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Autore: Machi16    13/01/2017    2 recensioni
Le tracce di quegli insulsi pensieri che i due si scambiavano attraverso gli occhi diventarono parole precise, esse delinearono il loro essere Holmes e Watson e allo stesso tempo Watson e Holmes.
Non era mai esistito l' uno senza l' altro perché in una maniera sconosciuta e misteriosa i due erano complementari, in una maniera altamente improbabile e lo si vedeva ogni qual volta i loro sentimenti avversi combaciavano e il loro risolvere misteri indicava un lento districarsi della loro anima.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Bastardo era il ticchettare senza senso di un orologio rotto e mai esistito.
Batteva incessantemente il suo tempo tra le pareti del cervello di Sherlock Holmes come a volerlo spaccare e rendere stupidamente inutile e inutilizzabile al pari di una mente comune e fin troppo basilare per essere compresa.

Tic-Tac, Tic- Tac.

Era il suono di una vita che si stava spezzando a causa di un esistenza sconosciuta segnata da un limite che qualcun’ altro gli aveva posto, un limite con un nome che non ricordava, un viso che non riconosceva e dei sentimenti che non gli appartenevano. Una sensazione fece breccia in quella fredda e desolata landa in cui si trovava, un’ altra blasfema emozione che il più delle volte è conosciuta come solitudine.
Sherlock in quella stanza distrutta avrebbe voluto gridare parole senza senso fino a soffocare ogni battito di quel cuore che stava andando all’ impazzata, alla deriva di un posto sconosciuto nel quale non avrebbe saputo ritrovare la strada. Furori non pioveva più, Londra aveva smesso di versare lacrime amare sui suoi abitanti ma lo stato d’ animo di quell’ eterna città sembrava essersi trasposto in un'unica persona che non era in grado di reggere tanti sentimenti tutti in una volta.
Da dove proviene il male?
Quel dolore insensato che provava era il sintomo di una rottura e la porta che aveva aperto poco prima era l’ orlo del baratro in cui era appena caduto, lo sapeva eppure lo aveva fatto, se qualcuno gli e ne chiedesse il motivo probabilmente non saprebbe rispondere, il silenzio era l’ unica via di fuga che poteva sopportare.

Tic-Tac, Tic-Tac.

Nel cappotto ce n’ era ancora una, una scorta di emergenza che aveva preso prima di scappare da uno spacciatore di fiducia, quel calmo nettare di pace che più volte aveva lasciato libero il suo cervello di vagare senza che lui si sforzasse a fermarlo ora era quello di cui aveva bisogno, era quello che voleva, che bramava, che desidera più di quanto avrebbe voluto avere John vicino, sfogarsi con lui, vedersi attraverso i suoi occhi.
Ma cosa c’ entrava lui adesso?  Cosa c’ entrava lui ancora?
Mai durante un caso Sherlock, me lo avevi promesso.”
Mai durante un caso, mai durante un caso.

Tic-Tac, Tic-Tac.

Le pareti intorno a lui si fecero più strette quasi a volerlo schiacciare al loro interno impregnandolo di quei ricordi che non sapeva di avere e che probabilmente, in quel preciso momento, non avrebbe mai voluto avere, quando non si hanno ricordi non si hanno sentimenti ed è forse questa la vera chiave per chiudere per sempre ogni sensazione in una cantina, dall’ amore all’ odio, dalla felicità alla tristezza. Si vive meglio senza il bene o il male, si vive d’ incanto nell’ apatia.
O forse no?
Sherlock Holmes era in una prigione di cenere e macerie non solo fisicamente ma anche il suo palazzo mentale sembrava essersi ridotto ad un cumolo di niente, come se fosse bruciato dall’ interno con la combustione di qualcosa senza un nome preciso, il suo posto sicuro era andato e la paura aveva preso il sopravvento tanto da spingerlo ad alzarsi da quel letto polveroso e distrutto.
Corse, corse per le scale con le mani nei capelli, ad occhi chiusi tentando di ricordare la strada perché lui ne era capace, doveva esserne capace ma invece continuava a sbattere tra le pareti di quella villa che un tempo chiamava casa, inciampava sui gradini, rotolava giù e si rialzava per correre ancora.
Era in trappola dentro la sua testa.

Tic-Tac, Tic-Tac.

Arrivò alla porta d’ ingresso e l’ apri per poi piantare un piede sullo scalino e finire giù tra il fango e i rottami di una vita che ora sapeva essere completamente sbagliata, si rialzò in ginocchio tentando di pulirsi alla meno peggio il cappotto fino a che poi si tradì da solo infrangendo la promessa che aveva più volte tentato di mantenere.
La sua mano destra sembrava essere fuori controllo quando si infilò nella tasca per prendere una piccola scatolina marrone, rettangolare e piatta con al suo interno una siringa dalla punta minacciosa e dal liquido fatale, la bramò per qualche secondo assaporando la liberà che si celava al suo interno e, con un sorrisetto compiaciuto si apprestò ad abbandonarsi ad essa.

“Mai durante un caso Sherlock.”

Una mano afferrò quella pozione di salvezza per gettarla a terra di modo che il suo nettare non fece altro che mischiarsi con il fango, questa volta però era reale ne percepiva il respiro, ne vedeva le scarpe infangate, la camicia ripiegata male e la maledetta giacca di pelle da ragazzino.

“Dai tirati su!”

Una mano gli si porse davanti al viso, l’ afferrò con la stessa veemenza con cui avrebbe voluto conficcarsi l’ ago nel braccio ma forse quello era meglio, era più forte, più vero e più reale.

“Devi smetterla di scappare, so sempre come trovarti”

John Watson sorrise con un misto di felicità e rabbia negli occhi.
 

"Mio caro Watson,
​Il dolore che provo è come una droga potente e malamente confezionata che mi porta ad avere strane allucinazioni, mi fa sentire vivo quasi quanto la paura o la morte perchè l' amore e la felicità non sono ancora predisposti nella mia macchinosa mente, credo che mai potrei esserti più grato per essere sfuggito alla tua quotidiana banalità ed aver preso una fetta del male che provo. Il mio palazzo mentale non sarebbe mai completo senza la voce dei tuoi sentimenti."

  
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