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Autore: Camipp    30/01/2017    6 recensioni
BELLARKE - POST 3x16
"Non era mai stata una persona che si faceva prendere dall’ansia, anzi, sapeva che molto spesso era stata accusata per la freddezza con cui prendeva le sue decisioni eppure, questa volta, era qualcosa di diverso.
«Ce la faremo anche questa volta.» disse con un bisbiglio Bellamy avvicinando la sua testa a Clarke.
Per l’ennesima volta si chiese come riuscisse Bellamy a leggerle dentro così bene. «Come fai sempre a capire quello che penso?» si lasciò sfuggire Clarke.
Sentì una lieve risatina provenire dal ragazzo. «Forse perché ti ho affidato la mia vita tante volte o forse perché solo con te riesco a venire a patti con i miei errori» rispose in un sussurro tornando serio.
Clarke si commosse a quelle parole perché le comprendeva e capiva, uno era lo specchio dell’altro eppure, lui, era riuscito ad andare oltre, a vederla veramente più di chiunque altro conoscesse o avesse conosciuto. Sentì fra le mani gli angoli smussati della scatola in alluminio che conteneva lo spirito di Lexa, nemmeno con lei era stato così."
Storia scritta da Avenal Alec e pubblicata con il permesso dell'autrice da Camipp.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Raven Reyes, Roan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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EPILOGO

7 mesi dopo

 

“Secondo me dovremmo andare con il Rover  disse Bellamy mentre parcheggiava la macchina accanto al costone ma sembrava che nessuno lo stesse ascoltando. Solo Clarke, accanto a lui, gli lanciò un occhiata prima di scendere dall’auto. Il ragazzo guardò di fronte a se il crepaccio dove alcuni mesi prima avevano rischiato di finire e per l’ennesima volta si chiese perché gli altri non capissero la sua preoccupazione. Li sentiva prendere gli zaini e scherzare tranquilli, alla fine decise di scendere anche lui visto che nessuno sembrava volergli dare retta! 

Raven stava chiedendo a Nathan e a Brian come stesse andando alla stazione Cerere “Niente lavoro ragazzi!” era stata Clarke a parlare. 

“Parla quella che ha passato il tempo ad aggiornarci sull’andamento alla Stazione Idiometi da quando siamo partiti” ribattè divertito Murphy che si stava caricando lo zaino sulle spalle. 

“Beh, ovvio che ne ho parlato, siamo riusciti finalmente a creare un siero stabile e dall’ultima pioggia acida, nessuno è morto e, le poche lacerazioni sono state assorbite lasciando solo delle lievi cicatrici” Rispose ancora gongolante Clarke. 

Bellamy sorrise, sapeva quando lavoro c’era stato dietro, grazie ai macchinari trovati nel Bunker militare, ormai ribattezzato Idiometi, gli archivi scovati da Raven e le conoscenze di Becca Prom-heda erano riusciti in 7 mesi a fare qualcosa di incredibile. Non solo la mappatura genetica dei clan ma una serie di cure che permetteva loro di affrontare gli effetti più immediati delle radiazioni e monitorarne nel lungo termine le conseguenze sulle persone.

“Allora anche noi dovremmo gongolare per i risultati ottenuti, le ultime covate sono sane come tutti piccoli nati da quando abbiamo spostato la maggior parte del bestiame dentro Cerere” replicò sorridendo Nathan. 

Ma è vero che c’è stato un parto tri-gemmellare” chiese Emoriincuriosita. “Si, una delle mucche ha avuto 3 splendidi vitelli e tutti e tre sani” rispose Brian al posto del compagno. 

“Da quel che so anche il sistema di filtraggio dell’acqua per le culture idroponiche nella stazione Demetra sta dando ottimi risultati ” si inserì Raven. “Si è vero”, confermò Monty che lavorava nel secondo bunker che era stato trovato nelle zone attorno a Polis grazie alle mappe trovate nelle memorie dei server. Il ragazzo ormai si occupava a tempo pieno della manutenzione dei macchinari per il filtraggio dell’acqua che prelevavano dai pozzi. 

“Adesso stiamo cercando di capire come bonificare il terreno e speriamo di riuscire in futuro anche a far crescere delle piante da frutto” poi continuò guardandola “So che state cercando una soluzione per sintetizzare dei materiali adatti per la costruzione degli edifici” Ravenannuì “Si, è uno dei prossimi progetti. Ora che abbiamo messo in sicurezza molte delle centrali nella zona e cominciamo a prevedere con un certo anticipo i movimenti delle piogge acide stiamo cercando di capire come cominciare a costruire case salubri e con i giusti sistemi di filtraggio, la gente è stanca degli allarmi, di dover lasciare le proprie case a causa di una pioggia e aspettare settimane prima di uscire, vero Roan?” chiese al guerriero che in quel momento stava finendo di scaricare lo zaino “Si, anche se i tre bunker sono abbastanza grandi per non pestarci i piedi e la gente è abituata ad entrare ed uscire con tranquillità, mettere troppe tribù insieme non è mai sicuro e a volte capita che non tutti riescano ad arrivare in tempo. Certo grazie al sistema di comunicazione ideato da Raven” disse lanciando uno sguardo di pura adorazione alla compagna “Tutto è diventato più semplice ma, i trascorsi e le vecchie faide sono difficili da superare” rispose l’ Ice King. 

“Io ho sentito che c’è stato quasi un caso diplomatico quando gli stalloni di due tribù diverse hanno montato la stessa cavalla e non si sapeva di chi sarebbe stato il puledrino” disse Murphy ridendo “Non me ne parlare!” rispose Nathan passando uno zaino al compagno, “ci siamo ritrovati a fare i turni di guardia nella stalla della cavalla durante il parto per controllare che non ci fossero dei tafferugli” concluse scuotendo la testa il ragazzo. “Me lo ricordo” ribattè Clarke “È stata la prima volta che abbiamo dovuto utilizzare le attrezzature fare un test di paternità” concluse ridendo.

“Se siamo pronti si può partire” disse a quel punto Emori voltandosi verso i ragazzi. Ormai tutti avevano gli zaini in spalla e seguirono la grounder verso il varco fra gli alberi senza smettere di chiacchierare e aggiornarsi sulle rispettive vite. 

Solo Bellamy rimase indietro ad osservarli, il viso corrucciato. Certo molte cose erano cambiate dopo quella prima riunione del conclave quando gli spiriti dei vecchi commander avevano parlato. 

Erano stati mesi in cui tutti avevano dovuto dare il massimo per far fronte ai continui problemi che dovevano affrontare, le tensioni fra le tribù non si erano dissolte come neve al sole e solo grazie al carisma di Luna e Roan, l’appoggio di Indra e le capacità diplomatiche di Kane erano riusciti a evitare parecchie situazioni scottanti

Avevano dovuto affrontare le prime piogge acide che li avevano presi in contropiede quando erano arrivate prima del previsto, affrontare un epidemia di febbre rossa particolarmente virulenta, la diffidenza dei clan quando era stato deciso di utilizzare le tre basi sotterranee quando il mondo esterno era irrespirabile. Molti erano morti in quei primissimi mesi ma, lentamente, con caparbietà e forza d’animo erano andati avanti e ora, a soli 7 mesi di distanza finalmente cominciavano a vedere il frutto dei loro sforzi. 

Le piantagioni e il bestiame nelle due stazioni Cerere e Demetra stavano crescendo in un ambiente sano. La stazione di Idiometi, la più piccola, in breve tempo era diventata il centro nevralgico, i laboratori di ricerca, gli enormi server a cui Raven aveva avuto accesso e le capacità di Becca prom-heda di analizzare e trovare soluzioni aveva permesso di fare passi enormi in poco tempo. 

E ora, dopo tanto tempo in cui ogni loro pensiero era volta alla sopravvivenza dell’intera umanità, finalmente erano riusciti a prendersi due giorni di riposo dal mondo e dalle responsabilità. Era diventata prima una neccessità poi un desiderio condiviso da tutti loro. 

Volevano ritrovarsi.

Da quando era cominciato tutto, lentamente si erano divisi, Nathan e Brian si erano ritrovati a lavorare nella stazione Cerere, Monty e Harper invece erano nella stazione Demetra. Emori e Murphy, ormai battevano a tappeto i territori alla ricerca della tecnologia nel mondo precedente o qualunque cosa fosse utile, Clarke era bloccata la maggior parte del tempo  nella stazione di ricerca Idiometi mentre Raven faceva da spola fra tutte e tre. Lui e Roan erano diventati dei veri girovaghi passando nei vari territori del clan nel continuo tentativo di mantenere l’ordine anche se cercavano di rimanere lontano pochi giorni.

Ad un certo punto si erano resi conto che sentivano la mancanza gli uni degli altri e così, ora, eccoli lì, due giorni solo per loro. L’intenzione era di raggiungere la sorgente e non pensare alle responsabilità per almeno due semplici giorni. 

“Ehi Blake ci sei?” chiese Raven girandosi.

Lui sorrise e fece un cenno d’assenso ma la preoccupazione che provava non sembrava passare. Volse uno sguardo dietro di se, dove avevano parcheggiato il Rover. “E tu Reyes, come va la gamba.” Chiese mentre superavano le prime radici che sbucavano da ogni parte.

“Non provarci Bellamy” disse la ragazza facendo attenzione a dove metteva i piedi. “non usarmi per qualche tuo trucchetto!” 

“Non lo sto facendo” rispose lui “ma credo che per te questa discesa potrebbe essere troppo faticosa

“Ti sbagli, io sto bene, sono in grado di fare la discesa e, se proprio non ce la facessi ho lui” indicando il guerriero dell’ Ice Nation “che mi può portare in braccio” rispose sorridendo. Roan lanciò solo uno sguardo senza dire nulla ma un lieve sorriso gli increspò le labbra.

Nessuno ancora capiva cosa avessero trovato l’uno nell’altro eppure, sette mesi dopo, eccoli lì. In pubblico si sfioravano appena, fra amici Ravenimmancabilmente faceva qualche battuta in sua direzione a cui di solito  lui non rispondeva eppure, bastava uno sguardo del guerriero che la giovane meccanico arrossisse e i suoi occhi brillassero di dolcezza. 

“Ma poi” si intromise John “vorrei ricordarti il  tempo che abbiamo impiegato per portare su il Rover” 

“Mai più” si era intromesso Nathan.

“Non è stato poi così difficile!” ribattè Bellamy ma fu subito investito da una mare di insulti. 

Certo, pensò il ragazzo, avevamo impiegato oltre 8 ore a portare su il Rover ma comunque ce l’avevano fatta. “non è stato poi così difficile” mormorò ma Nathan lo sentì e si voltò subito verso Clarke “Ma come riesci a sopportarlo?” chiese quindi. 

La ragazza sorrise, scosse la testa “Non chiedermelo, ogni tanto mi chiedo cosa mi sia preso a mettermi con uno come lui, se solo lo avessi saputo sarei scappata a gambe levate!” gli altri risero. “Beh, se ci avessi pensato prima, non ti troveresti in questa situazione” la prese in giro Murphy. La battuta scatenò altre risatine ma nessuno aveva dubbi sul fatto che quei due dovessero stare assieme e quando fossero innamorati l’uno dell’altro. 

“Se voi foste nella stessa situazione non ridereste così” rispose piccato Bellamy squadrando i ragazzi ma quelli nemmeno gli diedero retta e continuare a scherzare. 

Il ragazzo scosse il capo poi si avvicinò a Clarke che camminava poco avanti a lei. “Come va?” chiese.

“Bell, veramente vorrai fare così tutto il viaggio?” chiese la ragazza guardandolo leggermente irritata.

“No” mormorò lui ma lo sguardo di Clarke lo fece esitate un istante “Si, …un po’ ..e che voglio essere sicuro che tu stia bene e non ti affatichi..” a quelle parole la ragazza alzò un istante gli occhi al cielo, prese un profondo respiro poi cominciò a togliersi lo zaino dalle spalle “Tieni, mi pesa, portalo tu..” mormorò passandoglielo.

Il ragazzo sorrise sollevato a quel gesto e gli prese subito lo zaino “Vediche avevo ragione?” la ragazza lo guardò come se non riuscisse a credere alle sue orecchie poi scosse il capo e si allontanò da lui avvicinandosi a Raven che aveva seguito tutta la scena e ridacchiava. “Tranquilla Raven, non ridere troppo, Roan potrebbe diventare uguale!”

“non credo proprio, non ce lo vedo!” ribattè subito convinta il meccanico ma lo sguardo di Clarke le fece subito fare marcia indietro “No, ok, ha ragione, temo il momento, potrebbe essere anche peggio di Bellamy” a quelle parole entrambe scoppiarono a ridere poi continuarono a chiacchierare per il resto del tragitto che risultò meno difficoltoso di quanto Bellamy avesse paventato.

Quando si avvicinarono al costone che li avrebbe portati alla capanna di Emori, la ragazza li fece bloccare. Era allerta e, quel comportamento, allarmò tutti, Nathan, Harper, Bellamy e Roan si avvicinarono subito alla ragazza. 

“C’è del fumo” bisbigliò indicando un punto davanti a loro. Proveniva dalla luogo in cui avrebbe dovuto trovarsi la capanna. Tutti sapevano che era una zona disabitata ma c’erano parecchi banditi in giro e questo fecetemere loro il peggio.

“Io passerò dai boschi di sotto” disse Roan. “Nathan e Harper che hanno una buona mira con i fucili vi anticiperanno nascondendosi nei boschi sopra lo spiazzo”

Bellamy annuì “Noi continueremo invece sulla strada e ci avvicineremo

I ragazzi assentirono e si divisero. Ormai le risate spente, di nuovo impegnati ad affrontare una nuova minaccia. Aspettarono che gli altri si allontanassero nei boschi prima di riprendere il cammino.

Quando Bellamy superò la roccia che dava loro riparo, gli altri che  si erano appostati non avevano fatto alcun segnale di pericolo. Si sporse è notò solo un fuoco da campo e una pentola messa a bollire. Il luogo sembrava deserto fino a quando dalla porta della capanna non uscì una donna, era una grounder dai capelli scuri e dalla carnagione abbronzata, le vesti che portava gli ricordavano una delle tribù più lontane ad est, di cui però non riusciva a ricordare il nome. Imbracciò il fucile e uscì da dietro la roccia tenendo sotto tiro la donna che sembrava non essersi accorta di nulla. 

Ferma” urlo Bellamy.

La donna sobbalzò a quel richiamo, volse lo sguardo in giro fino a quando non incontrò quelli del ragazzo. Si bloccò all’istante, la paura dipinta sul volto.

“Sei da sola?” chiese quindi Bellamy abbassando leggermente l’arma. La donna annuì freneticamente. Il giovane esitò un istante poi abbassò il fucile e alzò una mano. “non voglio farti nulla” a quelle parole gli altri ragazzi uscirono da dietro la roccia.

Emori fece qualche passo in avanti, le mani alzate “Veniamo dalle stazioni vicino Polis, un tempo quella” disse indicando la capanna da dove la donna era uscita “era la mia casa, non vogliamo farti del male.” Terminò sorridendo.

La grounder dovette capire che i giovani non erano venuti per farle del male e annuì “Sono Milla della tribù delle foreste dell’ est, sto cercando di raggiungere Idiometi e ho trovato riparo qui.  Pensavo fosse disabitata” spiegò.

Emori annuì “Per noi sarebbe un onore condividere il nostro cibo con voi” rispose usando l’ antica formula fra viaggiatori.

In quel momento dall’interno della capanna sentirono provenire il pianto di un bambino, tutti si bloccarono, la donna sembrò agitarsi nuovamente forse impaurita che qualcuno potesse fare male a lei o alla creatura pensando che avesse mentito. 

Bellamy si incamminò verso la porta, il fucile a tracolla, disse alla donna di spostarsi verso il fuoco mentre lui controllava dalle finestre la stanza che sembrava all’apparenza vuota. Aprì lentamente la porta e poi entrò, il pianto del piccolo non sembrava voler cessare. Si avvicinò al giaciglio da cui, in mezzo alle coltri, riusciva solo a vedere un piccolo braccio e una manina stretta a pugno agitarsi. 

Fece qualche altro passo calamitato dal pianto, dal ricordo di un altro pianto 18 anni prima. Abbassò il viso e i suoi occhi incontrarono quelli del neonato. 

Sapeva che non lo poteva vedere, non distintamente, era troppo piccolo eppure, per un istante ebbe la sensazione che gli occhi grigi del bambino si fissassero sui suoi. 

Continuava a piangere ed ad agitarsi, istintivamente Bellamy allungò la mano verso di lui. Desiderava sentire il contatto con quel caldo corpicino. Il bimbo agguantò il suo dito, stringendolo forte, tentando in tutti i modi di portarlo alla bocca. 

Sei affamato vero piccolino” mormorò mentre liberava la mano, un lieve carezza sui radi capelli neri. Con cura prese il bimbo il braccio, era strano tenerlo. “Adesso ti porto dalla tua mamma che ti darà da mangiare” e con attenzione, senza mai smettere di guardare il piccolo e cullandolo fra le sue braccia, si avvicinò all’uscita.

 

Stava ritornando alla capanna dopo essere riuscita ad un uccidere una lepre, ci aveva messo troppo e doveva affrettarsi, per fortuna non era troppo lontana. 

La guerriera sentì il ramo spezzarsi ma la preoccupazione per quel ritardo l’aveva resa poco reattiva e avventata. Si girò in ritardo pronta ad affrontare la minaccia, diverse volte avevano rischiato di essere attaccate ed erano riuscite a cavarsela per un soffio ma, con suo sommo stupore, di fronte a lei c’era l’ Ice King.

“Così stai ritornando a casa Octavia kom  Eastrikru” disse il guerriero.

La giovane rimase immobile per alcuni istanti. “Cosa ci fai qua?” chiese la ragazza riprendendosi subito.

“Un uccellino mi ha detto che sarebbe stato piacevole fare un bagno nella sorgente termale” rispose Roan con un mezzo sorriso.

Indra….maledetta Milla” Mormorò la ragazza. 

“E con te?” domandò incamminandosi verso la capanna doveva avevano trovato riparo prima di ripartire il giorno dopo. 

“No” disse il guerriero seguendola “ e non prendertela con Milla, lo sapevi che, da quando ti ho rivisto fra gli Eastrikru, ti avrei tenuto d’occhio.” 

E io ancora non capisco perché tu lo stia facendo, me la so cavare da sola!” rispose la giovane aumentando il passo arrabbiata da quell’intrusione nel suo mondo. 

“Come ti ho già detto, molta gente è preoccupata per te! E con uno di loro ho un debito!” rispose il guerriero.

“Non gli avrai detto di Aurora vero?” 

“No, io mantengo le mie promesse.” 

“E allora perché sei qui?”

“Perché se devi raggiungere Idiometi dove di certo incontrerai la gente da cui sei scappata” disse il guerriero beccandosi un’occhiataccia Octavia“Forse era il caso che incontrassi alcuni di loro prima” concluse Roan

La giovane si bloccò e si girò di scatto verso di lui fronteggiandolo “Chi hai portato con te?” 

“dovresti immaginarlo…” rispose semplicemente l’ Ice King. 

“Bellamy” mormorò Octavia appoggiandosi contro un tronco, la capanna poco oltre l’ultima fila di alberi. 

Era troppo presto, non poteva ancora rivederlo, non ne aveva la forza. 

Era partita perché spaventata che la piccola non stesse bene a causa delle radiazioni, sapeva che a Idiometi avrebbero potuto fare qualcosa e, solo per quello, aveva deciso di partire. 

Per tutto il viaggio non aveva voluto pensare a Bellamy. Lo aveva lasciato con il cuore colmo di rabbia, di dolore e, per lunghi mesi, nemmeno il sapere di portare in grembo la figlia di Lincoln era riuscita a scalfire la corazza di odio che provava per il mondo che le aveva portato via l’unica cosa realmente importante della sua vita. 

Poi, quando aveva preso fra le braccia la piccola Aurora per la prima volta, qualcosa in lei si era rotto, l’ angoscia per la perdita di Lincoln si era sfogata in un pianto di dolore, nella nebbia di quella sofferenza aveva sentito il piccolo corpo caldo di sua figlia e quel calore era diventata la sua luce, la sua forza per affrontare la vita. 

Si era asciugata le lacrime sul suo viso, su quello della piccola che le aveva accolte e guardandola aveva capito che non era più sola, che aveva nuovamente una famiglia, una parte dell’unico uomo che avrebbe mai amato, e l’avrebbe protetta con tutta se stessa. 

In quell’istante l’immagine di Bellamy le era passata davanti agli occhi, comprendendo per la prima volta quello che aveva significato per lui essere responsabile per lei. 

Altre lacrime le avevano bagnato le guance, il desiderio di rivederlo, di dirgli che finalmente aveva capito ma la paura che non bastasse. Non avrebbe voluto fare quel viaggio ma la salute della piccola era cagionevole e, per lei, avrebbe affrontato qualunque cosa anche lo sguardo di biasimo del fratello. 

In quell’istante sentì il pianto di un bambino, non pensò ad altro che ad Aurora, superò gli ultimi alberi e scattò in mezzo allo spiazzo. Si bloccò quando vide delle persone accanto al fuoco e Milla, era pronta ad attaccarli per salvare sua figlia quando li riconobbe: Clarke, RavenEmori, John, Monty, Harper e Brian, erano tutti lì e la guardavano a bocca aperta. Rimase immobile fino a quando non vide una figura uscire dalla porta, un fagotto piangente fra le mani: Bellamy.

Vide il fratello alzare lo sguardo verso gli altri, un sorriso fra le labbra, poi i suoi occhi si oscurarono un istante, confusi dalla direzione in cui gli altri stavano guardando. Si girò anche lui e i loro occhi si incontrarono. Lesse la sorpresa e la gioia nei suoi occhi, lo vide fare un passo verso di lei. 

Octavia sentì gli occhi pungerle gli occhi, un nodo alla gola vedendo il fratello che teneva fra le braccia Aurora. L’emozione di sapere che fra quelle braccia la piccola sarebbe stata protetta quando con lei. 

Non pensò a niente e si slanciò verso di lui, lo abbracciò stringendolo a se, la piccola fra le loro braccia. Per un istante si mormorarono parole senza senso, poi Bellamy si allontanò leggermente “Octavia…” riuscì solo a mormorare, gli occhi lucidi per la commozione, sentì la neonata agitarsi fra loro “Devo dare la piccola alla madre” sussurrò guardando un istante la bambina fra di loro.

“Scemo, è tua nipote” ribattè la sorella fra le lacrime. Bellamy rimase immobile, guardò lei poi la neonata, ormai le lacrime di gioia scivolavano anche sulle sue guance, rise, liberò un braccio con cui teneva la piccola e abbracciò di nuovo Octavia “Mi sei mancata sorellina” le mormorò ad un orecchio. “Anche tu” rispose lei in un singulto. 

Aurora, in quel istante smise di piangere, avvolta dal calore di quelle due persone che avrebbe dato la vita per lei. 

Bellamy alzò lo sguardo, guardando oltre la spalla della sorella. Incontrò gli altri, la sua famiglia. Vide nei loro occhi la commozione, alcuni si stavano asciugando le lacrime che non erano riusciti a trattenere poi incontrò gli occhi celesti di Clarke, un sorriso pieno di amore le illuminava il viso segnato dalle lacrime. La sua mano era posata sul grembo, dove una nuova vita stava crescendo. 

“Ti amo” gli disse silenziosamente e, in quel momento, Bellamy capì che ogni cosa sarebbe andata per il meglio.

 

FINE

 

STORIA BONUS ----scritta il 24 dicembre 2016 e che ho deciso di inserire in questa Long.

 

 

24 dicembre 2157

 

Clarke guardava la vallata, era cambiata così tanto dal loro arrivo, un sorriso triste appena accennato al pensiero di chi non c’era più ma, in quel giorno, voleva essere felice per tutto ciò che erano riusciti a fare. 

La coltre di neve come una coperta bianca copriva le case che avevano costruito con i nuovi materiali, accanto serre e stalle in grado di affrontare le sporadiche piogge acide e mantenere salubre l’aria e il terreno anche nelle peggiori condizioni. 

Lasciò che il suo sguardo si perdesse fra luci accese nelle case e fuochi all’esterno per i viaggiatori che cercavano un luogo dove essere accolti, una nuova tradizione, come altre era nate da quando le tribù erano diventata un’unica grande nazione. 

All’improvviso sentì dietro di se lo scricchiolio della neve, i passi di una persona, sorrise, sapeva chi era. 

Non si voltò ma aspettò di farsi avvolgere dalle braccia di Bellamy. Si appoggiò a lui sentendo il calore del suo corpo anche attraverso gli strati dei loro vestiti, il suo respiro caldo fra i capelli.

“Tutto ok Principessa?” chiese in un mormorio.

Clarke annuì, chiuse gli occhi accoccolandosi contro di lui, godendosi quel momento di pacata serenità. Rimasero così tranquilli, i loro respiri che si mescolavano.

“Ehi, voi due volete entrare o no?” urlò Murphy “vogliamo mangiare”.

Entrambi scoppiarono a ridere, John non aveva mai perso l’abitudine di essere inopportuno. 

“Dovremo andare Principessa” mormorò Bellamy stringendola ancora un istante contro di se “Ci rifaremo stanotte” continuò poi mordicchiandole lievemente il lobo dell’orecchio. Clarke si perse un istante in quelle sensazioni lasciandosi sfuggire un gemito, poi la realtà si abbatté su di lei “Non pensi a tutta la gente in casa?”

“Troveremo un modo…” rispose il ragazzo senza smettere di stuzzicarla. “Bell… e meglio rientrare”

“Tu dici..

“No, ma dobbiamo!” rispose Clarke con un sospiro insoddisfatto, sciogliendosi dall’abbraccio in cui era avvolta.

Bellamy non oppose resistenza, sapeva che avrebbero trovato un modo per stare soli anche se la casa era piena di gente e, a quel punto... Sorrise un istante al pensiero di ciò che le avrebbe fatto, desideroso di continuare ciò che avevano cominciato lì fuori. 

Si incamminarono verso la casa, le mani intrecciate, silenziosi.

Varcarono la porta e furono subito investiti dal vociare della gente, le loro risate spensierate. 

Clarke abbracciò la grande sala con uno sguardo, i suoi occhi si fermarono su Roan che, protettivo come sempre, anche se intento a parlare con Marcus e Indra lanciava sguardi a Raven dall’altra parte dellasale. Nathan e Bryan, chiacchieravano con Monty, Harper e John, quella vigilia erano riusciti  a lasciare il loro allevamento di polli almeno per quella sera. 

Poco oltre Abby, Luna, Emori e Octavia stavano discutendo di qualcosa mentre finivano di allestire la tavola. 

Sorrise vedendoli tutti lì riuniti, felice che tutti ce l’avessero fatta ma il suo cuore si colmò di gioia quando il vociare eccitato anticipò l’ arrivo di alcuni bambini che, in quel momento, scappavano ridenti da Jasper che dietro di loro li stava riconcorrendo facendo strani versi. Gli occhi sereni di chi ha trovato pace.

Clarke sentì Bellamy accanto a lei, la mano rilassata posata sul suo fianco, si guardarono un istante: era per quello che avevano lottato. Non avevano bisogno di parlarsi per saperlo, lo leggevano l’uno negli occhi dell’altra. 

All’improvviso fra le gambe degli adulti apparve un piccolo di circa sei anni, correva verso di loro, un coltello fra le mani, un fiocchetto rosso sull’impugnatura, la copia in miniatura del padre. “Mamma, papà…guardate cosa mi ha regalato la zia Octavia” urlò lanciandosi verso di loro per farsi prendere in braccio dal padre. Bellamy si abbassò venendo investito dall’abbraccio del piccolo, poi lo prese in braccio, cercando di evitare il fodero del coltello  fin troppo vicina al suo viso.

“Forse dovremmo dire alla zia Octavia che è troppo presto per regalarti un coltello, Jake

“Ma mamma, mia cugina Aurora ce l’ha già da un anno, e zio Roan mi ha detto che mi insegnerà ad usarlo, posso tenerlo? Farò attenzione!” concluse il piccolo che la guardavano con quegli neri da cucciolo, così simili a quelli di suo padre.

“Va bene, puoi tenerlo ma se fai male a qualcuno te lo sequestro” disse a quel punto Clarke conquistata come al solito da quegli occhi. 

Il piccolo si slanciò verso di lei per abbracciarla “Grazie mamma!” disse prima di stamparle un bacio umido sulla guancia poi si liberò dalla presa del padre e corse via.

“Vedrete che adesso mia cugina Aurora non dirà più che sono troppo piccolo anche se non abbiamo nemmeno un anno di differenza” disse voltandosi, un sorriso contagioso sulle labbra, poi scappò via a inseguire la bambina dai capelli neri. 

“È così siamo arrivati al primo coltello” mormorò Bellamy accanto a lei, i suoi occhi fissi sul figlio che mostrava agli altri bambini il suo nuovo regalo. “Pronta?” le chiese. 

Clarke seguiva anche lei Jake, preoccupata per l’arma che aveva fra le mani “Se siamo riusciti ad affrontare il primo anno sulla Terra riusciremo ad affrontare anche questo” mormorò in un sorriso. 

Poi i loro sguardi si incrociarono consci che insieme avrebbero potuto affrontare anche un figlio che giocava con un coltello.

Il mondo attorno a loro si perse in un caleidoscopio colorato mentre si perdevano l’uno negli occhi dell’altro. 

Bellamy l’ attirò a se. “Buona Vigilia principessa” le mormorò “Buon Vigilia a te …se tu te lo fossi dimenticato…ti amo Bellamy Blake” glisussurrò a fior di labbra Clarke prima di baciarlo. 

 

OK ADESSO È PROPRIO FINITA!

SIGH!!

 

NOTA: Vi do il tempo di ripigliarvi dalle lacrimucce. Se non vi sono venuti almeno gli occhi lucidi allora significa che ho fatto proprio un brutto lavoro, nel qual caso mi scuso, cercherò di fare meglio la prossima volta. 

Vi ringrazio comunque di cuore per aver seguito questa vera e propria maratona a tappe forzate. Vi ringrazio per ogni commento che avete lasciato, per la pazienza con cui mi avete seguito. Per aver messo la mia storia fra le preferite, le seguite e le ricordate. Non mi aspettavo di ottenere questi risultati con una FF ambientata nel mondo di the 100 e per di più in una sezione popolata da tante Clexa ;). 

Ringrazio ancora mille volte Camipp che mi ha seguito in questa avventura e ha pubblicato la mia storia sul suo profilo. Ti lovvo assai, lo sai questo vero???

Che altro dirvi che mi dispiace che quest’avventura sia finita e chissà quando ci rivedremo….in realtà potrebbe succedere che forse ci rivedremo prima del previsto. E non intendo quest’estate con l’ennesima FF post 4° stagione (ormai mi sento abbonata a questo tipo di FFahahah) ma, molto prima. 

Diciamo che aver scritto dei capitoli a rating rosso, non essere riuscita a fare una storia Bellarke-centrica, aver avuto un piccolo grillo parlante (si Camipp parlo di te) che voleva più sesso fra quei , potrebbe avermi spinto a cominciare una nuova storia. 

Un’ AU questa volta, il problema più grosso però potrebbe essere che essendo a rating rosso ed essendo di base una storia erotica con scene molto esplicite, potrebbe non piacervi. 

Chi lo sa…comunque, se seguendo la sezione the 100 di efp o il profilo di Camipp apparirà una FF dal titolo “ALL IN –Scommessa vincente” piena di avvertimenti/note di ogni genere passate a dargli un’occhiata magari pur trattando argomenti scabrosi ( :P) ahahahh….potrebbe piacervi. 

Che altro dire, vi ringrazio ancora di cuore e speriamo di rivederci presto. 

 

No, ok..sono pessima e, lo ammetto la AU che sto scrivendo mi piace troppo….quindi faccio il peggior spam possibile e vi metto qualche estrattino a random ahahahahaha….

 

Ricordo l’esatto momento in cui la realtà si è abbattuta su di me (...) Non quando, durante la cerimonia informale, ho visto la bara di mio padre calata nella buca sul terreno.(…) No, la realtà si è abbattuta su di me quando il notaio ha letto per la prima volta il testamento di mio padre e, di fatto, io Clarke Griffin sono diventata l’erede e amministratore delegato unico dell’ Arca Investiments e ho solo 24 anni (…)

 

Fra le ciglia Clarke osserva l’autista, spera di intercettare il suo sguardo, leggervi disgusto, qualunque cosa non l’impassibilità che lo contraddistingue sempre.

Lo odia, come riesce sempre ad essere così impenetrabile? Bellamy Blake non è solo il suo autista quando esce per quelle sue avventure degradanti, è il suo capo della sicurezza. L’unica persona che non può licenziare. L’unico uomo del quale suo padre si fidasse.

 

“Un foglio secondo te può cambiare la vita?” mormora Bellamy(…) Perché Jake Griffin ha voluto includere lui nel testamento?, perché promuoverlo a capo della sicurezza, perché mettere quella strana clausola per cui non può essere licenziato?. Perché proprio lui?(…) È una domanda a cui non riesce ancora a dare risposta...

 

   
 
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