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Autore: floricienta    21/12/2016    0 recensioni
In una società governata dalla tecnologia più avanzata combinata alla forza del Mana, la divinità dell'oceano, Tangaroa, minaccia la sopravvivenza del genere umano, costringendolo a ritirarsi a vivere sulle aeronavi e obbligandolo a compiere sacrifici per beneficiare la propria benevolenza.
È in questo contesto che si intrecciano i destini e i sentimenti di due persone. Ari, un ragazzo timido e pauroso, che si è visto portar via tutto ciò che di più caro gli era al mondo, e con un potere dentro di lui che non può neanche immaginare; e Nael, un ladruncolo di strada che, per diverse vicissitudini, si è ritrovato a convivere proprio con Ari, aiutandolo giorno per giorno a diventare sempre più forte con la sua presenza.
Un insieme di turbamento, tristezza, felicità, disperazione, amore.
Sarà proprio la catena che li lega indissolubilmente a determinare la salvezza o la distruzione dell'umanità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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CAPITOLO 16
QUANDO TUTTO EBBE INIZIO (SECONDA PARTE)


 

Marzo, anno 427 del XII periodo

Natanael non voleva andare a fare qualche compera, quel giorno.
Pioveva e non aveva voglia di farsi tutta la strada a piedi insieme a suo fratello Kaleo. O meglio, suo fratellastro.
Dopo esser stato ritrovato sulla riva della spiaggia all'età di tre anni, era stato accolto da quella famiglia.
La notizia del giorno dopo il suo ritrovamento, riguardante un incidente in mare che aveva coinvolto una nave di clandestini causando la morte di tutti, aveva fatto capire ai due coniugi che Natanael fosse un sopravvissuto di quella tragedia.
Il bambino si era rifugiato in una cupola silenziosa per qualche settimana, impaurito e non consapevole di cosa fosse successo davvero, nonostante avessero provato a spiegarglielo. Non perché non capisse la lingua, anzi, quello non era un problema perché era la stessa che aveva sempre sentito pronunciare dai suoi genitori, piuttosto, era il significato stesso di essere diventata un'anima al servizio delle divinità.
Tuttavia, con il passare del tempo, Natanael si era attaccato sempre di più a loro, imparando a crescere come un bambino normale in una famiglia normale, anche se aveva molte costrizioni poiché gli era stato dato un posto in cui dormire, mangiare e vivere, ma non aveva mai ottenuto la cittadinanza e non aveva il diritto di andare a scuola o frequentare qualsiasi altra istituzione.
Fin quando non era che un bambino, non se ne preoccupava, passando le giornate a giocare, nonostante spesso si fosse sentito solo perché il fratello era a scuola e i genitori a lavorare; crescendo aveva cercato di essere sempre occupato facendo le commissioni per la famiglia, disturbando qualche negoziante che lo accoglieva con un sorriso e un'infinità di storie per lui e la sua immaginazione e prendendo qualche lezione da Kaleo, di tre anni più grande di lui.
Se fino a qualche anno prima la cosa non gli dava alcun fastidio e neanche ci faceva caso, adesso la situazione lo stava mandando fuori di testa. Non si sentiva per niente parte di quella famiglia, aveva anche cominciato a non chiamare più mamma e papà le due persone che l'avevano salvato e la sola presenza di Kaleo gli procurava prurito in tutto il corpo.
Non che si fosse svegliato una mattina e avesse deciso che era stufo di tutti, più che altro, erano proprio loro che avevano cominciato a trattarlo in maniera diversa e ne era assolutamente convinto.
Sentiva dentro di sé di non appartenere a quel nucleo familiare, di essere soltanto un mobilio messo in salotto per risaltare il valore dell'abitazione e gli procurava rabbia.
I due genitori avevano provato per anni a farlo sentire come se fosse per davvero loro figlio, ma, da qualche tempo, lo paragonavano a Kaleo in continuazione anche senza accorgersene. Se venivano sempre esaltate le sue abilità tanto da metterlo su un piedistallo, le proprie erano oscurate ogni volta ed era in fondo alla scalinata con tutti i gradini rotti per non poter proseguire oltre e neanche una corda per issarsi.

“Hai preso un voto magnifico, Kaleo, siamo così orgogliosi di te.”

“La professoressa ci ha detto che sei il più beneducato di tutta la classe, dovresti insegnare un po' di buone maniere anche a tuo fratello.”


Natanael si guardò furente allo specchio, ripensando a tutte quelle volte che avrebbe voluto picchiare il fratellastro.

Certo, io non posso andare a scuola, non posso fare niente. Come faccio anche solo a provare a dimostrare che posso essere bravo e intelligente come Kaleo?

Per quanto riguardava la scuola aveva ragione, tuttavia, non si poteva dire lo stesso per il suo carattere. Man mano che passavano gli anni era diventato sempre più scontroso, se la prendeva per qualsiasi cosa, si intrometteva in risse di strada e, più volte, aveva risposto male ai due genitori, arrivando addirittura a vederli spaventati di fronte a lui; così finiva per chiudersi in camera a sfogarsi con il cuscino.
Da piccolo non aveva mostrato tendenze del genere, era stato sempre abbastanza calmo e il massimo che era capitato era stato un morso al braccio di Kaleo perché non voleva fargli vedere il suo programma preferito in televisione. Quella volta si era ricevuto una bella sgridata, nonostante fosse orgoglioso del profilo dei denti appena al di sotto del polso del fratello.
D'un tratto, invece, qualcosa in lui era cambiato. Aveva cominciato a capire come funzionavano le cose nella città dove abitava, aveva compreso il motivo per cui a lui non era concesso andare a scuola, perché gli altri bambini non gli si potevano avvicinare più di tanto quando cercava qualcuno con cui giocare al parco, perché fosse ovvio che la coppia di coniugi volesse più bene a Kaleo piuttosto che a lui.

Si mise una felpa, spettinandosi i capelli neri corvino.
“Natanael, andiamo?” il fratello entrò nella sua camera con già l'ombrello in mano.
Qualsiasi persona avrebbe potuto dire che, in effetti, fossero davvero fratelli, in quanto si assomigliavano abbastanza e sembrava avessero gli stessi capelli. Tuttavia, lo sguardo di Kaleo e i suoi occhi erano uguali a quelli del padre, invece, Natanael aveva l'occhio sinistro del colore dell'oceano, il destro del colore delle ombre e si poteva notare, ad una prima occhiata, che non fosse proprio di quel paese. Più volte si era domandato se fosse normale avere delle iridi del genere, non aveva mai visto nessun altro con due tonalità diverse e, anche a causa di ciò, spesso gli altri ragazzini lo guardavano spaventati come se fosse una sua colpa o un qualcosa di male. I suoi genitori adottivi gli avevano spiegato che era qualcosa legato al suo corpo e che non c'era niente da vergognarsi, eppure avvertiva che anche quella caratteristica fosse uno svantaggio in confronto agli occhi nocciola di Kaleo.
“Aspetta un attimo.” gli rispose senza neanche guardarlo in faccia e questo entrò sedendosi ai piedi del letto. Natanael lo vide attraverso lo specchio, con un sorriso in volto che gli dava parecchio fastidio, in quel momento.
Kaleo, al contrario di tutti gli altri, non si era mai fatto allontanare dai suoi atteggiamenti. Benché spesso lo trattasse male di proposito facendogli capire che la sua presenza intorno non era ben accetta, lui insisteva nel voler rimanere con lui e gli sorrideva sempre, non aveva mai esitato nel porgergli un sorriso e mai si notava dietro di esso una punta di paura o tristezza.
Non capiva proprio come facesse a sopportarlo.
Kaleo aveva dovuto accettare un fratello sbucato dal nulla in poco tempo, ma la cosa non sembrò turbarlo, anzi, gli piaceva stare sempre con Natanael e lo trattava nel migliore dei modi, prendendosi quasi più cura lui del bambino piuttosto dei suoi genitori. Infatti cercava di giocare con lui il più possibile e gli faceva da maestro – insegnandogli perfino a leggere e scrivere – si era sempre divertito con la fervida immaginazione di quel bambino e gli aveva sempre dato il carburante per accendere nuove fantasticherie.
Però, nell'ultimo anno, aveva percepito un cambiamento in Natanael. Si era allontanato, a malapena gli rivolgeva la parola e aveva lo sguardo freddo, quasi era rimasto intimorito da quegli occhi così duri, eppure non si era arreso e aveva continuato a sorridergli e a far di tutto per passare delle ore insieme come due fratelli normali.
Inoltre, a Kaleo piaceva rimanere con Natanael, gli voleva davvero bene e lo sentiva parte della famiglia più di quanto non si sentisse lui stesso. Lo considerava il suo migliore amico e gli faceva male sapere che adesso non era più così e non ne capiva il motivo.

“È da parecchio tempo che non vieni ad intrufolarti nella mia camera per farti raccontare qualche storia sui pirati.” pronunciò ad un tratto Kaleo.
Natanael si bloccò nel mettersi lo scarpone e per un piccolo istante provò davvero nostalgia per quei tempi dove sembrava andasse tutto per il meglio.
“Non sono più un bambino.” rispose con indifferenza.
“Non sei neanche un adulto.” tenne in equilibrio l'ombrello mettendolo tra i piedi.
Il minore sospirò e si voltò verso di lui con le braccia conserte.
“Allora? Muoviamoci ad andare.”
Natanael si era sempre divertito con Kaleo, questo non lo metteva in dubbio, e anche adesso avrebbe voluto farlo, benché fosse stato spinto dai genitori ad odiarlo a quella maniera. Era proprio per questo che non ci riusciva più. Si sentiva inferiore.

Non sono inferiore, non lo sono.



Uscirono di casa e si avviarono al mercato. Quel giorno le bancarelle riempivano la strada principale e la loro missione era quella di comprare della verdura per il minestrone della sera e della frutta di stagione.
Camminavano fianco a fianco in silenzio, la pioggia non era molto forte e neanche fitta e il suono delle gocce che cadevano sugli ombrelli scandiva il tempo che passava.
“Stiamo andando in missione, Capitano Natanael.” disse ad un certo punto Kaleo.
Natanael lo guardò di sbieco e sbuffò.
“Che stai dicendo?”
“Rendo le commissioni più interessanti.” sorrise inclinando il capo.
“Non è divertente.”
“Qualche tempo fa non era così.”
“Esatto: qualche tempo fa. Ora è diverso.” aumentò il passo per precederlo, ma venne seguito subito.
“Cosa è diverso?” insistette.

Stai zitto, Kaleo. Non voglio sentirti. Tu sei perfetto, intelligente, bellissimo e io cosa sono? Non sono nessuno ecco cosa sono.

“Puoi anche finirla di giocare alla bella famigliola felice.”
“Che sciocchezze stai dicendo, Natanael?” gli afferrò un braccio, bagnandosi la manica del giubbotto, ma venne subito scansato.
Il ragazzino scosse il capo e fu contento di aver intravisto tra la folla la bancarella della verdura. Comprò quello che doveva e, quando tornò indietro, vide che anche Kaleo aveva già fatto la sua parte.
“Allora, Natanael? Cosa intendevi dire?” fece per prendere la busta del fratellastro, tuttavia, questo lo evitò.
“Niente. Torniamo a casa.”
“Perché sei diventato così freddo con me? Non siamo forse fratelli?”
Natanael si bloccò di colpo e si voltò verso di lui.
“Hai proprio centrato il punto. No, non siamo fratelli.” allungò il passo per tornare a casa.
Neanche si preoccupò del fatto che l'altro fosse rimasto di sasso davanti a quell'affermazione e che si fosse bloccato in mezzo alla marea di persone. Solo dopo qualche istante sentì nuovamente i suoi passi dietro di lui.
Entrò in casa quasi con il mal di testa e poggiò il sacchetto sul tavolo della cucina.
“Natanael, spiegami.” riprese il maggiore quando l'ebbe raggiunto.
“Ancora, Kaleo? La finisci?”

Non mi devi parlare, mi dai fastidio. Voglio solamente rimanere da solo.

“Non so che strane idee ti sei fatto in questi mesi, ma tu sei mio fratello.” neanche lo sguardo triste del ragazzo fece cambiare idea all'altro.
“In quale vita? Perché in questa io sono figlio unico e senza più genitori.”
Kaleo sussultò e abbassò lo sguardo.
“Hai noi. Hai me.”

Siete voi i primi che non mi volete, quindi non fare la vittima, perché non lo sei.

“Perché non vuoi capirlo?!” si agitò Natanael. “Come faccio ad essere tuo fratello se neanche sono stato riconosciuto come cittadino in questo Paese!”

Avrò appena quasi dodici anni, ma non sono stupido quanto credete.

“Cosa sta succedendo, ragazzi?” entrò la madre. “State litigando?”
“Non mi piace stare qua, non voglio abitare in questa casa e con voi!” Natanael neanche si rese conto della presenza della donna, continuando a inveire contro Kaleo.
Era una pessima giornata da quando si era alzato e aveva sentito sbattere il vento e la pioggia contro le tapparelle e l'insistenza del fratellastro l'aveva fatto andare fuori di testa facendolo scoppiare di colpo.
“Natanael!” esclamò la madre.
Il ragazzino si voltò verso di lei per niente scosso.
“Come puoi parlare così delle persone che ti hanno dato un posto in cui vivere?” la donna era sconvolta e parlava con gli occhi sgranati. “Come puoi aggredire così Kaleo?”
“Ah, certo.”

Kaleo... Kaleo...

“Sempre Kaleo!” urlò Natanael. “In questa casa non si parla d'altro che di lui, io non valgo neanche la punta delle scarpe di Kaleo. Avete il vostro figlio perfetto, tenetevelo, perché io da oggi non esisto più.”
“Natanael...” il ragazzo lo acciuffò per il polso, ricevendo in cambio una spinta contro lo spigolo del tavolino e ottenendo così una fitta di dolore al fianco.
“È così che ripaghi chi ti ha dato da mangiare e un tetto sulla testa?” la madre quasi aveva i goccioloni agli occhi, sebbene si sforzasse di fare la dura. “Se non fosse stato per noi a quest'ora saresti morto.”

Bastarda...

Natanael non ci vide più dalla rabbia. Strinse i pugni fino a farsi diventare le nocche bianche e assottigliò gli occhi fino a quando quello nero non divenne una pozza profonda che incuteva terrore.
La donna lo guardò spaesata e impaurita che potesse reagire in qualche maniera violenta.
“Sempre meglio che vivere con voi.”
Natanael riuscì a trattenere l'impulso di saltarle addosso. Riversò tutta la sua ira in quelle parole dure in modo da ferirli così come lui aveva sempre creduto avessero fatto.

Non mi hai salvato, mi hai reso solo un cumulo di spazzatura.

“Ti odio, così come odio tuo marito.” si voltò poi verso il fratellastro. “Così come odio te, Kaleo.”
Scappò e corse nella sua camera senza ascoltare le urla della madre che lo incitavano a scendere e a parlare e calmarsi.
Prese uno zainetto e infilò qualche vestito in fretta e furia, aprì il cassetto dove aveva custodito le mance che aveva accumulato negli anni e mise dentro anche quelle, insieme a qualche snack che teneva sulla scrivania.

Voglio andarmene e non tornare mai più. Questo non è il mio posto, me la caverò anche senza di loro in un luogo migliore dove sarò accettato da qualcuno.

Si fiondò di nuovo in cucina per prendere qualche cibo che poteva portare via con sé e fu sorpreso di scoprire che non c'era più la donna.

Questo è quanto ti importa di me.

In quel momento entrò Kaleo che l'aveva sentito uscire dalla propria camera.
“Dove vai?” il suo tono era afflitto.
“Non sono affari che ti riguardano.”
“Invece sì. Non voglio che abbandoni questa famiglia.”
“Dovevi pensarci prima.” Natanael gli parlava senza neanche guardarlo in faccia, arraffando più cibo che poteva.
“Posso almeno sapere cosa ti ho fatto?” gli si avvicinò di un passo e l'altro indietreggiò.

Cosa mi hai fatto?

Davvero ai suoi occhi non era mai apparso nulla di strano? Era lui l'unico che percepiva quella sensazione di estraneità? Non poteva essere vero, non se lo stava immaginando.
Non era convinto di cosa gli fosse preso tutto d'un tratto, eppure aveva avuto l'impulso di agire in quel modo e non si era pentito neanche un attimo.
“Niente. Cosa può aver fatto il perfetto Kaleo?” ironizzò.
“Smettila... non so perché continui con questa storia.”
“Se non lo capisci, allora non ho nient'altro da dire. Non fa che affermare la mia teoria che non sono importante per voi.”
Natanael, all'improvviso, si sentì afferrare per la spalla: la mano di Kaleo vi era appoggiata sopra e quasi sussultò quando vide il sorriso sul suo volto.
“Non provare neanche a pensare che non sei importante per me. Io ti voglio bene e te ne vorrò sempre.”
Il minore esitò per un istante, ma tutto quello che avrebbe dovuto sopportare ancora, se fosse rimasto, era ben più grave di quella scelta, quindi scosse il capo.
“Resta.” lo pregò ancora, Kaleo.
“Non lo farò.”
“E dove avresti intenzione di andare? Vuoi vivere per strada?”
“Troverò qualcosa, non ti preoccupare per me.” lo superò e si avviò alla porta d'ingresso.
“Natanael...” provò di nuovo a richiamare la sua attenzione senza però riceverla, una piccola lacrima scivolò lungo la sua guancia.
“Stammi bene, Kaleo.”
Natanael uscì con lo zaino in spalla e non fece mai più ritorno in quella casa.

 

 

Maggio, anno 427 del XII periodo

Natanael aveva passato la prima settimana a girare per la città alla ricerca di un posto da usufruire come abitazione senza molto successo. Alla fine, si era allontanato da dove era solito vivere e si era arrangiato tra un vicolo e l'altro.
All'inizio si era trovato spaesato, costretto a fermarsi sui marciapiedi o nei parchi con molte persone che si giravano a fissarlo per non sapeva bene quale motivo. Probabilmente non aveva l'aria di un ragazzino per bene, vestito con abiti ormai sporchi così come i capelli e il resto del corpo. Si era anche sentito impaurito per i primi giorni, non sapendo bene cosa fare e sempre con l'ansia che qualche altro mendicante lo fregasse rubando le sue scorte di notte, quindi aveva tenuto sempre un occhio vigile perdendo molte ore di sonno e ottenendo delle enormi occhiaie.
In poco tempo aveva anche finito le scorte di cibo e non poteva andare avanti mangiando solo merendine e qualche frutto che aveva anche iniziato ad andare a male. Quindi era passato all'elemosina, sebbene di nuovo senza alcun trionfo. I soldi che guadagnava in una giornata erano così pochi che erano a malapena sufficienti per un panino, a volte.
Arrivò il giorno dove fu costretto a barattare lo zainetto per un po' di cibo, che avvolse nel giubbotto e lo consumò il più lentamente possibile per farlo durare almeno una settimana.
Ormai viveva per strada da quasi due mesi e si sentiva esausto, eppure non rimpiangeva quello che aveva fatto.

Non ho intenzione di rivedere mai più quelle persone con il finto sorriso stampato in faccia.

Però, aveva sperimentato quanto fosse dura cavarsela da solo in mezzo alla strada quando tutti ti trattavano peggio della feccia. Voleva dormire in un letto, farsi una doccia che non fosse nel fiume sporco che percorreva la città, mangiare qualcosa fatto in casa e cambiarsi gli abiti. La solitudine non lo aiutava per niente.
Adesso stava camminando un po', arrancando verso la zona del mercato, sperando che la gente fosse più generosa di quanto lo era stata finora. Si sedette per terra con un sacchetto per racimolare i soldi e rimase ad aspettare per ore, vedendo solo qualche monetina precipitare sotto i suoi occhi.
“Distrailo mentre io le prendo.”
Natanael alzò lo sguardo e vide un ragazzo, sicuramente più grande di lui, dai capelli arancioni e le lentiggini sul naso, vestito con abiti poveri e un berretto in testa a mascherare in parte il suo volto, che stava parlando con un altro ragazzino che gli somigliava parecchio.
In men che non si dica, il minore era andato a parlare con un venditore che gli urlò dietro di andarsene e non farsi più vedere e, nel trambusto, il maggiore aveva rubato quattro mele ed era corso via senza che nessuno se ne accorgesse, troppo impegnati a osservare la scena.
Natanael si alzò di scatto, senza dimenticare le monete, e si avviò alla rincorsa di quel ragazzo senza pensarci due volte.
Era stato veloce e non riusciva a vederlo più tra la folla, poi scorse il suo berretto e un ciuffo di capelli arancioni spuntar da questo e cominciò a spingere con i gomiti per passare e raggiungerlo.
Quando gli fu abbastanza vicino, lo afferrò per la manica della maglia e lo bloccò.
“Ehi, che vuoi?” il ragazzo si scrollò Natanael di dosso e lo guardò scocciato.
“Sei stato magnifico.” disse con un'espressione da ebete in volto.
“Che?”
“Puoi insegnare anche a me?”
Non era convinto del perché, ma per un attimo aveva pensato che, forse, il saper rubare gli avrebbe facilitato di parecchio la vita e, magari, sarebbe potuto entrare a far parte di quella banda di ragazzi per non star più solo.
“Non capisco di cosa stai parlando.”
Natanael si guardò intorno con fare circospetto, poi avvicinò la mano alla bocca e gli parlò con un sussurro.
“Di quelle mele che hai rubato.”
Il ragazzo dai capelli arancioni scoppiò a ridere e si portò una mano alla fronte.
“Sei affamato anche tu?” gli domandò poi cambiando totalmente tono di voce, adesso era allegro e pimpante.
Natanael annuì.
“Beh, si vede che sei anche tu uno di strada, direi.” si grattò appena il mento vedendo in che condizioni fosse messo il ragazzino. “Non va per niente bene, devi curare il tuo aspetto almeno un po'.”
“Non sono ancora pratico. Sono in mezzo alla strada solamente da due mesi.”
“E sei ancora vivo? Wow, questo sì che è sorprendente!”
“Perché?”
Il ragazzo lo afferrò per la maglia e lo trascinò via dalla folla con un sorriso in volto, evitando abilmente ogni singola persona come se sgusciasse tra di loro.
“Non sono molti i bambini come te che riescono a resistere da soli.”
“Non sono un bambino.” puntualizzò.
“No, certo, e io sono una bellissima donna.”
Natanael si zittì e lo seguì fino a quando raggiunsero un piccolo stabile in malora. L'aspetto non era dei più rassicuranti, sembrava sul punto di crollare da un momento all'altro, eppure il ragazzo vi entrò comunque come se fosse il posto più sicuro per lui.
“Dai, non stare lì immobile come un pesce lesso.”
Quando Natanael fece un passo all'interno dell'edificio, poté notare quanto fosse messo peggio di quello che credeva solamente dal di fuori.

Sembra una discarica...

“Se vuoi cambiarti quegli abiti luridi che ti ritrovi, prova a cercare in questa montagnetta, forse trovi qualcosa adatto alla tua taglia.”
Natanael si avvicinò e cominciò a scavare tra quegli abiti che erano stati sicuramente raccattati chissà in quante case e strade. Quando trovò un paio di pantaloni della sua misura e una maglietta, se li mise senza problemi.
“Questo significa che mi fai entrare nella tua banda?” domandò schiettamente, buttando i suoi vecchi vestiti nel mucchio.
“Chi ha mai detto una cosa del genere?” il ragazzo agitò le mani davanti a sé.
“Ma io voglio imparare ad essere un ladro!”
Si sentì uno stupido in quel momento, ma era la sua occasione per cambiare.
“Certo che sei strano.”
Era vero, era strano. D'altronde era l'unico modo per sopravvivere in quel mondo dove nessuno lo riconosceva come persona.
“Accoglierti significa avere una bocca in più da sfamare.” continuò il rossiccio.
“Posso cavarmela anche da solo, se solo mi insegni.”
“E sei anche piuttosto ostinato.”
Lo sguardo di Natanael non si voltava mai da nessun'altra parte, rimanendo fisso sulle lentiggini del maggiore.
“Wow!” esclamò ad un tratto lo straccione e si scaraventò addosso a Natanael. “Ma i tuoi occhi sono di due colori diversi!”

Solo adesso lo nota?

Anche Natanael pensò che quel tipo fosse parecchio particolare. Non era sicuro che volesse avere a che fare con lui, ma, da una parte, invece, gli pareva la cosa più giusta da fare.
“Senti, vuoi davvero imparare ed essere un furfante come noi?” indicò tutto l'edificio anche se non c'era nessuno a parte loro due all'interno e il ragazzino annuì. “Allora potrei metterti in un periodo di prova...” disse con fare pensieroso, prendendo a camminare avanti e indietro.
“Sarò il migliore!”

Per una volta sarò io quello che prevale sugli altri, senza esser messo a paragone con nessuno.

La risata del ragazzo dai capelli arancioni echeggiò nella stanza.
“Va bene, va bene, ho capito.” gli si mise davanti e allungò una mano verso di lui. “Io sono Rorik.”
“Natanael.” l'afferrò saldamente e per la prima volto dopo tanto tempo avvertì il calore di un altro essere umano.
“Benvenuto nella mia ciurma, Natanael.”

 

Settembre, anno 430 del XII periodo

Ormai era da più di tre anni che Natanael era entrato a far parte della banda di ladruncoli di strada migliore in circolazione.
La sua vita, da quel momento, era davvero cambiata, così come era cambiato lui.
Aveva incanalato tutta la sua rabbia e l'aveva usata per diventare un rapinatore provetto. Acchiappava cibo, vestiti e oggetti da rivendere per quasi l'intera banda e questo l'aveva calmato parecchio rispetto a prima.
Con il passare del tempo aveva trasformato quel suo lato scontroso in uno sempre positivo, con il sorriso perenne sul volto e la voglia di vivere anche se nella povertà. In parte era stato anche grazie a Rorik, che l'aveva contagiato con la sua personalità e non solo, dato che aveva imparato un nuovo amplio vocabolario che non si addiceva ad una persona per bene.
Grazie a lui e agli altri ragazzi era riuscito a scacciare la solitudine e, finalmente, qualcuno si rivolgeva a lui nel modo in cui aveva sempre voluto; gli davano importanza e lui si sentiva tale da riempirsi di orgoglio anche se per un qualcosa del genere.
Di certo, la sua vecchia famiglia non sarebbe mai stata fiera di lui per come agiva, ma non era un qualcosa che lo riguardava.
Adesso si sentiva bene con se stesso.
“Natanael, sei sicuro? Non mi sembra un buon piano.” la voce di Rorik era più divertita di quanto sembrasse.
“Ho mai commesso un errore?” Natanael lo guardò sornione, sistemandosi il berretto in testa per celare parte del viso.
“Quello l'ho commesso io facendoti entrare nella mia banda e facendoti diventare persino migliore di me!” il rossiccio si mise le mani sui fianchi e Natanael scoppiò a ridere.
“Eri stato avvisato che sarei diventato il migliore. D'altronde, lo sono sempre stato.”
“Non ti montare la testa e vedi di non cacciarci nei guai.”
“Stai tranquillo.” fece un altro sorriso beffardo e si voltò verso la casa che aveva deciso di derubare quella notte.
Era una cascina, una di quelle che non si vedevano da anni ormai nel loro mondo tecnologico, dove l'agricoltura era stata sovrastata dai prodotti creati in laboratorio attraverso esperimenti genetici. Non poteva esistere luogo migliore da saccheggiare: qualche uova, una gallina intera o addirittura qualche attrezzo da rivendere nei negozi. Potevano farci una fortuna con quel posto.
“Chissà chi è quell'imbecille che vive ancora in questa maniera.” disse Rorik.
“Sempre meglio che non avere un tetto sulla testa, dico bene?” ironizzò Natanael.
Il rossiccio fece spallucce.
“Almeno è divertente e non ho bisogno di lavorare.”
“A proposito di questo, ti pregherei di muovere quel culo che ti ritrovi, ogni tanto, invece di lasciar fare sempre a me.”
“Stai zitto. Io sono il capo.”
Natanael roteò gli occhi al cielo con aria divertita e si avvicinò alla casa.
“Ti copro le spalle.” affermò Rorik, ottenendo in risposta un gesto poco carino con la mano.
Il ragazzo dai capelli neri corse senza far alcun rumore fino all'ingresso di quella che doveva essere la stalla e si sporse al di là di essa.
Le luci erano tutte spente, segno che ormai i proprietari stessero dormendo, e poté proseguire il suo piano senza alcun intoppo.
Si diresse verso l'aia, con il sacco pronto sulla spalla, ed entrò più cautamente possibile.

Domani si mangia pollo arrosto.

Era talmente buio che non riusciva a vedere ad un palmo dal naso, ma pensò che fosse meglio non usare la torcia per non spaventare le galline.
Purtroppo, andò a sbattere con il piede contro una gabbietta lasciata nel mezzo.

Oh, cazzo!

All'improvviso si svegliarono gli animali e cominciarono ad agitarsi intorno a Natanael, facendo un rumore così assordante, che dovette pregare per far in modo che nessuno l'avesse sentito.
Allungò un braccio verso una chioccia e quasi venne beccato.
“Eh no! Non rinuncio al mio stomaco pieno!”
Non si arrese e prese sotto braccio uno di quei pennuti, buttandolo nella sacca e chiudendola forte, sentendo l'animale muoversi impaurito all'interno.

Sicuramente Rorik se la starà ridendo là fuori.

Schioccò la lingua e si mise a correre per allontanarsi il più possibile da quel posto.
Non appena uscì, vide che le luci della casa si erano accese e che la porta era spalancata. Un uomo con in mano un qualcosa di allungato che non riuscì a vedere per bene – forse un bastone o addirittura qualcosa di più pericoloso come un fucile – stava correndo verso di lui minacciandolo.
“Brutto ladruncolo! Se ti prendo ti faccio mangiare dalle mie mucche!”
Natanael sarebbe voluto scoppiare a ridere, ma pensò bene di scappare il più in fretta possibile mentre veniva inseguito.
Era parecchio veloce e già non sentiva più i passi dell'uomo dietro di lui, probabilmente si era fermato molto prima, quando aveva capito che non sarebbe riuscito ad acciuffarlo.
Si nascose nell'erba alta, gettandosi a terra e riprendendo fiato, poi i suoi occhi si girarono verso il prezioso bottino che stringeva tra le mani e fu orgoglioso di se stesso.
Lasciò passare qualche minuto prima di alzarsi e tornare da Rorik, ma, prima, si voltò ancora una volta verso la fattoria e poté notare una luce accesa al primo piano, la finestra era spalancata e l'ombra di quello che doveva essere un bambino guardava fissa dalla sua parte.
Fece un piccolo inchino togliendosi il berretto e portandoselo al petto, successivamente gli porse un enorme sorriso soddisfatto di ringraziamento – per quanto non fosse sicuro che l'avrebbe visto per davvero – e si rintanò nella notte, pronto a tornare dai ragazzi della banda per raccontare del suo successo.

 


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti con questo aggiornamento speciale del mercoledì xD
Siamo entrati nel passato di Nael! Spero che sia chiaro a tutti, adesso, da dove deriva il suo atteggiamento. Avete visto come l'anima di Tinirau stia combattendo dentro di lui per prevalere, di come ci sia riuscita molte volte (povero Kaleo, compare manco per dieci minuti e già lo amavo... è stato brozonato *stile friendzone ma con bro ahah* anzi, in realtà ancora meno di quello...) e avete visto come è diventato il ragazzo che tutti amiamo e conosciamo! Circa u.u manca ancora qualche piccolo dettaglio u.u
Tutte le esagerazioni di Nael, tutti i suoi pensieri cattivi e le sue reazioni sono dovute a Tinirau che le ingigantisce, mi pare ovvio, ma non vorrei che qualcuno lo trovasse innaturale. Lo è perché ha dentro di sé qualcosa di terribile.
E a fine capitolo chi abbiamo? Ehehe =w= un'ombra bellissima <3
Il nome di Rorik significa semplicemente rosso e non ho voluto dare volto e nomi ai genitori di Kaleo, che significa suono, perché non era importante saperlo.
Il prossimo aggiornamento ho deciso che sarà il 29 o il 30 alla fine, così da dare il tempo di venir letti questi due capitoli messi a distanza ravvicinata, poi si tornerà regolari la domenica dall'8 Gennaio :3 scusate per questa confusione, colpa delle feste!
Spero che vi sia piaciuto il capitolo e ci sentiamo al prossimo con altre memorabili scoperte!
Un bacio a tutti e grazie per continuare a seguire questa storia.
Ci sentiamo al prossimo capitolo!
Flor :)

 

 

 

  
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