{Occhio per occhio, dente per dente..}
Primo Capitolo: L'adolescenza che tutti voi sognereste..
Ho
deciso di scrivere questo racconto per tenere a mente che tutto il sesso
maschile, tutto il genere “xy”, è da catalogare come un qualcosa da usare e poi
gettare via. Qualcosa per cui non vale la pena di soffrire.
Dei cani.
In fondo,
pensateci.
Ogni qualvolta un uomo conclude una relazione, breve o lunga che sia, noi donne
ci ritroviamo a soffrire, mentre loro, imperterriti, si rifanno una vita.
Beh, perché non render loro pan per focaccia?
La chiamano legge del taglione.
Tutti gli uomini che hanno popolato la mia vita prima che io decidessi di usare
la massima “Occhio per occhio, dente per dente” non sono stati altro che un
avvertimento a lasciar perdere.
Tutti, tranne mio padre.
Di mia madre non ricordo molto.
Ricordo il giorno in cui se ne andò, però.
Mi baciò sulla guancia, piangeva – e mi chiedo ancora se quelle fossero lacrime
vere o frutto di qualche prodotto farmaceutico – e mi disse che non avrei
dovuto preoccuparmi. Che mio padre mi avrebbe voluta bene.
Che sarei stata meglio senza di lei.
Direi che su questo ha avuto ragione.
Mio padre è stato un buon padre, assente forse, ma un buon padre!
Di mia madre non seppi più niente.
Vivevamo in una piccola villetta alla periferia di Londra.
Una di quelle casette con giardino annesso, piccole, grandi abbastanza da poter
contenere due, massimo tre persone.
Mio padre faceva il bancario.
Tornava sempre tardi e io non mi chiesi mai il perché.
A 15 anni ebbi il mio primo ragazzo.
Sapete come funziona, no?
Le prime feste, i primi flirt..
Il primo bacio.
E il primo discorso:
“Lizzie, tu per me sei importante ma..vedi..non credo che io e te siamo fatti
l’uno per l’altra”.
Ricordo che ci cascai.
Ricordo che piansi per un mese, chiusa in camera mia.
Ma poi capii che dovevo andare avanti.
I mesi passavano, e con loro anche i ragazzi.
Uscita, bacio, discorsetto. Fine.
Uscita, bacio, discorsetto. Fine.
Uscita, bacio, discorsetto. Fine.
Credo fosse stata la settima volta, quando cominciai a chiedermi cosa c’era che
non andava.
Decisi che dovevo fare qualcosa.
Decisi di prendere l’iniziativa.
Conobbi un ragazzo, Jonh, sembrava un tipo apposto.
Ci frequentavamo, la relazione andava abbastanza bene.
Fin quando quella sera, il 10 ottobre, non ci imbucammo ad una festa.
Un rave, per la precisione.
C’era di tutto.
Birra, alcool, hashish, cocaina, fumo.
Io non ero una ragazza che aveva mai fatto uso di sostanze stupefacenti.
Qualche birra, ogni tanto.
Quella sera, - sarà stato l’ambiente o le birre ingurgitate – decisi di provare
una pastiglia che Jonh mi aveva fatta avere.
Il giorno dopo mi ritrovai nel giardino della casa che aveva ospitato il rave.
Avevo il vestito strappato.
La testa mi faceva male.
Un dolore acuto percorreva tutto il mio addome.
Non avevo la biancheria intima.
Avete capito cosa mi successe, o volete un disegnino approfondito?