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Autore: eli_s    29/01/2017    2 recensioni
Talvolta dobbiamo camminare sulla propria strada sfiorando inconsapevolmente ciò a cui siamo destinati.
Piccolo tentativo Delena di raccontare come si sono girati attorno per un po' prima di trovarsi davvero.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Giuseppe Salvatore, Stefan Salvatore, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Who will tell her?

 

La luce rossa del segnale delle cinture brilla sopra la testa di Damon che, attirato dal suono che ne accompagna l’accensione, alza lo sguardo e poi lo riporta sulla piccola che dorme nel sedile accanto al suo, avvolta in una coperta.

La voce all’altoparlante del comandante informa che a breve inizierà la manovra per prepararsi all’atterraggio all’Aeroporto di London Heathrow, pertanto tutti i passeggeri sono invitati a collocare le borse negli appositi scomparti, mettersi seduti, allacciare le cinture e seguire le istruzioni del personale di bordo. Sospira a fondo Damon, stordito dal sonno, dal jet leg che incombe e soprattutto dall’angoscia per quello che ha lasciato in America e per cosa troverà al suo ritorno.

 

Ma doveva farlo, ne aveva bisogno. Sa bene che poteva essere fatto in maniera diversa, che lei avrebbe sicuramente capito. Tuttavia, non ha trovato il coraggio, non ha saputo condividere il dolore, il tormento, non ha saputo, ancora una volta, aprirsi a lei.

Accarezza dolcemente i capelli della piccola al suo fianco mentre l’assistente di volo gli chiede se le ha messo la cintura e che dovrebbe metterla seduta in modo corretto per l’atterraggio; così Damon annuisce e prova a sollevarla piano senza svegliarla, ma gli occhi chiari si spalancano sui suoi e gli sorridono assonnati.

 

Una volta atterrati scendono dall’aereo e avvolge la piccola per ripararla dal vento freddo mentre si avviano insieme agli altri passeggeri al ritiro bagagli. C’è la solita frenesia tipica degli aeroporti, aspettano la valigia al nastro trasportatore con Lily che lo osserva desiderosa di salirci sopra mentre suo padre la tiene per il cappotto per impedirle di farsi male. Sta imparando a camminare, ormai va da sola, ma non ha ancora una grande stabilità, tutt’altro.

 

Quando arriva la valigia la prende, afferra anche il passeggino per poi aprirlo e metterci sopra Lily che protesta un po’ finché non si calma e non escono tirandosi dietro la valigia. Fuori dall’aeroporto cerca con lo sguardo la fermata dei taxi e si dirige a prenderne uno, lasciando che il tassista lo aiuti col bagaglio per poi partire ed entrare nel cuore di Londra, attraversando tutta la periferia fino alla zona di Kensington dove è diretto.

Osserva la città scorrergli negli occhi e una insolita nostalgia afferrargli il petto più che si immagina lei, Rose, nascere e crescere tra quelle vie, in quel luogo. Sospira a fondo nel tentativo di placare il cuore e frenare i fantasmi quando l’autista afferma di essere arrivati all’indirizzo.

 

 

*****

 

 

Elena si siede sul letto con le braccia abbandonate sulle gambe e il cellulare penzoloni dalle mani ancora incerte sul se lanciarlo per la rabbia o buttarsi lei stessa dalla finestra. Sono due giorni che non sente Damon e si sta francamente preoccupando. Non vuole fare la fidanzata pressante, ma passare dal sentirsi tutti i giorni, almeno mattina e sera, al silenzio totale è fin troppo sospetto e lei impazzirà.

Alza gli occhi sconsolati verso la porta della stanza che si apre e dietro la quale sbuca una pimpante Bonnie, noncurante subito dell’amica, fin quando dopo averla salutata e aver posato lo zaino si è resa conto di aver ricevuto solo un mugolio in risposta, voltandosi più concentrata su di lei.

 

-Che hai fatto?-

 

Le iridi scure percorrono imbronciate la figura dell’amica, per poi riversarsi verso il soffitto e seguirlo mentre si lascia andare di schiena sul letto.

 

-Elena?-

-Voglio urlare-

 

Bonnie si avvicina svelta sedendosi al suo fianco.

 

-Che è successo?-

 

La brunetta teme sempre di rivolgerle quella domanda, perché quando si è trovata a farlo era sempre per una tragedia imminente causata da Damon; e adesso che parevano aver trovato tutte – più o meno – il loro equilibrio, non sa se abbia davvero lo stomaco per affrontare qualunque cosa turbi Elena.

 

-Avanti dimmi-

-Damon non mi risponde…da due giorni, niente messaggi, niente chiamate…mi sto preoccupando Bonnie…esagero?-

-Considerando quanto siete ossessivi e smielati….no…-

 

Elena si alza di scatto poggiando il peso del proprio corpo sui gomiti con i capelli scompigliati che le scivolano lungo il corpo.

 

-E quindi…?-

-Quindi…dico solo che Damon è uno che ha molto da fare, ma appena ha un momento ti cerca…-

 

Le iridi verdi si contraggono scettiche nel tentativo di spiegare all’amica il proprio ragionamento, perché cavolo sarà sparito?

 

-Avevate litigato?-

-Ma che stai dicendo…-

 

Lo sguardo mogio e afflitto di Elena le fa capire che la cosa sia più grave del previsto.

 

-Hai chiamato Stefan? Lui magari l’ha sentito-

-Sono passate a malapena 48 ore…penserà che sono pazza-

-Per la polizia sono sufficienti per denunciare una scomparsa…vuoi recarti lì per halloween?-

 

Il tono allusivo fa inarcare il cipiglio scuro offeso, invogliato così a tirarsi su e prendere in mano la situazione. Sotto lo sguardo severo di Bonnie cerca nella rubrica il numero di Stefan e lo chiama, attendendo di avere risposta fin quando non parte la segreteria.

 

-Nulla, una congiura dei Salvatore-

 

Bonnie si alza sospirando.

 

-Chiama Caroline, lei saprà dove è Stefan….poi chiama a casa Salvatore…ti risponderà almeno Giuseppe…o chiama Ric…basta che la smetti di lagnarti e agisci…io vado a farmi una doccia, quando torno pretendo risultati-

 

L’espressione risoluta fa sorridere Elena per la tenerezza con cui si è imposta su di lei, provando a riscuoterla. Se sta lì a piangersi addosso non potrà capire che diavolo sta succedendo. Segue pensierosa i movimenti automatici di Bonnie che si prepara per andare in bagno e farsi la doccia, provando a raccogliere il coraggio e scrivere alla sua migliore amica bionda per sapere dove si trovi Stefan, visto che non riesce a rintracciarlo.

 

Un messaggio di Caroline la risveglia dall’apatia in cui stava scivolando.

 

Siamo a lezione…ti chiamo io dopo, promesso”

 

Almeno qualcuno che le risponde.

 

 

****

 

 

-Dammi una spiegazione razionale, una solida e valida ragione per cui io adesso non debba prendere un aereo ed andare in Inghilterra a spaccare la faccia a tuo fratello!!!!!!-

 

Stefan alza entrambe le mani con quel suo sguardo da cucciolo colpevole, cercando di invitare Caroline alla calma; sta sbraitando da un quarto d’ora abbondante nella stanza di lui in cui sono andati ad affrontare l’argomento che il ragazzo, con scarso tatto, aveva casualmente lanciato a mensa e lì lei non poteva certo esprimere a pieni polmoni la sua rabbia.

Il suo animo inverecondo non poteva essere arrestato dalla presenza di diecimila persone.

 

-Ok…ma se tu mi facessi spiegare-

-Non c’è niente da spiegare Stefan! E’ un coglione, non me ne importa niente delle motivazioni…doveva dirglielo…Elena è convinta che andranno insieme a fare la famiglia felice per le vie di Mystic Falls mentre quello se ne sta seduto dall’altra parte dell’oceano…ti rendi conto??????E’ ORRIBILE!!! Dovrei chiamare la polizia!!!!!-

 

Le gote infiammate dalla furia omicida si gonfiano in un sospiro preso per recuperare energia, nel suo vagare per l’appartamento di Stefan con una tale ostinazione da consumargli il pavimento. Il ragazzo non sa come fare, lei ha ragione, ma Damon è pur sempre suo fratello e nel suo modo contorto, lo capisce.

Immagina perché non abbia detto niente ad Elena, quale perverso meccanismo si sia mosso nella sua testa bacata e quali tragiche conseguenze innescherà.

 

-Caroline ci sono milioni di ragioni…ha sbagliato siamo d’accordo…ma il motivo per cui lui è andato la…-

-Il motivo l’ho capito ed è tutto molto ragionevole, onorevole….è chiaro è giusto …ma doveva dirlo ad Elena! E’ questo il problema Stefan-

 

All’improvviso il cellulare di Stefan squilla attirando lo sguardo azzurro increspato dall’aria di tempesta. Si affretta ad estrarlo di tasca, sbiancando di colpo.

 

-Cosa c’è adesso, è lui?-

 

Fa per muoversi svelta, pronta a sferrare l’attacco, ma si arresta quando Stefan le mostra il nome di Elena che campeggia innocente sul display ed entrambi gelano sul posto.

 

-Non rispondere-

-Ma-

-Ancora non ho pensato a come presentarle la cosa…NON RISPONDERE-

-Ok ok-

 

Lui mette il muto e posa il cellulare sulla scrivania prendendo aria e distanze dalla furia bionda nella stanza.

Prima che Caroline possa anche solo pensare alla sua successiva invettiva è il suo, di telefono, a trillare e lo sfila dalla tasca posteriore dei jeans.

 

-Mi ha scritto se la posso chiamare….lo sa-

 

Sbuffa esasperata mentre si affretta a digitare una balla per temporeggiare, sotto lo sguardo perplesso di Stefan.

 

-Cosa dovrebbe sapere????-

-Che qualcosa non va!! Prima chiama te, poi scrive a me con una evidente urgenza….non ci vuole la scienza per capire che qualcosa la turbi…e credo di sapere cosa….-

-Beh….come ci comportiamo??-

 

Il ragazzo dilata le iridi verdi speranzose di avere una risposta che plachi le preoccupazioni, cercandola nelle pozze chiare altrettanto spaventate e consapevoli. Caroline chiude per un istante gli occhi prendendo fiato, perché sa già cosa devono fare.

 

-Tu non devi fare niente, la chiamerò io…tra un po’….e le dirò la verità-

 

La bionda scappa con lo sguardo in estrema difficoltà per cercare di placare le lacrime graffianti; così afferra in fretta la borsa poggiata per terra e fa per superare l’amico che, di contro, le blocca il passaggio.

 

-Ehi Care, no devo dirglielo io, posso farle capire come pensa Damon e-

-Elena purtroppo sa benissimo come ragiona Damon-

-Si ma lascia che le parli io-

-No Stefan, sei il suo migliore amico ma….sei anche il fratello di Damon, spetta a me farlo, perché è di me che avrà bisogno e non mi odierà come potrebbe fare con te…-

-Ma ambasciator non porta pena…-

-Sì ma fai Salvatore di cognome…-

-Care…-

-Ti tengo aggiornato, prometto….tu prova a sentire Dam ok?-

 

Lui annuisce colpevole, infilando le mani nelle tasche dei jeans quasi come se fosse stato lui a ferire Elena e non suo fratello. Non sa bene che dire è in estrema difficoltà per quella situazione; ha solo vent’anni, si sente un ragazzino che prova a rattoppare gli errori altrui aprendo falle ancor più grosse. Così si sposta lasciando passare Caroline che fugge via assorbita da mille domande.

 

 

 

****

 

 

 

Damon si fa aiutare dal tassista a scaricare la valigia ed il passeggino, Lilian si è addormentata e la sua piccola testa riposa sulla spalla paterna, completamente abbandonata alla sua stretta sicura.

Quando sente l’auto partire il suo sguardo chiaro accarezza titubante l’aria pungente londinese, meno umida di quanto si aspettasse; osserva pensieroso, forse più per trovare il coraggio, il palazzo in stile vittoriano dai colori sporchi che lasciano quella sensazione di Rivoluzione industriale, carbone e fumi tipicamente inglesi.

 

Il quartiere è silenzioso, passano poche auto e già a quell’ora gli abitanti avranno già consumato il loro pasto, scorge le tiepide luci filtrare dalle vetrate della palazzina e prende un respiro profondo prima di suonare il campanello. Si trova proprio davanti al portone in ferro battuto e vetri satinati, quando la luce dietro la porta si accende ed un rumore metallico accompagna lo scatto della serratura.

 

Spinge il portone pesante con la mano libera e quando è sufficientemente aperto lo blocca col corpo per tirare dentro la valigia ed il passeggino in una mossa poco agevole; quando riesce a farsi largo nell’atrio stretto ed illuminato lascia andare il portone che si chiude lentamente e si concede un secondo di riposo per osservare l’ambiente elegante di quel corridoio principale che conduce ad un un’unica porta in legno chiaro. E’ più tiepida l’aria rispetto a fuori, ma non è un ambiente riscaldato, segno che si tratti di una parte esterna alla casa e la conferma gli proviene dalla porta stessa che si apre, rivelando una donna sulla cinquantina che per un istante blocca la corsa del suo cuore.

 

Ha i capelli rossi, un po’ sbiaditi, raccolti dietro la nuca in un piccolo chignon basso, orecchini di perle che risaltano in contrasto col colore dei capelli e della pelle diafana da cui si evincono i segni di una sofferenza precoce che l’ha fatta invecchiare prima del tempo.

E poi trova gli occhi chiari, di quell’azzurro un po’ più ghiaccio del suo che rende impossibile giudicare se sia la stessa tonalità ereditata dalla piccola che gli dorme in braccio, e si fa coraggio avanzando verso la donna che – dopo istanti di esitazione – si apre ad un incerto e timido sorriso. Poco dietro di lei compare un uomo circa della sua età, stessi occhi, capelli già grigi, ben curato e vestito in tweed da vero inglese.

 

Entrambi sussurrano un “salve” titubante e raggiungono Damon per aiutarlo con la valigia ed il passeggino mentre lui li segue imbarazzato dentro l’abitazione dalle tinte chiare.

 

Mezz’ora più tardi, dopo aver messo a letto Lily ed essersi dato una rinfrescata post lungo viaggio, Damon è seduto nel salotto inglese, sul divano damascato davanti ai coniugi Famil che sorseggiano imbarazzati del thè.

Hanno contatti occasionali, per lo più per sapere della bambina, lui manda continuamente foto e video per email in modo da permettere loro di vedere come cresce. Si sente in colpa Damon, perché lo legge nei loro occhi chiari sfuggenti che un po’ lo odiano e i motivi, giusti o sbagliati che siano, sono umanamente comprensibili.

 

Rose si era trasferita in America per studiare, ma con l’intento un giorno di tornare a Londra con il titolo di studi preso all’estero, o comunque, questo è ciò che speravano i suoi genitori.

Era figlia unica e ciò rendeva ancor più forte il loro legame con lei. Non era stato facile accettare che fosse rimasta incinta, senza essere sposata, di un ragazzo americano e che fossero intenzionati a vivere a New York anziché tornare a casa, in Inghilterra.

E non era stato assolutamente semplice fare i conti con la sua malattia e poi la sua morte. In quei mesi i coniugi Famil, dalla nascita di Lily, erano rimasti per un po’ in America per stare vicino alla figlia e alla nipote, provando in tutti i modi a convincerla a tornare a Londra, così da poter passare più tempo con loro.

Ma la morte era sopraggiunta prima ancora che Rose potesse anche solo trovare il tempo per avere quelle normali liti sulle sue decisioni da donna adulta e da madre, portandolo loro via per sempre.

 

Il loro dolore composto, educato,  non dissimile dal modo dei Salvatore, aveva molto colpito Damon che, tuttavia, si era sentito profondamente responsabile. Se lui non l’avesse messa incinta forse Rose non si sarebbe aggravata.

 

-Allora….come è …come è stato il volo?-

-Tranquillo-

 

La tensione nell’aria si taglia a fette, d’altronde è naturale vista la situazione delicata in cui si trovano tutti, troppe cose non dette che affliggono cuore e mente soprattutto da parte dei genitori di Rose.

 

-Immagino tu sia stanco…per il lungo viaggio-

-Sì ma…non è un problema-

 

Robert, il padre di Rose, è rimasto in silenzio a fissarsi le mani stanche, percependo sua moglie Marion trattenere la propria agitazione facendo thé e torturandosi le maniche del golf in un gesto che, per un istante, a Damon ricorda Elena. E quel pensiero lo brucia fino a lacerargli il cervello, bevendo un sorso del liquido caldo nel tentativo di rimuoverlo.

Perché adesso è concentrato su questa casa, sui fantasmi seduti davanti a lui che gli ricordano teneramente la ragazzina nei corridoio del college in cui si era imbattuto. In realtà per Damon è praticamente impossibile dimenticare Rose, Lilian le somiglia ogni giorno sempre di più e questo ogni tanto fa male, ogni tanto gli calma il cuore tormentato. In tutto questo non si è mai dato veramente modo di dare ad Elena il giusto spazio né di perdonare se stesso per aver “tradito” Rose.

 

-Marion, porta in camera il ragazzo…c’è tempo per le domande-

 

Entrambi volgono lo sguardo sull’uomo silenzioso che si alza facendo leva con le mani sulle ginocchia e si mette dritto in attesa che gli altri due lo imitino. Cosa che accade e Damon trattiene il respiro nervoso.

 

-Ma certo…seguimi pure Damon…-

-Buonanotte-

-Buonanotte-

 

Annuisce lieve e poi segue Marion in corridoio; salgono le scale che hanno fatto anche prima quando hanno portato Lily in camera, ma in quel momento era concentrato troppo su sua figlia per notare le fotografie affisse sulla parete lungo le scale sulle quali indugia un momento, sentendo il cuore stringersi in una morsa via via che scorre le varie fasi della vita di Rose, da una bambina appena nata in braccio ai genitori, fino alla foto della laurea. Sono cinque foto: battesimo, primo giorno di scuola, medie, diploma di liceo e laurea. C’è un ultimo spazio, vuoto che attira la sua attenzione rallentando ancor di più il suo passo incerto; non si accorge che Marion ha notato la sua esitazione e resta ferma in cima alle scale con le mani in grembo.

 

-Abbiamo fatto stampare una foto di lei con la bambina…ma ancora non sono riuscita a trovare la cornice giusta-

 

La voce consumata tradisce un fremito di dolore che attira gli occhi chiari verso l’alto. Annuisce comprensivo e riprende a camminare fino a raggiungere la stanza dove dormiranno lui e Lily. Marion si dirige al mobile in legno scuro in corridoio e prende gli asciugamani che vi aveva collocato sopra pe poi portarli a Damon.

 

-Il bagno è l’ultima porta infondo al corridoio….buonanotte e per qualunque cosa ti prego, non esitare-

-Grazie-

 

Marion sorride impacciata e riprende le scale per tornare da suo marito al piano di sotto. Damon sospira a fondo e poi entra nella stanza degli ospiti. Per un istante si domanda quale sia la camera in cui è cresciuta la piccola Rose, dove è diventata grande, vorrebbe proprio vederla, respirare il suo odore, essere nelle sue cose, in quello spaccato di lei che non ha mai potuto conoscere.

 

Rose rimarrà per l’eternità un piccolo mistero per lui, non c’è stato il tempo di esplorarlo, conoscerlo a fondo, ma avrà per sempre un pezzo di lei nei tratti della loro bambina. Entra in camera e si prepara per andare a dormire quando prende il telefono che aveva acceso per avvertire a casa di essere arrivato; trova mille messaggi di suo fratello tutti consistenti in allarmanti richieste di spiegazioni ad Elena.

 

E il suo cuore codardo si nasconde nell’affanno, spengendo tutto e dirigendosi in bagno.

 

 

***

 

 

Caroline ha chiamato Bonnie, le ha risposto al quinto tentativo supplicandola di allontanarsi da Elena per poterle parlare un momento. La ragazza, stranita dal comportamento dell’amica, si è diretta in giardino fuori dallo studentato ascoltando cosa avesse da dirle di così delicato da non poterlo fare con Elena presente; e le sono bastate poche parole per saltare per aria.

Dopo vari improperi contro Damon, Bonnie ha preso fiato, ha salutato Caroline promettendole che sarebbe stata pronta al capezzale di Elena ed è rientrata al dormitorio dando così modo alla bionda di chiamare l’amica e parlarle.

 

Hanno discusso un quarto d’ora abbondante su chi avrebbe dovuto dire ad Elena di Damon, se Bonnie in modo da affrontarla di persona, provare a spiegarle quel cumulo di giustificazioni passate di bocca in bocca da Stefan fino a lei, filtrandole, rimodellandole in modo da indorarle la pillola, o  Caroline attraverso il telefono nel tentativo di rendere più astratto, quasi irreale, quel fatto.

 

Alla fine hanno optato per Caroline, in grado di riportare meglio la sua conversazione con Stefan, spiegando all’amica che Damon non avesse nemmeno dato una spiegazione al fratello o in generale alla famiglia.

 

Adesso Bonnie è seduta al fianco di una smarrita e inerme moretta, intenta  a fissare il vuoto una volta chiusa la conversazione con Caroline. Non ha detto niente è rimasta in silenzio ascoltando le spiegazioni della bionda, ha sussultato due volte sgranando gli occhi, con le parole morte in gola e lo sguardo perso chissà dove.

Bonnie è seriamente preoccupata per questa sua non reazione alla quale non sa dare un nome; sembra sotto shock ed è proprio di ciò che potrebbe trattarsi, ma non è sicura.

 

-Elena…-

 

E’ il terzo tentativo che fa, chiama l’amica seduta al suo fianco sul letto in uno stato catatonico, le sfiora dolcemente la mano e ottiene solo silenzio.

 

-Elena ti prego…parlami, piangi…ridi…basta che reagisci….-

 

Lo vede che non è pronta a parlare, che la vergogna per l’umiliazione scotta la sua pelle e vela gli occhi impegnati a scappare ovunque e mascherare tutto il panico che le si sta scatenando dentro al cuore. Ma è una tempesta che non può ancora manifestarsi, deve maturare, Elena è fatta così Bonnie lo sa, come sa che dovrà starle accanto per impedirle di farsi trascinare via dal vento.

 

-Devo andare a studiare…-

 

Si alza di scatto facendo sussultare l’amica ancor più perplessa, la osserva dirigersi alla scrivania, afferra i libri e li mette in fretta nella tracolla prima di ravviarsi i capelli scivolati sul volto nella fretta.

 

-Elena…-

-La biblioteca è aperta fino alle 22, cenerò fuori prima di andare non ti preoccupare-

 

Bonnie la raggiunge nel tentativo di fermarla.

 

-Fermati un attimo-

-Bonnie ti prego-

 

Alza leggermente la voce non volendo contro l’amica, voltandosi con lo sguardo supplicante una tregua da quell’umiliante momento.

 

-Ho bisogno di …di andarmene…-

-D’accordo….ma…-

 

La richiama prima che possa scappare, ma non fa in tempo a finire la frase che la ragazza è già sparita oltre la porta.

 

 

 

 

 

Ciao a tutte!!!

 

Perdonatemi il profondo ritardo, non è stato semplice scrivere questo capitolo che deve essere di passaggio, una sorta di quiete prima della tempesta.

 

Ritroviamo Damon in Inghilterra, adesso sappiamo che è andato a trovare i genitori di Rose con la piccola, cosa più che lecita. Non ha detto nulla ad Elena per tutti i suoi complessi mentali derivanti soprattutto da quei sensi di colpa che Damon cova da tempo ma che non ha mai espresso, neanche ad Elena ed è proprio ciò che li tiene in un certo senso distanti, come se ci fosse un’ultima zona d’ombra in cui lui non le consente di accedere perché lui stesso, per prima, non sa guadarci dentro.

 

E vediamo come i loro amici si barcamenano per capire come palleggiarsi quell’informazione scottante e a chi toccherà comunicarlo ad Elena. La scelta ricade ovviamente su Caroline, si sente la più adeguata sia per tutelare Stefan, sia perché essendo distante l’amica non si scaglierà contro Bonnie che potrà così starle accanto.

 

Vedremo cosa accadrà, prometto di essere più svelta a postare il prossimo,

 

 

Attendo i vostri commenti.

A presto

Elisa

   
 
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