Tra quattro mura
posso finalmente guardare in faccia chi sono.
Non sono chi ero.
Non sono Oliver Smith.
Non sono il numero 0.
Non sono il numero 19.
Sono ciò che rimane del silenzio.
Chiesi ad un ragazzo cosa fosse per lui il silenzio. Era notte, sedevamo su un molo con una birra in mano.
“Hai mai provato ad ascoltare un suono finché non si dissolve?”
“No… mai.”
“Quello
è il silenzio.”
Ora so di cosa parla
Le urla, sfocandosi tra i corridoi
tra le mura
nella foschia della città
mi portano al vero silenzio.
Dopo che il brusio della folla,
il brontolio delle auto,
le note degli artisti di strada
si ammutolirono;
dopo che anche il nostro ansimare
si ammutolì
arrivai alla conclusione.
Questa è la fine.
L’uniforme foschia in cui io sto soffocando.
In cui qualcuno
E’ già soffocato.
Mi riferisco a te, numero 3.
Non so come so il tuo numero
tutti sappiamo il nostro numero, in qualche modo.
Io sono il numero 19,
tu eri il numero 3.
Hai scelto il silenzio,
abbiamo scelto il silenzio
A quel punto perdiamo le nostre parole
tra la foschia,
le perdiamo
ammaliati dal suo sorriso,
dalla sua danza.
Il silenzio porta i miei stessi occhiali.
Occhi vuoti
non puoi guardare negli occhi il silenzio.
guance scavate,
su cui si posavano dei lunghi capelli neri,
ed un sorriso.
Non so com’è un sorriso
non so disegnarlo.
Ne rimango solo ammaliato.
Potrei immaginarlo però.
Potrei immaginare un sorriso,
il più bello ed ammaliante che si possa immaginare.
Quando lei ballava come una forsennata
Mi balenò in mente la verità che non accettai.
Non saremo mai sconfitti
alla vittoria del numero zero.
Ma una vittoria
ci sarà solo
alla sconfitta.
Il numero 0
ha finito da tempo le sue parole,
ed in ciò che mi ha detto
troverò le parole che hanno vissuto nel mio silenzio.
Ritroverò
nel silenzio
le parole del nostro silenzio.
Arriverà il giorno
in cui la felicità
non sia l’arma del silenzio
non sarà la felicità
a farci abbandonare.
Un giorno
la felicità
sarà il motivo per stare in piedi
per non barcollare.
Un giorno
chissà.