto il luogo i suoi ricordi si siano sovrapposti con la realtà facendole vivere uno scenario diverso? Ho letto della storia di sua madre, della quale mi dispiace molto, e della sua ricerca di giustizia dopo tutti questi anni. Non crede che in quei momenti così difficili possa aver confuso quello che le stava accadendo con quello che pensa sia accaduto a sua madre? - La voce di Price era calma e pacata, non la stava incalzando ma sembrava quasi volesse convincerla. Kate lo squadrò scuotendo la testa con fermezza.

- No. Nessuna. Confusione.

Continuarono a “parlare”. Kate gli scriveva le sue obiezioni e Price rispondeva. Era una conversazione abbastanza strana, interrotta oltretutto ogni tanto dai messaggi di Castle che le diceva quanto si stava annoiando, quanto le mancava e quanto avrebbe voluto essere lì. Lei ogni volta doveva fare il possibile per non sorridere come una bambina cercando di far smettere lo svolazzamento di farfalle nel suo stomaco.

A Kate non piaceva stare dall’altra parte, essere quella incalzata dalle domande ed essere messa in dubbio. Stava avendo un non facile scambio di opinioni con Price, in cui gli suggeriva di vedere la cosa da un altro punto di vista, ma si trovava a scontrarsi contro un muro di certezze che non riusciva a scalfire. Le disse che comunque avrebbe tenuto presente il suo punto di vista e segnalato la sua testimonianza e si sarebbero rivisti quando avesse potuto parlare liberamente.
Alla fine non fu così scortese, se non era per il fatto che non credeva a quello che diceva e la voleva far passare per una che si inventava le cose per qualche strano scherzo della mente.
Era frustrata.
Avrebbe voluto poter dire tutto a Castle, ma sapeva che lui si sarebbe arrabbiato per la sua decisione di parlare con Price, soprattutto senza suo padre. Le aveva consigliato di avere presente un avvocato quando lo avesse incontrato. “Non ci si può mai fidare di certi sbirri” le aveva detto, guadagnandosi un’occhiataccia ed un buffetto sul braccio.
Le venne una crisi di pianto e Josh la trovò così quando entrò nella sua stanza per chiederle se avesse bisogno di qualcosa. Aveva appena finito un’operazione d’urgenza e stava per andarsene.

- Dimmi che non è colpa dello scrittore… - Le disse il dottore con tono accusatorio e Kate scosse la testa con decisione. A Josh sembrò dispiacere, quella smentita. Si era avvicinato per provare a confortarla ma la vide sempre più chiusa in se stessa, la sentì più distante di quanto non era mai stata. Era solo il suo medico, si ripeteva, eppure era difficile. Spostò la sua attenzione sui macchinari, controllò i tracciati e poi la cartella clinica.

- Stai andando alla grande, Kate. Il tuo cuore ha reagito bene, ancora una volta.

Lo guardò asciugandosi le lacrime ed accennando un sorriso.

- Ora comincia la parte più difficile, quella nella quale devi avere pazienza e non devi strafare. Ma dirlo a te è quasi inutile - Sorrise anche lui. Le controllò il dosaggio degli antidolorifici e le preannunciò che dal giorno dopo avrebbe potuto cominciare a bere di nuovo: era un primo piccolo passo.

Quando fu di nuovo sola scrisse un messaggio a Rick e ci pensò molto prima di inviarlo, attanagliata in quella paura di vivere che la bruciava dentro, più delle ferite.
Scrisse e cancellò molte volte ed alla fine digitò solo un semplice “A domani scrittore” e la sua risposta non si fece attendere: “A domani detective”.
Chiamò un’infermiera e chiese qualcosa per dormire. Voleva che quel domani arrivasse il prima possibile.

   
 
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