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Autore: CUCCIOLA_83    30/05/2009    4 recensioni
[...]Casa Tonks era completamente immersa nell’oscurità e nella quiete notturna quando ricomparve sul vialetto. Solo in quel momento si rese conto dell’ora tarda, ma non poteva più tirarsi in dietro, quindi si fece coraggio e andò a bussare alla porta. Ci vollero almeno 15 minuti di ripetuti colpi e suonate di campanello perché qualcuno si degnasse di scendere aprirle la porta. «Tesoro… Ma cosa ci fai qui?» Chiese Ted soffocando uno sbadiglio. «Ciao papà. Vi devo parlare».[...] Cosa dovrà dire Tonks di così importante e urgente ai suoi genitori? Scopritelo!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Ted Tonks | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Confessioni Notturne IV

Confessioni Notturne V

Sveglie Notturne e strane scatoline

Come avevano promesso a Molly quasi un mese prima, Remus e Tonks non si erano più lasciati andare ad effusioni ed incontri romantici al quartier generale o, se succedeva, controllavano sempre di aver chiuso la porta a chiave e sigillata con diversi incantesimi antintrusione. Quella sera però avevano deciso di starsene davvero da soli, in quanto nelle ultime due settimane si erano visti pochissimo a causa dei vari impegni tra lavoro e Ordine della Fenice, quindi la scelta obbligata fu il disordinatissimo, coloratissimo, ma accogliente appartamento di Tonks. Dopo una veloce, anzi velocissima cena a base di toast, unico cibo commestibile presente nell’appartamento, si ritrovarono ben presto l’una tra le braccia dell’altro, intenti a recuperare il tempo che erano stati costretti a passare lontani. In pochissimo tempo il pavimento della camera da letto fu coperto dai loro abiti, abbandonati senza tanti complimenti al loro destino. Remus non riusciva a ricordare da quando la ragazza, che in quel momento gli stava baciando il collo per poi risalire fino alle labbra, era diventata così essenziale, necessaria per la sua stessa esistenza. Ma ora eccola lì tra le sue braccia. Fremeva ad ogni bacio, ad ogni carezza, e questo gli riempiva il cuore di felicità come se per troppo tempo avesse dimenticavo il vero significato di quella parola, e sorrise rendendosene conto.

«Cosa c’è?» Chiese Tonks riprendendo fiato dopo un bacio decisamente lungo e osservandolo incuriosita da quello strano sorriso.

«Niente, è che proprio ora ho capito una cosa che mi ha stupito». Rispose scivolando sopra di lei e cominciando a  baciarle il collo e scendendo sempre più giù.

«E… Cosa…» Mormorò a fatica.

«Ti amo Dora». Le disse risalendo per poterla guardare negli occhi. «Grazie a te ho riscoperto emozioni che pensavo sepolte per sempre». Le sussurrò poi ad un orecchio facendole scendere un brivido lungo la schiena.

Tonks rimase immobile per qualche secondo e, dopo aver assimilato attentamente le parole di Remus, si lanciò contro di lui facendogli perdere l’equilibrio così da farli cadere entrambi rovinosamente a terra per poi cominciare a baciarlo tanto avidamente che Remus fu costretto ad allontanarla leggermente per poter respirare.

«Non credevo che ti avrebbe fatto questo effetto…» Commentò in seguito, alzandosi, aiutandola a fare altrettanto e sdraiandosi di nuovo sul letto.

«Scusa, non so cosa mi abbia preso. E’ solo che…sentendotelo dire…» Tentò di spiegare mentre i suoi capelli e il viso divennero tutti rossi.

«Non ti scusare», le sussurrò baciandole delicatamente il naso, «è stato, interessante. E poi la caduta è stata attutita dai tuoi vestiti». La prese in giro abbracciandola.

«Spiritoso. E’ che di recente non ho avuto tempo di sistemare la casa. Ma lasciando da parte questi dettagli, dov’eravamo arrivati prima del piccolo incidente col pavimento?» Chiese con fare malizioso.

Remus raccolse la provocazione. «Ti amo».

«Anche io ti amo!» E così dicendo l’attirò a sé.

«Amore, e quando hai intenzione di dirlo ai tuoi, di tutto questo?» Chiese Remus allentandola leggermente da sé.

«C… cosa? Ai miei genitori? E perché?» Chiese Tonks cercando di soffocare una crisi di panico.

«Non vorrai mica che mi nasconda sempre nell’armadio quando arriva tua madre all’improvviso. Ho una certa età e non sono più agile come una volta».

«Ma se sei nel fiore degli anni. Non sei affatto vecchio…»

«Non cambiare discorso, dirai o no di noi ai tuoi genitori?» Le chiese mettendola alle strette.

Tonks ci dovette pensare sopra qualche istante prima di rispondere.

«Va bene, lo farò. Appena troverò le parole e il momento giusti». Sospirò infine.

 

*****

Tonks passò due giorni a cercare di trovare le parole giuste con cui rivelare ai genitori della sua relazione con Remus, sfortunatamente nessuna di quelle che aveva trovato fino a quel momento si rivelò opportuna per la situazione. Alcune la prendevano troppo alla larga, mentre altre erano troppo dirette, li conosceva abbastanza bene per sapere che un approccio diretto li avrebbe stesi, mentre con uno troppo alla larga avrebbe steso lei a furia di domande da parte di sua madre. Certo, Remus non le era di grande aiuto. Ogni volta che si avvicinava a lui anche solo per un bacio la prima cosa che le chiedeva era “lo dirai ai tuoi?”.

Quella sera però mentre se ne stava seduta sul divano sfoderando il suo broncio brevettato, a cui nessuno sapeva resistere, Remus l’abbracciò. «Scusa amore. So che per te non è facile, ma mettiti nei miei panni. E’ come se mi tenessi nascosto alla vista di tutti. Come se…Se ti vergognassi di stare con me».

«Ma non è vero!» Si allontanò da lui per poterlo guardare negli occhi.

«Sicura?»

«Sicurissima. E’ solo che… Tu non sai com’è mia madre. Se le dicessi che ho un “ragazzo” comincerebbe a preparare le partecipazioni di nozze. E mio padre! Mi crede ancora la sua bambina, temo che una notizia del genere lo possa far crollare».

Remus cercò di rimanere serio, forse la questione era meno seria di quello che aveva pensato. «E’ solo questo che ti preoccupa?»

«Ti sembra poco?»

«No, è solo che mi sembra strano che una persona coraggiosa come te abbia paura di parlare ai suoi genitori del suo fidanzato».

Tonks sgranò gli occhi.

«F…Fidanzato? Ma…»

Nel suo immaginario “fidanzati” voleva dire solo una cosa, Matrimonio. Ecco perché sentirla uscire dalla labbra di Remus l’aveva oltremodo sconcertata, se non addirittura sconvolta.

«Oh sì scusa, mi stavo quasi per dimenticare…» Sorrise divertito un mondo ad osservare attentamente le reazioni della ragazza, quindi, con molta calma cominciò a rovistare nelle varie tasche della giacca che ancora indossava. Nel frattempo, Tonks si era totalmente immobilizzata, cercando di riordinare tutti i pensieri che le giravano in testa, e poco calcolava i movimenti dell’uomo che le stava accanto. «Ecco qua…» Commentò Remus soddisfatto per l’esito positivo della sua ricerca, stringendo qualcosa in mano che Tonks non riuscì subito ad identificare, poi, mettendola bene a fuoco, capì che era una scatolina di velluto blu.

«R… Remus e quella… Cos’è?» Chiese balbettando.

«Questa beh, è una scatolina, vedi?» Chiese a sua volta aprendo meglio la mano per fargliela vedere bene, sorridendo beffardo.

«Ok, fin lì ci ero arrivata, ma…»

«Ha sì, vuoi aprirla tu o faccio io?» Tonks, s’immobilizzò di nuovo. «Ok faccio io». Sorrise, premendo il pulsante d’apertura, ma Tonks lo bloccò impedendogli di aprirla.

«No aspetta, non farlo!». Urlò.

Remus cercò di mascherare al meglio la sua delusione, ma Tonks lo intuì e si affretto a spiegare. «Voglio dire, aspetta a fare qualsiasi cosa tu stia per fare. Prima devo… Devo fare una cosa».

«E cosa dovresti fare di così urgente da non poter rimandare a dopo o a domani?» Chiese sconcertato.

«Io… Ecco io devo parlare con i miei genitori. Lo hai detto anche tu, giusto? Devo parlare con loro, Adesso. Prima che tu dica o faccia qualsiasi cosa». E così dicendo si alzò talmente di fretta che a momenti fece cadere la scatolina dalla mando di Remus.

«Ma amore, sono le…» Troppo tardi, Tonks era già sparita. «Tre di notte…». Concluse la frase per il nulla, mentre si rimetteva comodo sul divano rigirandosi la scatolina di velluto tra le mani.

 

Casa Tonks era completamente immersa nell’oscurità e nella quiete notturna quando ricomparve sul vialetto. Solo in quel momento si rese conto dell’ora tarda, ma non poteva più tirarsi in dietro, quindi si fece coraggio e andò a bussare alla porta. Ci vollero almeno 15 minuti di ripetuti colpi e suonate di campanello perché qualcuno si degnasse di scendere aprirle la porta. «Tesoro… Ma cosa ci fai qui?» Chiese Ted soffocando uno sbadiglio.

«Ciao papà. Vi devo parlare».

«E non potevi aspettare domani mattina? Sono le tre di notte». S’intromise Andromeda scendendo le scale, stropicciandosi gli occhi.

«No, non potevo aspettare. Altrimenti non mi sarei precipitata qui». “lasciando Remus da solo nel mio appartamento come un gargoyle di pietra appollaiato sul divano” aggiunse tra sé e sé.

«Dai vieni dentro, non vorrai stare lì per tutta la notte». Così tutti e tre si ritrovarono in salotto, e mentre i genitori cercavano di svegliarsi, Tonks torturava la sua maglietta cercando di trovare il coraggio di parlare. «Ninfadora ci hai buttati giù dal letto per qualche buon motivo, o solo per il gusto di tenerci svegli?» Chiese spazientita la madre.

«Dicci cosa succede di così urgente». La incoraggiò il padre.

«Sei incinta? Magari di qualche scapestrato…»

«Mamma! Non sono incinta! Ma cosa vai a pensare?»

«Ti hanno licenziata? Non mi stupirebbe…»

«No, nemmeno questo. Ma grazie per la fiducia».

«Allora cosa succede di così urgente?»

«Ecco… Io… Volevo solo… Volevo solo dirvi che… Sono… Cioè non lo sono ancora, ma credo che lo sarò presto,  almeno spero, credo… Anzi si, lo spero davvero tanto».

«Ora sì che è tutto più chiaro». Commentò Andromeda.

«Shhh, lasciala parlare». La zittì il marito.

«Grazie papà. Ecco quello che sto cercando di dirvi è che sono, anzi no, frequento una persona, e questa… Persona appunto, è molto importante per me, tanto importante che credo…Ci…Ecco forse ci fidanzeremo… Non ne ho le prove certe, ma… ». Tonks si bloccò di colpo osservando i genitori, immobili davanti a lei, che la fissavano a bocca aperta come se avesse appena confessato di essere una mangiamorte.

Andromeda cominciò a boccheggiare incapace di formulare una frase di senso compiuto, improvvisamente si ricordò di uno strano episodio.

 

 

●●●●●

Andromeda Tonks era davvero arrabbiata con sua figlia. Erano giorni che le mandava gufi su gufi per chiederle se quella domenica si sarebbe finalmente fatta viva per un pranzo in famiglia. Come previsto però, Ninfadora non si era degnata di rispondere, nemmeno un misero bigliettino con scritto Sì oppure No.

Ecco perché quella mattina, di buon ora, si era decisa a recarsi di persona nel tugurio, che la figlia si ostinava a chiamare appartamento, per metterla con le spalle al muro ed ottenere così una risposta alla sua domanda.

Dovette bussare parecchie volte prima che un’assonnata Ninfadora, avvolta in una vestaglia rosa,  si decidesse ad aprirle la porta.

«Mamma!» Urlò, con un tono di voce che raramente le aveva sentito usare, mentre cercava di coprirsi alla meglio con la vestaglia. Subito dopo sentì un tonfo provenire dall’interno dell’appartamento.

«C’è qualcuno in casa? A quest’ora del mattino?» Chiese sospettosa. Cercando di guardare all’interno.

«Ma cosa vai a pensare, Jarold sarà caduto dal suo trespolo. Non sarebbe la prima volta». Rispose Tonks, «Tu piuttosto, cosa ci fai qui? Avevamo un appuntamento?» Chiese confusa per quella visita improvvisa e frugando nei suoi ricordi per capire se per caso si era dimenticata di un loro possibile appuntamento.

«No, nessun appuntamento. Ma, visto che per te è troppo faticoso rispondere alle lettere di tua madre, ho pensato di venire qui di persona per chiederti se domenica hai intenzione di venire a pranzo da noi». Rispose mentre rientravano nell’appartamento, il quale era disordinato proprio come se lo ricordava, anzi, forse ancora di più. « Non hai ricevuto le mie lettere?». Chiese ancora.

«Ecco… Si certo che le ho ricevute ma, vedi, prima di risponderti dovevo vedere com’erano messi i turni della prossima settimana. Sai, non volevo costringere un mio collega a fare scambio con me». Tentò di spiegare

«E sono stati assegnati questi famigerati turni?» Chiese alzando un sopracciglio, poco convinta della risposta della figlia.

«Ancora no, forse oggi pomeriggio o domani mattina al più tardi». Questa volta cercò di sembrare più convincente della risposta precedente.

«Bene, allora spero che mi darai una risposta entro domani pomeriggio. Vedo che non hai lavato ancora i piatti di ieri sera». Constatò avvicinandosi al lavello.

«Già, ho fatto tardi. Pensavo di farlo questa mattina, anzi, lo faccio subito». Rispose colpendoli con la bacchetta, così farli lavare da soli.

«Hai avuto ospiti…»

«Cosa?» Chiese Tonks con voce strozzata.

Andromeda indicò i due bicchieri che si erano appena posati nel ripiano destro del lavello in attesa di asciugatura.

«Oh, sì, una collega di lavoro si è fermata a cena. Sai com’è, dopo una giornata di lavoro un po’ di relax con gli amici è l’ideale». Rispose leggermente più tranquilla avendo trovato la scusa giusta, e sua madre sembrava aver abboccato. Sfortunatamente per lei il sollievo durò poco, perché un altro tonfo, questa volta proveniente dalla camera da letto fece alzare le “antenne radar” di Andromeda.

«C’è qualcuno in casa…» Sentenziò.

«Ma cosa dici? Me ne sarei accorta se…» Troppo tardi sua madre era gia partita in quarta verso la stanza incriminata, spalancandone la porta.

La camera era deserta. Andromeda Si guardò più volte in torno, alla ricerca di cose sospette, ma non trovò niente, poi un miagolio proveniente da dietro il letto la fece sorridere. «Non sapevo avessi un gatto».

«Infatti non è mio, è quella palla di pelo dei miei vicini, s’intrufola sempre qui alla mattina, approfittando delle finestre aperte. Vieni qui Cagliostro, non è casa tua questa. No lascia stare!» Lo rimproverò cercando di staccarlo da un lembo di camicia che sbucava, con un pezzo di calzino, dall’anta dell’armadio semi aperta. Lo riconobbe subito, era uno dei vestiti di Remus. Prego che sua madre non lo notasse.

«Ci sarà qualcosa che lo attira in questa stanza. Si è fatto tardi, devo andare a fare compere, prima che a Diagon Alley ci sia troppa gente». Concluse, avviandosi verso la porta d’entrata. «Fammi sapere per domenica, e ti prego, sistema un poco questa casa, non troverai mai marito di questo passo». Si raccomandò.

«Sì mamma, non ti preoccupare, riporto questo birbante dai vicini e mi metto subito al lavoro».

«Brava, ciao tesoro». La salutò con un bacio sulla guancia.

«Ciao mamma, Grazie per la visita». Sorrise come se vedendola andar via le si fosse tolto un macigno dallo stomaco.

 

 

●●●●●

Dal canto suo Ted era incredulo, la sua adorata bambina aveva trovato davvero un uomo che le piaceva così tanto da buttarli giù dal letto per renderli partecipi dell’avvenimento. Una cosa era certa, quell’uomo sarebbe passato sotto il suo severissimo giudizio prima di poter anche solo pensare di portarle via la sua piccola Dora.

 

●●●●●

Quella giornata di fine aprile era troppo bella per chiudersi in casa, quindi, Ted Tonks decise di potare la figlia di nove anni al parco vicino a casa. Sfortunatamente aveva dimenticato quando pericoloso potesse essere quel posto per la sua bambina eternamente maldestra, infatti, poco dopo essere salita sulla torre dello scivolo, cadde rovinosamente a terra sbucciandosi un ginocchio.

«Dora! Fammi vedere…» Esclamò andandole incontro ed esaminando meglio la ferita, «non è niente, a casa la sistemiamo per bene. Per ora limitiamoci a pulirla con un poco di acqua».

La piccola Dora, in lacrime, annuì, cercando di asciugarsi gli occhi, ma sporcandosi il viso con del fango che aveva sulle mani, sbuffò esasperata rendendosi conto del disastro fatto.

«Vieni, andiamo a prendere un gelato, vedrai che il dolore passerà prima». Propose Ted, trovando la piena approvazione di Tonks ancora intenta a lavarsi il viso. «Che gusto vuoi?» Chiese arrivati davanti al camioncino dei gelati.

«Cioccolato!» Rispose senza nemmeno pensarci.

«Bene, allora due coni al cioccolato, per favore». Poco dopo si ritrovarono seduti su una panchina intenti a gustarsi i loro meritati gelati.

«Papà, sai che la sorella più grande di Maggie si sposa il mese prossimo?»

«Davvero? Bene le faremo un bel regalo» Tonks sorrise felice di quella proposta, ma poi tornò seria tanto da preoccupare il padre.

«Secondo te, io mi sposerò da grande?» Chiese, indicando i suoi capelli, quel giorno castani per l’uscita nel mondo babbano.

«Ma certo. Quando sarai più grande. Molto più grande». Rispose pensieroso, ignorano le occhiate della figlia.

«Più grande, quanto?»

«Non saprei. Ma più grande di sicuro».

«Anche se sono strana?»

«Ma tesoro non sei strana, anzi sei molto speciale. E l’uomo che lo capirà sarà quello giusto per te».

Tonks pensò per un po’ alle parole del padre.

«Altrimenti lo trasformerai in rospo». Propose il padre tirandole un codino, e facendola ridere a crepapelle.

«Oppure in ragno. Un ragno brutto e peloso». Concordò Tonks, continuando a ridere, ma facendo cadere il gelato a terra. «No! Uffa ancora!». Borbottò.

«Vieni, prendiamone un altro. Ma non dirlo alla mamma».

E così tornarono al camioncino dei gelati, mano nella mano.

 

●●●●●

Tonks osservò per diversi minuti i suoi genitori immobili sul divano. Arrivati a dieci minuti buoni d’immobilità cominciò davvero ad allarmarsi. «Mamma, papà, vi sentite bene? Rispondete?» Un battito di ciglia della madre la tranquillizzò.

«Chi… Chi è? Dove lo hai conosciuto e soprattutto perché non mi, anzi, perché non ci hai detto niente di questa storia?!» Urlò Andromeda.

«Ecco, è che… Vedi, non è da tanto che ci frequentiamo. Cioè sì, è da quasi un anno che ci conosciamo, ma è solo da qualche mese che stiamo… Insieme».

«Qualche mese? E volete già fare un passo del genere? E chi sarebbe questo bell’imbusto che pensa di portarmi via la mia bambina dopo solo pochi mesi di frequentazione?». Anche Ted aveva ritrovato l’uso della parola, ma Tonks non sapeva se esserne felice oppure no, visto la sua reazione.

«Non è un bellimbusto come dici tu. E’ una delle persone più dolci del mondo e…»

« “E” cosa? All’inizio sono tutti così, ti abbindolano con le parole, ma si sà cosa vogliono…» La interruppe il padre.

«Papà! Non è affatto così… Voi…»

«”Noi” cosa? Non capiamo? Abbiamo molta più esperienza di te in queste cose». Continuò la madre.

«Ma se appena vi siete visti vi siete sposati, che esperienza avete? Volete farmi finire di parlare, per favore?» Chiese spazientita. I genitori annuirono poco convinti. «Bene. Allora, vi ho gia detto che non è niente di certo. Parlo della questione del fidanzamento. Sono solo supposizioni». Forse qualcosa di più, ma si vide bene dal raccontare della scatolina di velluto blu. «Volevo solo farvi partecipi di questa storia che mi sta rendendo immensamente felice. Mi dispiace solo che voi non la pensiate così. In oltre volevo anche dirvi chi è l’uomo in questione, visto che… Lo conoscete».

A quel punto sia Andromeda che Ted cominciarono a scandagliare mentalmente tutti i ragazzi che conoscevano in relazione alla figlia: dai due figli maggiori dei Weasley ad alcuni suoi vecchi compagni di scuola.

«Charlie Weasley?» Propose la madre, ma Tonks scosse la testa.

«Suo fratello Bill?» Chiese Ted, ma ancora un volta Tonks scosse la testa.

«E’ inutile che provate ad indovinare…» Li prese in giro vedendoli in difficoltà.

«Ce lo vuoi dire o vogliamo fare pomeriggio?». Andromeda cominciava a stancarsi dei giochetti della figlia.

«Va bene. Ecco si tratta di… Remus…Lupin…» Se poco prima si erano pietrificati, ora erano sbiancati in volto. «Ecco, lo sapevo…» Borbottò Tonks, lasciandosi cadere contro lo schienale della poltrona, cominciando a pensare se fosse il caso o meno di lasciarli da soli ad assorbire il colpo e tornare da Remus, oppure, restare per sorbirsi l’ennesima sfuriata.

«Remus… Lupin…» Ripeté Ted, con un filo di voce.

«Sì, proprio lui». Confermò Tonks alzandosi lentamente, «Beh ecco, credo che vi lascerò soli, così potrete rifletterci sopra e assorbire il colpo». Continuò allontanandosi quasi in punta di piedi. Non ottenendo nessuna risposta verbale o gestuale si smaterializzò in un attimo.

Ritornata nel suo appartamento, trovò Remus addormentato sul divano, proprio dove l’aveva lasciato quasi due ore prima. Si avvicinò lentamente per coprirlo con una coperta ma inciampo nel tavolino e gli cadde addosso, svegliandolo di soprassalto.

«Morgana! Scusami tanto, non volevo svegliarti…» Mugugnò cercando di rimettersi in piedi, ma Remus le cinse la vita con le braccia stringendola a sé.

«Non ti preoccupare, mi piace svegliarmi con te vicino…» Le sussurrò, con voce roca a causa del sonno.

«Vicino sì, ma non sullo stomaco…» Rise, sedendosi accanto a lui.

«Allora, com’è andata con i tuoi genitori?» Chiese curioso.

«Ecco… Diciamo ora sanno che stiamo insieme».

«E come l’hanno presa?»

«Sinceramente non lo so. All’inizio quando gli ho detto che frequentavo una persona da alcuni mesi si sono quasi arrabbiati perché non li avevo informati prima. Poi gli ho detto che eri tu e…»

«”E”?» La incalzò sempre più curioso

« “E” non lo so, sono scappata prima che si riprendessero dal colpo». Confessò imbarazzata.

Remus la fissò incredulo. «Codarda…» Commentò.

«Remus, sono le cinque di mattina e non mi sembrava il caso di sorbirmi una predica dai miei genitori».

«Perché sono decisamente più vecchio di te? O per…»

«No, non per quello che intendi tu. Ma mio padre mi considera ancora una bambina di nove anni, e credo che, secondo il suo giudizio, nessun’uomo sia alla mia altezza. Mi madre, invece, mi crete totalmente incapace d’attirare un qualsivoglia ragazzo quindi dubito che farebbe grossi drammi quello che le interessa è andare al parco con i nipotini ecco a cosa mira…»

«Nipotini? Mmm interessante. Certo non subito, ma non lo escluderei come proposito per il futuro». Mormorò tra sé e sé a voce leggermente alta per osservare la sua reazione. Infatti Tonks non riuscì a dare voce ai movimenti della bocca. «Sei tu che sei voluta correre ad avvertirli della nostra relazione alle tre di notte. Se solo avessi aspettato ci saremmo andati domani, anzi, più tardi insieme». Le scompigliò i capelli ridendo. «E così avremmo potuto dargli altre notizie, o il colpo di grazie». Mormorò Tornando serio.

«Cosa vuoi dire? Perché colpo di…» Tonks si bloccò di colpo vedendo riaffiorare dalla mano di Remus la famigerata scatolina di velluto blu, mentre il suo cuore cominciò a batterle all’impazzata, tanto che le sembrò quasi che volesse uscirle dal petto.

Anche quello di Remus cominciò a battere talmente forte che quasi risuonò all’interno dell’appartamento, ma nonostante questi piccoli problemi cardiaci, riuscì a mettersi in ginocchio davanti a lei, tenendo la scatolina davanti a sé.

«Dora, so che stiamo insieme da poco tempo e non ti chiedo di farlo domani e nemmeno dopodomani… Ma ormai mi è chiaro che non posso vivere senza di te. Sei stata la luce in fondo al mio oscuro tunnel personale. Vuoi rendermi l’uomo più felice della terra, dividendo il resto della tua vita con me?» Le chiese con voce tremante aprendo la scatolina, dal quale emerse un anello doro con al centro un piccolo diamante .

Tonks con occhi sgranati scivolò a terra proprio di fronte a lui. «Certo che lo voglio!» Urlò e senza nemmeno pensarci gli buttò le braccia al collo facendoli finire distesi sul tappeto.

«Hey ferma! Devo ancora fare la cosa più importante!»

«E quale sarebbe?» Chiese confusa.

«Infilarti l’anello al dito. È quello il suo posto, non la scatola». Rispose tranquillamente.

«Giusto, dimenticavo…» Mormorò imbarazzata porgendogli la mano sinistra dove, con fare delicato, Remus le infilò l’anello.

«Non è un granché, mi dispiace». Sussurrò, dispiaciuto di non poterle regalare qualcosa di più prezioso.

«Ma cosa dici, è stupendo. Dico davvero». Esclamò prima di baciarlo.

Quando si allontanarono Remus sorrise, «ti dona molto, sai?». Chiese tornando ad avvicinarsi e baciandole il collo e scendendo sempre più giù.

«Davvero?» Chiese con voce spezzata. Remus annuì, senza staccarsi dalla sua pelle, e cominciano a slacciarle i vestiti.

«Ah, Remus…».

«Mmm»

«Io l’ho detto ai miei, ma tu devi dirlo a Sirius. E anche a Molly…» Sussurrò Tonks ridendo sotto i baffi sentendo Remus, il suo futuro marito, irrigidirsi di colpo.

 

 

 

E così finisce anche questa quinta parte e spero che vi sia piaciuta. Ringrazio chi ha commentato il prologo e chi ha solo letto.

Tao tao

Smack J

   
 
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