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Autore: cowslipkkoch_    26/01/2017    2 recensioni
How small the probability is to let me gain the ability to bravely love again? This is destiny's generosity, this is the heart's honesty.
 
destino ( = destiny, kismet ): /de·stì·no/, l'insieme imponderabile delle cause che si pensa abbiano determinato (o siano per determinare) gli eventi della vita; spesso inteso come personificazione di un essere o di una potenza superiore che regola la vita secondo leggi imperscrutabili e immutabili.
 
( raccolta di one shots SuChen )
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chen, Chen, Suho, Suho
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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{ intro: Jongdae e Joonmyun sono fidanzati da tre anni, ma la distanza fra Seoul e Atlanta li divide. }



11.446,57 km (far away)

 

 

 

 

 

 

Con respiro affannoso aprì la porta che dava alla sua camera, mollando in un secondo lo zaino per terra. Scalciò le maglie lasciate malamente al suolo e si sistemò i capelli, mentre recuperava la sedia della scrivania e la posizionava davanti a essa. Con un colpo secco aprì il computer portatile e lo accese, cercando di regolare il respiro. Maledetto Baekhyun, pensò sbuffando, nel frattempo che inseriva la password per accedere e tirava fuori dalla giacca le cuffie. Maledetto lui e League of Legends.

Era in ritardo, eccome se lo era. Si era raccomandato di tornare a casa entro le nove di sera, così da poter cenare tranquillamente e prepararsi senza fretta per la videochiamata, aveva pure impostato la sveglia così da non dimenticarsi del piano – eppure l’aveva mancata, e se n’era accorto un’ora dopo. Ora, si sarebbe dovuto presentare davanti alla webcam con il viso rosso per il freddo e la corsa, e i capelli spettinati.

Dopo qualche minuto, che sembrarono essere ore, riuscì ad accedere a Skype e andò a controllare velocemente i contatti online.

 

kjsuho91

Qualcuno è in ritardo?

 

Jongdae non riuscì a mascherare un sorriso appena apparve quel messaggio. Scosse la testa ridacchiando, nel frattempo che iniziava a digitare.

 

jjjjjon.gaed

Qualcuno stava fissando la chat?

kjsuho91

Ugh, hai risposto a una domanda con un’altra

domanda. Non va bene!

jjjjjon.gaed

E tu non hai risposto alla mia domanda.

Stiamo cadendo in basso, Kim!

kjsuho91

Sì, stavo fissando la chat.

jjjjjon.gaed

Sì, sono in ritardo.

kjsuho91

Ancora al pc café con Baekhyun?

jjjjjon.gaed

Chiedimelo mentre facciamo la

videochiamata!

 

In men che non si dica, dal pc partì la solita musichetta di Skype nell’esatto momento in cui arrivò la richiesta di videochiamata. Il ragazzo accettò mentre infilava le cuffie e piegava leggermente lo schermo, così da poter essere rinquadrato.

“Ripeto: ancora al pc café con Baekhyun?”, chiese Joonmyun, appena le due immagini furono perfettamente chiare.

Il diretto interessato sorrise stancamente, annuendo, “Per colpa sua sto spendendo più soldi in pc café che in altro”, si lamentò, scrollando le spalle e poggiandosi contro lo schienale.

“E arrivi pure tardi!”, puntualizzò il ragazzo dall’altra parte dello schermo, “Ti ho aspettato per ore!”.

“Mi aspettavi da ore? Lo vedo che ti sei appena svegliato!”, protestò il minore, puntando verso le coperte disfatte e il pigiama che aveva ancora indosso l’altro.

“Sabato mattina”, si giustificò egli, alzando le mani.

A entrambi scappò una risata sincera; ovvio che era sabato mattina, o Jongdae non avrebbe mai chiamato a quell’ora e Joonmyun non avrebbe mai risposto – se fosse stato un altro giorno era già nella metro, diretto all’università.

“Che cosa farai oggi?”, chiese il più piccolo, dopo aver avuto una breve discussione col maggiore sul se i gatti dovevano essere portati a spasso o no, quando quest’ultimo gli raccontò quant’era imbarazzante la vicina con il gatto al guinzaglio.

“Prima sistemerò casa, poi dovrò prepararmi per andare a lavoro”, disse di tutta risposta l’altro, giocando con il filo di una cuffia.

“Ugh, lavori ancora in quel piccolo bar vicino al campus?”.

“Esattamente”.

“Licenziati”, fu quello che disse Jongdae, con un broncio.

A Joonmyun scappò una risata e l’altro lo guardò con un piccolo sorriso, inclinando appena il capo, “Troppe ragazze”, gli fece il verso lui, sistemandosi sul letto, “Stai tranquillo, ho occhi solo per te – o meglio, solo per la tua foto che ho come blocca schermo”.

Dopo quella frase un leggero rossore si fece presente sulle gote del primo e cercò di nascondere il tutto mettendosi le mani sulle guance, “Sarà meglio, o chiamo il tuo amico Chanyeol e gli chiedo di controllarti”.

“Da quando lo conosci così bene da chiedergli cose del genere?”.

None of your business”, fece il verso al ragazzo, ricordando tutte quelle volte in cui gli aveva chiesto qualcosa e lui se n’era uscito con un non sono affari tuoi.

“Ugh, il tuo inglese – spero di non doverlo mai sentire dal vivo”, si lamentò l’altro.

La videochiamata proseguì così fino a notte fonda, superando la mezza notte. Chiacchiere, qualche risata, provocazioni di tanto in tanto e minuti in cui stavano semplicemente zitti e si guardavano, sorridendo o provando a non sorridere; era una videochiamata come le altre, in un sabato come gli altri.

Dopo quasi due ore davanti allo schermo, a Jongdae scivolò lo sguardo sull’ora e allargò appena gli occhi, ridotti a due fessure per la stanchezza e per la luminosità del portatile.

“È domenica”, mormorò, “Hyung, ti sto parlando dal futuro!”.

“Domenica?!”, chiese in un’esclamazione di stupore il maggiore, rizzando la schiena, “Che ore sono, Jongdae?”.

“Uhm, l’una e un quarto di notte?”, rispose stancamente l’altro. Ora pure lui aveva capito che era piuttosto tardi.

“È l’ora della nanna”, decretò con tono scherzoso, non riuscendo a trattenere poi una risata quando vide il broncio sul viso del ragazzo.

“Ti mando un messaggio quando mi sveglio – attento alle galline”, lo informò, stiracchiandosi e iniziando già a sfilarsi le cuffie dalle orecchie.

“Attentissimo. Allora ci sentiamo più tardi”.

“Buonanotte, hyung”.

“Goodnight ~”.

 

 

Sforzati a chiudere la videochiamata, scrivi l’ultimo messaggio della buonanotte, disconnettiti da Skype prima ancora che lui possa rispondere, spegni tutto, prendi i primi indumenti vecchi e vai a dormire. Questo, è quello che Jongdae faceva da quasi tre anni, ogni sabato sera, prima di coricarsi a letto. All’inizio era stato difficile ( tant’è che spesso finiva per addormentarsi durante le videochiamate, e a quel punto, la domenica mattina si svegliava con la testa contro la tastiera del computer), ma poi iniziò a prenderci la mano, e ora era più difficile andare a letto che rimanere svegli.

Erano sforzi che mai si sarebbe immaginato di fare, finché  Joonmyun non gli scrisse dal nulla; ricordava quel giorno come se non fossero passati quattro anni e cinque mesi (e due settimane e quattro giorni).

“Sei tu Kim Jongdae?”, fu questo il primo messaggio. Le prime cose che il diretto interessato notò furono il numero telefonico palesemente americano e la lingua, coreana. (“Un americano che mi scrive in coreano?”, pensò).

Solo il giorno seguente scoprì che il mittente era un ragazzo che Baekhyun conobbe durante le sue vacanze in America, dopo gli esami di terza superiore. A quanto pare, Baekhyun aveva fatto amicizia con dei ragazzi asiatici ad Atlanta, ed a uno di loro – Joonmyun – aveva parlato dell’amico, e quando aveva costatato che lui e l’amico in Corea avevano delle cose in comune, gli aveva lasciato il numero, dicendogli di contattarlo al più presto. Oltre alle botte, dopo un anno l’artefice di tutto ciò ricevette pure un grazie, perché Jongdae e Joonmyun si erano trovati così in sintonia da fidanzarsi.

Mantenere una relazione a distanza da una città all’altra, nella stessa nazione, è già alquanto complicato, figuriamoci avere una relazione cui ci sono 11.446,57 km di distanza e un fuso orario che limita le chiamate e le conversazioni portate avanti via messaggio.  Era difficilissimo, eppure – nonostante le discussioni per le gelosie, i giorni cui non potevano sentirsi o parlavano poco per gli esami o per gli impegni al di fuori dell’università, i soldi spesi per tastiere rovinate (quando c’erano le videochiamate speciali) e per chiamate per l’estero – erano ancora lì, con la voglia di parlare, sentirsi, vedersi attraverso uno schermo e giurarsi l’amore che provavano l’uno per l’altro.

“Non hai mai voluto chiudere con lui?”, gli chiese una volta il fratello, quando Jongdae terminò l’ennesima chiamata “Insomma, non avete mai avuto un contatto fisico e la possibilità che―”.

“No”, lo interruppe il minore, sapendo già dove voleva andare a parare, “Non l’ho mai voluto”.

Perché nonostante i 11.446,57 km di distanza, era felice di avere Joonmyun nella sua vita.

 

 

 

×

 

 

 

Di domenica, la routine di Jongdae consisteva nel spostarsi dalla camera, al bagno fino alla cucina, per poi tornare indietro e ripetere tutto, almeno quattro volte ogni due ore, finché non arrivava l’ora di andare a dormire. Per lui, la domenica era il giorno del “resta a casa tutto il giorno e non mettere fuori di casa nemmeno il naso”. Insomma, non era facile studiare, uscire con gli amici – quasi – tutti i giorni e portare avanti una relazione a lunga distanza, una pausa chiuso fra le quattro mura del suo piccolo appartamento se la doveva pur concedere, no? Poi lì non c’era tutto quello smog della capitale, aveva ogni tipo di comfort e non doveva spendere soldi se voleva mangiare qualcosa – c’era il frigo e tutte le merendine ipercaloriche che teneva in una credenza.

Come ogni domenica mattina, come promesso  prima di chiudere la videochiamata, mandò a Joonmyun un messaggio, per informalo che si fosse appena svegliato (con tanto di foto in allegato, di lui che cercava di essere carino, aiutandosi con un filtro – più o meno – carino di Snow, nel frattempo che beveva il suo amato latte al caffè), e finì con calma il pasto. Nel frattempo che si lavava i denti ricevette la risposta da parte del fidanzato, la quale consisteva in un messaggio con scritto cute af e in allegato una foto, dove si poteva vedere metà del suo volto e dietro Chanyeol, che con un’espressione strana divorava un hamburger. A quanto pare il maggiore aveva già finito di lavorare. Di tutta risposta scrisse un “sempre cibi sani!” ironico, prima di bloccare il telefono e concedersi alla sua giornata di puro niente.

 

O almeno così credeva.

 

“Jongdae apri questa porta o la butto giù!”, urlò Baekhyun dal corridoio del condominio, per la quarta volta quella sera.

Il proprietario di casa sbuffò e lentamente si trascinò verso la porta, tenendo ben stretta la coperta sulle spalle, prima di poter sbloccarla e aprirla. Appena fu aperta, il ragazzo poté vedere come l’amico fosse a un metro di distanza e pronto per prendere la rincorsa.

“Ti saresti fratturato una spalla”, disse con tono stanco Jongdae, prima di fare dietrofront e andarsi a buttare sul divano, “Come osi disturbare la mia domenica, Baek?”.

“Ti avrò chiamato cinque volte!”, esclamò egli, parandogli davanti al viso lo schermo del cellulare, con tutte le chiamate effettuate senza risposta al numero del primo.

“Joonmyun sta dormendo, non ho motivo per stare attaccato al telefono per persone come te”, mormorò, prima di avvolgersi con la coperta, coprendo la faccia, “Sto bene, mi hai visto, puoi andare― buonanotte”.

“Buonanotte un corno, alzati. Andiamo al Noraebang con LuHan hyung”, decretò, prendendolo per i piedi prima di poterlo trascinare fino in camera.

E fu così che Jongdae si trovò chiuso dentro a una stanza claustrofobica, seduto su un divano mentre Baekhyun e LuHan cantavano a squarciagola una delle nuove hit del momento. Se non fosse per le luci led che gli andavano in faccia e la voce del secondo coreano che due volte su tre si spezzava – di proposito o meno –, sarebbe stato piuttosto piacevole.

 

jjjjjon.gaed

Voglio morire.

 

kjsuho91

Baekhyun e le sue serate al karaoke?

 

jjjjjon.gaed

Com’è che sai sempre tutto?

 

kjsuho91

Perché ti spio.

….

Scherzavo! Scherzavo!

Ho visto la sua storia su instagram, in un video

c’eri tu che cantavi Pick Me con il

vostro amico.

 

Da una parte rise per l’innocenza del ragazzo, dall’altra maledisse Baekhyun e la sua mania di fare video di nascosto.

 

jjjjjon.gaed

Hyung mi teletrasporto in Atlanta,

Baekhyun oggi vuole rompermi i timpani.

 

kjsuho91

Fallo.

Nel letto c’è troppo spazio per i miei gusti.

 

Jongdae sorrise leggermente guardando quel messaggio, magari poterlo fare; si scrissero finché l’altro non dovette uscire per delle commissioni, e per tutta la durata della serata il minore non fece altro che pensare a come sarebbe stato bello avere Joonmyun al proprio fianco; quel pensiero non lo abbandonò finché non dovette andare a dormire.

 

 

 

×

 

 

 

Secondo Jongdae, lassù c’era qualcuno che non provava tanta simpatia per la sua povera anima. Sotto sotto, era sempre stato un po’ sfortunato. A quattro anni si ruppe il braccio, a dieci anni si beccò un brutto voto in una materia in cui era sempre andato bene, a sedici anni il barbiere gli fece un taglio completamente diverso da ciò che aveva richiesto, al matrimonio del fratello non trovò il discorso che si era preparato su dei fogli e la sua giacca elegante e fatta su misura prese quasi fuoco; ora, aveva un ragazzo che viveva dall’altra parte del mondo (o oltre l’Oceano Pacifico, se si guardava nel modo inverso) e ogni volta che usciva vedeva coppie in ogni angolo. Non che fosse una sfortuna avere il ragazzo, ma lo era vedere ogni dieci secondi una coppia di fidanzati che camminavano mano per mano o che stavano su una panchina a baciarsi e farsi foto con un gelato in mano, e non poter fare la stessa cosa. Persino una volta, quando decise di andare al cinema per vedere un film per conto suo, finì incastrato fra due coppie, che per un’ora e quarantacinque minuti non fece altro se non imboccarsi, baciarsi e coccolarsi.

Il coreano voleva vedere il ragazzo dal vivo, eccome se lo voleva; certe volte sognava pure dei ipotetici incontri, dove uno dei due prendeva il volo per lo stato dell’altro, e colui che abitava nella città straniera lo aspettava all’aeroporto, pronto per accoglierlo ― ma non era possibile. Lui studiava, Joonmyun studiava; non lavorava, ma il ragazzo sì; le feste non coincidevano mai. Per questo si accontentava di alcune semplici videochiamate.

 

 

 

×

 

 

 

Dopo aver sistemato casa Jongdae strappò la pagina del calendario, poiché da febbraio erano passati a marzo, e sussultò appena vide il giorno. 3 Marzo, circondato da un cuore rosso accesso: l’anniversario dei tre anni con Joonmyun; si chiede uno schiaffo sulla fronte, maledicendo se stesso per non essersi ricordato di quel giorno e per non aver mandato gli auguri al ragazzo, che a quell’ora era a un minuto dalla mezza notte.

Velocemente prese il cellulare lasciato in cucina, si buttò sul divano e, nel frattempo che faceva il long-in nell’app di Skype, cercò di rendersi presentabile. Non fece nemmeno in tempo a vedere che era entrato, che gli arrivò la notifica della richiesta di videochiamata.

Happy third Anniversary, tesoro!”, esclamò Joonmyun nemmeno un secondo dopo, con un largo sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. Il modo in cui il maggiore passava dall’inglese al coreano lo colpiva sempre.

“Felice terzo anniversario anche a te, honey”, ricambiò il minore, scambiando le due lingue proprio come l’altro, e ciò non fece altro che aumentare il sorriso altrui.

Auguri a voi due, piccioncini!”, poté udire dall’altra parte del telefono, e corrucciò le sopracciglia quando identificò la voce come quella di Chanyeol.

“Chanyeol è con te?”, domandò il coreano.

“Sì ma―”.

“Jongdae-yaaah! Il tuo ragazzo è cattivo, prima ha fatto il carino e mi ha offerto una cena e ora mi vuole sbattere fuori dal suo appartamento solo perché è il vostro anniversario!”, all’improvviso sullo schermo apparve solo la faccia di Chanyeol, che protestava contro il maggiore, senza badare al fatto che parte dei suoi capelli rossicci gli coprivano gli occhi.

Non poté far altro che ridere, mentre sentiva il proprio fidanzato “litigare” con il migliore amico nello stesso momento in cui lo sbatteva fuori di casa, e l’unica cosa che poté distinguere per bene, fra tutte quelle parole inglesi, fu un ritornerò, urlato dal ragazzo dai capelli tinti di rosso. Ci fu un attimo di silenzio, dove il ragazzo in Atlanta tornava nella visuale della webcam, e si guardarono per pochi minuti senza spicciare parola, prima di ridere all’unisco.

“Scusa per Chanyeol”, ridacchiò il ragazzo, grattandosi il collo, “Comunque― hai ricevuto il mio regalo?”.

“Oh? Sì!”, esclamò il secondo, annuendo energicamente e con un grosso sorriso stampato in faccia, “Con quella provetta di profumo volevi dirmi che profumi in quel modo?”, chiese, ricordandosi di come nella maglia trovò quella provetta che conteneva lo stesso odore che la maglia portava, e bastò un semplice cenno per far aumentare il sorriso del minore, “Allora è una fortuna che tu non sia con me, o non farei altro che affondare la testa nel tuo collo per sentirlo”.

L’ennesima risata uscì dalle labbra del primo, “Io ho ricevuto i tuoi, invece”, disse poi, facendo vedere tutti i prodotti per cura della pelle, la maschera col tema della tigre e, infine, il bracciale, “Non pensavo che l’odore della crema all’uva fosse così buono”.

“Lo avevi chiesto te, se poi non ti piaceva erano problemi tuoi”, rispose l’altro, facendo poi la linguaccia.

Continuarono a parlare per un po’, commentando di tanto in tanto i rispettivi regali, e nessuno dei due si accorse che le ore stavano volando via in un batter d’occhio, tant’è che quando Jongdae si degnò di controllare l’ora, notò che era già sera, segno che Joonmyun era stato per tutta la notte sveglio e da lui era già mattina – fortunatamente quest’ultimo, come gli disse prima, quel giorno non aveva lezioni, quindi non glielo fece notare; stavano giusto ridendo su un aneddoto che il maggiore aveva raccontato, quando i suoi occhi si focalizzarono sul letto che l’altro aveva dietro alle spalle, e notò qualcosa di insolito.

“Uhm, Joonie?”, lo richiamò, ora confuso.

“Sì?”.

“Come mai ci sono dei borsoni sul tuo letto?”.

In qualche modo, il diretto interessato sembrò essere stato preso alla sprovvista quando gli fece quella domanda. Lo vide grattarsi il collo, nel frattempo che si girava verso i suddetti borsoni, e come ritornò a mostrare il volto alla webcam rise nervosamente. Sembrava così agitato.

“Oh, è per una cosa che avrei voluto dirti― ecco, io mi sto trasferendo in un altro appartamento, più vicino al campus”, lo informò con quel sorriso incerto stampato sul volto, e a quel punto l’altro si chiese perché sembrasse così nervoso, finché il ragazzo non riprese la parola, “E purtroppo non potremo sentirci da domani, sai… i vari spostamenti, gli impegni, varie cose”.

Da una parte il minore fu demoralizzato da quella notizia, perché già si sentivano poco durante le settimane, ma dall’altra era felice, poiché sapeva che l’appartamento in cui viveva attualmente l’altro era piuttosto lontano dall’università, tant’è che era costretto a prendere la metropolitana per raggiungerla. Finse un sorriso, cercando di non pensare a come sarebbero stati noiosi quei giorni senza il maggiore.

 

 

In qualche modo, come sparì Joonmyun, sparì pure Baekhyun. Jongdae riuscì a costatarlo il giorno dopo, quando chiamò (o provò a chiamare) l’amico per chiedergli se poteva passargli degli appunti di cinese. Prima chiamata, e non rispose; seconda chiamata, non rispose nemmeno a quella; terza chiamata, ancora la segreteria telefonica; sesta chiamata, e non rispose nemmeno ai due messaggi lasciati precedentemente, nella segreteria telefonica. Gli mandò pure un paio di messaggi (da leggere come venti, minimo), e non rispose pure a quelli.

Si poteva dire che, in quel momento, il ragazzo era fin troppo stressato; afferrò un pacchetto di patatine dalla credenza, si sedette sul divano e andò nella rubrica, scrollando fra i numeri finché non arrivò a quello del coinquilino del migliore amico: Kyungsoo.

“Pronto, Jongdae?”, rispose il ragazzo, con voce piatta.

“Kyungsoo, sai dov’è finito Baekhyun?”, chiese subito senza far alcun giro di parole. Il coinquilino di Baekhyun era conosciuto per essere un tipo che non amava più di tanto le chiacchere, ed era sorprendente come i due andassero ancora d’accordo, sotto lo stesso tetto.

“È uscito poco fa, perché?”.

Jongdae sbatté le palpebre incredulo, prima di guardare quando aveva effettuato l’ultima chiamata e quando aveva inviato l’ultimo messaggio. Erano appena passati tre minuti.

“Oh― niente, niente, fai finta che io non ti abbia mai chiamato”, affermò con una piccola finta risata, prima schiacciare sulla cornetta rossa.

Fantastico, non poteva parlare col suo fidanzato e il suo migliore amico lo stava pure ignorando.

 

 

 

×

 

 

 

Erano ormai passati tre giorni da quando Jongdae non riusciva a parlare con Joonmyun né con Baekhyun e le cose non potevano andare peggio di così finché la pioggia non beccò in pieno il ragazzo, mentre tornava a piedi da due interminabili ore di lezione; qualcuno lassù lo odiava a morte. Una piccola gioia c’era, almeno: poco lontano trovò un convenience store in cui ripararsi, e nel portafogli aveva abbastanza soldi per comprarsi del cibo da mangiare lì. Fu così che finì davanti alla vetrata con del ramen istantaneo al curry, due samgak gimbap, un pacchetto di ppusyeo ppusyeo e una lattina di soda, maledicendo il mal tempo e l’ombrello che aveva dimenticato a casa, sicuro che quel giorno non avrebbe piovuto.

I suoi occhi felini, ridotti a due fessure, scorrevano su ogni figura che, inconsciamente, gli passava davanti, nel frattempo che boccone dopo boccone finiva il ramen e prendeva qualche sorso dalla lattina, ignorando come il liquido gassato bruciasse contro la sua gola quando beveva troppo velocemente. Si sentiva un po’ ridicolo standosene così, e non perché fosse la prima volta che si chiudeva in un convenience store, a mangiare schifezze – pure alle superiori, quando non gli andava di tornare a casa subito dopo le lezioni o litigava con la madre, si fermava lì per “cenare” – ma perché sembrava così patetico e solo, con quell’espressione di chi era stato abbandonato, fradicio dalla testa ai piedi.

Esalò un sospiro, aprendo il primo samgak gimbap, e quando diede il primo morso gli occhi catturarono la figura di una persona fin troppo conosciuta: Baekhyun; quasi si buttò contro il vetro, picchiando il palmo ben aperto contro di esso, e fu grato quando il migliore amico, dall’esterno, se ne accorse, al posto del commesso. Il secondo sembrava confuso e sorpreso nello stesso momento, e prima ancora che potesse muoversi, il ragazzo all’interno del negozio gli fece segno di entrare. Ed ecco come Jongdae finì con un samgak gimbap e mezzo, il pacchetto di ppusyeo ppusyeo, una lattina quasi vuota di soda e Baekhyun al suo fianco, che ne aveva approfittato per prendere un dosirak, una scatola di biscotti al cioccolato e del succo, ancora davanti alla vetrata del negozio.

“Che ci fai qui da solo?”, chiese il migliore amico, mischiando le fette di carne con il riso.

“Come mai mi ignori da tre giorni?”, domandò di tutta risposa l’altro, dando l’ultimo morso al primo triangolo.

“Non si risponde a una domanda con una domanda”, affermò il primo, aprendo la bottiglia del succo, “Avevo da fare”.

“Non ho portato l’ombrello”.

“Idiota”.

Una risata scappò a tutti e due, prima di tornare nel silenzio nel frattempo che continuavano il loro “pasto” – o almeno fu così per Jongdae, poiché finì prima di Baekhyun.

“Cosa ti ha tenuto così impegnato da ignorare tutti i messaggi e tutte le chiamate?”, chiese dopo un po’ il ragazzo dagli occhi felini, mentre accartocciava ogni busta così da mettere tutto nella vaschetta del ramen.

“Mio fratello sta tornando in Corea dal suo viaggio in Cina e mi hanno incaricato di preparargli una festa a sorpresa”, spiegò brevemente, con la bocca piena di ravioli.

“Woah, davvero Baekbeom sta tornando?”, essendo suo migliore amico, ovviamente conosceva pure il fratello maggiore, ed era sorpreso di sapere che dopo due anni aveva deciso di mettere piede nel suo paese nativo, “Hai finito tutto o ti serve un aiuto? Potrei chiedere a Jong―”.

L’altro gli infilò in bocca dei biscotti al cioccolato, per farlo tacere, “Grazie ma ho già finito tutto. Semmai, visto che Baekbeom ha chiesto tanto di te in questi due anni, vieni anche tu, sono sicuro che gli farà piacere”.

Il diretto non ci pensò nemmeno un secondo che dalle sue labbra uscì un , e prima di andar via l’amico gli disse quando presentarsi a casa sua.

 

 

 

×

 

 

 

Era strano da dire, ma per la prima volta in quattro giorni Jongdae non pensò più di tanto a Joonmyun – non che si fosse scordato di lui, ovviamente, solo che aveva preferito metterlo un attimo da parte, così da potersi concentrare solo alla festa a sorpresa per il fratello maggiore di Baekhyun. Lui, insieme al fratello maggiore, era una specie di seconda famiglia per il ragazzo, e quando erano ancora degli studenti delle superiori, spesso pure suo fratello maggiore andava con lui a casa del migliore amico, così da poter passare del tempo con Baekbeom, mentre la coppia di fratelli minori stava insieme a giocare ai videogiochi.

Non avendo fretta – anche perché quel giorno non aveva avuto lezioni all’università – ebbe tutto il tempo per oziare nella gran parte della mattinata e nelle prime ore del pomeriggio, per poi iniziare a prepararsi, e finire alle sette di sera in punto davanti al condominio in cui abitava il migliore amico col coinquilino.

Camminò rapidamente, per non dire che corse, sulle scale, i passi rimbombavano per tutti i corridoio della palazzina, e fu grato di essere abituato a quella salita, poiché l’altro abitava al quinto piano in un palazzo privo di ascensore, con degli scalini che erano più alti del normale. Arrivò col fiato corto davanti alla porta e corrucciò le sopracciglia, quando notò che la porta era socchiusa e da essa usciva un filo di luce, probabilmente dal salotto.

“Baekhyun?”, richiamò l’amico dopo essere entrato, nel frattempo che si toglieva le scarpe all’entrata.

Camminò fino a raggiungere il salotto, già pronto per inchinarsi davanti alle altre persone – perché gli era stato detto che non sarebbero stati gli unici –, quando notò che in salotto non c’era nessuno. Strano. Richiamò di nuovo il proprietario di casa, insieme al coinquilino, mentre si faceva avanti verso la porta della cucina, e quando sbirciò dentro vide che pure quello spazio era vuoto.

“Yah, Byun Baekhyun, non è divertente. Lo so che sei in casa, mi hai aperto la porta!”, esclamò Jongdae, pronto per andare verso la stanza altrui.

Proprio quando si voltò, credette di poter morire a causa di un infarto; all’inizio non lo aveva notato, troppo preso dalla ricerca dell’amico, ma quando si sporse per sbirciare in cucina, qualcuno si era esattamente posto dietro di lui. Fu difficile da credere, ma d’impatto riuscì a riconoscere quegli occhi che da tre anni vedeva attraverso un schermo, quelle guance che sembravano brillare di luce propria e quelle labbra che aveva sempre sognato di baciare. Prima ancora che potesse reagire, dal corridoio spuntò pure un ragazzo fin troppo alto, con i capelli rossi e le orecchie a sventola, seguito da un Baekhyun tutto sorridente, un Kyungsoo non-così-tanto-sorpreso, Luhan, Beakbeom e persino Jongdeok con la moglie, urlando insieme “Sorpresa”.  Per un attimo rimase fermo, immobile, non sapendo cosa fare o cosa dire, poi, man mano, gli occhi si fecero sempre più lucidi, finché non si buttò fra le braccia di chi aveva davanti, nascondendo il volto che ben presto iniziò ad essere rigato dalle lacrime.

Doveva essere per forza un sogno, uno dei suoi tanti sogni, perché non poteva essere vero, non poteva essere veramente fra le braccia di Joonmyun e lui non poteva essere lì, mentre lo stringeva e rideva appena. Nemmeno Chanyeol doveva essere con loro e il cellulare in mano, mentre li riprendeva– che diavolo ci faceva Park Chanyeol lì?

“Tu― Joonmyun―”, era impossibile per il minore parlare quando mille singhiozzi gli spezzavano la voce e lo facevano tremare, e se in quel momento il maggiore non lo avesse tenuto probabilmente sarebbe pure caduto, poiché le gambe sembravano essere fatte di gelatina.

“In carne e ossa”, rispose lui, sorridendo in modo brillante e accarezzandogli le guance, andando a pulire le lacrime. Dal vivo era mille volte più bello.

Per un attimo sembrò che l’idea di baciarsi fosse ottima, finché Jongdae non scoppiò nuovamente a piangere, e Joonmyun non riuscì a far altro che stringerlo a sé e passare una mano lungo la sua schiena, per calmarlo. Alla fine il minore riuscì a calmarsi, così da poter abbracciare tutti gli altri (fu difficile con Chanyeol, poiché era fin troppo alto nel suo metro e ottantasette, e presto realizzò che il fidanzato non mentiva quando gli diceva che quando abbracciava l’amico, la faccia andava contro il petto altrui), e menare Baekhyun.

“Come hai osato dirmi che Baekbeom tornava oggi, quando era qui da un mese”, fu quello che disse mentre gli dava un pugno contro il braccio, sotto lo sguardo divertito del fratello maggiore.

 

 

 

×

 

 

 

“Quindi, ora che siamo finalmente insieme, cosa vorresti fare?”, chiese Joonmyun la stessa notte, quando finirono di sistemare la sua roba nella stanza di Jongdae e andarono a posizionarsi sul divano.

“Tutto ciò che in tre anni non siamo riusciti a fare”, rispose il proprietario di casa, andando a sedersi sulle gambe del fidanzato, nel frattempo che l’altro lo coinvolgeva già in un bacio lento e profondo.

“Ew, non davanti a me!”, esclamò Chanyeol, uscendo dalla cucina.

“Vattene tu, è già tanto se ti ho portato con me e Jongdae ti ha offerto di stare da lui!”, rispose il maggiore fra i tre, girandosi e dando un’occhiataccia all’amico.

Ben presto il più alto se ne andò, mormorando qualcosa in inglese, così da lasciarli soli.

“Dov’eravamo rimasti?”, domandò con un piccolo sorriso, prima di tornare con le labbra contro quelle altrui.

  
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