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Autore: NeroNoctis    28/01/2017    2 recensioni
Julian è un ex cacciatore di streghe che ha scelto di non intervenire più nel mondo sovrannaturale. Dopo che una Banshee ha sterminato la sua famiglia e lui stesso ha causato il coma della persona a lui più cara, ogni cosa ha perso valore e i sensi di colpa lo divorano ogni secondo che passa.
Tuttavia, l'arrivo di una misteriosa figura stravolgerà nuovamente la vita dell'uomo, che sarà messa alla prova da oscure presenze, echi del passato e segreti che potrebbero cambiargli ancor di più la vita, o distruggerla per sempre.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gideon stava passeggiando per le vie di Newport, osservando il panorama che offriva Joslyn Street e godendosi l'aria fresca che gli carezzava la pelle. Indossava una maglietta grigia a maniche corte, nonostante la temperatura fosse davvero bassa, ma il suo essere vampiro influiva anche su questo: non sentiva più freddo. 

A volte faceva ancora fatica ad abituarsi a quella situazione, al non sentire freddo o caldo, ad avere quella strana fame di sangue o semplicemente sentire rumori e discorsi davvero distanti. Se la cosa gli piacesse? Decisamente si, ma non era sempre così semplice.

Voltò per Grove Street, ritrovandosi di fronte ad una Chiesa Battista, fissandola per qualche secondo. In tutti questi anni di vita non aveva ancora capito perché ci fosse la credenza popolare che i vampiri fossero vulnerabili a luoghi sacri, crocifissi o acqua santa... forse per tranquillizzare la gente su eventuali essere sovrannaturali?

Riprese la sua passeggiata, sorridendo al pensiero della gente che credeva ai vampiri. Lui era uno di loro, certo, ma era l'unico vampiro esistente in tutto il pianeta. La cosa a volte lo faceva sentire un po'... solo. Era una cosa buffa, non provava da tempo diverse sensazioni, ma quel senso di solitudine ad essere l'unico della sue specie, beh, quello non voleva cessare.

Newport era una cittadina fin troppo tranquilla per ospitare qualche minaccia sovrannaturale, cosa che Gideon trovava davvero paradossale. E divertente. Un posto paradisiaco che nascondeva qualcosa in grado di distruggere l'umanità... tranquilla, certo. Un uomo si avvicinò a Gideon, impugnando un coltello nella mano destra, ma il vampiro continuò per la sua strada, mani in tasca e sguardo sulla strada.

«Amo i turisti...» sussurrò l'uomo, anche se Gideon riuscì a sentirlo, sorridendo. Il ragazzo imboccò Marginal Way, con l'uomo ancora alle sue calcagna. Gideon iniziò a correre, seguito dall'uomo che lo raggiunse in pochi attimi e lo scaraventò sull'asfalto, osservando la sua espressione di puro terrore.

«Non farmi del male, ti prego!» esclamò Gideon, tremando, mentre l'uomo lo fissava con un ghigno. Aveva il polso fermo sulla lama, carezzando la gola del ragazzo con quel freddo metallo. Il suo sguardo era deciso, spietato, prova che non era la prima volta che aggrediva i turisti. Le sue mani erano state sporche di sangue innumerevoli volte.

«Come sei carino» sussurrò, spostando la lama dalla gola alla guancia, ma non appena lo fece Gideon sorrise, colpendo l'uomo dritto sul collo e scaraventandolo al suo posto, per poi affondare i denti nella sua carne. Bevve avidamente quel caldo liquido vermiglio, inebriandosene e volendone ancora, ancora e ancora. 

Stranamente quell'uomo aveva il sangue davvero buono, così dolce... talmente dolce che Gideon affondò i denti ancora più in profondità, tanto che l'uomo non riuscì neanche più a respirare, fin quando la vita non lo abbandonò. Gideon continuò a nutrirsi per svariati minuti, per poi afferrare il cadavere e dirigersi verso il lago, dove lo gettò. 

Dopo essersi disfatto del cadavere, il ragazzo si fermò ad osservare la luna specchiarsi sul lago, rimanendone affascinato. Non vedeva qualcosa di così bello da diverso tempo, tanto che si sedette sulla riva e rimase lì, per un periodo di tempo indefinito. Uccidere per nutrirsi inizialmente non era così semplice, adesso era qualcosa di meccanico, utile alla sopravvivenza, ma non voleva pensare agli inizi, voleva solo godersi lo spettacolo... che fu interrotto da qualcosa che emerse dall'acqua. No, non qualcosa, ma qualcuno: pelle in decomposizione e pallida, ossa sporgenti e labbra secche e violacee, come se fosse il cadavere di qualcuno morto annegato... un cadavere tornato in vita evidentemente.

Gideon si alzò, mentre dalla sua mano destra iniziava a nascere una piccola fiamma.


 


Cameron e Lily avevano preso posto sui rispettivi letti dell'hotel, ringraziando il cielo per aver trovato qualcosa di così comodo. Il viaggio sull'aereo era stato tranquillo, ma ad un certo punto del viaggio i due percepirono qualcosa di strano, come se il tempo si fosse fermato per un nano secondo.

«Muoio di fame» disse Cam, rischiando di sbavare sul cuscino.

«A chi lo dici... prepariamo qualcosa, non so, qualche sandwich» propose Lily, mettendosi a sedere sul letto e carezzando la rossa coperta. Non era un amante del colore rosso, ma era davvero felice di starci sopra. Ricordò che da bambina indossava un completo rosso il giorno del ringraziamento e da quel giorno il rosso, beh, non lo associava a qualcosa di bello.

Stava giocando a nascondino con Cam, lei cercava. Girò per diversi angoli della casa, fin quando non giurò di vedere il fratello correre al piano di sotto. Lei lo seguì, ma finì per rotolare giù dalle scale. Non ricordava molto bene l'accaduto, si ritrovò semplicemente con un taglio sulla fronte e il vestito rosso sporco beh, di altro rosso.

Almeno questo era quello che si ripeteva, che raccontava in giro per sentirsi meglio... il vero trauma avvenne prima di quella caduta, quando... beh, quando le mani di suo zio tentavano di togliere quel vestito.

«Adesso togliamo questo bel vestito rosso» Lily trasalì, mentre Cam la stava osservando.

«Ti senti bene?» chiese, con lei che annuì abbozzando un sorriso «Sono solo stanca. Prosciutto e formaggio?»

«Direi che sono perfetti» sorrise Cam, ignaro di quello che la sorella aveva passato. Lei avrebbe voluto tanto dirglielo ma... la cosa faceva troppo male, il solo pensiero la faceva sentire così.. così... sporca? Non sapeva dirlo con certezza.

Quei pensieri furono interrotti dal bussare incessante sulla porta, spingendo la ragazza a chiedere chi fosse.

«Servizio in camera di benvenuto» rispose la voce dietro la porta, con i due fratelli che si guardarono con un sorriso. Un servizio in camera gratuito era proprio quello che ci voleva. Lily spinse la maniglia in giù, osservando Julian che la guardava con un sorriso, per poi entrare.

«Ascoltatemi bene» iniziò Julian, puntando l'indice verso i due fratelli «non so che intenzioni abbiate, ma seguirmi fin qui è stato un errore»

«Vuoi consegnarci all'Enclave? Ucciderci?» chiese Cam, la sua voce dubbiosa tentava di nascondere un filo di paura mista rabbia, non per la sua vita, ma per Lily. Non sarebbe mai riuscito a perdonarselo, mai. Se c'era qualcuno che doveva proteggere, era proprio lei, l'unica persona che amava più della sua stessa vita.

«Niente di tutto ciò. Non mi interessa l'Enclave ne tantomeno uccidervi. Ditemi solo cosa ci fate voi qui»

«Stiamo cercando informazioni su nostro fratello Adam, un Cacciatore come te. Abbiamo visto Knight a casa tua e abbiamo pensato che se ti avessimo seguito avremmo scoperto qualcosa su di lui... tutto qua» fece Lily, avvicinandosi al fratello.

Julian rimase piacevolmente sorpreso da quei due ragazzi, soprattutto perché non era da tutti conoscere il Gran Maestro dell'Enclave o sapere qualcosa in modo specifico su quel gruppo. Tuttavia l'uomo non conosceva molti Cacciatori, non gli interessava lavorare per loro e con loro, a meno che non ci fosse un rendiconto personale. Non conosceva nessun Adam, ne l'aveva mai sentito nominare da Knight, quindi la ricerca dei due fratelli su di lui era inutile.

«Non conosco nessun Adam» si limitò a dire, poggiandosi al muro «quindi dovreste andar via, è pericoloso stare qui»

«No» iniziò Cameron, facendo un passo avanti «Sei l'unica pista che abbiamo, quindi verremo con te. Che tu lo voglia o no»

A quelle parole Julian ebbe un sussulto. Ricordò quando salvò Paul da quella Banshee e lui disse qualcosa del genere, con la stessa determinazione negli occhi. Forse era destino? Un modo per redimersi dai propri peccati? O era semplicemente un occasione per ripetere tutto quanto? Non poteva saperlo, ma perché adesso era così dubbioso sul mandarli via? Sapeva benissimo che se li cacciava, quei due l'avrebbero seguito, cacciandosi in guai ancora più grossi... forse se li avesse avuti accanto... ma cosa stava dicendo? Non li conosceva nemmeno, erano solo due giovani che non conoscevano il pericolo.

«Allora?» lo incalzò la ragazza.

«Allora vado a farmi una doccia. Riguardo quei sandwich, prosciutto e formaggio per me vanno bene. Deciderò dopo cosa fare con voi» si limitò a dire, abbandonando la stanza dei due fratelli che rimasero immobili ad osservarlo mentre varcava la porta.


 


Julian tornò nella sua stanza, scuotendo la testa conscio di quello che stava per fare. Dell'enorme cazzata che stava per compiere. Si diresse in bagno, togliendosi i vestiti di dosso e rimanendo solo con i jeans. Si specchiò, osservando le innumerevoli cicatrici sul suo torso, sulla sua schiena... cicatrici di caccia e cicatrici per dimenticare quanto dolore provasse. Provare dolore per dimenticarne altro.

Forse legarsi a qualcuno poteva essere positivo, poteva distrarsi dai suoi peccati e poteva tornare ad interessarsi a qualcuno, forse. Si sciacquò il viso, sentendosi improvvisamente strano, come se fosse più leggero e con uno strano senso di nausea. Un rumore sordo riempì la sua mente, tanto da costringerlo in ginocchio e a soffocare un urlo. Prima che potesse proferir parola, tutto divenne nero.

Julian si risvegliò di fronte ad una magione che a prima vista sembrava molto antica. La luna piena illuminava quel luogo così tetro e sinistro, che sembrava uscito da un classico film horror. L'uomo si incamminò verso la costruzione, notando un cancello sulla sinistra che portava ad un sentiero stretto e circondato da alberi e siepi. Ci sarebbe andato dopo.

«Figlio di Jonathan» tuonò qualcuno dietro di lui, con voce che sembrava provenisse dall'interno di una caverna. Una voce quasi vuota ma profonda allo stesso tempo, gelida come l'inverno e come la morte. Julian si voltò, osservando un essere incappucciato. Indossava un'armatura simil-vichinga, fatta di pelle e cuoio rovinato, mentre sulle spalle era posizionata una pelliccia di lupo che formava una sorta di cappa. Julian giurò di vedere l'elsa di una spada fare capolino da sopra la spalla sinistra, mentre diversi pugnali erano visibili sul fianco. Il cappuccio che copriva il volto era marrone e logoro, mentre delle bende coprivano il viso del figuro, lasciando visibili solo gli occhi che ricordavano due fuochi fatui dal colore, un azzurro così brillante che sembrava quasi inumano. O forse lo era davvero.

«Chi sei?»

«I miei compagni mi chiamano Kaelim» rispose il guerriero, voltandosi verso un cavallo nero come la notte più profonda che Julian non aveva notato. L'animale indossava sella, borse e una maschera fatte di ossa. L'uomo associò istintivamente quel cavallo ad uno di quelli dei cavalieri dell'Apocalisse, Morte forse. Ma tentò di non fare domande irrilevanti.

«Cosa vuoi da me? Che posto è questo?» chiese Julian, tentando di rimanere il più lucido possibile. Sapeva che un attimo prima era in bagno, ricordava ogni cosa. Si sentiva come in un sogno, ma era tutto fin troppo reale.

«Voglio metterti in guardia, figlio di Jonathan» disse Kaelim «ma ho poco tempo, loro non devono scoprire che sono qui.»

«Loro?»

Kaelim ignorò volutamente quella domanda «In questo luogo si annida la minaccia più grande per il mondo intero. Devi starne lontano.»

Julian incrociò le braccia «Perchè dovete sempre essere così vaghi? Non so neanche cosa sto cercando, so solo che è in grado di annichilire l'umanità. Non potresti semplicemente essere più chiaro?»

«No, le mie parole sono controllate se le adopero in un piano astrale diverso dal solito. Tieniti lontano da questo posto, per il bene di tutti»

«Dimmi solo una cosa... se continuo nella mia missione, troverò quel che cerco?»

«Cosa cerchi, figlio di Jonathan? Redenzione? Verità? Vendetta? O solo la morte? In ogni caso...» Kaelim sembrò tentennare un attimo, distogliendo lo sguardo da Julian per qualche secondo «troverai più di quanto tu cerchi, ma il prezzo è troppo alto. Sei disposto a sacrificare la tua umanità e quella del mondo intero per questo?»

Julian non rispose, voltandosi verso la magione che continuava a far da sfondo a quella strana conversazione. Qualcosa si annidava in quelle stanze, in quei saloni, Julian lo sentiva. Era come se il Marchio a forma di pentacolo che aveva sul petto bramasse quel luogo, così come un cucciolo è attirato dal seno della madre. Come se qualunque tipo di magia fosse attirata da qualcosa, qualcuno.

Il suono di un corno riecheggiò nella notte, con Kaelim che guardò verso la luna con sguardo quasi rassegnato. Il suo cavallo sbuffò, come se fosse impaziente di ripartire.

«Devo andare, loro mi aspettano. E dovresti farlo anche tu, i tuoi amici sono in pericolo, figlio di Jonathan»

Kaelim colpì al volto Julian, che si risvegliò sul freddo pavimento del suo bagno. Prima che potesse dar vita a qualunque tipo di pensiero, si ritrovò a correre e ad impugnare la sua spada, dirigendosi verso la stanza dei fratelli dopo aver sentito l'urlo di Lily farsi strada nei corridoi dell'hotel. 

 


 

Kaelim risalì sul suo cavallo, carezzandola sul dorso. Diede una leggere speronata, col cavallo che iniziò a cavalcare e a librarsi nella notte, lasciando sotto gli zoccoli la magione e relativa Newport. Fu raggiunto da un ragazzo a cavallo, che teneva il volto basso.

«Rike» si limitò a dire Kaelim, senza guardare l'altro.

«Non ti ha ascoltato, vero?»

Kaelim tornò a guardare sotto di sè, verso la magione «Non lo so, spero solo che Julian scelga bene»
   
 
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