Libri > Shadowhunters
Segui la storia  |       
Autore: Winchester_Morgenstern    18/12/2016    0 recensioni
[Shadowhunters - City of Marble's sequel]
— Hai così tanto sangue innocente sulle tue mani, che mi chiedo perché non sei in catene con una sentenza di morte. —
Genere: Dark, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Izzy Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
II - HAPPY BIRTHDAY

Un sole intenso penetrava dall'unica finestra nella stanza, che aveva le imposte aperte e le tendine di lino che frusciavano, mosse dal vento caldo. 
La temperatura era così alta, in effetti, che quasi si sarebbe potuto sentire l'asfalto scricchiolare giù in strada e magari anche cuocere un uovo su di esso, non fosse stato per il vociare intenso che si avvicinava sempre di più alla porta. 

In un riflesso istintivo, Ian aprì gli occhi ed allungò la mano sinistra poco oltre il bordo del letto, sulla sporgenza di legno dove nascondeva un pugnale da quando, quasi un anno prima, era arrivato in quell'Istituto. In quel tempo.
 
Si rilassò appena quando si rese conto che la presenza di una minaccia lì era quantomeno improbabile, mollando la presa e lasciando ricadere l'elsa dell'arma dove si trovava prima. 
Sbadigliando, si stiracchiò alla maniera di un grosso felino da appartamento e gettò un'occhiata al suo riflesso nel grande specchio appeso proprio di fronte al baldacchino. 
I suoi capelli sembravano il nido di una famiglia di piccioni, ma a parte quello erano ancora del consueto marrone smorto che avrebbero dovuto mantenere ancora per un po'. Buono. 

Mentre la porta si apriva, non poté fare a meno di accarezzare col pensiero il sacchetto di velluto scuro nascosto in uno dei cassetti del comodino. Avrebbe voluto portarlo sempre addosso, sempre con sé, ma era una parte di lui che non voleva far conoscere a chi già era al corrente della sua vera identità e che gli altri non potevano assolutamente scoprire. 
Almeno, preferiva tenersi quel piccolo dettaglio privato. Non perché se ne vergognasse o perché fosse qualcosa di orribile, bensì poiché era una cosa soltanto sua, un oggetto che lo cullava in attesa del ritorno a casa. 
Un pensiero che gli faceva continuare a credere che sì, indietro c'era qualcuno che lo stava aspettando, che non importava tutto quello che in quel momento stava cambiando, lui sarebbe stato sempre la sua famiglia. O almeno, questo era quello che continuava a ripetersi. 

— Ehi. 

Il ragazzo alzò lo sguardo per incontrare quello di Isabelle, a pochi passi da lui e con in mano un muffin ai lamponi: — Ti avrei fatto qualcosa io, ma Magnus mi ha fatto gentilmente notare che non sarebbe stato carino avvelenarti il giorno del tuo compleanno. Insensibile. — La Nephilim alzò gli occhi al cielo, e poi gli sorrise: — In ogni caso, tanti auguri! 

Gli piaceva il rapporto che era riuscita ad instaurare con lui. Negli ultimi mesi, sin da dopo il disastroso matrimonio dei novelli coniugi Herondale, era riuscita ad avvicinarlo pian piano, come si fa con un animale selvatico e spaventato. 
Non le era mai parso diffidente, ma di certo molto chiuso. Ed in fondo non poteva biasimarlo, considerando che era stata dura da entrambe le parti, ma stavano facendo progressi. E Ian non scappava più al minimo accenno della sua vita privata, cosa molto positiva, considerando che era riuscita a carpirgli qualche altro dettaglio, anche se allo stesso tempo era stato lui quello che le aveva scucito maggiori informazioni. Sembrava sinceramente curioso e, soprattutto, era molto più incline all'ascolto di quanto avesse potuto sospettare, considerando che lei e Jonathan gareggiavano per il premio Narcisista dell'Anno. 

— Grazie — Lo vide arrossire e poi sorridere lievemente, accettando il dolce e poggiandolo poco lontano, accanto ad un bicchiere d'acqua, un cellulare ed un portatile. Non se ne vedevano molti, lì in mezzo agli Shadowhunter.

— Non è che non mi piace, è che la mattina non ho mai fame — aggiunse l'ibrido, tentando di scusarsi. 

— Figurati. A dire il vero... — Isabelle si sedette sul bordo del letto, lisciando le pieghe delle lenzuola mentre Ian si raddrizzava e le scalciava via per potersi avvicinare, rendendo del tutto vano il suo lavoro: — ... Devo confessare che sono qui con un duplice fine.
 
Il ventiquattrenne inclinò il capo di lato, in un'abitudine che Isabelle aveva imparato a classificare come un va' avanti. 

— Be'... Ecco... Per adesso è più che altro un vago sospetto, ma... 

— Ma? 

— Quid pro quo. — propose infine lei, ricordando per un attimo le lontane serate in cui lei e Jace trascinavano Alec in giro per locali affollati, solo per poi finire sul pavimento del retro a sfidarsi alle venti domande dopo aver ucciso il demone di turno.
Con tutto quello che era successo e che stava ancora accadendo, non uscivano da un po'. Ma c'erano stati tempi peggiori di quello in cui erano comunque riusciti a svagarsi, per cui programmava di riprendere a farlo il più presto possibile. O qualcosa del genere. Circa. C'erano un paio di falle in quel piano.
 
— Comunque, facciamo un'informazione per un'informazione? — concluse, mentre gli occhi le si accendevano di malizia. Aveva un quadro generale piuttosto confuso al momento e, anche se era vero che era andata lì per confidarsi ed avere un parere sincero, poteva sicuramente approfittarne e mettere un po' in imbarazzo il povero Morgenstern atipico. Che cos'era, la pecora bianca del gruppo? 

— Perché ho come l'impressione che presto tutto questo si trasformerà in un interrogatorio a mio danno? — Ian rise, sfogliando i file ordinati nella sua testa e mettendo in fila i fatti non compromettenti da poter confidare. 

— Perché sei un ragazzo intelligente, ovviamente. Comunque, forza, cominci tu. Anzi no, ti faccio una domanda io. Come stai a vita sentimentale? E non dire inesistente, Magnus mi ha detto che ti stai mantenendo casto e puro per qualcuno nel futuro — Isabelle ammiccò eloquentemente, ottenendo il solo effetto di vederlo imporporarsi ancora di più. 
Poi il ragazzo ritrovò una parvenza di contegno e si raddrizzò, esibendosi in un'espressione a metà fra il divertito e l'esasperato: — Uno, non sono né casto né puro, anzi, se proprio ci tieni a saperlo, ho perso la verginità a quindici anni. E due, dopo un dettaglio succoso come questo, di' a quello Stregone da quattro soldi che non verrà mai a sapere il nome della persona con cui sto. — chiarì, scuotendo il capo. 
Non si sentiva particolarmente in imbarazzo a dare via informazioni del genere, a discapito del corrente colore delle sue guance - quella a diventare rosso era più che altro una tendenza naturale, a causa del suo stupido incarnato cadaverico -, per il semplice motivo che nella sua testa era avvenuta una sorta di strana scissione che teneva separati i genitori che ricordava da Isabelle e Jonathan, facendolo in qualche modo arrivare ad un compromesso e ad accettare che no, non avrebbe mai potuto identificarli in quel modo, ma che non c'era niente di male ad averli come amici. 

La Cacciatrice sgranò gli occhi, guardandolo con una faccia fintamente scandalizzata: — E noi che eravamo tutti intenti a crederti il verginello pudico della famiglia! — Stette in silenzio per un attimo e poi sembrò quasi vedere dal vivo il Sacro Graal: — Ma quindi stai con qualcuno! 

Ian scrollò le spalle: — Sì, ma ti ho già dato un'informazione, adesso tocca a te. 

— Andiamo! Di certo non scappo, puoi anche sbottonarti un po' di più. E poi cosa ci sarebbe di male nel dire il suo nome? In questo modo non ti assicureresti di scriverlo nel tempo, così da non perderlo nel futuro? È solo che mi sembra stupido contravvenire il consiglio di Noah per informarci della nostra morte ma non per assicurarti di tenere chi ami al tuo fianco. — osservò quindi Izzy, facendo spallucce. Non faceva una piega. 

— È proprio questo il punto. Potrei farlo, e da una parte sono molto tentato, ma... Non voglio obbligarlo. Voglio che succeda perché tiene a me, non perché una qualche strana legge metafisica l'ha stabilito.
 
Isabelle rimase in silenzio. 
Era una cosa molto dolce, quella, e si chiese più o meno distrattamente se Ian amasse quella persona, per desiderare ciò. Aveva un segreto più grande a cui pensare al momento, ma visto che stava cercando di dimenticarlo, quella conversazione era l'ideale. 
— Non puoi proprio darmi nessun altro dettaglio? 

Per l'ennesima volta da quando si era svegliato, l'ibrido scrollò le spalle: — Sempre inerenti alla mia vita amorosa? 

— Perché no? — gli rispose retoricamente. 
— Mmmh... Non è niente di così eccitante, davvero. Sono stato con una sola persona in tutta la mia vita e ne sono ancora innamorato, siamo insieme da otto anni, non contando quello che sto passando qui. Che sono gay conta? — spiegò, con tutta la noncuranza del mondo. 

Era assurdo avere paura di confessare ad Isabelle Lightwood una cosa simile, ben conoscendo le sue posizioni sull'argomento, e comunque da dove veniva lui non era poi tutto questo grande affare. Non nella società mondana, almeno, nella quale viveva immerso da un po'.
 
Certo, c'erano sempre gli oppositori, ma quelli non scomparivano mai del tutto; in ogni caso, da qualche parte negli anni il mondo aveva smesso di etichettare come etero tutti fino a prova contraria, almeno superficialmente. E poi non è che uno se ne andasse in giro presentandosi più o meno così: "Ciao, sono Tizio e sono eterosessuale, e tu?" o "Ehi, mi chiamo Caio e sono bisex, come va?".
 
Il 2011 era una vergogna, a confronto. Perché facevano della sessualità una questione così importante? Dov'era finita la tolleranza? I diritti uguali per tutti? 
Non era mai stato un problema per lui essere quello che era, anzitutto perché tra i Nephilim era già un freak per ben altri motivi, figurarsi se si preoccupava di quel dettaglio insignificante, e sotto quell'aspetto tra Mondani, Nascosti e Ibridi si era sempre sentito a casa, aveva sempre dato per scontato quelli che considerava diritti e che lì sembravano privilegi. Viva il 2032, insomma. 

— Otto anni, davvero? Wow. — All'aggiunta dell'ultima informazione, Isabelle lo osservò curiosamente: — Non so perché, ma non avevo mai pensato a chi ti potesse piacere. Nel senso, non ti ho mai visto guardare nessuno, probabilmente proprio perché non vuoi tradire il tuo ragazzo, e nella mia testa si era fatta questa strana immagine, non lo so... Semplicemente mi fa strano sapere che sei interessato a qualcuno in generale. 

Ian scoppiò a ridere di cuore: — So che potrebbe essere una notizia scioccante per te, Iz, perciò preparati: sono frustrato esattamente quanto tutte le altre persone che non fanno un po' di sano sesso da qualcosa come dieci mesi. — sussurrò con aria falsamente guardinga, combattendo contro la voglia di continuare a prenderla in giro. 

Passarono ancora qualche minuto a chiacchierare di tutto e di niente, più che altro per cercare di far abbassare la guardia alla ragazza, e poi il maggiore si fece serio e parlò di nuovo: —Allora, mi pareva che dovessi confessarmi qualcosa. 

Isabelle sbiancò tutto d'un colpo: — Ecco, non fraintendermi, è solo una sensazione, ma visto che tu queste cose le dovresti conoscere, dato che sei un po' più avanti di noi, e comunque... Non dovrei nemmeno parlarne a te per primo, ma ho bisogno di fare chiarezza e so che se lo dicessi a Clary non riuscirebbe a tenere il segreto per il tempo che mi serve per riflettere a fondo ed accertarmi della cosa. 
Ian raddrizzò la schiena, coinvolto. Il fatto sembrava preoccupare alquanto la sua futura - o neo, tecnicamente, perché la sua versione junior già la considerava tale, ma ovviamente lei aveva ancora bisogno di un po' di tempo per adattarsi - mamma, e contando anche che nell'arco di ventiquattro anni gliene erano successe più o meno di tutti i colori e che, anche se alle spalle non aveva l'età, di certo poteva vantare una discreta esperienza, sperava di aiutarla in qualche modo. 

— Sì? — domandò quindi, in attesa. 

— Ehm, in un certo qual modo è prendere l'argomento alla larga, ma affrontiamo una cosa alla volta, va bene? Okay. Te l'ho già detto come la penso su... be', su come le cose stanno andando tra me e Jonathan, e Ian, e tutto il resto... — borbottò lei, distogliendo lo sguardo dal suo e fissandolo sulla parete alle sue spalle. Alla fine sospirò e ritornò a guardarlo, più determinata ma ancora silente. 

— Iz, non c'è niente di male in tutto questo. Hai soltanto diciotto anni, e stai affrontando parecchie cose molto più grandi di te. È del tutto normale che tu non riesca ancora ad adattarti alla situazione. 

Quello che Ian non aggiunse era che lui, purtroppo, in una situazione sotto molti aspetti simili non aveva avuto né il tempo né la possibilità, di adattarsi, ma quello era un altro discorso e non vedeva perché demoralizzarla. 

Nel corso delle ultime settimane in special modo, quando si erano ritrovati a parlare tra un allenamento ed una missione e quant'altro, avevano affrontato temi abbastanza delicati. 
All'inizio lei era stata abbastanza reticente, soprattutto nel confessargli che, sotto molti aspetti, era ancora difficile riconoscersi come una madre. E poteva capire perché esitasse, visto che era lui il bambino di cui si stava parlando. 
Ma pur di avere quelle informazioni l'aveva spinta a distinguere lui da Ian junior come fossero due persone diverse, e non si era pentito della scelta. Aveva capito le motivazioni dietro ai pensieri di Isabelle, e non poteva dire di essere arrabbiato. 
Cinque mesi erano troppo pochi per chiunque per poter solo pensare di fronteggiare una situazione simile, specie con un pargoletto che per due anni praticamente non aveva visto la luce del sole, e che aveva oggettivamente più bisogno di aiuto di uno che era stato cresciuto amato e protetto. 

Aveva più volte messo in dubbio il ruolo che aveva accettato di rivestire per Ian, sebbene poi fosse sempre tornata sui suoi passi. Diceva di non essere innamorata di Jonathan, ma qualcosa di fondo doveva pur esserci, se in ogni caso continuava a ricredersi e a restargli accanto, legandosi sempre di più a quello strano e piccolo nucleo familiare disfunzionale. 
In ogni caso, certo passare dal ritrovarsi a ballare sui cubi di una discoteca ad imboccare un bambino era un cambiamento drastico, e non si era stupito né dei momenti di indecisione né delle conseguenti crisi di pianto. 

Sembrava che le cose stessero andando meglio, però, specie da quando lei aveva avuto la forza di confessarlo a Jonathan – meglio, da quando poi era riuscita a convincerlo ad avere un discorso serio e facendogli capire che quello non voleva dire che stava ritornando sui suoi passi e lo stesse mollando. 
Avendolo sempre visto e conosciuto sotto una prospettiva completamente diversa, quasi da eroe, Ian non aveva mai pensato che anche suo padre, legame o non legame con sua zia, avesse delle insicurezze. E una sindrome dell'abbandono, o una terribile paura di esso, o qualcosa del genere. 

— Lo so, questo me l'hai già detto, Ian. Volevo solo introdurre così il discorso, non perché si siano presentati altri problemi, anzi, finalmente credevo di aver trovato un equilibrio e penso che alla fine essere una cosa non escluda l'esserne anche un'altra, ma...
 
— Ma? — Il ventiquattrenne inarcò un sopracciglio: — Credevi? 

La corvina serrò le labbra in una linea sottile, per evitare di martoriarsi le mani perfettamente curate: — Qualcosa del genere. Non ho ancora fatto nessun accertamento, ma è difficile che possa essere altro, e in realtà l'ho tipo realizzato quando mi sono svegliata poco fa e me la sono svignata per venire qui, e... — Lo guardò da sotto le lunghe ciglia scure, recuperando ancora una volta la compostezza persa, mentre una strana sensazione si faceva strada nelle viscere del ragazzo: — Penso di essere incinta.
 
Ian sbatté le palpebre.
 
Una, due, tre volte, in rapida sequenza. 

Il suo cervello stava facendo calcoli ad una velocità così elevata da non permettere di comprenderli nemmeno a lui stesso. 

5 marzo 2012. 

Se quel filo della trama era rimasto in alterato, quella doveva per forza essere la data di nascita di Regina e Christopher. 
E a quel giorno mancavano approssimativamente otto mesi. 

Isabelle si avvicinò ulteriormente a lui, alzandogli il volto con due dita in modo che potessero guardarsi negli occhi. Lui non aveva avuto il tempo di mettersi le lenti a contatto, e quindi adesso la Nephilim si ritrovava a fissare due abissi completamente neri, spezzati da una pupilla chiara e verticale: — È possibile, Ian? 

Rimasero a fissarsi ancora, poi il più grande interruppe il contatto e si schiarì la voce, guardando ostinatamente le lenzuola bianche: — Sì. — soffiò infine. 

— Quanto, in termini di percentuali? — C'era una fermezza nella voce della Shadowhunter che non si era aspettato. Era una nota sempre presente nella sua versione più grande, ma che poche volte aveva sentito in quella giovane. Appariva del tutto in controllo della situazione, anche se avrebbe potuto affermare con tranquillità che il suo cuore che batteva forsennatamente la stava tradendo. 

— Matematico. Potrei darti la data precisa, se tu volessi. 

— Quale... quale data? — si ritrovò a chiedere Isabelle, sebbene fosse una domanda stupida ed inutile. Aveva avuto venti minuti passati nel letto e altrettanti sotto la doccia per avvolgere la sua testa attorno a quell'idea, e adesso che il suo presentimento era stato confermato non aveva reagito come si era aspettata. Era stranamente calma. 

— Di nascita, ovviamente. Ricordi... ricordi che cosa ti ho detto al matrimonio, in merito? 

Isabelle chiuse gli occhi, richiamandosi alla mente confessioni che in realtà aveva stampato a fuoco nel suo cervello: — Che... che hai tre fratelli, due... due dei quali sono... — serrò la presa sul materasso, impallidendo ancora: — Gemelli. Sono gemelli. 

Adesso che l'aveva capito, non aveva senso indorarle la pillola, vero? 

— Sì. Regina e Christopher, lui più grande di lei di quasi nove minuti, se non erro. 5 marzo 2012. 






Ian appoggiò i gomiti sulla ringhiera antica del balcone, chiudendo gli occhi per tentare di estraniarsi dalla cacofonia di rumori che lo circondava. O per concentrarsi su quelli e non dare peso a tutto ciò che gli passava per la testa, certo. 

Il Conclave e le sue stupide bravate erano l'ultimo dei suoi problemi, al momento. Certo, non avrebbe voluto essere nei panni di Robert Lightwood, considerata la caterva di insulti che Jace stava sciorinando al suo ologramma, a qualche camera di distanza. E per carità, non avrebbe voluto indossare le sue scarpe nemmeno nel momento in cui i Nephilim in generale fossero venuti a conoscenza degli esperimenti, considerata la loro tolleranza per il diverso praticamente inesistente. 

In ogni caso, non gli dispiaceva: Robert non condivideva una sola goccia di sangue con lui, ma era il nonno dei suoi fratelli, e mai una volta aveva cercato di tendere loro una mano amica. 
Aveva compreso la faida che c'era tra lui e la famiglia Morgenstern - e per questo si era stupito quando, lì nel passato, aveva accettato di combattere al fianco di Valentine, nell'ultima battaglia prima della caduta di Melchizedeck - e non aveva fatto una piega quando in pubblico aveva finto di non avere la più pallida idea di chi fosse, all'inizio, ma dopo l'omicidio dei suoi stessi figli Ian credeva che potesse ricredersi.
 
Ebbene, non l'aveva fatto. 

Passi leggeri si avvicinarono e si fermarono alle sue spalle, poi Alec gli si affiancò e gli porse qualcosa: — Magnus vorrebbe che avessi questo. E no, non riporterò indietro la tua risposta, non sono il vostro piccione viaggiatore. Usa un messaggio di fuoco. Ah, dice anche che non accetta un no. Ci vediamo stasera. 

Non aggiunse altro e si voltò, piuttosto di fretta, per tentare di fermare il suo parabatai dall'insultare l'intero Consiglio, presumibilmente. 

Alec era sempre stato sospettoso nei suoi confronti, da quando era arrivato, come se uno strano sesto senso l'avesse avvertito che stava nascondendo qualcosa. Non poteva dargli torto e non se l'era presa, perché non era un tipo che portava rancore facilmente – no, generalmente viveva nell'indifferenza, se qualcuno non gli pestava il piedi. 

Il suo futuro zio, in fin dei conti, gli stava simpatico. Ricordava tutte le volte in cui, da bambino, era stato ospite nel loft Bane-Lightwood, e di come Magnus lo impegnasse nelle attività più assurde assieme ai suoi fratelli e poi suo marito - non ancora, a quel punto, ma comunque - arrivasse a salvarli dal Malvagio Stregone Brillantinato e portasse loro la merenda. 
Erano bei tempi. 
Con un sospiro, aprì la busta color porpora, passando un dito sui rilievi glitter e ridacchiando. 
Gentile Mr Arsch, 

Lei è invitato all'umile dimora del Magnifico Sommo Stregone di Brooklyn,

il sottoscritto Magnus Fantavoloso Bane,

questa sera alle dieci, 
per festeggiare il compleanno dell'Altissima Signoria Jean.

Cordiali saluti,

Il Suo zio preferito. 

Post scriptum: presenza obbligatoria, abiti adatti all'occasione. Sì, fantavoloso è una parola.
Wow. Due party diversi in un sol giorno – contavano come uno e basta, se erano per la stessa persona che compiva età diverse? 

S'infilò una mano nella tasca dei pantaloni ed estrasse da essa il piccolo sacchetto che si portava sempre dietro, o quasi. C'erano state un paio di volte in cui aveva rischiato di perderlo, in combattimento, e quindi se sapeva in anticipo di dover probabilmente lottare, evitava di tenerlo vicino. 
Con dita tremanti sfiorò il gioiello che nascondeva all'interno di esso, stringendolo come se avesse voluto farlo penetrare oltre la pelle. 
Non era particolarmente prezioso, o meglio, era pur sempre oro ed erano pur sempre diciotto carati, ma Ian aveva avuto e perso e riguadagnato abbastanza soldi nella sua vita da sapere che non era quello l'importante. 

Era un anello semplice, una banda di media larghezza che riluceva alla luce, e tutto ciò che contraddistingueva quella fede matrimoniale da tante altre era l'incisione al suo interno. 

Εμός ήλιος. 
— Emós élios — Se lo ripeteva come un mantra, specie nelle giornate come quella. Giornate in cui credeva che non sarebbe mai riuscito a riordinare tutti i tasselli temporali giusti, giornate in cui credeva che per ogni obiettivo che riusciva a raggiungere la storia stessa si ritorceva contro di lui per non cambiare. 

Mio sole. 

Mi manchi. 

Era anche per quello che non poteva andare alla festa di Magnus. Cosa avrebbe dovuto fare nel caso in cui l'avesse incontrato? Non era un problema di imbarazzo o di paura, ciò che lo spaventava era perdere il controllo e con esso tutta la ragione, decidendo di svelargli tutto in cerca di mero conforto che comunque non avrebbe ricevuto. Lui, dopotutto, ancora nemmeno lo conosceva.
 
Dieci mesi erano un record, per lui, quando si trattava di restare perfettamente calmi e controllati. Sporadici attacchi di panico e alcuni più frequenti di rabbia a parte, certo. Tanto erano in solitaria. 

Gli aveva promesso che, una volta ritornato al suo giusto posto, si sarebbero sposati anche col rito Shadowhunter, sebbene nessuno dei due lo ritenesse particolarmente fondamentale.
 
Tutto quello a cui doveva stare attento era il filone degli eventi: non doveva più andare fuori dal seminato, se non voleva rischiare di perdere suo marito. 

Eventi che rischiavano di cambiare. 
Se Isabelle non fosse riuscita a prendere una vera decisione in breve tempo, o meglio, se avesse preso quella sbagliata, probabilmente Regina e Christopher non sarebbero mai nati. Oppure poteva tenerli, e rischiare una vita infelice col rimorso di non aver tentato altro, se il futuro aveva già iniziato a modificarsi. Se Ian ricordava una versione stereotipata di sua madre, anche, se l'aveva idealizzata al punto da credere che nessun problema albergasse nella sua testa. 
Sperava solo di fare la cosa giusta. 








Octavian si raccolse le ginocchia tra le braccia, sedendosi accanto ad un vaso ricco di fiori che non riusciva a riconoscere. 
Aveva le piccole mani intrecciate e continuava a sospirare, non riuscendo a decidere se volesse essere offeso, triste o irritato. 

— Tutto bene?
 
Il giovane Blackthorn alzò lo sguardo, incontrando un piccolo gruppetto compatto di bambini: il più piccolo era anche il festeggiato, Ian, o almeno Mark gli aveva detto che si chiamava così. I due accanto a lui, però, non li aveva mai visti in vita sua. 

A parlare era stato quello alla destra della piccola fila, praticamente un ammasso di riccioli a cavatappi color cioccolato che rimbalzavano in tutte le direzioni con un sorrisone in volto: — Sono Jude. Jude Crosschest, e questo a fianco a me è Herakles. Il biondo è Ian. — si sporse verso di lui per sussurrargli in un orecchio: — Lo conosciamo da poco, ma è simpatico. Però è piccolo. Io ho già fatto quattro anni, lui ne ha tre! 

Ian arrossì: — Io non sono piccolo! — protestò, attirando l'attenzione dell'unico che ancora non aveva parlato. 
— Cosa? — chiese quindi Herakles, confuso. 

Jude, nel frattempo, si era voltato a sua volta a fissare l'ibrido: — Ho detto anche che sei simpatico. — si difese, scrollando le spalle esili: — Come hai fatto a sentirmi? 

— Stavi parlando! 

— Sì, ma solo a, ehm, come ti chiami?
 
Dall'alto dei suoi sei anni, Tavvy si rimise in piedi, decidendo che non era il caso di stare lì a fare il frignone: — Octavian. — offrì, imbronciandosi: — E sì, tutto bene, ma mio fratello mi ha lasciato qui per andare a parlare con qualcuno e adesso non lo trovo più. 

Herakles aggrottò la fronte, guardandosi intorno. Certo, sarebbe stato più d'aiuto se avesse saputo com'era fatto, il fratello di Octavian. 

— Vedrai che salterà fuori. Puoi restare con noi, adesso.
 
Fu una conoscenza piuttosto breve, comunque, perché ben presto Ian fu catturato dalla pila di regali che iniziava a formarsi su uno dei bassi tavolini che normalmente fungevano da intervallo tra diversi divani. 

Per quel che ne sapeva, di solito quella stanza non veniva usata molto, come tante altre, e ci era stato poche volte, in genere solo quando stava giocando a nascondino. 
Comunque, convinse suo padre ad iniziare a scartarne qualcuno e, una cosa tira l'altra, alla fine iniziarono anche a tagliare la torta, e poi tutti cominciarono a sballottarlo di qua e di là, a fare foto, e alcuni volevano solo guardarlo e allora incominciavano a fissarlo come lui e il gelato – e allora arrivava sempre qualcuno a tirarlo via. 

Alla fine, quando gli invitati iniziarono a scemare e Jude ed Herakles si fermarono a salutarlo, iniziò ad osservare la sala, confuso.
 
— Non eravate con Octavian? — chiese, attirando l'attenzione di suo zio e del ragazzo che si portava dietro. 

— L'avete visto? — domandò Jace, mentre quello accanto a lui si faceva sempre più inquieto: — È mio fratello. Gli avevo detto di aspettarmi sulla poltrona, ma... 

Quindi quello era Mark? 

— Stavamo giocando con lui — sussurrò Jude, abbassando lo sguardo sulla punta delle sue scarpe: — Poi ho detto che dovevo andare in bagno ed Herakles mi ha seguito, e pensavo anche Octavian, ma non c'era, e poi non l'abbiamo più trovato. 

I seguenti furono i cinque minuti più frenetici a cui il piccolo Ian avesse assistito da un po', da quando sua madre era andata a recuperarlo dall'appartamento dello zio Magnus.
 
Alla fine Clary, inginocchiata accanto al vaso dove qualche ora prima si trovava il bambino, richiamò l'attenzione degli altri, proprio mentre anche Jean si schiariva la gola. 
Entrambi avevano qualcosa tra le mani.
 
— Credo che Ian abbia dimenticato di scartare questo — disse quindi il ragazzo, porgendo una busta a Jonathan. Su di essa, c'era scritto solo il nome del bambino. 

— Ne ho una uguale, ma... è per Octavian. — sussurrò Clary, aprendola in fretta, mentre suo fratello faceva lo stesso. 

— Merda — si lasciò sfuggire il maggiore, facendo scattare così velocemente il collo verso destra da sentire uno schiocco. Ian era ancora lì.
 
— Re di quadri — annunciò la Nephilim, funerea. Allo stesso modo, Jonathan rispose all'ultima domanda ancora non posta: — Jolly. 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Winchester_Morgenstern