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Autore: cowslipkkoch_    10/12/2016    2 recensioni
How small the probability is to let me gain the ability to bravely love again? This is destiny's generosity, this is the heart's honesty.
 
destino ( = destiny, kismet ): /de·stì·no/, l'insieme imponderabile delle cause che si pensa abbiano determinato (o siano per determinare) gli eventi della vita; spesso inteso come personificazione di un essere o di una potenza superiore che regola la vita secondo leggi imperscrutabili e immutabili.
 
( raccolta di one shots SuChen )
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chen, Chen, Suho, Suho
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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{ intro: Jongdae è all’ultimo anno di università e Joonmyun è il nuovo assistente della facoltà di scienze. }

 

 

STEPS (to your heart)




 

 

La prima volta in cui si incontrarono (o meglio, in cui Jongdae lo vide) fu a inizio settembre. Nonostante i corsi non fossero ancora iniziati ufficialmente, molti studenti dell'ultimo anno decisero di occupare sin da subito le loro stanze di dormitorio e fra questi vi era Jongdae. Arrivò il primo di settembre, com’era solito fare, e dopo aver sistemato i suoi effetti personali nella sua nuova stanza, decise di girovagare per il campus con il suo migliore amico, Baekhyun, anche lui all'ultimo anno. Il processo ormai era chiaro: prima si ritiravano le chiavi della stanza di dormitorio, si sistemavano vestiti e oggetti e poi si andava a ritirare i libri nell'edificio principale. Proprio lì, nell'edificio principale, Jongdae lo notò per la prima volta.
"Baekhyun?".
"Sì?".
"Quel ragazzo là è un nuovo studente?".
Seduto su uno dei divanetti posti davanti all'ufficio della segreteria, c'era un ragazzo, bello, estremamente bello, che catturò l'attenzione di Jongdae. La sua pelle era di un tono chiaro e risaltava perfettamente le labbra rosee, in quel momento strette in una linea retta, il naso era semplicemente perfetto, così come i suoi occhi piccoli e i suoi capelli neri ordinati e lisciati, l'unica imperfezione su quel viso angelico era una piccola cicatrice tra il ponte del naso e il sopracciglio destro. Per il resto, era stupendo.
"Non penso".
Ci fu un attimo di silenzio fra i due ragazzi, ancora in attesa per ricevere i libri di testo, e Jongdae occupò quei minuti osservando lo sconosciuto, il quale sembrava altrettanto perso nei suoi pensieri. A un certo punto qualcosa urtò il gomito del primo.
"Ora ricordo", iniziò l'amico, muovendosi come un che stava per spifferare un segreto di grande importanza, "E' Kim Joonmyun, il famoso assistente che doveva arrivare l'anno scorso", disse.



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Jongdae fra tutti i suoi amici era conosciuto come quello che per abbordare usava le tecniche più strane e mai viste, e nessuno ormai si sorprendeva quando egli iniziava a fare domande strane o a mandare messaggi in cui chiedeva cose particolari.
"Baekhyun-ah~", già da quello il diretto interessato capì che Jongdae doveva chiedergli qualcosa.
"Sì?".
"Sai dove alloggia Joonmyun?".
Appunto. Lanciò uno sguardo confuso all'amico, il quale era stranamente tranquillo per una domanda del genere. Perché mai Jongdae voleva sapere dove alloggiava Joonmyun? Non glielo chiese apertamente, lo pensò e basta, e si limitò a rispondergli in modo ovvio, "Alloggia dove alloggiano tutti i professori che vengono fuori da Seoul, ovviamente".
Nemmeno un minuto dopo e Jongdae aveva già abbandonato Baekhyun al dormitorio, solo per mettersi sulle scale antincendio e comporre il numero di un suo fidato compagno di corso.
"Jongdae? Lo sai che stavo studiando?", borbottò Chanyeol, appena rispose al telefono.
"No, non stavi studiando", ribatté Jongdae, calciando una foglia, "Lo sento che stai masticando, idiota".
"Dimmi cosa vuoi e basta, ti prego".
"Sedici porzioni di patatine fritte del Mc Donald's".
E Chanyeol non volle sapere altro.

Era passato circa un mese dall'inizio dei corsi, ovvero un mese da quando Jongdae vide per la prima volta Joonmyun nell'atrio dell'edificio principale, e lungo quel mese i due ebbero modo di incontrarsi "accidentalmente" una seconda volta. Da quel secondo incontro (primo, per l'assistente) il maggiore notò la continua presenza del minore, che, giorno dopo giorno, faceva di tutto e di più per parlargli anche per qualche minuto, e in qualche modo si ritrovarono pure l'uno con il numero di telefono dell'altro.
"Joonmyun, sei nella tua stanza?", chiese quella sera Jongdae, appena l'assistente accettò la chiamata.
"Buonasera anche a te, Jongdae", rispose l'altro, trattenendo una risata, "Comunque no, perché?".
A quanto pare, da come gli era stato detto, era una domanda fatta a caso. Lo studente lo intrattenne per tutto il tragitto via chiamata, parlandogli di come si fosse stancato quel giorno ai corsi e come il suo compagno di stanza fosse noioso, e lui non poté far altro che ascoltare per tutto il tempo, ascoltare e assorbire ogni informazione che gli veniva lasciata, finché non giunse davanti al suo alloggio. Jongdae parve sentire il rumore che fece la porta appena fu inserito il codice e finì il suo discorso.
"Che diavolo–".
"Joonmyun?".
"Chi mi ha mandato... sedici porzioni di patatine fritte nella mia stanza?".
Una risata si fece sentire dall'altra parte del telefono e non ci volle molto prima di capire chi avesse fatto tutto ciò; Joonmyun scosse la testa e si avvicinò a quei pacchetti, dispostiti in un ordine che visto dall'alto formava un cuore, e in mezzo ad esso raccolse un biglietto. Una delle vie per il cuore passa dallo stomaco.
"Se fossi stato io?"
"Jongdae–".
Non fece in tempo a continuare la frase, che la chiamata cadde.




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"Allora la prof. Lee si ferma, si avvicina a Sehun e come gli tocca la spalla lui cade dalla sedia e urla 'L'era Joseon inizia nel 1392!'".
Una risata si fece largo per tutta la stanza, soffocando il borbottio del povero Sehun che, nel vano tentativo di cambiare discorso, chiese se tutti si potevano concentrare di più sullo studio che sulle sue figuracce fatte durante l'ora della professoressa Lee; era un freddo venerdì d'inverno e Jongdae, in vista degli esami, era riunito insieme a tutta la sua combriccola per studiare.. o almeno era quello che avevano fatto per una buona ora e mezza, prima che Jongin iniziasse a raccontare cosa Sehun combinava durante le lezioni di storia, e lì tutti si erano distratti, dimenticandosi il motivo principale per cui si erano riuniti in aula studio. Occupata solo da loro, a quanto pare.

Da: Joonmyun
Tu non eri quello che doveva studiare questo pomeriggio?


Da: Jongdae
Io sto studiando!

Da: Joonmyun
Guarda fuori dalla porta.

Jongdae alzò lo sguardo dalla schermata del cellulare fino a portarlo sulla porta di vetro che dava al corridoio, lì, in piedi, con un piccolo sorrisetto a contornargli il viso, c'era Joonmyun con le braccia strette al petto e uno sguardo che diceva tanto "Stai studiando, eh?". Quando i due sguardi s’incrociarono, entrambi non riuscirono a non trattenere una risata e la voglia di alzarsi per andargli incontro colpì improvvisamente lo studente, ma poi si ricordò con chi era, e cancellò quel desiderio.

Da: Jongdae
E' un nuovo modo per studiare, vecchietto.

Da: Joonmyun
E' una vecchia maniera per non superare l'esame, giovinotto.

Per Jongdae fu complicato trattenere una risata, alzò lo sguardo e Joonmyun non c'era più. Sprofondò nella sedia, portando il telefono più in basso, così da non farsi vedere dagli altri, e velocemente prese a digitare sullo schermo. Baekhyun, nel frattempo, si era accorto della posizione dell'amico e con sguardo sospetto si avvicinò, non volendo vedere cosa stava combinando là sotto.
"Non gli stai mandando foto osé, vero?".
A Jongdae venne un colpo sentendo la voce dell'amico all'improvviso e questa volta non fermò la voglia di tirargli un pugno sul braccio, "Non farlo mai più".
"Non sono io quello che manda foto oscene a un docente", ammiccò.
"Non gli sto mandando foto oscene", sbuffò, tornando sullo schermo del suo cellulare, "Gli sto solo chiedendo di uscire".

Da: Jongdae
Hyung?

Da: Joonmyun
Sì?


Da: Jongdae
Ti va di uscire dopo gli esami?



"Wow, da quando il nostro Jongdae è così coraggioso?".
"Ah, smettila, è solo un'uscita, non gli ho chiesto di sco–".
"Okay, okay!", alzò le mani Baekhyun, scivolando al fianco di Chanyeol, che sembrava essersi addormentato sul libro di letteratura inglese, "Non ti ho chiesto di dirmi cos'hai intenzione di fare dopo".
L'istinto disse a Jongdae di tirargli un calcio sul polpaccio, ma tutto ciò fu fermato dalla vibrazione del telefono.


Da: Joonmyun
Con piacere. :)




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"Esami finiti, stronzi!", esclamò Jongdae trionfante, uscendo dalla struttura del suo dormitorio.
"Stronzi? C'è qualcuno oltre a me?", chiese Joonmyun con un'espressione corrucciata, facendo finta di essere confuso.
Con la fine di gennaio, era giunta anche la fine di tutti gli esami per tutti gli studenti del campus, che nonostante le vacanze dovettero sudare sette camice per guadagnarsi un buon voto in ogni esame. A differenza di Jongdae, che rimase chiuso nella sua stanza del dormitorio fino a quando non diede pure l'ultimo esame orale, Joonmyun partì per la sua città natale, Bucheon, non appena iniziarono le vacanze natalizie, il che era risultata una sfortuna per il povero studente, ma per sua fortuna il maggiore non si scordò della sua promessa e come finirono gli esami, subito gli propose un giorno in cui uscire. Ovviamente, un venerdì sera.
"Ah, era... rivolto alle molecole d'aria– Yah! Tu! Non farmi respirare!", era una pessima messa in scena per scherzare, ma nonostante tutto l'assistente rise e ciò fece sorridere il minore, che rilassò le spalle, "Quindi, dove andiamo?"
"Al fiume Han".
Jongdae non si aspettava nulla di che da quell’uscita: nessuna carineria, nessuna offerta per un gelato che non avrebbe pagato lui bensì l'altro e nessuna mano che stringeva la sua al ritorno dall'università. Doveva essere un'uscita come le altre, fra amici (proprio come aveva cercato di dire a Baekhyun, e a se stesso), ma il fiume Han... lui non voleva andare al fiume Han, ormai conosceva pure le piante che erano lì!
Andarono con la macchina di Joonmyun e poi, una volta giunti a destinazione, proseguirono a piedi, camminando l'uno affianco all'altro, mentre parlavano tranquillamente di qualsiasi cosa.
"Jongdae, posso chiederti una cosa?", domandò a un certo punto il docente, quando si sedettero su una panchina per riposare un po' le gambe.
"Cosa, hyung?".
"Perché ti sei avvicinato a me?".
Jongdae spalancò gli occhi davanti a quella domanda e la gola si fece all'improvviso secca, come se non bevesse da ore e ore. Che razza di domanda era quella? Anzi, perché proprio quella domanda? Non poteva chiedergli... com’erano andati gli esami? Non si era interessato agli esami, poteva perfettamente parlargli degli esami e dirgli quanto era sicuro in certe domande!
"Come mai... questa domanda, hyung?", chiese il minore, cercando di non balbettare e, quindi, non essere stupido.
"L'ho trovata una cosa curiosa. Tutti cercano di evitarmi come la pesta, proprio come fanno con i loro professori, mentre tu mi sei venuto letteralmente contro", rispose tranquillamente e una dolce risata uscì dalle sue labbra.
Jongdae rise insieme a lui, ricordandosi il modo con cui aveva fatto iniziare il loro secondo incontro: il maggiore stava tranquillamente camminando per il campus, guardando in alto, e appena lo scorse non ci pensò più di due volte prima di corrergli contro, facendo finta di essere in ritardo per un appuntamento. A causa dello scontro i libri che Joonmyun teneva sottobraccio caddero, e Jongdae ne approfittò per aiutarlo e parlargli.
"Ero curioso", ammise Jongdae, catturando l'attenzione dell'altro, "Il primo giorno ti vidi davanti alla segreteria e un mio compagno mi disse che eri un nuovo assistente. Ero curioso perché sembravi troppo giovane e volevo vedere se facevi sul serio o se eri un ultratrentenne con la faccia da ventenne". Poi diamine se eri bello.
Il diretto interessato rise davanti a quella risposta e annuì, come se comprendesse, "Conoscendomi hai sfamato la tua curiosità?".
"Suppongo di sì", rispose con un sorriso sincero il minore.
Passarono il resto della serata così, seduti, parlavano e guardavano il fiume, e solo verso la fine della loro uscita si alzarono per aggiungersi alla folla che, impaziente, attendeva lo spettacolo che ogni sera il ponte Banpo offriva. Non ritornarono molto tardi, appena parcheggiata la macchina nel parcheggio dell'università lo studente poté notare che erano appena le undici di sera, ma non gli dispiacque e non gli diede molta importanza. Anzi. Era un punto in più a suo favore per far vedere a Baekhyun che era un'uscita senza secondi fini.
"Oh Dio, già qua?", sbuffò il suo compagno di stanza, appena lo vide entrare con un piccolo sorrisino.
"Visto? Uscita normalissima!".
"Meglio se ti teneva un'altra ora, così finivo il mio videogioco in pace", ribatté Baekhyun, con la bocca piena di patatine.
Jongdae ignorò l'amico che imprecava contro lo schermo della tv a causa di una "mossa falsa e scorretta" e preferì buttarsi sul letto, non preoccupandosi del fatto che non si era cambiato i vestiti, pronto per armarsi di computer portatile e cuffie. Stava giusto un guardando un video sulle cadute epiche quando vide il cellulare illuminarsi e non ci pensò più di due volte prima di aprire la notifica. Davanti ai suoi occhi apparve una foto in primo piano di Joonmyun, stanco e sorridente, che faceva il simbolo della pace, e questo bastò per dichiararsi passato a miglior vita.


Da: Joonmyun
[allegato] E' stato bello passare la serata con te.



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"Jongdae, concentrati".
"Ma hyuuuung", sbuffò Jongdae, poggiando la testa contro il tavolo, "Io ho fame! Non riesco a concentrarmi a stomaco vuoto".
"Ma Jongdaaaeee", lo ricopiò l'altro, facendo gli stessi movimenti, "Non sono io quello che ha chiesto aiuto per studiare!".
Erano passati due o tre mesi dall'uscita al fiume Han e Jongdae doveva ammetterlo, gli era piaciuta, e non perché da quel momento in poi Joonmyun sembrava essere così in confidenza da mandargli addirittura autoscatti su autoscatti ogni settimana o perché aveva ammesso che gli piaceva stare con lui, ma perché si era trovato bene e il fiume Han non era poi così male, anche se c’era andato molte volte; ora, oltre ad essere il suo hyung preferito, Joonmyun era diventato anche una sorta di tutor che lo aiutava con lo studio quando non capiva certi concetti.
"Non possiamo fare una pausa?".
"Solo se mi prendi un bicchierino di thè alla macchinetta".
"E' ufficiale, siamo in pausa", disse di tutta fretta lo studente, alzandosi e andando fuori dall'aula studio, senza chiedere né soldi né indicazioni su come dovesse essere il thè al docente. Il maggiore si segnò mentalmente di rendergli i soldi, una volta che l'altro fu tornato.
Jongdae non ci mise molto, comunque, prima di tornare di nuovo rifornito di thè per il maggiore e un paio di merendine per se stesso, e l'assistente non seppe se sorprendersi o meno quando i suoi centesimi vennero rifiutati dal minore, il quale sostenne che per un paio di centesimi non sarebbe sicuramente andato in povertà – anche perché finché non avrebbe avuto un lavoro tutto suo e una casa tutta sua (da tradurre come "finché non finirò l'università"), i soldi li avrebbe sempre prelevati dai portafogli dei genitori; ci fu un momento di silenzio piuttosto imbarazzante per entrambe le parti, dove l'uno scriveva chissà cosa su delle schede mentre mischiava il suo thè caldo e l'altro divorava una barretta al cioccolato mentre passava lo sguardo dal libro di filosofia al volto della persona seduta davanti a sé.
"Mi piaci".
La mano che muoveva il cucchiaino di plastica all'interno del bicchiere si fermò in un istante e Joonmyun alzò lo sguardo dai fogli, voltandosi completamente verso il ragazzo, il quale lo guardava dritto in faccia con uno sguardo deciso.
"Hai... detto qualcosa?", chiese battendo le ciglia, con sguardo confuso. Non poteva averlo detto veramente.
"Mi piaci, hyung", ripeté egli, e questa volta nella sua voce si alzò un po' di timidezza, "Mi piaci davvero, tanto".
E come si confessò, un bigliettino scivolò fra i due, andando verso il lato in cui sedeva il maggiore. Il diretto interessato (perché quel biglietto era ovviamente per lui) prese il pezzetto di carta fra le mani e lo girò, dove vi era una scritta, per leggerne il contenuto: "Sei nato il 21 dicembre? No, perché sei la fine del mondo". Ora, l'assistente non sapeva se questa frase era migliore o peggiore del "Una delle vie per il cuore passa dallo stomaco", ma fatto stava che le tecniche di seduzione di Jongdae, anche se strane, lo facevano sorridere (e anche un cieco si sarebbe accorto delle intenzioni dello studente).
"Hyuuuung, non fare finta di niente!", lo rimproverò il minore quando lo vide scrivere nuovamente sui fogli, senza fare nessun commento, "Ho visto che non sei rimasto indifferente!", esclamò, puntandogli il dito contro come per accusarlo.
Il secondo continuò a scrivere e a tacere, senza nemmeno guardare di tanto in tanto il suo "seduttore", ed egli, dall'altra parte, non sapeva come interpretare questo silenzio. Aveva fatto un passo falso? A Joonmyun non erano piaciute queste attenzioni? Magari non ricambiava i suoi sentimenti e per non farlo soffrire aveva preferito tacere? E cosa diavolo stava scrivendo su quei fogli? Una lettera d'aiuto per essere salvato dalle grinfie di Jongdae? Cercò di sbirciare, ma nell'esatto momento in cui si allungò per vedere le scritte, il maggiore girò il foglio e lo allungò verso di lui.
"Il 70% del tuo corpo è composto d'acqua ed io ho sete".
"Hyuuuuung", lo richiamò con un piccolo lamento Jongdae, nascondendo il viso dietro il foglio, "Sei pessimo".
"Non era questo il modo esatto?", rise appena Joonmyun, inarcando un sopracciglio.
"Tutto questo è così imbarazzante".
"Mi piaci pure tu, tsk", ammise, prima di poter sorseggiare il suo thè e facendo tossire il minore, "E per la cronaca, il mio compleanno è il 22 maggio", precisò con un piccolo sorriso divertito, accompagnato poco dopo da un Jongdae imbronciato che, in un borbottio, diceva di saperlo già.


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"Hyung, hyung, Joonmyun, Joonie, Myunie, hyung... hyuuuung".
"Mmh?".
Jongdae si fece più vicino a Joonmyun, tirandolo contro di sé e poggiando il capo contro la sua spalla, "Grazie per ricambiare i miei sentimenti", mormorò, chiudendo gli occhi e lasciando che le sue narici fossero sopraffatte dall'odore di colonia.
Il maggiore sorrise teneramente e si chinò appena per lasciare un piccolo bacio sulla fronte del ragazzo, prima di potersi appoggiare nuovamente allo schienale del divano, "Grazie a te per essermi venuto addosso quella volta".
Una risata scappò a entrambi questa volta, mentre il minore intrappolava una mano dell'altro fra le sue, "Quindi... d'ora in poi posso mandarti foto osé?".
Silenzio.
"Solo se la smetti con le tue frasi pessime da rimorchio".
"Affare fatto".

  
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