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Autore: Elsinor    28/12/2016    5 recensioni
Cosa accade il primissimo giorno nella scuola di magia di Durmstrang? Nessuno Smistamento, nessun lauto banchetto. Solo sangue, freddo e disciplina. La selezione è spietata e non è sufficiente l'alto lignaggio. È più difficile essere ammessi o restare vivi?
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Gellert Grindelwald, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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La porta sbatté e Grindelwald fu sospinto lungo un oscuro corridoio di pietra, in discesa.
Era poco più caldo che all'esterno.
Poteva camminare da solo, ma il professor Krass continuava a trascinarlo, la mano come una morsa chiusa sul retro del colletto.
Gli tirava i capelli sulla nuca e faceva male, anche il fianco era indolenzito e le estremità gelate pulsavano terribilmente, ma niente in confronto a quanto aveva provato prima con la Maledizione.
«Signore, quando posso riavere la mia bacchetta?»
Il professore non si fermò, anzi, lo spinse rudemente in avanti.
«Tu non puoi niente.»
«No?» Cercò di torcere il collo per lanciare un'occhiata di sbieco al professore. Col Cruciatus aveva voluto renderlo più remissivo? Gli sembrava invece di non avere più nulla da temere, dopo quel dolore.
«Ti pentirai di tutto, Grindelwald, e mi pregherai.»
«Non lo farò.» che uomo patetico. Si era fatto disarmare e pretendeva di essere temuto?
Erano arrivati a un'altra porta, così piccola che, se fosse stato appena più alto, avrebbe dovuto abbassarsi per entrare.
Il professore puntò la bacchetta contro la serratura e si udirono quattro diversi scatti, poi la porta si spalancò sul buio completo. La debole luce esterna non lo scalfiva affatto, semmai era il buio che allungava spire dense e nere oltre la cornice di pietra...ma c'era qualcos'altro lì dentro, non solo il buio.
«Allora? Non ti diverti più?» sibilò il professore, e lo spinse attraverso la porta.
Subito non riuscì più a vedere neanche le proprie mani tese davanti agli occhi. Sentì il proprio respiro affannoso, il rimbombo del proprio cuore e, poco più in là, un respiro estraneo. Un tintinnio metallico.
La porta si richiuse con un tonfo dietro di lui. Non ricordò neanche più da che parte era stata. Le quattro serrature scattarono. Il respiro estraneo si fece più intenso e rapido.


Quella sera i ragazzi del primo anno cenarono insieme agli altri studenti, ricevendo alcuni applausi e molte prese in giro più o meno amichevoli. I più malconci furono anche i più bersagliati.
Dagli affreschi della Sala, antichi maghi vestiti d'oro si accarezzavano le barbe, lanciavano sguardi severi e si scambiavano commenti in latino e in un qualche dialetto slavo.
Era in tavola una zuppa con carne e barbabietole, accompagnata da pane di segale e panna acida. Durante la cena non videro né la Preside né i professori: mangiavano in una stanza a parte, che tutti gli studenti immaginavano più calda e più ricca cibo.
Non videro nemmeno Gellert Grindelwald.

La ragazzina tedesca e i suoi amici sedettero vicino ai russi e bulgari che avevano combattuto il troll al loro fianco.
«Vostro amico è pazzo.» disse uno dei russi nel suo tedesco approssimativo.
«Non è nostro amico.» borbottò il ragazzo lentigginoso, di pessimo umore a causa degli occhi pesti rimasti semichiusi e delle battute incassate a riguardo «Non è delle nostre parti, ed è pure mezzo inglese, credo. La sua famiglia ha un castello nei Carpazi. I suoi sono studiosi, non guardano la politica né niente.»
«Comunque lui ha avuto fegato.» commentò la ragazza lentigginosa, scoccando un'occhiata al ragazzo massiccio che aveva risposto alla Preside. Quello ricambiò con una smorfia.
«Ah, dovevamo prenderci la responsabilità del pazzo? Lui non ha mica pensato a noi. Ci ha lasciati a crepare.»
«Se non siamo crepati, in ogni caso, è anche merito suo.»
«Un effetto collaterale. Intanto noi siamo qui e lui è nella Reuekammer.»
Tutti tacquero, facendo sciaguattare la zuppa nelle ciotole.
«Ha usato le sue regole.» aprì bocca per la prima volta il bulgaro grande e grosso.

Furono spediti in Dormitorio subito dopo cena, i maschi in un'ala separata dalle femmine. Caminetti spenti, solo il tepore sgradevole di corpi di adolescenti impilati nei letti a castello.
Il ragazzino lentigginoso scattò verso uno dei posti vicini al suolo, solo per scoprire che era già occupato da Gellert Grindelwald.
Era rannicchiato sopra le coperte, spogliato a metà con indosso il sotto della divisa. Sulla punta della sua bacchetta ardeva una scintilla di brace, e la stava usando per scarabocchiare a fuoco sulla testiera di legno del letto.
«Ah, sei vivo.» borbottò il ragazzo lentigginoso.
La brace sulla bacchetta si spense e Grindelwald si voltò verso di lui. Il ragazzo notò che era rannicchiato attorno a un barattolo con dentro una manciata di fiamme azzurre.
«È caldo, quello?» non si trattenne dal chiedere.
Grindelwald glielo allungò in silenzio.
Il vetro era effettivamente di un calore quasi insostenibile, dovette affrettarsi a spostare la presa sul sughero del tappo.
«Tu conosci già parecchi incantesimi, vero?» sbuffò il ragazzo lentigginoso «Peccato che sei così pazzo. Com'era la...?»
Grindelwald aveva seppellito la faccia tra le ginocchia e si stava passando le mani tra i capelli. Il ragazzo decise di lasciar perdere.
«Comunque mia sorella e altri pensano che tu abbia fegato. Devo ammetterlo: dopo che quella benda si è rotta il troll non ci ha più caricato, quindi la tua idea era giusta. Mi spiace che l'hai pagata così.»
Grindelwald distese il braccio col palmo della mano verso l'alto e agitò piano le dita. Il ragazzo capì con un po' di ritardo che gli stava chiedendo indietro il barattolo, e si affrettò a restituirlo.
«Quando ti va, racconta in che modo hai colpito il professore. Io ho scommesso un galeone che l'hai appeso per le mutande. Peccato non aver visto la scena. Alors, Bonne nuit
Si arrampicò per raggiungere il suo letto, lasciando Grindelwald rannicchiato e silenzioso.


Grindelwald si distese su un fianco (quello che non gli doleva), sbuffando.
Il buio del Dormitorio non somigliava a quello della Reuekammer, i respiri dei compagni non somigliavano a quello della creatura acquattata nell'oscurità. Ma sapeva che entrambi lo aspettavano pazienti negli incubi, gli artigli affondati nel suo cervello.
Non poteva dormire.
I suoi compagni erano idioti, il fatto che gli riconoscessero la ragione li rendeva solo più ipocriti. Non avevano il coraggio delle loro idee, anzi, non avevano proprio idee, agivano in base a ciò che dettava la massa, le autorità e i propri stolidi impulsi.
Lui era diverso ed era solo.
Allungò l'indice alla cieca e trovò il solco leggero che aveva inciso sulla testiera del letto. Ripassò il triangolo, il cerchio e la linea che li divideva.
Si sentì quasi confortato.








Settembre 1894














Angolo dell'autrice: si direbbe l'inizio di una lunga storia. Questa storia invece finisce qui, con tanti ringraziamenti a chi l'ha letta, seguita, ricordata, recensita! Spero vi sia piaciuta, e se vorrete lasciarmi un commento ne sarò felicissima. A voi un caloroso benvenuto a Durmstrang!

   
 
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