Capitolo 7: War paint
We can be beautiful without our war paint, our war
paint
And we can have it all once we let our walls break,
our walls break
Why in the hell do we fight on the front line
When we both know that we’re
here on the same side…
(“War
paint” – Kelly Clarkson)
Gli
Sforza, seccati e amareggiati dopo la deludente e umiliante cena con Re Carlo,
erano ripartiti per Forlì la mattina successiva, alle prime luci dell’alba e,
non appena l’aveva Saputo, il Generale era andato ad annunciarlo con grande
entusiasmo al suo sovrano.
“Sono
certo che ormai questi insulsi nobili italiani avranno capito con chi hanno a
che fare e non verranno mai più a disturbare Vostra Altezza” commentò, molto
soddisfatto. Anche il Re sembrava compiaciuto e fu per questo che il comandante
francese si azzardò a fargli una richiesta particolare.
“Spero
che converrete con me, mio sovrano, che è stato anche merito dell’encomiabile
comportamento del Principe Alfonso se la cosa si è risolta in modo tanto
vantaggioso per voi” iniziò a dire. “Il Principe ha mostrato di condividere le
vostre idee, di essere vostro alleato e, cosa ancora più preziosa, gli Sforza
non hanno potuto minacciarvi di possibili ritorsioni da parte della Spagna
proprio perché un importante rappresentante di quella nazione era accanto a
voi.”
“Ne
siamo consapevoli” ammise il sovrano, con un sorrisetto malizioso, “ma dove
vorresti arrivare con questo discorso, Generale?”
“Vostra
Maestà, io oserei suggerire una piccola ricompensa per il Principe” rispose
l’uomo, che si era preparato proprio per quel momento. “Fargli una concessione
che a voi non costa nulla e che per lui significa moltissimo servirà sia a
legarlo ancora di più alla vostra causa, sia a rallegrarlo e, di conseguenza, a
motivarlo sempre di più in vostro favore.”
“Va
bene, va bene, ho capito. Ci tieni proprio tanto a quel moccioso di un
Principe, eh? Ad ogni modo hai ragione tu, si fa così anche con gli animali per addomesticarli” tagliò corto
Re Carlo. “E quale sarebbe la ricompensa che proponi per lui?”
“Come
vi ho già detto, a voi non costa nulla ma per lui sarebbe una grande gioia:
vorrei portarlo a fare una cavalcata fuori dalla reggia, nei boschi che abbiamo
percorso per arrivare qui” spiegò il Generale. “Il Principe è molto indebolito
per… beh, per tutto quello che ha passato e da molte settimane ormai è
rinchiuso qui. Credo che una breve gita all’aria aperta gli farebbe bene al
fisico e all’umore. Niente di impegnativo, pensavo a un semplice pomeriggio di
svago…”
“Questa
è la scusa che hai trovato per portarti il Principino nei boschi, eh,
Generale?” replicò il Re con una risata. “E chi ci assicura che non tenterà la
fuga?”
“Ve
lo assicuro io, Vostra Altezza, il Principe sarà sotto la mia responsabilità”
rispose compunto il militare. “Non lo lascerò cavalcare, ovviamente, lo porterò
con me sulla mia cavalcatura e lo terrò sempre sotto sorveglianza. E se,
nonostante tutta la mia attenzione, cercasse di fuggire… mio sovrano, vedete me
e sapete com’è il Principe: lo catturerei subito e a quel punto lo punirei. Non
dovete minimamente preoccuparvi.”
“E
sia, avete il nostro permesso” concesse Re Carlo, con un’altra sghignazzata.
“Anche tu meriti una ricompensa, Generale: vai, vai pure a imboscarti col Principino!”
Ottenuto,
in qualche modo, il permesso del sovrano, il Generale si occupò dei preparativi
per quel pomeriggio di libertà con il Principe Alfonso. Al giovane non disse
niente fino all’ultimo momento: voleva che fosse una sorpresa per lui… e poi si
stupì lui stesso del pensiero gentile che aveva avuto nei suoi riguardi. Forse
Sua Maestà aveva ragione e lui si stava davvero legando sempre più
profondamente al ragazzo… ma questo lo faceva sentire bene come mai prima.
Alfonso,
dal canto suo, si sentiva confuso e destabilizzato. La sera precedente era
stata davvero entusiasmante, lui si era divertito moltissimo e, per qualche
ora, aveva dimenticato la sua triste condizione di prigioniero e persino le
orribili torture subite per ritornare ad essere il giovane Principe
provocatorio e malizioso che era sempre stato. Aveva preso in giro gli Sforza,
si era vantato del suo titolo e della sua importanza come discendente degli
Aragona, aveva partecipato al banchetto di Re Carlo come ospite d’onore invece
che come bersaglio delle sue cattiverie e, in certi momenti, gli era parso che
anche il sovrano iniziasse ad apprezzarlo. Quella mattina, però, si era
ritrovato ad essere il solito povero Principe senza regno e senza corona,
disprezzato anche dalla soldataglia francese e soggetto ai capricci del Re… il
suo bel sogno era durato una sera soltanto!
All’ora
di pranzo, il sovrano non lo aveva convocato alla sua tavola e, quindi, il
Principe era rimasto nella sua camera, malinconico e un po’ spaventato, temendo
che, tutto sommato, la serata non fosse andata così bene e che il Re fosse
nuovamente in collera con lui. Più tardi era arrivato il dottore a bussare alla
sua porta, gli aveva portato qualcosa da mangiare e lo aveva visitato,
verificando che le terribili ferite che gli erano state inflitte erano
finalmente in via di guarigione. Aveva cercato di confortarlo, dicendogli che
presto sarebbe guarito completamente, ma Alfonso era rimasto mesto e
silenzioso. Dentro di sé pensava che era inutile guarire… tanto, prima o poi,
il Re avrebbe trovato qualche nuova scusa per prendersela con lui e fargli
ancora del male… non poteva più illudersi.
Il
Generale lo trovò dunque malinconico e abbattuto e ne rimase sorpreso.
“Principe
Alfonso, perché sei così triste? Non dovresti: hai già dimenticato come sei
stato prezioso per Sua Maestà ieri sera? Il sovrano è molto compiaciuto di te,
è stato per gran parte merito tuo se gli Sforza non hanno potuto ottenere ciò
che si ripromettevano” gli disse l’uomo, cercando di tirarlo su di morale. “Stamattina
sono ripartiti prima dell’alba e non credo che torneranno mai più a disturbare
Sua Maestà!”
Il
Principe annuì stancamente.
“Sì,
ieri sera è andata così, ma quanto durerà? Anch’io mi ero illuso, per qualche
ora, di essere di nuovo il Principe di un tempo ma… appunto, era solo
un’illusione” mormorò.
“Ti
sbagli, Principe. Sua Maestà è davvero contento di te e per questo motivo ha
deciso di premiarti: adesso potrai venire con me a fare una passeggiata a
cavallo nei boschi attorno alla città” gli annunciò il Generale, cercando di
strappargli un sorriso. “Sei rinchiuso nella reggia da tanto tempo e una
giornata all’aperto ti farà bene.”
Alfonso
lo fissò, incredulo.
“Davvero
Sua Maestà ha deciso di ricompensarmi? E’ veramente così soddisfatto di me?”
“Ma
certo, Principe” ribatté il comandante francese. Non gli sembrava il caso di
spiegargli che, in realtà, era stato lui a convincere il sovrano a fargli
quella concessione… “Ti ho detto tante volte che, se ti comporti bene e se ti
rendi utile alla causa francese, non hai più niente da temere da parte di Sua
Maestà. Questa è una dimostrazione, ma ne avrai sicuramente molte altre.”
Il
Principe non sapeva se crederci o no. Da un lato avrebbe tanto voluto che le
cose fossero così semplici, che bastasse fare
il bravo e compiacere il Re per sentirsi al sicuro e riavere almeno
qualcuno dei privilegi di un tempo; dall’altro lato, però, rammentava ancora
fin troppo bene la terribile sera in cui si era fidato, in cui aveva creduto
che il sovrano lo avrebbe accolto… e poi si era ritrovato nelle camere di
tortura a soffrire le più atroci pene e urlando disperatamente, sapendo che
nessuno si sarebbe impietosito. Come poteva illudersi ancora?
“Naturalmente
sarò io a portarti con me, sulla mia cavalcatura” dovette ammettere il
Generale, “Sua Maestà non si fida ancora così tanto di te da lasciarti andare
da solo. Tuttavia sarà un pomeriggio di libertà e di svago e potrai mostrarmi
le bellezze di Napoli e dei suoi dintorni, come dicevi di voler fare…”
Uno
sguardo al viso pallido e sconvolto del ragazzo fece capire al Generale di non
aver usato un’espressione molto felice: Alfonso si era offerto di portare Sua
Maestà e la sua Corte alla scoperta delle bellezze di Napoli… e il Re aveva
ribattuto che preferiva cominciare dall’esplorazione delle segrete.
“Ad
ogni modo un pomeriggio all’aperto ti farà bene. Sei pronto? Possiamo partire
subito” tagliò corto l’uomo, per cambiare argomento e distrarre il povero
Principe.
Fu
una lunga galoppata lungo i sentieri boscosi fuori dalla città e, nonostante
tutto, Alfonso si godette il tepore del sole sul viso, la brezza leggera che
gli scompigliava i capelli, il profumo dell’aria pulita e odorosa di mare e
vegetazione e il bellissimo panorama del golfo di Napoli. Il Generale si fermò
in una piccola radura da cui si vedeva il mare e sia lui che il Principe
scesero da cavallo. Mentre l’animale si riposava dopo la corsa, il comandante
francese passò un braccio attorno alle spalle del giovane e lo guidò verso una
grande roccia piatta sulla quale poterono sedersi. Mentre si rilassavano, fissò
il viso del Principe per trovarvi dei segni di miglioramento: sicuramente la
cavalcata gli aveva giovato, aveva ripreso colore e gli occhi sembravano
brillare di una luce nuova… ma c’era sempre un fondo di malinconia in lui,
un’ombra che niente riusciva a dissipare.
“Non
sentivi anche tu il bisogno di uscire dalla reggia?” gli disse, cercando di
distrarlo. “In effetti questi posti sono davvero belli, posso capire perché
siano così importanti per te.”
“Sì,
mio padre ha lottato tanto per difendere il Regno di Napoli” mormorò il
Principe, rattristato. “Con ogni mezzo, in realtà, ma le bellezze del nostro…
cioè, del vostro Regno non meritavano
niente di meno. E adesso…”
“Principe,
non devi essere triste” lo incoraggiò il Generale. “La passeggiata a cavallo di
oggi è stata solo l’inizio, devi stare tranquillo e continuare a mostrarti
compiacente e docile con Sua Maestà. Sono sicuro che, più Sua Maestà si renderà
conto di quanto sei prezioso per lui, più privilegi e ricompense ti accorderà. Hai
perduto il tuo titolo, è vero, posso capire che questo ti rattristi ma, se ti
comporterai sempre bene, otterrai comunque alcuni dei vantaggi che avevi come
Principe ereditario.”
“Finché
Sua Maestà non troverà un altro motivo per infuriarsi con me e mi strazierà di
nuovo” esclamò il ragazzo, scoppiando in lacrime, “e questa volta nessuno lo
fermerà!”
Il
Generale, stupito da quell’improvviso sfogo, lo prese tra le braccia e lo
strinse forte a sé, avvolgendolo come per proteggerlo da tutti i mali e tutti i
terrori.
“No,
Principe, non accadrà più. Io mi prenderò cura di te e non permetterò che ti
venga fatto altro male. Del resto, non lo avrei voluto nemmeno la prima volta…”
ammise.
Quelle
parole sembrarono colpire particolarmente il giovane Principe, che smise di
piangere e puntò lo sguardo in faccia all’uomo.
“Come
dite? Voi non… voi non volevate che mi torturassero?”
“Ti
ho salvato, no? Ti ho portato via di là…” rispose il Generale, tentando di
eludere la domanda; ma Alfonso lo fissava con tanta fiducia e speranza che
l’uomo non poté trattenersi oltre.
“E
va bene, è vero, io non approvavo la decisione di Sua Maestà” confessò,
stringendo il ragazzo al petto per sfuggire al suo sguardo. “Sono il suo uomo
di fiducia e obbedisco a tutti i suoi ordini, ma non sono sempre in totale
accordo con lui, questo è naturale. Quando mi ha ordinato di mandare i miei
uomini a catturarti sapevo quali erano le sue intenzioni e non mi piacevano:
allora non ti conoscevo e pensavo semplicemente che sarebbe stato molto più
utile tenerti come ostaggio piuttosto che ucciderti per un capriccio. Ritenevo,
comunque, che Sua Maestà fosse incollerito e indebolito per la malattia e che,
una volta riflettuto, avrebbe compreso che un Principe prigioniero è sempre più
vantaggioso di un Principe morto.”
Soprattutto per il
Principe in questione,
pensò Alfonso, ma non aprì bocca e ascoltò incuriosito quello che il Generale
aveva da dirgli.
“La
sera in cui ti trascinarono in catene al cospetto di Sua Maestà rimasi ancora
più sconcertato: non eri altro che un ragazzo sperduto e spaventato e volli
convincermi che il Re, vedendoti, avrebbe cambiato idea. Voleva vendicarsi, lo
sapevo, ma sarebbe bastato terrorizzarti un po’, magari chiuderti in una cella
per qualche notte e saresti stato subito docile e arrendevole” continuò l’uomo,
rivivendo le efferatezze di quella notte che, a quanto pareva, avevano lasciato
un profondo segno anche nel suo animo. “Mi sono voluto convincere di questo
anche quando Sua Maestà mi ha ordinato di trascinarti nelle segrete. Non arriverà fino in fondo, mi dicevo, questo è solo un ragazzo, è sconvolto,
piange disperato… vuole solo fargli credere che lo torturerà per spaventarlo a
morte.”
Ricordando
quei momenti terribili, Alfonso cominciò a tremare tra le braccia del Generale
che, allora, lo strinse più forte, facendogli sentire il calore della sua
protezione.
“Nemmeno
quando sono iniziate le torture ho voluto capire… continuavo a ripetermi che
sarebbe finita presto, che Sua Maestà aveva preso una decisione forse non
troppo prudente e che mi sarebbe arrivato l’ordine di darti il colpo di grazia.
Non immaginavo… non avrei mai pensato che… e, comunque, non ho potuto
accettarlo: quando ho compreso che cosa veramente intendesse fare Sua Maestà,
ho fermato le torture e sono andato a parlargli per convincerlo a
risparmiarti.”
Alfonso
non disse niente e continuò a tremare debolmente e a piangere silenziosamente
tra le braccia del Generale.
“Hai
capito bene, quindi? Non potrà mai più accaderti niente di così terribile
perché io non lo permetterò” affermò l’uomo,
prendendo il viso del Principe tra le mani per guardarlo bene in faccia. “Se ti
comporterai sempre bene, farò tutto quello che posso per attirarti i favori di
Sua Maestà, questo già lo sai. Ma ascoltami attentamente, adesso: se, per
qualsiasi motivo, Sua Maestà decidesse di nuovo di farti straziare in quel
modo, io ti prometto, ti giuro che
non lo permetterò. Se sarò costretto, ti ucciderò io, personalmente, con un
colpo di spada, ma non lascerò mai più che tu soffra delle pene tanto atroci e
inumane.”
Non
era stato facile per il Generale ammettere tutto questo e Alfonso lo capì.
Tranquillizzato e commosso, gli rivolse per la prima volta quello che poteva
essere uno sguardo affettuoso.
“Voi
siete gentile e valoroso” gli disse, “siete stato sempre buono con me e io…vi
ringrazio. Mi comporterò bene, farò quello che può essere utile alla Francia,
ma non per Sua Maestà, no. Lo farò per voi,
perché siete stato l’unico a interessarsi alla mia sorte e a volermi aiutare.”
Allora
il Generale lo baciò, lo baciò come mai prima, non soltanto per sfogare un
bisogno ma anche per donare e ricevere qualcosa di grande e bello; lo baciò
accarezzandogli i capelli e avvolgendolo in un abbraccio protettivo; lo baciò
come se quel giovane Principe fosse il tesoro più prezioso che aveva al mondo.
Alfonso si abbandonò a lui provando un sentimento di pace e serenità che, dopo
tante sofferenze, gli riscaldava il cuore: ora sapeva che quell’uomo lo avrebbe
difeso sempre, che sarebbe stato la sua roccia e la sua guida, che le tenebre
dell’orrore non lo avrebbero inghiottito mai più.
Ti
difenderò da incubi e tristezze
Ti
riparerò da inganni e maldicenze
E ti
abbraccerò per darti forza sempre
Ti
darò certezze contro le paure
Per
vedere il mondo oltre quelle alture
Non
temere nulla io sarò al tuo fianco
Con
il mio mantello asciugherò il tuo pianto.
(“Guerriero”
– Marco Mengoni)
FINE