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Autore: creamkisses    30/01/2017    1 recensioni
"Non lo vedrò mai più ma sono certa che i suoi occhi li incontrerò ogni notte nei miei sogni."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Era, forse dovresti trovare qualcuno con cui uscire, passi troppo tempo da sola tra scuola e lavoro!” 

Strillò la madre dal piano inferiore della villetta rivolta alla figlia, che probabilmente indossava da ore le cuffie e non l’avrebbe sentita.

 

Era non rispose, ma l’aveva sentita benissimo.

Sapeva che qualche amico non poteva che farle bene, e chissà, magari una compagnia maschile l’avrebbe resa ancor più viva!

 

Si rigirò a pancia in giù sul letto tenendo il laptop davanti a sé, scrollando per la home di un sito per babysitter e badanti; Era cercava in ogni modo di racimolare da sola i soldi per pagare i propri studi universitari futuri, dopotutto aveva solo un altro anno per mettere da parte ben 40.000£.

Vagando distrattamente per il sito trovò un annuncio di una madre apparentemente completamente disinteressata della salute e del benessere delle proprie figlie ma solo in cerca di soccorso, diceva che per via del lavoro doveva viaggiare molto e necessitava di un controllo post-scuola per le proprie figlie.

Era fu un attimo titubante finché lo sguardo non le cadde sul prezzo offerto, di certo quella donna avrebbe fatto di tutto pur di sbarazzarsi delle sue figlie; 100$ al giorno erano troppi anche per fargli da finta madre full time 365 giorni su 365.

 

Non ci pensò due volte a contattarla, elencandole in chat tutte le varie esperienza lavorative avute e sottolineando di aver letteralmente cresciuto da sé il fratellino piccolo di otto anni, bambino educato e rispettoso, aggettivi che ci tenne ad elencare per far sembrare la richiesta di una ragazza disperata, una semplice domanda di lavoro.

La risposta non tardò ad arrivare: “Non me ne frega niente, l’importante è che non le fai rapire, non pagherò alcun riscatto e tu finirai in prigione.

Penny Lane 19 b, domani alle 15.00, assunta legalmente a tempo indeterminato, non ti licenzierò a meno che tu non uccida una delle due, lì mi vedrò costretta a lasciarti marcire in prigione.”

 

Era si appuntò l’indirizzo sulle note del telefono e in pochi istanti vide l’annuncio sparire; aveva appena fatto l’affare della sua vita, amava follemente i bambini e non le pesava badarci, nemmeno se si trattava di dovergli far fare i compiti o cambiarli.

 

“Mick, non sto molto bene, domani non vengo al lavoro”

Scrisse rapidamente al suo capo della caffetteria, scusandosi più volte non appena lui rispose, doveva vedere come andava il lavoro prima di dare le dimissioni al bar.

 

                                                                                                                   ************

 

La mattina seguente il risveglio era stato a dir poco traumatico, Era non aveva sentito per ben tre volte la sveglia e si era ridotta ad essere ancora sotto le coperte alle 7.30, orario in cui teoricamente avrebbe dovuto iniziare la colazione per poi uscire di casa, appena se ne rese conto corse in bagno, sciacquandosi il viso e lavandosi i denti, applicandosi un sottile strato di fondotinta, ritoccando appena le sopracciglia e aggiungendo alle ciglia- lunghe naturali- giusto un filo di mascara.

Nel suo look non mancavano mai però bronzer e illuminante; Era non usciva di casa la mattina se non era perfettamente truccata.

Dopo aver applicato l’ultimo strato di tinta sulle labbra corse giù per le scale, addentando il piccolo pancake che la madre le aveva preparato prima di risalire le scale di corsa -nuovamente- strillando alla madre un “grazie per la colazione, era ottima!” serrandosi qualche istante dopo in camera.

Fronteggiò l’armadio per qualche minuto, scrutandoci all’interno con attenzione prima di scegliere dei semplici leggins grigi scuri abbiati ad un maglione color panna e delle converse dello stesso colore.

Indossò tutto in una manciata di minuti e si precipitò per una terza volta per le scale, uscendo dalla porta di casa solo dopo aver indossato il giaccone, preso la cartella e salutato mamma e fratello.

 

Il pullman sarebbe passato da lì a un minuto e lei, come ogni mattina, aveva avuto il solito sfacciato culo di abitare all’ultima fermata prima della scuola.

 

 

                                                                                                              *************

 

La giornata scolastica era stata stancante, esattamente come tutte le precedenti e tutte le successive, Era si impegnava tantissimo a scuola per ottenere il maggior numero di crediti e le borse di studio anno per anno, desiderava acchiapparsene una per Oxford appena uscita da lì.

Prendeva appunti anche per le spiegazioni più semplici o per le letture sul libro, domandava qualsiasi cosa le venisse in mente di chiedere e ogni professore l’amava per questo suo spiccato desiderio di partecipazione.

Fece appena in tempo a prendere il primo autobus che passò fuori da scuola; era arrivata l’ora della verità.

 

Arrivò in una ventina di minuti, il quartiere era a dir poco meraviglioso, ogni villa era ornata meravigliosamente all’esterno ed era abbinata ad un meraviglioso giardino ricco di piante e arbusti ben potati con varie forme, in alcuni c’erano addirittura delle statue!

 

19 b, 19 b, 19 b!

Un’enorme villa bianca con cornicioni argentati, scale in marmo che conducevano al portone principale in mogano scuro, un vialetto perfettamente curato e contornato da tondi sassolini incastonati nel terreno a dividere il prato dai mattoncini che fungevano da “percorso” fino alle scale.

 

Qualche statua di qualche cavallino qua e là e una piccola fontanella con dei pesci rossi che nuotavano nell’acqua fredda contenuta nella bacinella di pietra sottostante.

 

Era si avvicinò nervosamente; avrebbe dovuto fare una buona impressione sulla mamma per prevenire improvvisi licenziamenti (anche se le era stato chiaramente detto che non sarebbero avvenuti).

Suonò il campanello per qualche istante, allontanandosi poi dalla porta per essere vista dallo spioncino in tutta la sua figura.

Le aprì una donna di servizio vestita con un grembiulino nero, classico abitino delle cameriere nei film vecchio stampo.

Per un attimo le balenò in testa l'idea di doverlo indossare anche lei, ma subito scosse la testa per evitare di preoccuparsi prima del tempo.

 

Una meravigliosa donna sulla quarantina le si avvicinò con passo elegante e lento.

“Tu devi essere Era, è un piacere conoscerti.”

 

Le porse la mano garbatamente ed Era non tardò a ricambiare la flebile stretta, mormorando un “Il piacere è mio, signora Clarke” molto imbarazzato.

A quanto pare non era così sgarbata com'era sembrata per messaggio.

“Seguimi, ti mostro la casa e poi andiamo a prendere le bambine a scuola, almeno vedi un po’ come muoverti si qui che fuori.”

 

Era non fece altro che annuire per tutto il tempo, mormorando ogni tanto un “afferrato” o un “capito”.

 

“Ah, un’ultima cosa, la sera alle sette il padre le viene a prendere, dormono da lui e le porta lui a scuola la mattina, trascorrono con me un weekend sì e uno no, ma durante quelli dovrei sempre essere presente, dunque non dovrai preoccuparti.”

 

Era tirò un sospiro di sollievo, avrebbe potuto lavorare in libreria! 

E soprattutto gli orari le erano davvero comodi.

Appena uscita da scuola si sarebbe subito recata a casa delle bambine, avrebbe studiato prima di andarle a prendere e poi si sarebbe dedicata a loro, un puzzle perfetto!

 

                                                                                                                 **********

“Regina, Regina, metti questo vicino al castello!” Esclamò la piccola Athena allungando alla sorella gemella un pezzo di puzzle.

 

Era era seduta da un’oretta a scrutare i loro movimenti con un sorrisetto compiaciuto e intenerito, erano davvero due bimbe adorabili.

 

Dopo due ore, diversi giochi e tante risate si fecero le 18.50, così Era decise di preparare le bimbe per l'arrivo del padre.

Si vestirono con capi identici e prepararono le cartelle per la scuola, infilandoci dentro anche i vestiti di ricambio per l’indomani.

 

Poco dopo il fastidioso suono del campanello, premuto in questo caso istericamente e per troppo tempo, risuonò tra le pareti della casa, richiamando l’attenzione delle tre fanciulle.

Era scese le grandi scale di marmo che portavano all’ingresso con le manine delle due piccole strette fra le proprie, ritrovandosi poi davanti una figura cupa, apparentemente nera per via del buio che fuori ormai dominava sulla luce.
Amila, la cameriera, doveva avergli aperto qualche istante prima del loro arrivo.

 

Papà!” Strillarono le due piccole lasciando le mani di Era e precipitandosi verso la figura che le accolse fra le proprie braccia, sollevandole entrambe con un braccio ciascuna.

 

Era si avvicinò di qualche passo per salutare le bimbe quando si ritrovò quegli occhi ancora addosso, gli occhi di quella sera, gli occhi di quella figura cupa e scura che ancora non aveva dimenticato.

Schiuse appena le labbra per dire qualcosa ma il suo sguardo la bloccava, era come se la stesse prosciugando di ogni forza e parola.

Le sue iridi erano strane, un occhio era grigio, quasi bianco, l’unica cosa che faceva comprendere che non era cieco era il colore bello acceso della pupilla che scattante si muoveva per seguire ogni mossa di Era.

L’altro occhio, invece, conteneva un mistone di colori difficilmente descrivibile, un color caramello misto al miele e al cioccolato al latte, qualche pagliuzza nera lo scuriva appena, ma probabilmente dipendeva molto dalla luce.

 

Era restò zitta finché una delle due bimbe non le prese la mano con la propria manina paffutella, stringendola appena.

Era le rivolse un piccolo e gentile sorriso prima di salutarle, rivolgendosi cordialmente al padre con un “Arrivederci, signore”.

 

Chissà se anche lui l’aveva riconosciuta.




Era:
                                                                                          

   
 
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