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Autore: RebelRain    12/12/2016    2 recensioni
Mio marito non si sarebbe mai aspettato da me un tradimento, in realtà nessuno. Stavamo insieme da 15 anni. Cinque di fidanzamento, dieci di matrimonio. Eravamo la “coppia” quella che alla domanda “da quanto tempo state insieme?” pur essendo solo tre mesi, si è sempre sentita rispondere “Ah sembra di più”.
Anna ha 38 anni, è un'avvocatessa di successo. Alberto è un grafico pubblicitario. Arriva un momento del matrimonio in cui il rapporto si logora, senza un perchè. Non vi è più attrazione tra loro, sono complici ma non sono amanti.
Cercano disperatamente una soluzione per ritrovare il rapporto di prima.
Perchè si sa, ogni matrimonio è una medicina, ti cura dalla solitudine, ma prima o poi mostra i suoi effetti collaterali.
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SCRIVO DA POCO, HO BISOGNO DI CRESCERE E DI IMPARARE. QUINDI LEGGETEMI, RECENSITEMI, CRITICATEMI. Grazie a tutti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Mia madre ha sempre saputo leggere dentro di me. Non riuscivo ad avere filtri con lei, aveva notato i miei cambiamenti. Ma a me non è mai piaciuto parlare.
- Cosa ordini?
- Una carbonara, grazie, tu?
- Due. – rise. – Ti è mancata la cucina romana?
- No, ma ho mangiato schifezze in questi giorni. – presi il telefono dalla borsa, aprii Instagram, non ero molto interessata alla conversazione.
- Ieri le bambine e Alberto hanno mangiato a casa, lo sai? – Era intenta a parlare.
Silenziosamente le giro lo schermo del telefono e glielo indico.
- Ci parlo ancora con mio marito.
- Non è cambiato nulla? Soggiunge.
- In chiesa come sta andando? Avete proposto qualche messa per papà?
- Non fare l’avvocato con me Anna. Non serve, so quello che pensi.
- Cosa penso? Dimmelo, perché non lo so nemmeno io.
- Tu non lo ami più. Vero? – Alzò il tono della voce.
Arrivò la pasta, mangiai in silenzio.
- Anna devi parlare, non potrai salvarti così. Cosa ti angoscia? Perché non lasci alle spalle il concorso?
- Io non ho mai fallito, mamma. IO NON HO MAI AVUTO UN CAZZO DI FALLIMENTO. Vedi? Sono una bella donna, ho due bellissime figlie ed intelligenti. Mio marito è un bellissimo uomo. Cosa mi sento dentro mamma? Io voglio sempre di più dalla vita, io non mi accontento. Non lo so se questo mi basta, non lo so più. Se avessi vinto…
- È pur vero che non ci hai mai riprovato. – Alzò il tono di voce. – Non parlarmi così, sono tua madre.
- Lo so, scusami. È vero non ci ho mai provato, ma tra i figli, mio marito.
- BUGIARDA. Non hai voluto tu, perché non hai mai saputo perdere. È facile vincere, ma non puoi arrenderti così. Non hai pianto nemmeno per la morte di tuo padre… Vuoi diventare come lui?
- Non tirare in ballo la storia di mio padre. Cameriere per cortesia il conto.
Mio padre era un poveraccio. Lo ringrazio solo per avermi donato la vita, poi è sempre andato a puttane. Mia madre si è fatta il culo per farmi crescere, ero figlia unica, per fortuna. Ma non per scelta. Ero figlia unica perché mio padre scopava con altre e non con mia madre. Ho sempre pensato che forse avessi qualche sorella in chissà che sperduta parte del mondo. L’ho sempre odiato, e adesso mi stavo trasformando in lui. Che schifo.
I sentimenti non sono come interruttori, non si possono spegnere così da un momento all’altro.
Cosa si è spento in noi non lo so ancora. Ricordo quando Alberto mi chiese di sposarlo. Era il giorno della mia Laurea, dopo la proclamazione, dopo le parole “110 e Lode”, prima di abbracciare mia madre e di guardare in ultima fila in alto mio padre. Vedo Alberto che corre ad abbracciarmi, si fionda verso di me con la corona d’alloro, me l’appoggia in testa e mi abbraccia, mi bacia, mi guarda.
- Io sono troppo vecchio per aspettare… vuoi sposarmi?
Presa dall’euforia del momento non capii, lo guardai stranita.
- Ma io non lavoro. – Gli dissi, mentre gli altri mi abbracciavano. – Ti rispondo stasera, quando sarò più ubriaca.
Lui rise per fortuna, se ci penso ancora avrebbe potuto sfancularmi davanti a tutti.
È che io non sono mai riuscita a mettere un limite tra la mia carriera e la mia famiglia. Non volevo vivere nell’assoluta ricchezza, ma volevo sentirmi realizzata. Come dice una nota serie tv di cui sono fan “Stato e Chiesa”. Forse è questo che ha rovinato tutto.
La sera della mia laurea faceva freddissimo, mi ricordo di essere in questo locale che ti forniva anche le coperte per uscire fuori, nel caso sentissi freddo. Prendo le Marlboro rosse dalla mia borsa, prima non fumavo, ma l’Università ti riduce anche a questo, ed esco fuori con la coperta.
Il locale si affacciava sul Colosseo, gran bella vista. Fuori mio padre con un sigaro in mano.
- Volevo dirti, ancora, che sei stata bravissima. Sono fiero di te.
- Grazie, hai da accendere?
- Si. Ecco tieni. – Caccia dalla tasca un accendino con la statua della Libertà.
- New York, bello, ci farò un viaggio dopo la laurea.
Segue un lungo momento di silenzio.
- Ho conoscenti lì, sai?...
- Donne? – Lo interruppi e abbassai lo sguardo. – Come sempre immagino.
- So di non essere stato un grande esempio, ma…
- Bella camicia – Lo interruppi ancora. - Entro dentro, questa sigaretta è buona, ma non sono pronta a rischiare di congelarmi per lei. Andiamo da mamma.
La spensi e rientrai. Raggiunsi mia madre intenta a parlare con Alberto.
- Mi sposate e non mi avete detto nulla? Congratulazioni.
- Io veramente non sapevo… - stetti in silenzio e aggiunsi – Si ci sposiamo. Non lo so quando, forse tra due o tre mesi. O tra un anno, o appena trovo un impiego. A luglio c’è l’esame da Avvocato, però ho già fatto praticantato, insomma posso farcela.
- Anna, stiamo parlando di matrimonio e non di lavoro, rilassati. – Alberto mi mise una mano sulla spalla.
Facile per lui che aveva già un’azienda.

Guardo l’orologio. 
- Mamma sono le 14.30, alle 16 meno 10 devo stare davanti scuola di Marta e Giulia. Prendiamoci un caffè, voglio andare con i mezzi.
- Ma ci vuole un’ora! Un bus e poi il tram.
- Ho un libro con me, David Foster Wallace.
Ho sempre avuto gran bei gusti in campo di libri.
Prendiamo il caffè al bar, saluto mamma con un bacio.
- Fai attenzione! – Mi urlò
Ho 38 anni, ma certe cose non cambiano.
Arrivai alla fermata del bus, c’era molta gente. Tirai dalla mia Louis Vuitton il libro e iniziai a leggerlo. Ancora non capisco lo sguardo della gente che fa quando vede una persona leggere, ma non un libro, dico leggere in generale. Sono così strani gli incontri sul bus. C’è gente che ti guarda, come se tu fossi l’amore della sua vita, e vedi quello sguardo di delusione nei loro confronti quando scendono a delle fermate prima della tua. C’è il classico uomo addormentato con la bocca aperta, la coppia di fidanzati, lo straniero che parla al telefono nella sua lingua e tu nella mente pensi ai discorsi più strani ed assurdi. E poi lei, la donna con il burqa, il bambino e la busta gigante sospetta.
Non è per razzismo che dico questo, e non fate i soliti stupidi moralismi. Anche tu, si proprio tu, la guardi con sospetto.
Scendo dal bus e mi accingo alla fermata del tram. Metto il libro in borsa, ho avuto senso di vomito nel bus. Pochi minuti e sarei stata dalle piccole.


So che non si dovrebbe scrivere nulla in fondo al capitolo e i messaggi subliminali sono vietati, ma volevo ringraziarvi perché avete il "coraggio" di leggere questa storia. Il vostro parere è fondamentale, aspetto le vostre recensioni.
Grazie, Stella.
   
 
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