Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: metaldolphin    09/01/2017    4 recensioni
Eccomi di nuovo qui, questa volta con una vicenda di ambientazione un po' diversa per i nostri pirati preferiti.
Tra mari sconosciuti e lo spazio profondo, si troveranno ad affrontare una minaccia inattesa, portatrice di dolore per un intero popolo.
Non è il seguito di una serie anime o del recente film in CG: l'equipaggio dell'Arcadia è quello tradizionale e il Capitano forse è più vicino a quello scostante e duro di Endless Odyssey, ma non è ambientata in quel contesto... è più una vicenda indipendente, se mi fate passare il concetto.
Per chi mi segue dai tempi di One Piece: no, non mi sono sbagliata di fandom, anche se il primo capitolo potrebbe dare una diversa impressione...
Ci tengo a precisare che non è un crossover con Dr. Who, anche se ho preso a prestito il termine "balena astrale" e anche se le creature a cui si fa riferimento hanno punti in comune, differiscono da quelle presentate nella famosa serie di sci-fi.
Per chi mi voglia seguire, e li ringrazio sin da adesso, non resta allora che "tuffarci" in questa nuova storia! ^_^
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dottor Zero, Harlock, Miime, Nuovo personaggio, Yuki
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Le balene astrali qualcosa avevano lasciato, prima di sparire misteriose: i ragazzi e le ragazze del popolo dei sirenidi che erano di ritorno dalla loro prova per essere ammessi al mondo adulto. Avevano compiuto il loro rito di passaggio ed erano tornati in un mondo sconvolto da una guerra che mai avevano conosciuto.
Leelaine e gli altri erano andati loro incontro e avevano spiegato quanto accaduto al cospetto degli umani che non poterono fare altro che assistere a quel muto scambio dato dal contatto mentale.
Il bilancio finale era doloroso: famiglie intere erano andate distrutte, altre menomate da molti dei componenti, nessuna era uscita indenne dalla prima invasione di Hammer e dei suoi uomini.
L'equipaggio dell'Arcadia restituì il corpicino della piccola che non erano riusciti a salvare ed una giovane madre pianse l'ultima speranza che le veniva portata via: era rimasta davvero sola. Conobbero il suo nome e Kei salutò per sempre la piccola Seephee la cui salma ancora intatta, preservata fino a quel momento dal campo di stasi, venne portata al buio tempio della morte. Non avrebbe mai scordato la debole voce della bimba nella sua testa che la invocava come la Dea che non era. Forse Harlock intuì il suo pensiero e la sua mano guantata dal pesante scafandro le strinse il braccio, per farle sentire la sua vicinanza. Lei poggiò il casco a quello di lui, così da non usare il comunicatore attraverso il quale avrebbero udito tutti, e affidò la propagazione del suono a quel contatto che invece avrebbe assicurato la privacy.
-Ha chiesto il mio aiuto e non sono riuscita a salvarla...- disse lei con voce rotta. Lui annuì: -Non potevi fare di più per lei. Ma non la dimenticheremo.- rimarcò, risoluto.
Rimasero vicini, poi seguirono gli altri a bordo dell'Arcadia. Prima di affiorare alla superficie ormai buia dell'oceano, furono raggiunti da Leelaine, che li afferrò entrambi per lo scafandro e li fermò.
"Andate via?" chiese con apprensione, il volto chiaro illuminato dalla luce giallastra che proveniva dalla luce interna ai caschi dei due pirati.
Le rispose il Capitano, con voce pacata: -No, tranquilla. Però dobbiamo tornare a bordo per avere notizie da Ombra di Morte, per sapere se sono riusciti a recuperare tutte le tue compagne rapite.
Avevano recuperato dal relitto della Rapace, ormai inabissato con i cadaveri dei suoi occupanti, la memoria ben protetta del computer. Conteneva, tra le altre cose, il database con il numero preciso e le schede delle sirene vendute e i rispettivi acquirenti. Ne inviarono copia su Ombra di Morte per cercare di capire se la loro strategia avesse avuto successo, poi consegnarono il tutto ai ricercatori, che avrebbero allertato le autorità su quel traffico. Inoltre Marc e Sarah avrebbero preso il merito della scoperta di quel sistema e delle rare e singolari specie che lo abitavano: ai pirati dell'Arcadia non sarebbe stato possibile prendersi ufficialmente il merito della cosa... e a loro dopotutto non importava.
Da Zero giunse la notizia che su Ombra di Morte era giunto il novanta per cento delle sirene rapite, ancora vive, anche se molte in cattive condizioni di salute. Delle rimanenti, stando al database dei trafficanti, altre due erano bimbe morte prima della consegna, mentre delle altre non si aveva notizia... Ci avrebbero pensato le autorità con il supporto dell'organizzazione dei ricercatori a recuperarle, coi normali mezzi di cui disponevano i canali ufficiali.
Nei giorni che attesero l'arrivo di Ombra di Morte, l'Arcadia rimase mollemente ormeggiata presso la costa dell'isolotto più vicino alla città sommersa dei sirenidi. I ricercatori ne approfittarono per approfondire i contatti con quella singolare popolazione, mentre i pirati iniziarono le riparazioni più urgenti sull'astronave. Lavoravano ormai da cinque giorni e Harlock era stato parecchio indaffarato sia sopra che sotto la superficie dell'acqua, tanto che i suoi lo vedevano poco e sempre più di umore cupo, col suo mantello svolazzante sulla schiena alternato allo scafandro che doveva usare per uscire.
Qualsiasi cosa lo tormentasse, sapevano che lo avrebbe tenuto per sé, come sempre, quindi si limitarono ad osservarlo senza interferire troppo su quello strano stato d'animo che contrastava così tanto con la vittoriosa atmosfera che regnava a bordo e sott'acqua.
Quel pomeriggio incontrò Kei nel corridoio che portava all'hangar, impegnata a trasportare un mucchio di cavi tra le braccia esili. Rimasero a guardarsi: da quel momento in plancia in cui lui l'aveva baciata non avevano avuto modo di parlare in privato e chiarirsi su quel particolare istante.
 
Le si avvicinò e le portò i capelli dietro l'orecchio, in un movimento fluido e sensuale insieme. Non poteva continuare ad ignorare quel sentimento così forte e nemmeno quello che era accaduto in plancia. Dopotutto cosa sarebbe cambiato a bordo, se l'avesse avuta come compagna? Era già comunque abbastanza coinvolto, si preoccupava per lei, ne desiderava la presenza vicino e sapeva che se avesse represso troppo a lungo quell'insieme di sensazioni sarebbe esploso. Di certo Kei non avrebbe sottratto nulla alle sue attenzioni per l'Arcadia e il suo equipaggio, non lo avrebbe cambiato come Capitano. E lei non era il tipo da pretendere particolare trattamento facendo leva sui suoi sentimenti, lo aveva dimostrato in quei giorni, continuando a svolgere il proprio dovere senza risparmiarsi, anche alla luce di quel bacio così dolcemente corrisposto. Allora un pensiero prese forma nella sua mente, concretizzato dai dubbi che si erano pian piano trasformati in certezze.
Come ipnotizzata, lei non reagì, incapace di capire cosa stesse accadendo, persa in quell'iride seria di ambra proveniente da un tempo troppo lontano per essere compreso pienamente.
-Domani arriverà Ombra di Morte e saremo ancor più impegnati. Passa un po' di tempo con me, Kei.
La ragazza sorrise e annuì, le pupille dilatate per l'emozione di potergli stare nuovamente vicino.
Le tolse i cavi dalle braccia e li lanciò a lato del corridoio, poi la prese per mano e si avviarono insieme. La condusse fuori, sullo scafo segnato dalla recente battaglia, in un punto vicino alla superficie dell'oceano, sull'acciaio riscaldato dal sole. Sedettero vicini, per una volta spensierati, rilassati in un mondo che era lontano dalla vita che conducevano di solito. Era vero che capitava che prendessero una pausa su Ombra di Morte, ma anche se riproduzione fedele di uno spaccato naturale, sempre di isola artificiale si trattava. E poi quello era un momento particolare, in cui una nuova consapevolezza si faceva strada in loro.
Una leggera brezza scompigliava i capelli nella luce calda ma non troppo aggressiva del pomeriggio e Harlock si ritrovò a prenderle la mano e ad attirarla a sé, come mille volte aveva pensato di fare. Per qualche momento poteva fare a meno del suo ruolo e tenerla così, assecondando quell'istinto di protezione che quella ragazza sapeva suscitare in lui. Kei non si oppose e sorrise sul suo petto, ricambiando quell'abbraccio forte che tanto la faceva stare bene.
La raggiunse con un bacio leggero sulla tempia, ne seguì uno sulla guancia, poi ne posò un altro più vicino alle labbra rosee di lei. Si incontrarono in un bacio vero e proprio, quando Kei voltò appena il capo per tornare ad assaporare la morbidezza inaspettata di quelle di lui, ancora una volta, dopo quel primo momento in plancia. Stavolta approfondirono il contatto, tenendosi stretti, senza respirare, in un cercarsi e trovarsi che divenne presto un bisogno impellente delle mani e poi dei loro interi corpi.
Era come se ad Harlock venisse più facile, come se da quando l'aveva baciata la prima volta si fosse davvero tolto un peso dal cuore. In quei giorni ci aveva pensato spesso e aveva deciso che quell'urgenza non era stata data soltanto dal momento disperato per l'esito di una battaglia creduta persa, come poteva accadere... Era la motivazione che si era dato in un primo momento, sapendo di mentire a se stesso, ma era stato più forte di lui: il dover affrontare un sentimento così misterioso e grande, che avrebbe potuto portare grossi cambiamenti all'interno della ciurma, lo aveva inquietato ancor più che un nemico tangibile. Solo quel giorno si era reso conto di quanto fosse immotivato quel timore.
Si rilassarono sullo scafo segnato da mille battaglie, a guardare il cielo limpido, lei col capo poggiato sul petto di lui, ad ascoltare il battito del cuore, adesso più calmo, dopo i primi momenti di passione. Uno stormo di grossi uccelli dalla coda marcatamente forcuta volava alto in direzione dell'arcipelago, lanciando acuti schiamazzi e rimasero a guardarli finché non scomparvero.
-Ti sei mai chiesto come mai il popolo di Leelaine somigli così tanto alle descrizioni che si fanno delle sirene sulla Terra?- chiese ad un tratto Kei, pensierosa.
Harlock ci aveva pensato a lungo: -Sarebbe una coincidenza davvero improbabile, se pensassi ad un semplice caso. Comincio a pensare che un fondo di verità ed un ipotetico legame ci sia...
-E come ti spieghi la cosa?
-Poniamo il caso che un branco di balene astrali sia partito come suo solito per la migrazione annuale. Se per una o più circostanze ancora da definire, avessero perso la rotta uno o più esemplari, e questi fossero finiti nei pressi di un pianeta azzurro dal sole giallo, coperto per buona parte dall'acqua... e vi fossero rimasti, più o meno ai tempi in cui la civiltà umana era giunta ai primi tentativi di scrittura fantastica, come la mitologia greca... i terrestri dell'epoca avrebbero pensato a creature sovrannaturali. Non escludo nemmeno tentativi di avvicinamento finiti male per colpa dei poteri psichici delle sirene. Naturalmente le balene astrali, potrebbero aver avuto difficoltà a tornare, forse malate o chissà perché… naturalmente mancando delle femmine si sarebbero estinte, ma i sirenidi no, dato che solitamente i giovani che affrontano il rito di passaggio sono di entrambi i sessi. Ed ecco il mito di sirene e di enormi leviatani che nasce in svariate popolazioni della civiltà umana. Eravamo stati raggiunti dagli alieni in tempi remoti e non lo sapevamo...
Kei lo aveva ascoltato affascinata. Era una spiegazione plausibile, qualcosa di simile lo aveva pensato anche lei.
-Certo che adesso abbiamo un bel problema. C'è un sacco di gente che adesso conosce i sirenidi e le balene astrali... Ho paura che altri uomini, spinti dall'avidità, possano mettere in pericolo questo paradiso ed i suoi abitanti.- gli confessò.
La rassicurò in merito: -Adesso che anche loro sanno delle minacce che esistono al di fuori del loro pianeta, saranno più attenti. Hanno le balene a proteggerli e hanno gente come Marc e Sarah che racconteranno la loro storia: faranno di tutto per coinvolgere gli organi competenti affinché non accada loro nulla di così mostruoso. E se non dovesse bastare, ci siamo noi, no?
Kei rise: -Hai ragione. Non per metteremo più che accada qualcosa di così terribile.- e il pensiero di lei tornò alla piccola Seephee, smorzando quell'entusiasmo come le capitava ogni volta che la ricordava.
Si sollevò a sedere, il sole era ormai basso all'orizzonte ed erano sorte due delle tre piccole lune che illuminavano le notti di quel pianeta. Un canto leggero giunse da qualche parte sulla superficie dell'acqua, un'armoniosa voce femminile a cui rispose poco dopo una più bassa, ma ugualmente gradevole, voce maschile. Rimasero in silenzio ad ascoltare quel canto misterioso, poi si aggiunse un'altra voce e poi un'altra ancora, fino a che un armonioso coro avvolse l'Arcadia e il suo scafo ancora ferito dalla battaglia. Decine di teste argentate erano emerse attorno all'astronave, punteggiando la superficie del mare che la sosteneva.
Nella luce del tramonto che andava scemando, Harlock e Kei si chiesero cosa stesse accadendo, cullati da quel suono celestiale accompagnato dallo sciacquio leggero delle onde sullo scafo.
Una voce si distaccò dalle altre e parlò alle loro menti, era quella ormai familiare di Leelaine: "Capo Harlock, Figlia della Madre Kei, noi cantiamo per l'anima della vostra balena di metallo. Noi cantiamo per l'Amico di Capo Harlock, che ha combattuto la nostra battaglia."
Riprese il canto con gli altri e l'uomo e la donna rimasero incantati ad ascoltare quel suono che pacificava davvero l'anima. Ad un tratto lo scafo parve quasi brillare di luce propria; durò solo un istante, ma fu impressionante. Harlock sapeva che il suo Amico ringraziava così per quella manifestazione d'affetto, mentre Kei rimase a bocca aperta di fronte a quel fenomeno.
Pian piano, come si erano aggiunte, le voci scemarono, sino a che rimase la coppia che aveva iniziato. Ormai era buio e presto tacquero anch'essi. Rimasero solo il Capitano e il Secondo Ufficiale sotto il cielo punteggiato da costellazioni sconosciute, semi occultate dal chiarore che donavano le due lune ormai alte nel cielo.
 

Rapidamente lo strato medio del cielo si annuvolò e l'aria fu illuminata dai lampi, sottolineando il movimento dello scafo in balia di un moto ondoso che si andava intensificando sotto un vento più insistente. Sulle torrette, sulle antenne e sui cannoni dell'Arcadia apparvero con un inquietante sfrigolio le spettrali fiammelle che i marinai terrestri di un tempo chiamavano "Fuochi di S. Elmo", in realtà cariche elettrostatiche che si accumulavano di solito sugli alberi e sui pennoni dei velieri, dove la differenza di potenziale con l'aria circostante era maggiore. Presto l'umidità della tempesta che preannunciavano li avrebbe cancellati e la pioggia avrebbe reso lucido il metallo dello scafo, normalmente opacizzato dall'usura che la vita di un'astronave implicava.
Il Capitano si mise in piedi e tese una mano a Kei, aiutandola a rialzarsi. La brezza densa di salsedine si era fatta davvero fredda ed un brivido la attraversò, quando una volta eretta si espose maggiormente al vento.
Il mantello sventolava dietro la sua figura energicamente, ma lui tenne lo stesso il passo saldo, senza farsi influenzare troppo da quel fastidioso effetto vela.
-Torniamo dentro.- le disse e lei lo seguì, ancora in silenzio, barcollando per il beccheggio e il rollio della nave che andavano facendosi più forte di minuto in minuto, a causa del moto ondoso che aumentava col vento. Era ancora intimorita dalla piega che stava prendendo il loro rapporto, ma la sicurezza che lui dimostrava di avere la rincuorò. Nutriva una tale fiducia nel suo Capitano che sarebbe riuscita a seguirlo davvero ovunque.
Le loro mani erano ancora allacciate, quando tornarono al riparo, ma sciolsero quel contatto subito dopo messo piede sottocoperta, ognuno di nuovo calato nel suo ruolo, lui Capitano, lei Ufficiale.
La cena aveva richiamato tutti in mensa e anche loro vi si diressero. Appena ne varcarono insieme la soglia, il chiacchiericcio che aleggiava si smorzò fin quasi a svanire, mentre i presenti li osservavano curiosi; i due non dimostrarono di farci caso e non appena si furono accomodati alo stesso tavolo in un angolo della sala, quel brusio allegro tornò ad imperare.
Masu-san però non era il tipo da lasciare passare inosservata una stranezza di quel tipo; li avevano cercati per tutta la nave, avevano anche contattato i ricercatori, il tutto senza esito, poi erano comparsi insieme... oltretutto qualcuno le aveva riferito del bacio in plancia, quando credevano di non essere stati visti, con gli uomini distratti dalle balene astrali, e alla vecchia cuoca non era parso vero di vederli davvero così vicini.
Aspettò che terminassero di cenare, poi batté due grandi bottiglie di ottimo liquore sul banco, facendoli azzittire e voltare tutti: -Stasera si brinda! Offro io, è la roba migliore che abbiamo a bordo! E chi non ha capito il perché, può anche andarsene via da questa nave!- sbraitò, risoluta, strizzando l'occhio al Capitano e mostrando l'intera dentiera a Kei, che sprofondava virtualmente sulla sedia, imbarazzata a morte per essersi trovata così al centro dell'attenzione.
Naturalmente si unirono tutti ai festeggiamenti e anche Meeme tracannò la sua abbondante parte per gioire con essi.
La festa proseguì con qualsiasi cosa di bevibile fosse stato tirato fuori un po' ovunque. Pian piano i meno brilli andarono a dormire, mentre l'Arcadia entrava nel turno di riposo. Anche Harlock e Kei uscirono, lasciando Masu-san a far sgomberare quelli che erano ancora in grado di camminare sotto la minaccia dei suoi coltellacci... Gli altri rimasero sul pavimento o sui tavoli a ronfare beati: il giorno seguente l'emicrania li avrebbe portati tutti da Zero per qualche rimedio utile a farla calmare.
Fuori la tempesta aumentava di intensità, ma non era una preoccupazione per nessuno di essi, sicuri al riparo dello scafo amico. E chi era ubriaco nemmeno si rese conto di barcollare un po' più del solito.
Harlock la accompagnò fino all'alloggio che le era stato assegnato fin da quando era giunta a bordo e si fermò sulla soglia con lei. Kei lo guardò e gli prese la mano. Non disse nulla, ma aperta la porta della camera bastò che entrasse senza interrompere quel contatto perché lui la seguisse senza dire nulla. La porta si richiuse senza interrompere quel silenzio carico di aspettative e promesse. Nemmeno i suoni della tempesta che imperversava fuori giunsero sin lì.
   
 
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