Fanfic su artisti musicali > Fifth Harmony
Segui la storia  |       
Autore: ScrumptiousChaosKing    07/01/2017    1 recensioni
"Posso offrirti da bere, Lauren?"
Sembra quasi speranzosa.
E' strano sentirmi fare questa domanda da una così. Sono abituata a tampinatori seriali con l'aria dell'uomo che non deve chiedere mai che ti si avvicinano di soppiatto e si aspettano di comprare i tuoi favori con un drink, invece lei... Lei sembra una fatina capitata per sbaglio nel regno dei troll. Un angelo inciampato all'inferno.
Per questo accetto.
La vita di Lauren non è nulla di più che un lento scivolare verso una meta inesistente. Ovviamente tutto questo cambierà quando Camila, non invitata ma immediatamente accolta, entrerà a fare parte della sua vita.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Camila Cabello, Lauren Jauregui, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao a tutti, grazie a chi fin ora ha letto la storia o l'ha preferita, eccetera! Grazie di cuore :)
So che non è particolarmente allegra o vivace, dato che è tutta raccontata da un cervello che pensa e vive gli istanti uno a uno! Spero comunque che sia scorrevole, o un minimo piacevole ahahah.
Questo capitolo è un forse un po' corto ma necessario!
Alla prossima :3
 

Capitolo 3

Giovedì.

Oggi è un giorno importante.

Non solo perché è quasi una settimana da quando ho passato la mia notte di follie insieme a Camila, ma anche - e soprattutto - perché oggi ho deciso di andare a prendere il famoso gatto, per poi telefonare a mia mamma e annunciarle che ho avviato la collezione.

Grazie a Normani ho trovato qualcuno che dà via dei gattini, e che vuole conoscermi per decidere se affidarmene uno.

Spero di non sembrare una disagiata mentale. Voglio dire, so bene di esserlo, ma l’importante è non sembrarlo.

Mi sento agitata come se stessi andando a adottare un bambino. Già mi vedo a coccolare il mio amico felino su una poltrona davanti al camino.

Al momento non ho una poltrona e neppure un camino, ma sono tutte cose che potrò rimediare in un futuro, nel caso mi trasferissi.

Sicuramente non accenderei il camino qui a Miami.

La poltrona potrei anche comprarla se avessi voglia di buttare via i soldi.

Fortunatamente sono un’attenta risparmiatrice.
Una scialacquatrice saltuaria.

Non ho bisogno di shopping terapeutico o stronzate del genere, io mi deprimo e basta.

Arrivo davanti alla villetta che ospita i mille gattini da affidare, e c’è un’anziana signora che mi osserva da dietro le tendine bianche con aria indagatrice. Proseguo indisturbata il mio percorso fino alla porta dell’abitazione.

E’ la vecchia spiona ad aprirmi.

Sfodero il mio sorriso migliore. “Salve, sono Lauren. Normani-”

“Certo, certo, vieni pure dentro cara”

L’espressione diffidente viene sostituita da una quasi amichevole, e mi faccio strada nell’ingresso, impaziente di vedere le creaturine.

Sono cinque, sono grigiastri, sono bellissimi. Hanno musetti paffuti e si aggirano goffamente per la stanza, giocando tra loro. La signora li guarda come una nonna affettuosa e io mi sciolgo come ghiaccio sotto al sole di luglio.
Vorrei prenderli tutti, ma non posso. Per cui decido di scegliere il più buffo e goffo, che inciampa da solo sulle proprie zampe, come me nella vita.

La signora mi dice che è l’unica femmina.

La chiamerò… Non ne ho la più pallida idea, ci sono così tanti nomi che mi piacciono, ma quando si tratta di darli a qualcuno mi sembra che nessuno sia adeguato. Che tristezza.

Come quando volevo chiamare il mio criceto Fluffy, Batuffolino, Runner, Lexa o Dodò e alla fine l’ho chiamato Criceto.

Una roba tristissima.

Me ne vado col mio nuovo coinquilino infilato in un trasportino prestatomi dalla vecchia, che dovrò assolutamente ricordarmi di dare a Normani per restituirglielo. Forse tra qualche decina di migliaia di anni me ne ricorderò.

Detesto le cose in prestito, perché sono troppo pigra per ridarle alla gente. Per questo non prendo mai libri in biblioteca. Credo che la mia tessera sia la meno utilizzata in assoluto. L’ultima volta che ho prenotato dei libri non sono nemmeno andata a ritirarli, già stanca all’idea di doverli andare a prendere.

Che sbatti la vita.

Mi interrogo su quale sia la cosa giusta da fare a questo punto. Meglio tornare a casa a depositare il gatto e poi uscire di nuovo a comprare tutto l’occorrente o portarmelo dietro al negozio di animali? So che qualcuno di voi si sta chiedendo perché io non abbia comprato le cose in anticipo, tipo ieri. Beh, non l’ho fatto perché sono pigra, come dicevo prima.

Alla fine, per evitare di fare due lunghi e faticosissimi viaggi decido di fermarmi a un negozio per animali lungo la strada, ammesso che ce ne sia uno.

E uno, effettivamente, c’è.

Non so perché io abbia deciso di andare a piedi fino a casa della vecchia gattara, che abita a chilometri e chilometri da casa mia, ma probabilmente è a causa di quelle famigerate, infinite vie tracciate da Dio.

Appena la porta del negozio si apre davanti a me e io metto un piede all’interno del locale, che puzza di cibo per pesci, mi avvio, seguendo le indicazioni, verso il reparto coi prodotti per i gatti. Mi sento piuttosto fuori luogo. Mi guardo attorno con aria persa, chiedendomi se ci siano cibi migliori di altri per mini-gatti e se debba prendere dei giochini e quali e quale lettiera e vorrei prendere a testate una parete per punirmi per non aver cercato prima nessuna di queste vitali informazioni. Ho avuto due sere libere da quando ho preso questa decisione e non mi sono minimamente informata.

Con la signora ho fatto finta di essere una grande esperta di animali domestici, e in effetti lo sono. Per tutti gli animali, tranne che i gatti.

Non ho mai avuto un gatto.

Il felino miagola dolcemente nella sua gabbia da asporto e io mi sento vagamente in colpa.

Fortunatamente, una presenza alle mie spalle mi saluta, cogliendomi di sorpresa.

“Ciao, hai bisogno di aiuto?” Mi chiede una voce amichevole.

Mi giro con espressione tra il grato e lo sconsolato, ma prima di poter rispondere il mio cuore si ferma, stroncato dagli occhi scuri e profondi che mi guardano dritto in faccia e, evidentemente, mi hanno già riconosciuta.

Il mio sguardo si sposta dal suo viso contratto al cartellino posto sopra la sua maglietta verde, che mi sbeffeggia mostrandomi il nome della commessa appena comparsa davanti a me.

Ovviamente, Camila.

Non so se la mia espressione sia più piacevolmente sorpresa o più orripilata, probabilmente entrambe, spero più la prima però. Lo sguardo di Camila è indecifrabile.
“Oddio, tu!” Esclama, dopo i primi secondi di suspense, in cui mi chiedevo cosa sarebbe successo. La tensione è alle stelle. Una scena degna di un grande film d’amore.

No, non è vero.

Vorrei strapparmi i capelli e prendermi a schiaffi e non so nemmeno perché. Deglutisco e sorrido.

“Non fare quella faccia, non sei così affascinante senza le luci fluo a illuminarti gli occhi.” Afferma con aria quasi sprezzante.

Mi mordo la lingua per non risponderle. Lei è meravigliosa anche vestita in quel modo orrendo.

“Mmm, ehm, come va?” Le chiedo. Lei alza le sopracciglia in un’espressione che credo sia bene definire incredula. Non so cosa fare.

“Bene.” Taglia corto lei. “Non è un incontro tra amiche, non mi devi parlare per forza. L’ultima volta non è stato necessario, non vedo perché farlo ora. Allora, hai bisogno di aiuto?”

Con un sospiro, cerco di assumere un tono indifferente. Credo di essere in grado di vedere il mio corpo da fuori. Sono quasi certa di stare vivendo un’esperienza pre-morte, o qualcosa del genere. In realtà la mia anima sta fluttuando sopra le nostre teste da qualche parte piangendo per la mia immensa stupidità e cercando di prendere le distanze dal mio cervello.

“Sì, ecco, vedi, mi servono… mi servono le cose per il mio nuovo inquilino.”

Sollevo il trasportino mostrando a Camila il contenuto. Lei squittisce in modo entusiasta.

“Aaaaww, che bello è!” Mi guarda, gli occhi scuri illuminati dalla gioia. “Ma sei bellissimo, ma amore, ma awww”

Mi viene da ridere, ma cerco di trattenermi.

“Cosa ti serve?”

“Ehm, tipo tutto”

Lei pondera un secondo e poi inizia a elencare cose da prendere e i nomi delle marche migliori. Sembra super professionale, quasi quanto una commessa in un negozio d’alta moda. Il modo in cui consiglia i prodotti è adorabile. Sembra una bambina intenta a parlare dei regali di Natale appena ricevuti.

Prende addirittura un carrello per caricare tutte le cose che mi ha praticamente imposto di comprare e mi accompagna alla cassa.

Prima di arrivarci, però, si gira verso di me e mi osserva. Si vede che muore dalla voglia - e dal timore - di farmi una domanda.

Una parte di me sa già quale sia.

“Perché te ne sei andata?”

“Ti aspettavi davvero che una sconosciuta incontrata in discoteca ti avrebbe svegliata portandoti la colazione a letto come una moglie premurosa?”

Lei mi guarda con espressione ferita. Perché le ho risposto in questo modo, in effetti. Perché l’ho fatto? A volte penso che ci sia qualcosa di malvagio in me, qualcosa di malsano. Ho questa tendenza a rompere le cose buone che mi capitano. Tutte. A volte capita alla gente, no? Anche a quella normale intendo… di concentrarsi sulle cose sbagliate, quelle che fanno male, quelle che andrebbero gettate via e rifiutare i cambiamenti positivi.

Beh, io lo faccio in continuazione.

Fatto sta che al momento Camila mi sta fissando come se avessi sventrato il gattino e lo stessi usando come cappello.

“Oh, hai ragione. Scema io che ho pensato che avremmo potuto conoscerci, dopo. Sembravi una tipa a posto Lauren. Evidentemente lo sembravi soltanto.”

“Già, evidentemente.”

Replico freddamente, avviandomi alla cassa senza guardarmi indietro. Sento gli occhi di Camila formare crateri infuocati nella mia schiena. Pago e esco dal negozio.

Non c’è nulla di cui preoccuparsi. Il mio cuore è solo un involucro vuoto. E’ gelido come un ghiacciaio. Non ha pulsazioni, non può essere defibrillato.

Sono morta dentro, e Camila non ha di certo il potere di guarire i morti.

C’è una voce nel mio cervello che mi dice che dovrei tornare indietro e chiedere scusa a Camila. Invitarla a bere un caffè. Se io fossi in lei mi rifiuterei categoricamente, ma non si sa mai, insomma.

Magari riesco ad ammaliarla col mio fascino irresistibile, o qualcosa del genere. La prima volta ce l’ho fatta, no?

Devo arrivare a casa in fretta e gettarmi sul cibo e sulla televisione. Dopo aver sistemato il felino baffuto, ovviamente.
 

 
La realtà è che mi sento un completo, totale e miserabile fallimento. Nonostante io debba andare a lavorare tra poche ore, sono le quattro del mattino e io sono nel mio angolino sul balcone, avvolta in una coperta leggera, perché in realtà non fa freddo.

Sto spegnendo la quinta sigaretta in un’ora e mezza mentre fisso il vuoto davanti a me. I miei sensi sono intorpiditi e ho male alla testa. Ho aspirato troppo a fondo il fumo, ho pensato troppo.

Vorrei uscire di casa ora e andare da Camila, ma non so dove abiti. Oh, no. Sì che lo so, lo so benissimo.

Non è nemmeno lontanissimo, tutto sommato. Non è vicino, ma sarei pronta a fare i chilometri in questo momento, anche solo vederla due secondi e chiederle scusa.
Un’idea patetica si fa strada nella mia testa, ma il lato disperatamente, tristemente romantico di me, compiaciuto, mi incoraggia a portarla a termine, sostenendo che sia l’unico modo per riavvicinarla.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Fifth Harmony / Vai alla pagina dell'autore: ScrumptiousChaosKing