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Autore: whenyouwishuponastar    06/01/2017    3 recensioni
[Yuri!centric] [two-shot]
Sono passati dieci anni da quando Yuri e Otabek si sono conosciuti, e la Fata russa si trova a dover fare da testimone al matrimonio fra il suo migliore amico e Mila Babicheva.
Dieci anni prima, quando era solo un quindicenne pelle e ossa e arroganza, era sicuro che non si sarebbe mai innamorato, che avrebbe versato tutto se stesso nel pattinaggio, arrivando dove nessuno prima di lui era mai arrivato.
Ma d’altronde, anche se qualcuno gli avesse detto che il suo migliore amico Otabek Altin avrebbe sposato un giorno Mila Babicheva, gli avrebbe riso in faccia.
E ora invece Yuri è ad Almaty, in smoking e scarpe Armani, pronto per il matrimonio, e dannatamente innamorato.
Genere: Angst, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Otabek Altin, Un po' tutti, Yuri Plisetsky
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And I need you now tonight
And I need you more than ever
And if you only hold me tight
We'll be holding on forever
And we'll only be making it right
'Cause we'll never be wrong
Together we can take it to the end of the line
Your love is like a shadow on me all of the time
 
 
 
 
 
 
 
 
Dopo essere tornato a San Pietroburgo Yuri si immerge negli allenamenti come non fa da anni.
Passa mattine e pomeriggi interi ad esercitarsi sul ghiaccio e non, e spesso continuerebbe fino a tarda notte se Victor, Katsudon o qualcun altro degli altri non lo fermasse.
Si sente di nuovo un ragazzino disarmato di fronte al mondo intero che non ha altra difesa se non quella della sua stessa testa e del suo stesso cuore, di quelle parole dure che tanto spesso gli scivolano sulla lingua come se niente fosse.
Ha tagliato i capelli, e ora le ciocche più lunghe arrivano a lambirgli le guance; Yuri Plisetsky dà un taglio drastico, si legge sulle testate dei giornali specialistici, o La Fata Russa entra in una nuova era?, e lui si diverte a leggere i titoli più ridicoli.
Le sue Yuri’s Angels, che nel corso degli anni non hanno assolutamente placato l’animo fortemente impiccione, litigano sui loro forum e blog, e lui legge tutto, ridendo sguaiatamente sul divano, dopo le giornate di allenamento.
Vuole seguire le orme di Victor!, legge una sera sul blog di mrs.plisetsky.nikiforov, e scuote la testa perché davvero, non la smetteranno mai di paragonarlo a lui.
Ma in realtà ci ha fatto l’abitudine e non gli dà più fastidio come prima; nulla gli dà più fastidio come prima, in realtà.
E’ più controllato, quasi freddo, chiuso in una gelida indifferenza, lui che è sempre stato fuoco, pericoloso e irascibile. Forse è questo che significa diventare adulti.
Ha sempre pensato che gli adulti fossero maturi e controllati, ma soprattutto che sapessero tutto e avessero tutto programmato, nulla che potesse andare male: ora si rende conto che non è così, che crescere significa soltanto rendersi conto che non tutto può essere controllato e non preoccuparsene ugualmente.
Si ritrova spesso a pensare al suo dedushka, e a quanto vorrebbe averlo accanto; lui sì che saprebbe confortarlo nel modo giusto, abbracciandolo come faceva quand’era bambino e lui smetteva di piangere all’istante. Penserebbe anche a sua madre, ma non ha più suoi ricordi se non una foto malridotta di quando lei era ragazza: era sottile come un giunco, proprio come lui, con lo stesso viso spigoloso e gli stessi capelli lisci.
Tuttavia nell’immagine porta un sorriso tranquillo, come se al momento dello scatto fosse stata calma e in pace con il mondo, un’espressione quasi sconosciuta al viso di Yuri.
E’ morta troppo presto perché se la ricordi, ma quando guarda la foto si sente pervadere da una sensazione strana, come se sentisse degli echi lontani di canti dolci, passi leggeri e aromi di sigaretta.
Nonostante tutto, si è trovato ad avere diverse figure genitoriali: suo nonno, ovviamente, che per anni è stato il suo unico tutto; Yakov e Lilia, allenatori severi che in uno strano modo l’hanno cresciuto come un figlio, gli stessi Victor e Yuuri.
Ha sempre avuto un rapporto strano, con i Katsuki-Nikiforov.
Se da una parte li odia entrambi, l’uno per aver lasciato tutto per amore, l’altro per averglielo permesso e per essere un rompicoglioni assurdo, dall’altra li idolatra e vuole bene a entrambi.
Non gliel’ha mai detto, ovviamente, ma sa che loro sanno.
 
E’ proprio Yuuri che tre mesi dopo rompe d’un tratto il silenzio.
Bussa alla porta con violenza, quasi come se volesse scardinarla, ed è troppo bizzarro e non da lui perché possa essere una situazione normale.
Yuri corre ad aprire, preso alla sprovvista.
-Katsudon, che cazzo stai facendo?! Vuoi buttarmi giù la porta?
Si zittisce subito non appena vede il volto serio dell’altro, che lo sta guardando con le labbra serrate e non dice nulla per più di un minuto, limitandosi a serrare le spalle alle domande dell’altro.
-E’ successo qualcosa? Victor, la bambina? I tuoi genitori…?
Stimolato abbastanza, finalmente Yuuri apre bocca:-No, non preoccuparti, stanno tutti bene. Sono qui per te.
-Per me?
L’uomo sospira e alza gli occhi al cielo, come se stesse avendo a che fare con un bambino testardo che non vuole smettere di fare i capricci.
-Sì, Yurio. Ci siamo resi conto tutti che c’è qualcosa che non va, e fino ad ora abbiamo solo fatto finta di niente; Dio, persino Lilia ci ha chiesto cosa ti sia preso! Non puoi andare avanti così, finirai per sfiancarti.
-Quindi fammi capire bene, sei venuto qui per farmi la ramanzina?
-Yurio.
La situazione sarebbe quasi comica, se Yuuri non ricominciasse subito a parlare, facendo irrigidire l’altro all’istante.
-Se è qualcosa che riguarda Otabek-fissa gli occhi nei suoi-dovresti dirglielo. O se non vuoi parlarne con lui dillo a me, o a Victor, o a Georgi, se vuoi…
-Certo non posso dirlo a Mila-soffia lui con un sorriso amaro, ma sotto sotto sente che le parole di Yuuri stanno facendo effetto, stanno scalfendo quell’armatura di indifferenza che aveva costruito con tanta difficoltà negli ultimi mesi.
-Sono serio.
Detto questo si siede sul divano del salotto come se niente fosse.
Yuri non sa cosa fare, si sente ferito ed euforico nello stesso tempo: si ritrova a camminare avanti e indietro lungo la stanza, l’uomo più grande che lo guarda interrogativo.
Alla fine prende posto accanto a lui e sospira profondamente.
-Non posso parlarne con lui.
Yuuri per un attimo sembra sorpreso – forse non si aspettava che si aprisse davvero con lui – ma si riscuote subito, riprendendo il ruolo da mamma preoccupata e battendogli leggermente sulla spalla.
Il russo lo prende come un invito a continuare.
-Certo che non posso. Cosa potrebbe fare, lasciare sua moglie per me?  Certo che no. Non avrei dovuto fare quella scenata al ristorante, cazzo. Avrei dovuto tenere tutto per me; in fondo non è colpa sua se sono un coglione e mi sono innamorato del mio migliore amico.
-Cosa vorresti fare, allora? Evitarlo per sempre?
-Sì, se è necessario.
Yuri si stringe nelle spalle. Pensa che è tutto così assurdo, lui lì a parlare dei suoi sentimenti e Katsudon accanto a psicanalizzarlo; pochi anni prima non gli avrebbe mai permesso di fare una cosa del genere.
Forse sta diventando debole?
-Senti, Yurio-usa ancora quel soprannome, nonostante tutto-io non so come stavano le cose fra te e Otabek prima che si mettesse con Mila. Però so che vi ho sempre visti felici, e che per anni è stato l’unico a saperti controllare.
Un po’ come un’ancora, pensa Yuri, e poi si dà mentalmente dello stupido perché davvero, da quando quelle cazzate da piccioncini fanno per lui?
-Penso che dovresti parlargliene, anche solo per rimettere a posto le cose fra di voi.
-Rimettere a posto le cose?! Stai scherzando, spero. Cosa gli potrei dire? Senti, Otabek. Scusa se al tuo matrimonio sono scappato via in lacrime, ma è da anni che mi masturbo pensando alla tua bocca. Tu come ci rimarresti?
La sua voce è salita di un’ottava, la sfumatura esasperata chiaramente percepibile.
-Yurio…
-No, non farmi la paternale! Ho fatto un errore, lo so. Sono stato un coglione, ma non posso farci più nulla, punto e basta.
Yuuri scuote la testa, ma decide di tacere.
Alla fine sospira e soffia un:-Sei sempre lo stesso-prima di racchiuderlo in un abbraccio e prendere ad accarezzargli i capelli.
-Ultimamente stiamo esagerando, con gli abbracci-tenta di scherzare Yuri, ma l’altro lo zittisce e lui lascia perdere, lasciandosi andare a quella dimostrazione d’affetto di cui aveva tanto bisogno.
Non che lo ammetterà mai a Katsudon.
 
Quella notte si ritrova a piangere per la prima volta.
Negli ultimi mesi, con la mole d’allenamento che si era autoimposto, non ne aveva nemmeno avuto il tempo: tornava a casa sfinito e si addormentava subito, sul divano, con i vestiti della giornata ancora sopra.
Otabek e Mila non erano altro che un pensiero lontano, una vespa fastidiosa che minacciava di infestare i suoi sogni (incubi); era sempre lì, pericolosa e pronta a pungere, ma lui preferiva non farci caso.
La visita inaspettata di Yuuri, però, ha riportato a galla tutti i sentimenti che aveva cercato di reprimere e nascondere nell’angolo più remoto del suo cuore.
La vergogna e l’umiliazione di ciò che è successo tre mesi prima al matrimonio gli piovono addosso e le lacrime diventano rabbiose.
Cosa è diventato?
Pensava di essere invincibile, che tutto il mondo fosse ormai caduto ai suoi piedi, e invece sta piangendo come un bambino su qualcosa che non è mai esistito.
Ci sono stati momenti in cui si è illuso, e lo sa: quando Otabek gli accarezzava i capelli, per esempio, e lui pensava sì, è così che deve essere chiudendo gli occhi e facendo le fusa come un gatto.
Oppure quando lui gli inviava un mi manchi nel bel mezzo della notte e Yuri e si trovava ad arrossire con un sorriso idiota in faccia, nel buio della sua stanza.
In realtà l’ha sempre saputo, che prima o poi avrebbe dovuto affrontare la realtà, però ha sempre rimandato il momento, e ora è andato a sbatterci contro.
E fa male, cazzo se fa male.
 
I Mondiali di Vienna si avvicinano, e Yuri li teme come non ha mai temuto una competizione.
Non ha paura per le sue esibizioni: di quelle è sempre stato convinto, ed è sicuro che anche questa volta l’oro sarà suo; ciò che lo spaventa maggiormente è sapere che loro saranno lì, che non potrà più evitarli.
Continua ad allenarsi per ore e ore e ore. E’ sempre stato un perfezionista, e, nonostante le sue routine siano già perfette e partano da punteggi altissimi, lui continua a pretendere il massimo da se stesso, a spingersi oltre i limiti.
Vuole battere ogni record, spingere l’asticella sempre un po’ più in alto ed essere ricordato per sempre come il migliore.
Gli hanno detto più di una volta che è quasi malato, nella sua ambizione, nel suo aspirare al perfetto, ma lui non riesce proprio a trattenersi: è la sua natura, lo è sempre stata e sempre lo sarà.
Il pattinaggio, in fondo, è quasi tutto ciò che gli rimane, oltre a Yuuri e Victor e Yakov e Lilia e pochi altri che si possono contare sulla punta delle dita.
Dopo la morte del nonno, si era ripromesso di aprirsi al mondo e di fare nuove amicizie, ciò che il dedushka aveva sempre voluto facesse.
Ricorda bene la risata fragorosa in cui era scoppiato Otabek quando gli aveva rivelato quell’intenzione.
Tu, nuovi amici?, era stata la sua risposta, e lì Yuri aveva preso a imprecargli contro ed a  martellargli la spalla di pugni, ma non aveva avuto nessun effetto se non quello di farlo ridere ancora di più.
Ci aveva provato, davvero, ad aprirsi un po’: aveva passato serate in lussuosi club russi e caffè, persino sulle panchine dei parchi, sperando di incontrare qualcuno di interessante; ma il più delle volte tornava a casa sfinito, quando non arrabbiato.
Dopo poche settimane si era reso conto che no, quella vita non faceva per lui, e che, non ne volesse il dedushka, a lui stava bene la sua vita così com’era, e cioè perlopiù solitaria, fatta di sudore, fatica e pochi sorrisi, e di quelle poche persone che, non l’avrebbe mai ammesso, gli scaldavano il cuore.
 
Il momento di partire arriva subito, in un polverone di valigie da finire, completi da far ricucire e biglietti da prenotare.
Yuri quasi non se ne accorge, ed è già su un aereo destinazione Vienna con Victor accanto.
Katsudon ha deciso di rimanere a casa con la bambina (che, parole sue, è ancora troppo piccola per viaggare) ma ha assicurato a quello che ormai considera un figlio adottivo che seguirà la gara in tivù.
-Allora, sei pronto?
La stessa domanda che gli pone ogni volta, prima di una gara, da quanto è diventato il suo allenatore.
-Certo che lo sono.
Stessa risposta di sempre, neanche un minimo di esitazione nella sua voce.
-Sarà una bella gatta da pelare, lo sai; tutti i partecipanti puntano al podio, e virtualmente tutti potrebbero farcela.
-Io però sono più giovane di loro-ribatte lui con un sorrisetto.
-Guang Hong Ji e Minami Kenjirou hanno, quanto?, un anno in più di te? E poi fossi in te starei all’erta, da un momento all’altro potrebbe arrivare un ragazzino che non ha nemmeno completato lo sviluppo e sbalzarti giù dal podio.
-Com’è successo a te?
-Sta’ zitto.
Adorano prendersi in giro a vicenda, è un po’ il loro modo di stemperare la tensione prima di un evento importante.
-E’ quello che è successo a te, comunque.
-Sta’ zitto, ho detto.
Scoppiano a ridere insieme e parlano un altro po’, prima che Victor si appisoli e Yuri si prenda a scattargli foto da inviare più tardi a Katsudon. E’ probabile che le troverà adorabili, persino quelle in cui il marito sta sbavando sul poggiatesta.
Bleah.
 
L’albergo in cui vengono ospitati i pattinatori è fuori città, piuttosto vicino al grande palaghiaccio in cui si terrano le competizioni.
Yuri finisce di sistemare le sue cose nei cassetti e nell’armadio, quindi si distende sul letto, che è duro e piccolo ma che al russo sembra il più morbido e il più spazioso, tanto è stanco.
Sta per chiudere gli occhi e prevedibilmente addormentarsi quando il cellulare vibra dal suo posto sul comodino e lo fa saltare a sedere.
Cazzo, avrei dovuto spegnerlo.
E’ un messaggio di Phicit Chulanont, che a quasi trent’anni non ha ancora perso il carattere amichevole che lo caratterizzava da ragazzo (e nemmeno la sua ossessione con i social network).
Stasera ci sei? Uscita fra i soliti.
Non fa nemmeno in tempo a scrivere un messaggio per rifiutare l’invito che il telefono inizia a squillare, segnando una chiamata in entrata da parte del pattinatore tailandese.
-Phichit, non me la sento davvero.
-Ehy, salutami almeno! E devi assolutamente venire, non ci sono scuse. Abbiamo convinto persino Seung-gil!
Yuri quasi sorride pensando all’ombroso coreano.
Phichit non lo sente rispondere e continua a parlare a ruota libera:-Guang Hong mi deve ancora una birra dalle ultime Olimpiadi, sai. Avevo pensato anche di invitare Otabek, ma dopo tutto quello che è successo non mi è sembrato il caso, sai…
Yuri si sente avvampare, e un’ondata di rabbia gli monta dentro. Come osa quel coglione prenderlo in giro in questo modo…
-Quando l’ho saputo ci sono davvero rimasto male, pensavo che lui e Mila fossero perfetti l’uno per l’altra, e invece hanno divorziato. Bah, l’ennesima prova che il vero amore non esiste.
-Come, scusa?-nel pronunciare le parole sente la mascella bloccata, e la gamba che ha poggiato per terra che inizia a tamburellare.
-Ho detto che il vero amore non esiste; non pensi anche tu?
-No… prima.
Yuri inizia a spazientirsi. Non è possibile. Non…
-Mila e Otabek si sono separati, e stanno preparando le pratiche per il divorzio. Non lo sapevi?
-No, io… è da un po’ che non li sento. Sai, con gli allenamenti e tutto, non ho avuto molto tempo di fare altro.
-Oh, capisco.
Yuri arrangia quale scusa per non uscire e quasi chiude il telefono in faccia a Phichit, quindi posa il telefono e fa qualche respiro profondo.
Niente, il cuore gli batte ancora.
Ha anche le guance e le orecchie tinte di rosso, ne è sicuro.
Chiude gli occhi e inspira, espira, inspira, espira.
Vorrebbe urlare, quindi prende un cuscino e ci affonda la mascella dentro, lasciandosi andare a un grido liberatorio. Quando finalmente si sente svuotato da tutte le emozioni che gli si stavano accavallando nel cuore, ha gli occhi appannati di lacrime, la testa leggera come un palloncino.
Si sente in colpa ad essere felice, a sperare ancora, ma non riesce a trattenersi; sa che è un amico di merda, che non si è fatto sentire per mesi e ora sta addirittura esultando alla notizia della separazione di Mila e Otabek, ma…
Pensa a che periodo devono aver passato entrambi.
A come deve essere stato allenarsi insieme (perché Mila deve essere rimasta ad Almaty comunque, forse per non attirare l’attenzione dei media) ogni giorno con il peso di tutto sulle spalle. Dio, si sente così male per aver rotto i contatti con loro, e soprattutto con Otabek, così bruscamente, di aver lasciato il suo migliore amico da solo in una situazione del genere.
Ma non avrebbe potuto fare niente, comunque. O forse sì?
Gli sembra di aver ricevuto uno schiaffo in piena faccia quando ha una realizzazione improvvisa…
E se… se avessero litigato a causa mia?
Si dice di non essere ridicolo e dannatamente egocentrico come al solito, ma quel pensiero non riesce a lasciare la sua testa.
Grazie a Dio proprio in quel momento qualcuno bussa alla porta e lo distrae.
-Yurio, sono io!
Yuri si alza dal letto e apre al suo allenatore, che ha chiaramente fatto una doccia da poco (il profumo di vaniglia si sentirebbe a chilometri di distanza, bleah) e indossa una maglia nera e un paio di pantaloncini color kaki.
-Ehy, va tutto bene?
Forse si accorge del rosso che tinge le sue guance, forse lo vede nei suoi occhi; oppure, forse dopo tanti anni lo conosce troppo bene e capisce subito quando c’è qualcosa che non va.
Yuri non capisce se quest’ultima opzione gli dia fastidio o gli faccia piacere.
Fatto sta che ormai è inutile mentire: tra l’altro, Victor l’ha già visto piangere nello squallido bagno di un ristorante, e nessun momento potrà mai essere più patetico quanto quello.
-Otabek e Mila si sono separati, me l’ha appena detto Phichit.
Il suo allenatore rilascia un sospiro sorpreso e aggrotta le sopracciglia; quindi sembra rendersi conto di essere ancora sull’uscio della porta e fa un passo avanti, chiudendola dietro di sé. Mette un braccio intorno alle spalle di Yuri e lo porta sul letto, facendolo sedere.
-Cosa pensi di fare?-dice poi, il viso contratto in una smorfia concentrata.
-Cosa dovrei fare? Non posso certo andare a parlargli. Cazzo, Beka, ho saputo che tu e tua moglie vi siete lasciati! Mi dispiace, come mi dispiace essere scappato dal tuo matrimonio. Niente di personale, sai, è solo che avrei preferito esserci io nel tuo letto, quella notte.
-Okay, okay! Smettila, va bene? Yurio, guardami. E’ il tuo migliore amico, e sei stato un cretino a comportarti come ti sei comportato e a non dirgli mai niente, ma ora starà soffrendo. Immagina, è qui e non ha nessuno, tu che non gli parli e Mila che… be’, c’è anche Mila. Va’ da lui e chiedigli scusa.
Yuri resta a guardarlo mentre pensa attentamente.
Potrebbe mandare via Victor, stendersi a letto e andare a dormire (permettendo che ci riesca, a dormire), risvegliandosi all’indomani fresco per la gara; oppure può alzarsi, ringraziare il suo allenatore e andare a cercare quel cazzone per colpa di cui ora si trova in questa situazione.
-A volte ti odio, lo sai?-sospira, alzandosi e dirigendosi verso la porta.
Prima di chiudere vede Victor sorridere, mostrandogli il pollice alzato.
 
Non ha idea di cosa stia facendo, Yuri.
E’ andato in reception con il cuore che gli batteva (cosa cazzo sono, una quindicenne?) e ha cercato di mantenere la voce calma mentre chiedeva il numero della camera di Otabek.
-Il signor Altin è nella suite numero 276, al primo piano.
L’addetto deve aver notato la sua tuta della Russia, oppure deve averlo riconosciuto: altrimenti non si sarebbe mai sognato di condividere un’informazione del genere.
Mentre è nell’ascensore, si rende conto di avere le mani sudate e cerca di asciugarsele sulle maniche della felpa.
Prende un respiro profondo.
L’ascensore si sta aprendo, Dio…
Yuri sente il fiato mozzarglisi in gola quando se lo trova davanti, proprio lì.
E’ chiaro che anche lui è stupito, perché apre la bocca, poi la chiude, poi la riapre e chiude forte gli occhi, come un pesce.
E’ ancora più bello di quanto ricordasse.
Ora si stanno guardando negli occhi, e Yuri sente il mondo intorno spezzarsi, mentre loro rimangono lì, incapaci di fare qualcos’altro.
Forse rimarremo così per sempre, e ci troveranno fra mille anni, pensa, e in qualche modo gli pare un pensiero confortante, perché significa che non deve dire nulla, che può stare lì fermo a guardarlo per sempre e a inghiottire avido tutto di lui, i suoi occhi e i suoi capelli e la sua pelle e le sue mani.
Dio.
-Otabek…-la voce gli si spezza e si ferma, tossisce nella mano prima di riprendere:-ti stavo cercando.
Fa qualche passo avanti, uscendo dalla cabina dell’ascensore.
Per un attimo Otabek sembra stupito, poi socchiude gli occhi e continua a guardarlo, le sopracciglia aggrottate.
-Mi cercavi? Davvero? Perché io è da mesi che ti cerco ma tu non ci sei, guarda un po’; non rispondi alle chiamate, ai messaggi… ho dovuto contattare Yuuri e Victor per sapere come stessi, se fossi ancora vivo. E adesso tu mi cerchi?
Yuri si sente la bocca secca.
Ha sbagliato, lui ha ragione, ma se solo potesse, se solo…
-Senti, sono stato un coglione e lo so-ignora lo sbuffo sdegnato dell’altro a quelle parole-ma mi dispiace, va bene? Non credere che per me sia stato facile starti lontano. Dio… E’ solo che non ce la facevo, non ce la facevo proprio, e non far finta di non averlo capito.
-E ora cosa è cambiato, allora? Perché adesso mi cerchi?
Il russo si sente avvampare, mentre le parole gli muoiono in gola.
-Pensavo avessi bisogno di qualcuno.
-Be’, ho imparato a fare da solo, grazie tante.
Per Yuri è come uno schiaffo in pieno viso: sente la rabbia montargli dentro e la tristezza, la frustrazione di mesi e mesi finalmente avere la meglio su di lui.
Non riesce più a trattenersi, e nemmeno vorrebbe farlo.
-Credi davvero che per me sia stato facile, quindi?-urla, e non gli importa che qualcuno li possa sentire, non gli importa di niente:-ho passato giorni e notti orribili, mi sono quasi ucciso di lavoro nel tentativo di dimenticarti e di dimenticare che eri felice con un’altra persona. Sono stato un coglione a pensare di poter recuperare qualcosa del nostro rapporto. Vaffanculo, stronzo.
Otabek lo guarda andare via a bocca aperta.
Yuri corre, corre e non sa nemmeno dove, mentre le lacrime gli rigano il viso e l’unica soddisfazione che sente è quella di non essersi fatto vedere da lui in quello stato.
 
Non vede più una pista da pattinaggio, ormai, ma una gabbia da combattimento.
Affronta la sfida con tutto ciò che ha dentro, lui, combatte con le unghie e con i denti, e alla fine si trova sul podio, la medaglia d’oro al collo.
Vede i flash intorno a sé, i colori della sua bandiera dappertutto, gli spettatori che applaudono, e, nonostante tutto, si sente vuoto dentro; è come se fosse una scena già vista, la moviola di un film che conosce a memoria e che è costretto a rivedere, ancora e ancora.
Si sente stanco.
Vorrebbe solo andare via, poter dormire un po’, non dover sopportare un tale peso di emozioni ed eventi.
Chiude gli occhi, nella speranza che tutto si calmi: ma la scena continua, ed è tutto così fottutamente opprimente che si metterebbe a piangere; è come se tutto andasse contemporaneamente a rallentatore e alla massima velocità.
E’ come essere su una giostra, e Yuri ha dimenticato di allacciare la cintura di sicurezza.
 
I giorni passano tutti sfocati, ormai.
Sveglia, allenamento, casa, cena. Sveglia, allenamento, casa, cena. Ogni tanto c’è una visita o un’uscita con qualcuno nel mezzo, ma perlopiù la routine è sempre quella.
Come se ogni giorno fosse un’esatta copia di quello precedente.
Non gli aveva mai dato così tanto fastidio, prima d’allora: anzi, pensava che ci fosse un che di confortante, in una vita monotona come la sua.
Ora, invece, si sente costretto, soffocato da un guscio vuoto, da vestiti che ormai gli stanno stretti ma che non sa più come togliere.
Gli sembra tutto uguale, fino a quel venerdì pomeriggio.
Sta per andare a casa Katsuki-Nikiforov per fare da babysitter alla piccola Asami; io e Victor pensavamo di uscire, non è che potresti venire a stare con la piccola, stasera?, gli ha chiesto Katsudon, e lui ha accettato perché davvero, ormai vuole bene anche a quelli stupidi, sono tutta la famiglia che gli rimane.
Si sta infilando le scarpe quando bussano alla porta e lui impreca, andando ad aprire con uno stivale già infilato e l’altro no.
Chi cazzo può essere?
Apre la porta.
Lì davanti a lui, i capelli nella stessa pettinatura che ha sempre avuto da quando lo conosce, i vestiti disordinati e uno zaino sulle spalle, l’aria stonata di chi ha passato ore in aereo.
Otabek.
-Cosa ci fai qui?-si sente domandare Yuri, mentre nella testa sente solo nebbia.
-Sono qui per te.
Allo sguardo dell’altro, aggiunge:-E per me. Per noi, sono qui per noi.
Yuri gli fa cenno di entrare e chiude la porta, approfittando dei secondi per recuperare un po’ di consapevolezza di ciò che ha intorno. Quindi si gira, appoggiando la schiena contro il legno caldo dell’uscio.
Otabek è in piedi, di fronte a lui.
-Volevo chiederti scusa per ciò che è successo a Vienna, nell’albergo. Anzi, volevo chiederti scusa per tutto.
E’ scosso, ma Yuri lo è di più, e non sa cosa dire.
Quindi lui continua a parlare.
-Ero così frustrato, e avevo così tanta paura… Dio, mi dispiace. Ho passato dei mesi di merda, senza di te.
Il russo si ritrova a sorridere, nonostante tutto.
-Anch’io.
-Quando ti ho visto in lacrime, in quel ristorante… sono andato nel panico, Yuratchka, tu non hai idea…
Yuratchka. Era da un sacco di tempo che qualcuno non lo chiamava così.
Si sente tremare le mani, Yuri, ma per una volta non gli importa e si lascia andare ad ascoltare la voce dell’altro.
-Volevo bene a Mila, e gliene vorrò sempre, ma lei… lei non è te.
Alza lo sguardo e lo fissa con gli occhi spalancati, il cuore che inizia a martellargli nel petto.
-Mi piaci, Yuri. Da quando ti conosco, da quando mi hai abbracciato per la prima volta, dalla sera del tuo ventesimo compleanno, quando festeggiammo in quel pub… non lo so da quando. Ho sempre pensato che non ricambiassi… mi sembrava stupido, una fantasia, mi dicevo, niente di più. Poi però il tempo è passato, e mi sono reso conto che non passava, e che non avevo il coraggio di dirtelo. Quindi ho iniziato a frequentare altre persone, a cercare di staccarmi da te… Non ho mai pensato che tu potessi ricambiare fino all’anno scorso, al mio matrimonio. E poi sei venuto a cercarmi a Vienna, e ho sentito una rabbia assurda montarmi dentro, perché eri lì, però eravamo così lontani… e davvero, Yura, mi dispiace tanto.
Yuri non è sicuro di riuscire a parlare.
Non è sicuro nemmeno di riuscire a respirare, in realtà.
Sa solo che all’improvviso la distanza fra loro è dannatamente troppa, e fa un passo avanti, trovandosi immediatamente stretto fra le sue braccia.
Gli accarezza i capelli, ed è tutto così morbido e bello, e il suo odore è sempre lo stesso, e potrebbe morirci, lì in mezzo.
-Mi dispiace…
-Di cosa?-risponde lui con una voce dolce.
-Di tutto, di non averti risposto o cercato, di essere un coglione enorme, di essere troppo innamorato di te…
Sente che a Otabek si mozza il respiro, e sorride.
-Ripetilo.
-Sono innamorato di te.
Otabek si stacca per un attimo da lui, e sta quasi per protestare, quando all’improvviso lo bacia.
E’ come trattenere il respiro e, nello stesso tempo, respirare per la prima volta. Ha immaginato centinaia e centinaia di volte questa esatta scena nella sua testa, dandosi dello stupido; ora però sta succedendo, ed è mille volte meglio.
Sente la testa che gli gira, ma non ci fa caso e morde il labbro inferiore di Otabek, che geme contro le sue labbra.
-Beka…
Sente le sue mani sulla schiena, e sui fianchi, e il suo sapore in bocca, e non esiste nient’altro se non loro due, loro due dappertutto.
Loro due contro la porta, a baciarsi per recuperare il tempo perso; loro due sul divano, il peso di uno sul corpo dell’altro.
E non è perfetto, e mai lo sarà; Yuri lo sa, ci sono mesi e mesi di distanza da colmare, dovranno parlare e mettere tutto in chiaro. Ma per ora va bene così, per un po’ le cose si sono aggiustate, ed è felice.
 
 
 

 
 
 
 
Note
Come sempre grazie a Chiara, e grazie a tutti voi che siete arrivati a leggere fin qui! Fatemi sapere cosa ne pensate :)
A presto
whenyouwishuponastar
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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