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Autore: Abby_da_Edoras    08/01/2017    5 recensioni
Dunque, chi legge le mie storie sa già che non sono normale XDDD e che da un piccolo dettaglio posso inventare deliri allucinanti, soprattutto quando mi prendo a cuore un personaggio e voglio salvargli la vita a tutti i costi.
La mia storia a capitoli (sì, perché ci ho fatto proprio una long con questa vicenda...) si intitola "Shadows and lights" e trae la sua "ispirazione" (vabbè, chiamiamola così...) dalla puntata 02X01 della serie TV The Borgias versione canadese: la parte di me che entra in empatia con i personaggi più improbabili è rimasta sconvolta dalla vicenda tragica del Principe Alfonso di Napoli torturato a morte dai francesi. Ecco, io mi sono creata una versione personale di tale vicenda (approfittando del fatto che, tutto sommato, quel personaggio è una licenza poetica e non è realmente esistito, così come la sua storia) e da questo è nata la ff. Stiamo parlando di AU, OOC e quant'altro, grazie a chi si prenderà la pena di leggere le mie allucinazioni e non siate troppo severi con me, lo so anch'io che sono da neurodeliri!
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alfonso II di Napoli, Altri
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Salvation'
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Capitolo 7: War paint

 

We can be beautiful without our war paint, our war paint

And we can have it all once we let our walls break, our walls break

Why in the hell do we fight on the front line

When we both know that we’re here on the same side…

(“War paint” – Kelly Clarkson)

 

 

Gli Sforza, seccati e amareggiati dopo la deludente e umiliante cena con Re Carlo, erano ripartiti per Forlì la mattina successiva, alle prime luci dell’alba e, non appena l’aveva Saputo, il Generale era andato ad annunciarlo con grande entusiasmo al suo sovrano.

“Sono certo che ormai questi insulsi nobili italiani avranno capito con chi hanno a che fare e non verranno mai più a disturbare Vostra Altezza” commentò, molto soddisfatto. Anche il Re sembrava compiaciuto e fu per questo che il comandante francese si azzardò a fargli una richiesta particolare.

“Spero che converrete con me, mio sovrano, che è stato anche merito dell’encomiabile comportamento del Principe Alfonso se la cosa si è risolta in modo tanto vantaggioso per voi” iniziò a dire. “Il Principe ha mostrato di condividere le vostre idee, di essere vostro alleato e, cosa ancora più preziosa, gli Sforza non hanno potuto minacciarvi di possibili ritorsioni da parte della Spagna proprio perché un importante rappresentante di quella nazione era accanto a voi.”

“Ne siamo consapevoli” ammise il sovrano, con un sorrisetto malizioso, “ma dove vorresti arrivare con questo discorso, Generale?”

“Vostra Maestà, io oserei suggerire una piccola ricompensa per il Principe” rispose l’uomo, che si era preparato proprio per quel momento. “Fargli una concessione che a voi non costa nulla e che per lui significa moltissimo servirà sia a legarlo ancora di più alla vostra causa, sia a rallegrarlo e, di conseguenza, a motivarlo sempre di più in vostro favore.”

“Va bene, va bene, ho capito. Ci tieni proprio tanto a quel moccioso di un Principe, eh? Ad ogni modo hai ragione tu, si fa così anche con gli animali per addomesticarli” tagliò corto Re Carlo. “E quale sarebbe la ricompensa che proponi per lui?”

“Come vi ho già detto, a voi non costa nulla ma per lui sarebbe una grande gioia: vorrei portarlo a fare una cavalcata fuori dalla reggia, nei boschi che abbiamo percorso per arrivare qui” spiegò il Generale. “Il Principe è molto indebolito per… beh, per tutto quello che ha passato e da molte settimane ormai è rinchiuso qui. Credo che una breve gita all’aria aperta gli farebbe bene al fisico e all’umore. Niente di impegnativo, pensavo a un semplice pomeriggio di svago…”

“Questa è la scusa che hai trovato per portarti il Principino nei boschi, eh, Generale?” replicò il Re con una risata. “E chi ci assicura che non tenterà la fuga?”

“Ve lo assicuro io, Vostra Altezza, il Principe sarà sotto la mia responsabilità” rispose compunto il militare. “Non lo lascerò cavalcare, ovviamente, lo porterò con me sulla mia cavalcatura e lo terrò sempre sotto sorveglianza. E se, nonostante tutta la mia attenzione, cercasse di fuggire… mio sovrano, vedete me e sapete com’è il Principe: lo catturerei subito e a quel punto lo punirei. Non dovete minimamente preoccuparvi.”

“E sia, avete il nostro permesso” concesse Re Carlo, con un’altra sghignazzata. “Anche tu meriti una ricompensa, Generale: vai, vai pure a imboscarti col Principino!”

Ottenuto, in qualche modo, il permesso del sovrano, il Generale si occupò dei preparativi per quel pomeriggio di libertà con il Principe Alfonso. Al giovane non disse niente fino all’ultimo momento: voleva che fosse una sorpresa per lui… e poi si stupì lui stesso del pensiero gentile che aveva avuto nei suoi riguardi. Forse Sua Maestà aveva ragione e lui si stava davvero legando sempre più profondamente al ragazzo… ma questo lo faceva sentire bene come mai prima.

 

Alfonso, dal canto suo, si sentiva confuso e destabilizzato. La sera precedente era stata davvero entusiasmante, lui si era divertito moltissimo e, per qualche ora, aveva dimenticato la sua triste condizione di prigioniero e persino le orribili torture subite per ritornare ad essere il giovane Principe provocatorio e malizioso che era sempre stato. Aveva preso in giro gli Sforza, si era vantato del suo titolo e della sua importanza come discendente degli Aragona, aveva partecipato al banchetto di Re Carlo come ospite d’onore invece che come bersaglio delle sue cattiverie e, in certi momenti, gli era parso che anche il sovrano iniziasse ad apprezzarlo. Quella mattina, però, si era ritrovato ad essere il solito povero Principe senza regno e senza corona, disprezzato anche dalla soldataglia francese e soggetto ai capricci del Re… il suo bel sogno era durato una sera soltanto!

All’ora di pranzo, il sovrano non lo aveva convocato alla sua tavola e, quindi, il Principe era rimasto nella sua camera, malinconico e un po’ spaventato, temendo che, tutto sommato, la serata non fosse andata così bene e che il Re fosse nuovamente in collera con lui. Più tardi era arrivato il dottore a bussare alla sua porta, gli aveva portato qualcosa da mangiare e lo aveva visitato, verificando che le terribili ferite che gli erano state inflitte erano finalmente in via di guarigione. Aveva cercato di confortarlo, dicendogli che presto sarebbe guarito completamente, ma Alfonso era rimasto mesto e silenzioso. Dentro di sé pensava che era inutile guarire… tanto, prima o poi, il Re avrebbe trovato qualche nuova scusa per prendersela con lui e fargli ancora del male… non poteva più illudersi.

Il Generale lo trovò dunque malinconico e abbattuto e ne rimase sorpreso.

“Principe Alfonso, perché sei così triste? Non dovresti: hai già dimenticato come sei stato prezioso per Sua Maestà ieri sera? Il sovrano è molto compiaciuto di te, è stato per gran parte merito tuo se gli Sforza non hanno potuto ottenere ciò che si ripromettevano” gli disse l’uomo, cercando di tirarlo su di morale. “Stamattina sono ripartiti prima dell’alba e non credo che torneranno mai più a disturbare Sua Maestà!”

Il Principe annuì stancamente.

“Sì, ieri sera è andata così, ma quanto durerà? Anch’io mi ero illuso, per qualche ora, di essere di nuovo il Principe di un tempo ma… appunto, era solo un’illusione” mormorò.

“Ti sbagli, Principe. Sua Maestà è davvero contento di te e per questo motivo ha deciso di premiarti: adesso potrai venire con me a fare una passeggiata a cavallo nei boschi attorno alla città” gli annunciò il Generale, cercando di strappargli un sorriso. “Sei rinchiuso nella reggia da tanto tempo e una giornata all’aperto ti farà bene.”

Alfonso lo fissò, incredulo.

“Davvero Sua Maestà ha deciso di ricompensarmi? E’ veramente così soddisfatto di me?”

“Ma certo, Principe” ribatté il comandante francese. Non gli sembrava il caso di spiegargli che, in realtà, era stato lui a convincere il sovrano a fargli quella concessione… “Ti ho detto tante volte che, se ti comporti bene e se ti rendi utile alla causa francese, non hai più niente da temere da parte di Sua Maestà. Questa è una dimostrazione, ma ne avrai sicuramente molte altre.”

Il Principe non sapeva se crederci o no. Da un lato avrebbe tanto voluto che le cose fossero così semplici, che bastasse fare il bravo e compiacere il Re per sentirsi al sicuro e riavere almeno qualcuno dei privilegi di un tempo; dall’altro lato, però, rammentava ancora fin troppo bene la terribile sera in cui si era fidato, in cui aveva creduto che il sovrano lo avrebbe accolto… e poi si era ritrovato nelle camere di tortura a soffrire le più atroci pene e urlando disperatamente, sapendo che nessuno si sarebbe impietosito. Come poteva illudersi ancora?

“Naturalmente sarò io a portarti con me, sulla mia cavalcatura” dovette ammettere il Generale, “Sua Maestà non si fida ancora così tanto di te da lasciarti andare da solo. Tuttavia sarà un pomeriggio di libertà e di svago e potrai mostrarmi le bellezze di Napoli e dei suoi dintorni, come dicevi di voler fare…”

Uno sguardo al viso pallido e sconvolto del ragazzo fece capire al Generale di non aver usato un’espressione molto felice: Alfonso si era offerto di portare Sua Maestà e la sua Corte alla scoperta delle bellezze di Napoli… e il Re aveva ribattuto che preferiva cominciare dall’esplorazione delle segrete.

“Ad ogni modo un pomeriggio all’aperto ti farà bene. Sei pronto? Possiamo partire subito” tagliò corto l’uomo, per cambiare argomento e distrarre il povero Principe.

 

Fu una lunga galoppata lungo i sentieri boscosi fuori dalla città e, nonostante tutto, Alfonso si godette il tepore del sole sul viso, la brezza leggera che gli scompigliava i capelli, il profumo dell’aria pulita e odorosa di mare e vegetazione e il bellissimo panorama del golfo di Napoli. Il Generale si fermò in una piccola radura da cui si vedeva il mare e sia lui che il Principe scesero da cavallo. Mentre l’animale si riposava dopo la corsa, il comandante francese passò un braccio attorno alle spalle del giovane e lo guidò verso una grande roccia piatta sulla quale poterono sedersi. Mentre si rilassavano, fissò il viso del Principe per trovarvi dei segni di miglioramento: sicuramente la cavalcata gli aveva giovato, aveva ripreso colore e gli occhi sembravano brillare di una luce nuova… ma c’era sempre un fondo di malinconia in lui, un’ombra che niente riusciva a dissipare.

“Non sentivi anche tu il bisogno di uscire dalla reggia?” gli disse, cercando di distrarlo. “In effetti questi posti sono davvero belli, posso capire perché siano così importanti per te.”

“Sì, mio padre ha lottato tanto per difendere il Regno di Napoli” mormorò il Principe, rattristato. “Con ogni mezzo, in realtà, ma le bellezze del nostro… cioè, del vostro Regno non meritavano niente di meno. E adesso…”

“Principe, non devi essere triste” lo incoraggiò il Generale. “La passeggiata a cavallo di oggi è stata solo l’inizio, devi stare tranquillo e continuare a mostrarti compiacente e docile con Sua Maestà. Sono sicuro che, più Sua Maestà si renderà conto di quanto sei prezioso per lui, più privilegi e ricompense ti accorderà. Hai perduto il tuo titolo, è vero, posso capire che questo ti rattristi ma, se ti comporterai sempre bene, otterrai comunque alcuni dei vantaggi che avevi come Principe ereditario.”

“Finché Sua Maestà non troverà un altro motivo per infuriarsi con me e mi strazierà di nuovo” esclamò il ragazzo, scoppiando in lacrime, “e questa volta nessuno lo fermerà!”

Il Generale, stupito da quell’improvviso sfogo, lo prese tra le braccia e lo strinse forte a sé, avvolgendolo come per proteggerlo da tutti i mali e tutti i terrori.

“No, Principe, non accadrà più. Io mi prenderò cura di te e non permetterò che ti venga fatto altro male. Del resto, non lo avrei voluto nemmeno la prima volta…” ammise.

Quelle parole sembrarono colpire particolarmente il giovane Principe, che smise di piangere e puntò lo sguardo in faccia all’uomo.

“Come dite? Voi non… voi non volevate che mi torturassero?”

“Ti ho salvato, no? Ti ho portato via di là…” rispose il Generale, tentando di eludere la domanda; ma Alfonso lo fissava con tanta fiducia e speranza che l’uomo non poté trattenersi oltre.

“E va bene, è vero, io non approvavo la decisione di Sua Maestà” confessò, stringendo il ragazzo al petto per sfuggire al suo sguardo. “Sono il suo uomo di fiducia e obbedisco a tutti i suoi ordini, ma non sono sempre in totale accordo con lui, questo è naturale. Quando mi ha ordinato di mandare i miei uomini a catturarti sapevo quali erano le sue intenzioni e non mi piacevano: allora non ti conoscevo e pensavo semplicemente che sarebbe stato molto più utile tenerti come ostaggio piuttosto che ucciderti per un capriccio. Ritenevo, comunque, che Sua Maestà fosse incollerito e indebolito per la malattia e che, una volta riflettuto, avrebbe compreso che un Principe prigioniero è sempre più vantaggioso di un Principe morto.”

Soprattutto per il Principe in questione, pensò Alfonso, ma non aprì bocca e ascoltò incuriosito quello che il Generale aveva da dirgli.

“La sera in cui ti trascinarono in catene al cospetto di Sua Maestà rimasi ancora più sconcertato: non eri altro che un ragazzo sperduto e spaventato e volli convincermi che il Re, vedendoti, avrebbe cambiato idea. Voleva vendicarsi, lo sapevo, ma sarebbe bastato terrorizzarti un po’, magari chiuderti in una cella per qualche notte e saresti stato subito docile e arrendevole” continuò l’uomo, rivivendo le efferatezze di quella notte che, a quanto pareva, avevano lasciato un profondo segno anche nel suo animo. “Mi sono voluto convincere di questo anche quando Sua Maestà mi ha ordinato di trascinarti nelle segrete. Non arriverà fino in fondo, mi dicevo, questo è solo un ragazzo, è sconvolto, piange disperato… vuole solo fargli credere che lo torturerà per spaventarlo a morte.”

Ricordando quei momenti terribili, Alfonso cominciò a tremare tra le braccia del Generale che, allora, lo strinse più forte, facendogli sentire il calore della sua protezione.

“Nemmeno quando sono iniziate le torture ho voluto capire… continuavo a ripetermi che sarebbe finita presto, che Sua Maestà aveva preso una decisione forse non troppo prudente e che mi sarebbe arrivato l’ordine di darti il colpo di grazia. Non immaginavo… non avrei mai pensato che… e, comunque, non ho potuto accettarlo: quando ho compreso che cosa veramente intendesse fare Sua Maestà, ho fermato le torture e sono andato a parlargli per convincerlo a risparmiarti.”

Alfonso non disse niente e continuò a tremare debolmente e a piangere silenziosamente tra le braccia del Generale.

“Hai capito bene, quindi? Non potrà mai più accaderti niente di così terribile perché io non lo permetterò” affermò l’uomo, prendendo il viso del Principe tra le mani per guardarlo bene in faccia. “Se ti comporterai sempre bene, farò tutto quello che posso per attirarti i favori di Sua Maestà, questo già lo sai. Ma ascoltami attentamente, adesso: se, per qualsiasi motivo, Sua Maestà decidesse di nuovo di farti straziare in quel modo, io ti prometto, ti giuro che non lo permetterò. Se sarò costretto, ti ucciderò io, personalmente, con un colpo di spada, ma non lascerò mai più che tu soffra delle pene tanto atroci e inumane.”

Non era stato facile per il Generale ammettere tutto questo e Alfonso lo capì. Tranquillizzato e commosso, gli rivolse per la prima volta quello che poteva essere uno sguardo affettuoso.

“Voi siete gentile e valoroso” gli disse, “siete stato sempre buono con me e io…vi ringrazio. Mi comporterò bene, farò quello che può essere utile alla Francia, ma non per Sua Maestà, no. Lo farò per voi, perché siete stato l’unico a interessarsi alla mia sorte e a volermi aiutare.”

Allora il Generale lo baciò, lo baciò come mai prima, non soltanto per sfogare un bisogno ma anche per donare e ricevere qualcosa di grande e bello; lo baciò accarezzandogli i capelli e avvolgendolo in un abbraccio protettivo; lo baciò come se quel giovane Principe fosse il tesoro più prezioso che aveva al mondo. Alfonso si abbandonò a lui provando un sentimento di pace e serenità che, dopo tante sofferenze, gli riscaldava il cuore: ora sapeva che quell’uomo lo avrebbe difeso sempre, che sarebbe stato la sua roccia e la sua guida, che le tenebre dell’orrore non lo avrebbero inghiottito mai più.

 

Ti difenderò da incubi e tristezze

Ti riparerò da inganni e maldicenze

E ti abbraccerò per darti forza sempre

Ti darò certezze contro le paure

Per vedere il mondo oltre quelle alture

Non temere nulla io sarò al tuo fianco

Con il mio mantello asciugherò il tuo pianto.

(“Guerriero” – Marco Mengoni)

 

 

FINE

 

 

 

   
 
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