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Autore: _Trixie_    24/12/2016    7 recensioni
Un capitolo al giorno, dal primo al venticinque dicembre, su Emma e Regina alle prese con il Natale. Anzi, con un doppio Natale: quello presente, nei giorni dispari, e quello passato, nei giorni pari.
(I capitoli saranno molto, molto brevi).
Buona lettura e buon Natale.
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dicembre, 24 – Vigilia di Natale
- un anno prima -
 
 
 
 
 
Shake up the happiness
Wake up the happiness
Shake up the happiness
It's Christmas time
-  Shake up Christmas, Train
 
 
Regina ignorò gli sguardi dei presenti.
Si mosse verso Emma.
Passi veloci.
Sempre più veloci, pur di raggiungere Emma.
Una scheggia di vetro doveva essersi conficcata nella suola della scarpa destra e graffiava tetramente il pavimento, a ogni passo.
«Emma» chiamò Regina, fuori dalla sala, tra i corridoi, pensando di trovarvi lo sceriffo.
Ma Emma non c’era.
Sentì una porta aprirsi in lontananza.
Si affrettò in quella direzione, quel dannato vestito a impacciarla nei movimenti e la piccola scatolina ancora saldamente stretta tra le mani.
Ebbe l’impulso di bruciarla, dannazione, e bruciare tutto quanto con essa.
«Emma!» chiamò il sindaco di nuovo, superata una porta, non appena vide Emma camminare avanti e indietro. Si trovavano fuori dall’ufficio di Regina.
«Emma» ripeté, quasi un sussurro, incredibilmente grata che la ragazza si fosse fermata.
«Non posso farlo» disse Emma.
«Credevo fosse la soluzione più logica» tentò Regina, spalancando le braccia, impotente.
«Ma davvero?»
«Emma, passi da me la maggior parte delle notti. Il fatto che non viviamo insieme è… ridicolo».
«E ovviamente la soluzione più logica è offrirmi la chiave di casa tua come regalo di Natale! Almeno non mi hai chiesto di sposarti!»
«Ah!» fece Regina, risentita. «Straordinario, Emma, la tua espressione sollevata era dovuta al non averci trovato un anello, davvero straordinario».
«Non rigirare la situazione a tua favore, Regina, non ti azzardare. Mi conosci, mi dovresti conoscere. Avresti dovuto chiedermelo, prima di-»
«Questa» fece Regina, alzando la scatoletta e avvicinandosi a Emma. «Questa è la mia proposta!»
«No! Questa è una decisione che tu hai preso! Per me!» rispose lo sceriffo, prendendo la scatolina e lanciandola a terra. Lo sguardo di Regina si incendiò.
«Non ho preso alcuna decisione per te».
«Hai fatto duplicare la chiave prima ancora di parlarmi della possibilità di trasferirmi. Hai dato per scontato che io sarei stata felice della proposta».
«Non ha assolutamente alcun senso che tu debba suonare il campanello per entrare in casa quando hai il tuo posto a tavola, il tuo cuscino preferito sul divano, il tuo accappatoio, il tuo lato del letto! Quella è casa tua, Emma».
«No, non lo è» rispose la ragazza, d’istinto. «Non-non posso». 
«Già, perché a quanto pare nelle tue intenzioni non rientra quella di costruire un futuro con me».
«Non l’ho mai detto».
«Non ha importanza. Mi riprendo la chiave e al diavolo. Continua a suonare il campanello, non mi importa. Ammesso che tu voglia ancora metterci piede, in casa mia, e non ti sia stancata di venire a letto con me» rispose Regina, tagliente.
Emma strinse gli occhi a due fessure. «Lo stai facendo di nuovo! Non sei tu, Regina. Sono io! Guarda… me! Io non… Non ho mai avuto radici. Non ho mai avuto una casa, una vera casa. Un posto da poter dire mio. Passavo da una famiglia adottiva all’altra. Poteva durare settimane, qualche volta mesi. Potevo essere fortunata e finire in una vera famiglia, ma la maggior parte delle volte non era affatto una famiglia. E sai cosa facevano? Mi davano una chiave. La chiave della loro casa. Una chiave che avrei dovuto restituire, alla fine, perché non era casa mia. E poi ricominciava. Una nuova famiglia, una nuova chiave che mi veniva offerta e poi strappata.
E tu ora mi offri questa chiave, mi… accogli in casa, come se fossi ancora quell’orfana senza nulla in tasca, come se fossi ancora persa».
«Non è così, Emma» si intromise il sindaco, gli occhi appena velati di lacrime, come ogni volta in cui si parlava dell’infanzia e dell’adolescenza di Emma.
Perché, di quello, Regina si sentiva terribilmente in colpa.
«Mi dispiace, per quello che è successo in passato. Mi dispiace davvero. Ma non ho intenzione di riprendermi quella chiave. Non ho intenzione di vederti sparire dalla mia vita».
«A un certo punto ti stancherai di me. Come hai fatto con Graham» disse Emma, scuotendo la testa. Prese una mano di Regina e se l’appoggiò sul cuore. «Tieni, prendilo. Chiudiamola qui!»
Regina strappò la mano dalla presa di Emma e scosse la testa. Fece qualche passo indietro, lontano dalla ragazza.
«Non sono più quella persona, Emma, e lo sai».
«No, non lo so. Non so nulla di quello che ti passa per la testa perché, invece di parlarne con me, tu fai duplicare le chiavi di casa tua!» l’accusò di nuovo la ragazza.
«Oh, ti prego» fece Regina. «Quella chiave non è stata altro che un pretesto! Tutta questa faccenda è assurda, Emma. Non vuoi trasferirti? Bene, fantastico, continua a vivere con i tuoi. Vuoi lasciarmi? Dimmelo, urlamelo chiaramente invece di cercare ridicole scuse!».
«Sono innamorata di te, Regina! Sei tu a non essere chiara, a tenermi lontana»
«Stai… Stai dicendo che non credi che io ti ami?» domandò il sindaco, in un sussurro incredulo. «Cosa credi che significhi l’offerta di vivere con me?!»
«È perché sono figlia di Snowhite? Il tuo è un piacere perverso di vendetta? O forse è perché sono bionda? Le bionde sono il tuo tipo, da quel che ho capito. Oh, aspetta. È il distintivo, non è vero?»
«No! Emma. Ti-»
«Risparmiatela» la fermò la ragazza.
Le campane iniziarono a suonare. Dodici rintocchi e sarebbe stato Natale.
«È perché sei tu, Emma. Solo tu. Ti amo perché sei Emma» disse Regina, con decisione. Un rintocco. Un altro.
Regina fece un passo verso Emma.
Un nuovo rintocco.
Lo sceriffo scosse la testa.
Il quarto rintoccò riverberò nel cuore di Regina.
«Forse ora ci credi davvero» disse Emma, un rintocco ad accompagnare le sue parole. «Ma domani ti sveglierai, desiderando non avermi mai offerto quella chiave».
«Tutto quello che desidero è svegliarmi con te. Essere felice con te».
Alle orecchie di Regina non giunse alcuna risposta da Emma, ma solo rintocchi. Uno dopo l’altro, interminabili, sembravano tagliare sempre più a fondo la pelle di Regina.
Ne mancavano solo tre.
«Un giorno non mi vorrai più. E rivorrai quella chiave» disse Emma, la voce ridotta a un sussurro. «Non posso prenderla, sapendo di doverla restituire».
Ancora due rintocchi.
«Mi dispiace, Regina».
«Emma!» chiamò il sindaco, mentre la ragazza si allontanava.
Un solo, singolo rintocco.
Emma correva e Regina non poteva inseguirla.
Non con quel vestito, non con quelle scarpe.
Non con l’anima in frantumi.
Come il bicchiere di champagne.
La chiave di Emma dimenticata a terra.
L’orologio di Storybrooke rintoccò per la dodicesima volta.
«Emma» bisbigliò Regina, in una stanza vuota. «È… Natale».
 
 
 
 

 
NdA
Buona Vigilia di Natale! 🎄🎁
Ci vediamo domani con l’ultimo capitolo di questo piccolo calendario! Grazie 😍
T. 😘
 
 
 
 
   
 
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