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Autore: KiarettaScrittrice92    01/02/2017    5 recensioni
Dopo la conclusione della prima stagione, mi sono finalmente decisa a scrivere e pubblicare la mia prima long su questo fandom...
Avviso che ovviamente se mai la serie continuerà la mia storia non avrà più nulla a che fare con gli avvenimenti che accadranno dopo la comparsa di Volpina.
Questa storia perciò la potete considerare come un seguito alternativo che mi sono immaginata io, oppure semplicemente come una fic in più da leggere che spero vi emozionerà.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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Le akuma

I suoi nuovi compagni le avevano appena spiegato i loro poteri speciali e lei stava valutando come agire. Prima di tutto doveva cercare di recuperare e purificare più akuma possibili, fino a far tornare normali tutti. In quel momento, gli unici che si vedevano, erano Cuore di Pietra e Tempestosa, ma gli altri non sapeva affatto dove fossero, come li avrebbe trovati se fossero stati sparsi per tutta Parigi?
«Etciù!»
«Che ti succede micetto… Hai preso troppo freddo?» domandò Volpina con il suo solito tono ironico, ma lei capì subito: se Chat Noir iniziava a starnutire voleva dire solo un cosa e a dare una conferma ai suoi pensieri vide due piccioni planare verso il tetto di fianco a loro.
«Allora… Chat, guida Volpina da Mr. Piccione, quando sarete lì lei userà il suo potere e tu gli strapperai il fischietto dal collo. Pavon, tu e JBee andrete da Cuore di Pietra, dovrai usare il tuo potere per fargli aprire la mano e dovete prendere l’oggetto che tiene stretto. TartaTitan ed io ci occupiamo di Tempestosa. Non rompete nessun oggetto, portateli qui in modo che possa catturare subito le akuma liberate.»
Appena finì di parlare si separarono tutti e lei rimase con il giovane che indossava la tuta color verde smeraldo che metteva in risalto il suo fisico slanciato, decorato con due spalline più scure che somigliavano a dei gusci di tartaruga, esattamente come l’arma che portava alla schiena. Il viso era coperto da una fascia verde scuro legata dietro al capo e i capelli corti e neri erano più arruffati di quando il ragazzo era nel suo normale aspetto.
«Datemi i vostri Miraculous!» urlò Tempestosa sollevando l’ombrello.
Il ragazzo con un movimento velocissimo, prese lo scudo che aveva dietro la schiena e si mise di fianco a lei, proteggendo entrambi dal fulmine che stava per colpirli, per poi rivolgerlo verso la giovane akumatizzata e restituendogli l’attacco appena inviato. La giovane però evitò quell’attacco e con un movimento veloce provocò un’altra serie di fulmini e tuoni. 
Ladybug a quell’attacco ebbe un brivido, mentre sentiva il cuore che le dava l’impressione di voler uscirle dal petto per la paura. Durò pochissimo, poi scosse la testa e strinse la sua arma: non era più una bambina, doveva smetterla di avere paura dei tuoni come quando era piccola e correva sotto le coperte del lettone tra i suoi genitori. Aveva già affrontato Tempestosa e il suo potere una volta e poteva rifarlo.
«TartaTitan punta alle gambe!» disse decisa e lui fece come richiesto, capendo esattamente cosa intendesse. 
Lanciò il suo scudo verso le gambe dell’akumatizzata che perse l’equilibrio, a quel punto Ladybug fece altrettanto con il suo yo-yo, puntando però all’ombrello, per poi strapparglielo dalle mani, mentre il suo compagno la prendeva al volo evitando così che si facesse del male cadendo da quell’altezza.


«Fox Fog!» gridò decisa la ragazza, facendo roteare la sua frusta attorno a sé.
In un attimo la piazza si riempì di una nebbiolina arancione che impediva la visuale a chiunque, tranne a lui: la sua vista da gatto, infatti, gli permetteva di vedere anche in quel momento.
Cercando di trattenere lo starnuto che gli pizzicava il naso, si arrampicò sul balcone più vicino per poi balzare addosso all’uomo che si trovava sopra uno stormo di piccioni. Gli strappò dal collo il fischietto e, con una piroetta, riatterrò sul marciapiede. Dopodiché afferrò la mano di Volpina e la trascinò via, prima che il potere della sua nebbia sparisse e l’uomo piccione potesse vederli e seguirli.
Solo quando fu sicuro di averlo seminato, in un vicolo più protetto le lasciò la mano e si volse verso di lei.
«Bene ora ti de…» le parole gli si bloccarono in bocca per lo stupore: l’eroina arancione aveva le guance arrossate e sembrava non riuscire più a reggere il suo sguardo, anche se, appena si accorse che lui la stava fissando, tornò scontrosa come al solito.
«Beh? Che hai da fissare, gattaccio?!»
«Eri tu che mi fissavi e che… Oh non mi dire…!» disse all’improvviso lui con quel tono malizioso che quando era Chat Noir gli veniva incredibilmente bene.
«Cosa?» chiese lei, ancora con quel tono di voce scocciato, anche se questa volta sembrava esserci una nota di timore.
«Non mi dire che la cara Lila è ancora cotta del bell’Agreste!» disse guardandola con quell’aria superiore di chi aveva capito tutto.
«Ma anche no!» gli rispose subito lei, sebbene le sue guance la tradivano, colorandosi di nuovo.
«Ah ah… Come no…» la prese in giro lui.
«Smettila gattaccio! Oppure la tua signora dovrà fare a meno del suo tesoruccio. A forza di provocarmi un giorno o l’altro ti faccio fuori!» disse con tono ostile, e all’ultima parola la sua trasformazione finì.
La ragazza fu avvolta dall’aura arancione e la piccola kwami volpe schizzò via dal pendente, per poi cadere tra le mani pronte della sua portatrice.
«Ok, - disse Chat Noir alzando le mani - la smetto. Però non puoi negare i fatti, insomma tu… - si zittì quando lei, prendendo un chicco d’uva dalla tasca e porgendolo a Holly, lo fulminò con lo sguardo - Sto zitto!» concluse poi.


«Ecco qua.» fece Chat Noir, consegnandole il fischietto. 
Lei lo lanciò a terra, rompendolo, e quando ne uscì la piccola farfalla nera, la purificò.
«Bene! Fuori tre!» confermò rimettendosi l’arma alla vita.
«Sì, ne mancano ancora trentuno… Dov’è pel di carota?» domandò l’eroe nero vedendo che era l’unico a mancare all’appello.
«Sta ricaricando il suo kwami e arriva. - gli rispose l’eroina ape - Eccolo!» concluse indicando l’eroe blu che si avvicinava al gruppo. 
Era l’unico che non aveva una tuta in lattice o in pelle come quella di Chat, ma di velluto, come a rappresentare il piumaggio del pavone, indossava anche un mantello che partiva dalle spalle e si legava alle dita, in modo che potesse aprirlo, decorato con la tipica fantasia della coda del pavone, mentre una normale mascherina blu gli copriva gli occhi. 
«Ok, ricominciamo! Dobbiamo trovare gli altri akumatizzati, quindi ci divideremo di nuovo.» disse lei rivolta a tutti.
«Basta che non mi mandi di nuovo con questo maledetto gattaccio, perché non lo digerisco più!» protestò Volpina.
«Bene… - rispose lei dopo un sospiro - JBee e TartaTitan andate a nord, Volpina e Pavon ad ovest, mentre Chat ed io andremo ad est. Cercate di raccogliere più oggetti possibili, se non sapete dove si trova l’akuma chiamateci attraverso la vostra arma!» disse dopodiché si separarono nuovamente.


Ormai aveva l’impressione di combattere da ore. Appena concludevano con un cattivo ecco che se ne presentava un’altro, il ragazzo aveva perso il conto ormai. Quanti ne mancavano? Quanti ne avevano fatti gli altri gruppi? Ogni tanto il suo bastone e lo yo-yo di Ladybug suonavano e, a seconda di chi era impegnato, l’altro rispondeva e dava consigli su dove si trovasse l’akuma. Altre volte s’incrociavano con un gruppo che lasciava gli oggetti a loro e a Ladybug toccava purificare tutte le akuma mentre lui doveva pensare da solo al nemico. Aveva usato il Cataclisma già tre volte e all’ultima detrasformazione Plagg si era lamentato di essere stanco, nonostante mangiasse ogni volta il suo triangolo di formaggio puzzolente.
«Guarda che sono io che faccio tutta la fatica, tu mi dai il potere e basta!» protestò lui asciugandosi il sudore dalla fronte, per poi sporgersi dal vicolo e vedere come se la cavasse la sua compagna da sola.
«Non scherzare moccioso, senza di me non saresti niente! Mi stanco quanto te sai?»
«Sì sì… Come vuoi.» rispose lui tornando a guardare il suo kwmai che si ricaricava di nuova energia.
«Chaaaaaat!» sentì all’improvviso.
Si voltò di colpo e, nel momento esatto in cui vide Marinette bloccata davanti ad Animan tramutato in pantera, sentì il cuore accelerare i battiti e martellare nel petto prepotentemente, per il panico.
«Plagg, trasformami!» disse senza pensarci.
Il kwami lasciò la presa dal triangolo di camembert, mentre veniva risucchiato dall’anello del giovane modello che, non appena ottenne di nuovo la sua tuta e la sua maschera da eroe iniziò a correre il più velocemente possibile. 
Vedeva Marinette che stava indietreggiando, mentre la belva nera avanzava sinuosa e ringhiante verso di lei. Era a metà strada quando la ragazza si trovò con le spalle al muro.
«Marinette!» urlò disperato, mentre Animan alzava la zampa nel tentativo di ferirla.
«Voodamirror!» si sentì urlare e qualcosa di blu sfrecciò tra la ragazza e l’akumatizzato.
Poco dopo l’oggetto venne raggiunto da Pavon che si affiancò a loro, afferrando lo specchio, dopodiché si mise a quattro zampe iniziando a ringhiare contro la bestia, mentre lei faceva lo stesso, poi si sedette e di nuovo lei fece altrettanto. A quel punto, Volpina li raggiunse e tolse il bracciale dalla zampa della pantera che sembrava quasi docile e mansueta, imitando gli stessi movimenti che faceva il giovane eroe blu.
Finalmente arrivò anche lui e, ignorando tutto il resto, si diresse verso la fidanzata, che per la paura si era accasciata a terra.
«Marinette, stai bene?» chiese aiutandola ad alzarsi.
«Sì, credo di sì… - bisbigliò appena, poi si rivolse al ragazzo pavone dall’altro lato - Grazie Pavon.» fece, dedicandogli un dolce sorriso.
Il ragazzo sentì una fitta al cuore, come se qualcuno l’avesse pugnalato dritto nel petto: di nuovo quel ragazzo mingherlino e sparuto l’aveva surclassato e aveva ottenuto l’apprezzamento di Marinette, mentre lui era rimasto in disparte.
Si riscosse da quei pensieri solo quando la voce dolce e squillante di Tikki disse due semplici parole.
«Sono pronta!» a quell'affermazione, la ragazza vicino a lui annuì.
«Tikki, trasformami!»

  
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