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Autore: MaDeSt    14/02/2017    4 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

NOT ONLY PARANOIA

Le provviste portate da Darvil bastarono per poco, dal momento che facevano tre pasti al giorno. Dovettero andare a fare la spesa entro la fine della loro prima settimana a Eunev, ma i ragazzi non avevano molta voglia di uscire. Layla li rimproverò con le mani sui fianchi cercando di convincerli ad accompagnarla, quando d’un tratto Cedric scese le scale e con la solita aria torva degli ultimi giorni le fece cenno di uscire, portandosi dietro anche la giacca. La ragazza strinse le labbra ma non ribatté, capendo che l’avrebbe accompagnata lui; prese un paio di borse, si mise giacca e mantello e se ne andò lanciando un ultimo rimprovero agli altri prima di richiudersi la porta alle spalle.
«Chissà quanto peseranno queste borse quando torneremo!» esclamò furibonda «Dobbiamo collaborare tutti, maledizione!»
«Rilassati, ti aiuterò io.» le disse lui con fare quasi annoiato.
Layla salutò la vicina che li guardava dalla finestra sorridendo per un solo attimo, ma appena la vecchia fu sparita lo guardò accigliata e gli chiese: «Vuoi dirmi per una buona volta che diamine ti è preso? Non sei mai stato così insopportabile. Stai facendo di tutto per farti odiare. Da tutti, credimi.»
«Grazie.» ribatté semplicemente, senza rispondere ciò che lei avrebbe voluto.
Furono costretti a passare dalla banca nella seconda cinta di mura, distretto del Falco, perché le poche monete che avevano non sarebbero bastate per ciò che avevano in mente di acquistare per i giorni seguenti, e Layla decise di seguire Cedric anche dentro l’edificio nonostante fuori fosse pieno di guardie rimembrando le parole di Iven.
Impiegarono meno del previsto, poi tornarono indietro verso casa seguendo la via Maestra, sicuri che in quel distretto sebbene i negozi fossero tanti i prezzi sarebbero stati alti e non trattabili: c’era una piazza nel distretto di Lya dove avrebbero potuto acquistare viveri a un prezzo ragionevole, o così aveva detto Iven. Ci misero quasi un’ora solo per tornare nel distretto del Corvo seguendo le vie principali e proseguirono verso quello della Dama.
Non si accorsero che un gruppo di uomini li stava seguendo da un po’; Layla si stava lamentando di quanto poco lui dimostrasse fiducia nei loro confronti standosene zitto senza parlargli dei propri problemi, e in effetti lui continuava a non ribattere, anzi quasi faceva finta che la ragazza al suo fianco non esistesse.
«Lo vedi? È proprio questo di cui parlo!» esclamò spingendolo con forza appena ebbero passato il cancello che introduceva al distretto viola.
«Finiscila. Ci stanno guardando tutti.» sussurrò lui guardandola irritato e tornando a camminarle accanto.
«Ah è questo che t’importa!»
Mentre lei continuava a parlare ad alta voce, Cedric si guardò intorno come per accertarsi che nessuno badasse realmente a loro e fu allora che si accorse degli strani individui che li seguivano; al contrario del resto delle persone che non li degnava di una seconda occhiata, quelli continuavano a fissare o lui o la ragazza al suo fianco. Li osservò continuando a girarsi per qualche minuto e non gli piacque affatto il modo in cui li guardavano e poi parlottavano tra loro ridacchiando.
Strinse forte il gomito a Layla e chinò il capo per sussurrarle all’orecchio: «Temo sia tardi, abbiamo dato nell’occhio.»
«E quindi?» domandò lei ora a bassa voce.
«Quei tizi lì dietro, non li ho osservati a lungo ma pareva ci guardassero in modo strano.»
«Continuo a non capire cosa ti preoccupi...»
«No, non guardarli.» la interruppe proprio mentre lei stava per voltare la testa e la costrinse a velocizzare un po’ il passo.
«Mi stai mettendo paura, smetti di comportarti così!»
Appena passarono dietro a un carro Cedric corse in uno stretto vicolo alla loro destra allontanandosi dalla via del Lord e sparendo così alla vista del gruppo di uomini, trascinandosi dietro Layla. Quando l’ebbero attraversato tutto e furono sbucati nell’altra via - meno trafficata della precedente - il ragazzo si guardò alle spalle per essere sicuro che non l’avessero seguito e Layla lo imitò; vedendo il vicolo vuoto si tranquillizzarono.
«Secondo me ti sei spaventato per nulla.» disse lei, poi si lasciò andare a una debole risata per scacciare lo stress.
«Forse. Ma è meglio tenere gli occhi aperti e non abbassare la guardia.» le sorrise solo per un attimo, poi riprese la sua aria torva e cercò di ritrovare la strada anche se avevano dovuto deviare improvvisamente.
Proseguirono tranquillamente per qualche centinaio di passi nel distretto tranquillo, lontani dalla via principale non c’era molta gente, dopodiché videro due di quegli uomini a poca distanza davanti a loro, che si guardavano intorno, chiaramente cercando qualcosa o qualcuno. A un certo punto uno dei due li vide e diede un colpetto sulla spalla all’altro, quindi cominciarono a camminare verso loro.
Layla strinse il braccio di Cedric, anche lui li aveva notati e si affrettò a spingere la ragazza nel primo vicolo che incontrarono alla loro destra, lo percorsero in fretta guardandosi spesso indietro e videro che i due li stavano seguendo di corsa, quindi si lanciarono in un altro vicolo e sentirono gli uomini gridare qualcosa.
Cambiarono altre due vie senza incontrare nessuno, ma prima di fare capolino nella via seguente trovarono la strada sbarrata da un altro uomo dalla corporatura massiccia, faceva parte anche lui del gruppo che li aveva presi di mira. Furono costretti a tornare indietro seguiti anche da lui e fecero appena in tempo a uscire dal vicolo, ora trovandoseli tutti dietro.
Svoltarono in un’altra via quasi inciampando in alcune casse di legno e solo quando giunsero a metà si accorsero che era cieca. Si fermarono cominciando ad avere davvero paura, quando Cedric notò che in realtà svoltava a destra alla fine. Trascinò Layla con la forza mentre lei guardava l’inizio del vicolo sperando che gli uomini non li avessero visti entrare lì, ma quando raggiunsero la svolta si trovarono davanti un cancelletto di metallo alto più di otto piedi.
«D’accordo, forse non stavi esagerando.» ansimò Layla nel panico «Che facciamo?»
I quattro uomini, ora tutti riuniti, si fermarono all’inizio del vicolo e dopo aver parlato tra loro e ghignato divertiti cominciarono ad avvicinarsi a passo lento.
«Dobbiamo cercare di raggiungere il distretto di Voldar, è pieno di guardie e caserme.» disse Cedric, poi la spinse verso il cancello e le fece cenno di salire.
«Come?!» gridò lei spaventata prendendogli entrambi i gomiti.
Il ragazzo la prese in braccio e la sollevò fin sopra la propria spalla, così lei fu in grado di aggrapparsi alle punte in cima al cancello e, con una piccola spinta, riuscì a scavalcarlo per poi lasciarsi cadere dall’altra parte con un balzo, lamentandosi del forte contraccolpo che le sue gambe assorbirono. Si guardò indietro e si appoggiò al cancello guardando l’amico con ansia, mentre Cedric guardò gli uomini e notò che uno di quelli stava indicando la loro destra tendendo il braccio; in tre corsero in quella direzione, lasciando il più grosso da solo che poi cominciò a percorrere la via cieca avvicinandosi con dei ghigni malevoli.
«Corri! Quegli altri stanno facendo il giro apposta per intercettarti!» le gridò lui.
«E tu?» domandò lei.
«È te che vogliono, non me. Vai!»
«Come lo sai?»
«Lo so e basta. Corri!» le disse impaziente.
La ragazza non se lo fece ripetere un’altra volta, con riluttanza gli volse le spalle e corse via sperando di trovare presto una strada affollata, o che almeno ci fosse qualcuno a cui poter chiedere aiuto. Un negozio, una casa di cura: quel distretto era dedicato alle persone in difficoltà, e loro decisamente lo erano; ma essendo un distretto tranquillo e adiacente a quello di Voldar c’erano meno guardie in circolazione.
Lo lasciò a fronteggiare quell’uomo che era un armadio a due ante sperando che ne sarebbe venuto fuori ancora tutto intero, era impossibile sperare che ne uscisse illeso. Intravide della gente passare nella via successiva e corse in quella direzione più rapida che poté, ma si trovò la strada sbarrata dagli altri tre che finalmente avevano trovato il modo di raggiungerla. Si sentì in trappola e cominciò a tremare, aveva in mano solo due borse di tela vuote che non le sarebbero servite a nulla e un sacchetto di monete legato alla cintura. Indietreggiò istintivamente e si chiese se fosse meglio riunirsi a Cedric scavalcando il cancello o tentare la fortuna e correre verso la strada affollata sperando che quegli uomini non sarebbero riusciti ad afferrarla.
Dall’altra parte del cancello Cedric era piuttosto in difficoltà, l’unica ragione per cui non era ancora a terra svenuto era che quell’uomo per quanto grosso non era alla pari di Jorel, e lui e Jorel si erano scontrati spesso; negli ultimi due anni aveva imparato a reagire e a capire come riuscire a minimizzare i danni. Quindi sebbene i colpi dell’uomo furono forti il ragazzo riuscì alla fine a sfuggirgli e correre fuori da quel vicolo, in cerca della strada che gli avrebbe permesso di raggiungere Layla.
Lei, vedendolo correre via - e l’uomo imprecare e seguirlo - si lasciò prendere dal panico, rimasta ora sola a fronteggiare tre uomini che si avvicinavano ridendo. Sapeva di non poter usare la magia e resistette alla tentazione, ormai fortissima, di chiederle di spazzarli via come aveva fatto coi soldati.
L’ultima cosa che mi serve ora è svenire si disse con decisione, e indietreggiò fino a toccare il cancelletto con la schiena Piccola Ametyst dove sei? Ora sì che avrei bisogno del tuo aiuto...
«Guarda un po’ cos’abbiamo qui!» disse quello biondo con voce roca «Una bella ragazzina tutta sola.»
«Sì, sei davvero carina.» sussurrò un altro, quello più basso, si portò così vicino a lei da poterle afferrare il viso e la ragazza non reagì, paralizzata dalla paura; se fosse stato un uomo da solo di sicuro non gli avrebbe risparmiato un bel calcio, una ginocchiata o due dita in un occhio, ma tre erano troppi, voleva uscirne riportando meno danni possibile.
«Come ti chiami? Sanguini già?» le chiese l’ultimo uomo, che Layla identificò come quello alto.
Non rispose e temette di aver capito il perché di quella domanda specifica: se sanguinava poteva rimanere incinta. La risposta era no, ma quello avrebbe potuto spingerli a fare ciò che volevano senza dover pensare alle conseguenze, quindi rimase zitta e cominciò a tremare temendo il peggio: non era pronta ad affrontare una situazione come quella e le parole di Iven che l’ammonivano su quanto la città potesse essere pericolosa le rimbombarono nella mente, quasi stordendola e distraendola per alcuni pericolosi attimi.
Quello basso, che era il più vicino a lei, le tirò uno schiaffo dritto in faccia e grugnì arrabbiato ma al contempo divertito: «Ti ha fatto una domanda, rispondi!»
Invece lei si schiacciò contro il cancello alle sue spalle e lo guardò terrorizzata. Si sentiva bruciare dove l’aveva colpita, ma ancora non reagì e puntò lo sguardo da un’altra parte.
«Sai che c’è? Non avrebbe alcuna importanza comunque. Era solo per sapere.» disse il biondo con una scrollata di spalle, e si avvicinò anche lui. Cominciò semplicemente toccandola ed esprimendo commenti ad alta voce, poi quando lei cominciò a dare segni d’irrequietezza e non volle collaborare la picchiò e la insultò, aiutato dal compagno lì accanto mentre il terzo uomo, quello alto, per il momento rimaneva in disparte e la scherniva ridendo.
Cedric riuscì a seminare l’uomo che lo seguiva facendogli credere che non avesse intenzione di soccorrere la ragazza ma piuttosto di fuggire verso il distretto rosso. Tornò indietro chiedendo aiuto alla gente che incontrava nel frattempo, ma nessuno sembrava avere voglia di perdere il proprio tempo a rischiare la pelle per aiutare una ragazzina. Non si fermò a convincere nemmeno una persona, deciso soltanto a tornare da Layla il più velocemente possibile perché non aveva tempo di raggiungere una caserma, dare la notizia alle guardie, attendere che si mobilitassero e tornare indietro con loro; Layla era in grossi guai e doveva aiutarla a venirne fuori.
Seguendo le risate degli uomini e le grida di lei riuscì a ritrovarli e vide che avevano cominciato ad aggredirla; non ci sarebbe voluto molto prima che le avrebbero tolto i vestiti. Si avvicinò senza gridare per non allarmarli, e prese di mira l’uomo più alto che al momento era il più lontano da Layla e attendeva il suo turno per aggredirla: avvalendosi dell’effetto sorpresa riuscì a prenderlo per le spalle e spingerlo violentemente addosso a una parete dove picchiò la testa, ma non lo uccise sul colpo e invece il rumore sordo annunciò agli altri due la sua presenza.
Il biondo, che era piuttosto robusto, lasciò perdere la ragazza per pensare invece a lui. Gli corse incontro con un grido e Cedric non riuscì a rimanere in piedi quando si scontrarono, lo picchiò più forte che poté ma trovandosi sotto di lui era in svantaggio; era già malridotto dallo scontro di prima e tutti i calci e i pugni che prese non lo aiutarono ad avere la meglio.
Layla risollevata dall’arrivo dell’amico cercò di reagire, trovandosi ora da sola con un uomo, la posizione che aveva non la avvantaggiava, ma lo colpì a un occhio e in seguito gli sferrò il pugno più forte che le riuscì dritto sul naso. Si fece male lei stessa, ma l’uomo davanti a lei gridò e ciò le diede un’immensa soddisfazione. Lui si allontanò quel poco che le servì per decidersi ad allungare una gamba e colpirlo col tacco dello stivale dritto al ginocchio facendogli perdere l’equilibrio.
L’uomo non fece in tempo a reagire perché Cedric si liberò del biondo solo per portarsi davanti a Layla, frapponendosi tra lei e tutti gli altri. Appena l’uomo basso si rialzò da terra il ragazzo lo colpì di nuovo al viso; l’uomo alto si riebbe e con un ringhio furioso si lanciò addosso a Cedric spingendolo contro il cancello e immobilizzandolo con la forza.
Layla ebbe un attimo di lucidità, raccolse la propria cintura da terra e frustò l’uomo nel tentativo di liberare Cedric, quando il biondo intervenne e immobilizzò anche lei spingendola all’angolo. Fecero male a entrambi gridando nel mentre numerosi insulti, sia colpendoli sia spingendoli violentemente contro il cancello di metallo che emetteva rumori sinistri ogni volta che veniva scosso.
Qualcuno da qualche parte gridò di fare silenzio, probabilmente un anziano chiuso in casa che non si disturbò di guardare fuori dalle finestre, e Layla gridò in cerca di aiuto più forte che poté, ma a nulla servì.
Il biondo spogliò la ragazza quasi completamente e Cedric alla fine decise di rischiare, sfilarsi i guanti e fare uso volontario della magia: l’uomo davanti a lui venne sbalzato a diverse braccia di distanza da un muro d’aria che gli corse incontro tingendosi di bianco e verde, e sbattendo contro una parete si ruppe il collo e cadde riverso a terra, inerte. Solo l’uomo alto se ne accorse, il biondo era troppo occupato a cercare di violare Layla fino all’ultimo; rideva soddisfatto perché lei ormai opponeva poca resistenza e senza nemmeno guardarlo più.
Cedric si rialzò sulle ginocchia nonostante l’uomo alto fosse furioso e cercasse d’impedirglielo, ma lui lo ignorò essendo determinato soltanto ad allontanare il biondo dalla ragazza. Gli mise il braccio sinistro intorno al collo e lo tirò indietro con tutta la forza che aveva cercando d’ignorare per quanto possibile i colpi dell’altro. E poi li ebbe entrambi addosso, ma non per molto: quelle terribili sensazioni di poco prima tornarono e in qualche modo la magia agì di nuovo facendo volare entrambi gli uomini con un boato. Non ottenne l’effetto desiderato perché ormai era stremato, ma ambedue si allontanarono ugualmente, uno tenendosi la gola e boccheggiando perché respirava ma con fatica, e l’altro per la prima volta spaventato. Incerti su cosa fare decisero di andare a cercare il quarto uomo, quello grosso e apparentemente non molto sveglio, quindi il biondo corse via e l’altro barcollò senza scostare la mano dalla gola, lasciando il loro ultimo elemento nel freddo vicolo, morto.
A quel punto il ragazzo seppe di non avere molto tempo per andarsene, ma non sapeva come convincere Layla a muoversi senza che lo menasse pensando che si trattasse ancora di quegli uomini. Si rialzò con una smorfia e tremando, cercò di parlarle per riportarla alla realtà, ma lei rimase accucciata con la testa tra le mani senza rispondergli. Allora prese in mano i propri guanti e le sue cose e la sollevò di peso sforzandosi di non cedere, con sua sorpresa lei non reagì e si lasciò condurre rimanendo aggrappata con forza alle sue spalle.
Si costrinse a non fermarsi a riposare per allontanarsi il più possibile dai tre uomini rimasti, e solo quando giunsero in un altro vicolo deserto ma con più di un’uscita, in modo che non potessero più rimanere in trappola, cedette al dolore e alla stanchezza e cadde a terra insieme alla ragazza che si lasciò sfuggire un acuto grido di sorpresa e paura.
Lei si rannicchiò in posizione fetale stringendosi le braccia intorno alla vita e ricominciò a piangere e tremare, mentre il ragazzo non ebbe la forza di rialzarsi per accertarsi che nessuno li avesse seguiti. Sentì gli uomini, ora di nuovo riuniti in gruppo, gridare e correre, ma le voci si affievolivano. Si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, lasciò passare qualche minuto e poi finalmente cercò di mettersi seduto. Anche lui tremava, si sentiva debole e come se gli avessero rotto tutte le ossa, aveva la nausea e la testa gli girava, ma almeno non aveva avuto l’aggravante di un trauma psicologico, al contrario di lei.
La guardò e la chiamò ma Layla ancora non rispondeva, e solo allora notò quanto quegli uomini fossero stati vicini a farle ciò che volevano: il suo mantello, la sua maglietta e la sua cintura li aveva raccolti lui stesso da terra, senza nemmeno badarci, mentre lei si era tenuta i pantaloni in vita tutto il tempo; era anche piena di lividi e graffi soprattutto sulla schiena, causati dal cancello, dai quali sanguinava un poco. In attesa che si riprendesse dal trauma prese il mantello e glielo mise sulle spalle perché potesse coprirsi.
La ragazza tornò alla realtà, si alzò e si volse di scatto, lo guardò per un attimo, poi vi si avvolse stringendo la stoffa con forza, ancora tremando.
«Stai bene?» le chiese debolmente.
«Tu?» ribatté lei invece di rispondere, rannicchiandosi a terra con le ginocchia sotto il mento.
Lui scosse le spalle ma se ne pentì subito, ora che la tensione era passata sentiva veramente il dolore. Fece una smorfia e rispose: «Sono stato peggio.»
«Ottimo.» sussurrò lei, poi si abbracciò le gambe e nascose il viso tra le braccia.
Entrambi avrebbero fatto fatica a camminare fino a casa, quindi decisero senza nemmeno parlarne di aspettare un po’ prima di provare a rialzarsi. E non servì nemmeno dire che non volevano andare al mercato in quelle condizioni, perché anche su quell’argomento si trovavano implicitamente d’accordo.
«Come facevi a saperlo?» domandò lei dopo un po’, con voce flebile «Di quegli uomini. Tu lo sapevi, hai cercato di seminarli.»
«Non lo sapevo. Ma ci guardavano in modo strano.»
Layla sollevò il viso solo per mostrargli un debole sorriso: «Allora essere paranoici a volte serve.»
Cedric fece una smorfia e ribatté: «Ho solo peggiorato la situazione.»
«Non è stata colpa tua, loro conoscono la città, noi no e ci siamo persi.» lo interruppe con decisione sperando che ciò bastasse a non farlo sentire in colpa, poi riprese con voce flebile: «Hai usato la magia...»
Lui la guardò sorpreso, non aveva pensato che fosse abbastanza lucida da capire cosa stesse accadendo, invece lo ricordava perfettamente. Rimase in silenzio pensando a come rispondere a quel rimprovero, ma non gli venne in mente nulla.
Lei però scosse piano le spalle e continuò sussurrando: «Se non l’avessi fatto probabilmente non se ne sarebbero mai andati. Ti ringrazio.»
Non trovò niente di meglio da dire di: «Figurati.» e si girò dall’altra parte, ora con la sua solita aria torva.
Layla guardò Cedric che fisicamente stava peggio di lei a causa delle perdite di energia improvvise, e sebbene si sentisse già pronta a rialzarsi per tornare a casa al sicuro decise che avrebbe aspettato in silenzio che anche lui fosse in grado. Per qualche ragione sentiva di avere paura di lui anche se non aveva fatto altro che difenderla da quegli uomini. Lasciandosi guidare da quei pensieri si allontanò lentamente fino ad appoggiare la schiena alle mura della casa alle sue spalle e continuò a fissarlo con un misto di ansia e paura. Forse perché, ora che aveva di nuovo uno sguardo tetro com’era sempre stato negli ultimi giorni, temeva che avrebbe potuto perdere la testa e prendersela con lei per qualsiasi ragione si sentisse così irascibile.
Il ragazzo ad un certo punto si accorse di come lo stava guardando, riprese un’aria più preoccupata e le chiese: «Qualcosa non va?»
Lei scosse piano la testa senza parlare e senza cambiare atteggiamento; dopotutto Cedric aveva ucciso un uomo davanti ai suoi occhi e aveva tentato di ucciderne altri allo stesso modo. Poco importava che quegli uomini fossero malvagi, lui ne era stato in grado e non sembrava provare rimorso.
Il ragazzo mise da parte la rabbia: la ragazza aveva rischiato di subire ciò che sua madre aveva sopportato per anni, e non riusciva ad accettare entrambe le cose, ma si disse che ora Layla aveva bisogno di qualcuno di cui sapeva di potersi fidare, non di qualcun altro da temere. Cambiò completamente atteggiamento capendo di averla in qualche modo spaventata, ma non cercò di iniziare una nuova conversazione.
Ci pensò lei, dopo alcuni minuti di riflessione, domandandogli: «Come ti senti?»
«Un po’ ammaccato. Tra poco andiamo via, tranquilla.»
«Hai ucciso un uomo!» continuò la ragazza, ora con fare accusatorio «Non senti proprio nulla?»
Cedric cercò di non mostrarsi offeso e ribatté, forzatamente calmo: «Dovrei? L’ho già fatto con quel maledetto bandito. E quelli non erano uomini. Nemmeno una bestia si comporterebbe così.»
«Certo, su questo hai ragione. Non provo pena per quel... mostro. Ma per te.»
Lui ridacchiò quasi divertito: «Per me? Non farti problemi per me. Vuoi sfogarti un po’ prima di andare?»
La lasciò interdetta per un attimo: «Sfogarmi?»
«Sì! Hai qualcosa da dire? Contro quei tizi magari. Prima che torniamo dai ragazzini, sai... è meglio che certe cose non le sentano.» rispose con aria complice.
«Perché dici questo? Come...» sussurrò a mezza voce, ma s’interruppe e strinse le labbra puntando lo sguardo altrove per non guardarlo, rigirandosi la collana di sua madre tra le dita e rendendosi conto di quanto in quel momento l’avrebbe voluta con sé, per avere un punto di riferimento.
Cedric ci mise del tempo a rispondere, ma alla fine per farla sentire più sicura optò per una mezza confessione: «Anch’io avrei voluto, molte volte. Ma non potevo farlo. Nella mia situazione avrei solo peggiorato le cose.» fece una breve pausa in cui lei lo studiò di sottecchi, poi riprese con un debole sorriso: «Ma tu puoi dire tutto quello che vuoi, non ti giudicherò. Non spetta a me.»
Si chiese cosa gli stesse passando per la testa, ma non le sembrava che la sua offerta avesse un secondo fine, forse voleva davvero solamente che si sentisse meglio. Layla non aveva alcuna intenzione in quel momento di avere a che fare con un qualsiasi essere appartenente alla categoria maschile e glielo disse senza troppi problemi; aveva tutti gli strumenti per farle male come quegli altri e anche di più, aveva la forza di prenderla e fare di lei ciò che voleva senza curarsi di cosa lei avrebbe pensato e provato.
Cedric sorrise piano e ribatté: «Guarda, in questo momento proprio non potrei farti alcunché. Non riuscirei a sollevare un secchio d’acqua.»
«Ah sì?» ribatté lei scettica tenendo gli occhi chiusi a forza.
«Oh sì, credimi.» sussurrò alzandosi con qualche difficoltà solo per poi sedersi accanto a lei, immaginando che avesse bisogno della sua vicinanza dal momento che aveva subito un trauma di una certa rilevanza.
«Stai zitto.» esclamò debolmente prendendosi la testa tra le mani, il solo sentire la sua voce la irritava in un modo che non avrebbe mai creduto possibile.
Qualcosa scattò in lei appena il ragazzo le fu accanto, sentire le loro spalle a contatto la fece reagire: con un movimento improvviso si scagliò addosso a lui afferrandolo per entrambe le spalle e lo spinse a terra per poi tenerlo fermo gravando sul suo corpo col proprio peso. Lo guardò a lungo dritto negli occhi con sguardo infuocato, ansimava e singhiozzava in preda a una nuova crisi di pianto silenzioso. Con tutta la forza che aveva strinse la presa sulle spalle di lui e ricominciò col suo sfogo insultandolo duramente, tanto da paragonarlo a quei quattro uomini di poco prima.
Ma Cedric non si mosse e di nuovo non la interruppe, ben sapendo che tutto ciò che stava dicendo Layla era dettato dalla paura provata poco prima e che ora stava liberando di getto insieme allo stress; l’aveva spinta lui a sfogarsi e non l’avrebbe fermata.
Dopo diversi minuti la ragazza smise man mano di gridare ma non di tremare, tirò su col naso cercando di darsi una calmata e infine lo guardò attentamente: non aveva mosso un muscolo e a malapena respirava mantenendo costantemente un controllo impeccabile, ma soprattutto non distoglieva mai lo sguardo dai suoi occhi e in quella Layla si rese conto di non avere addosso nulla eccetto stivali e pantaloni, e il mantello in posizione molto precaria pendeva da una sola spalla.
Appena se ne rese conto sussultò colta da un’improvvisa vergogna e imbarazzo che la fecero arrossire violentemente, ma ancora una volta lui rimase fermo in attesa che lei si ricomponesse da sé.
Layla si allontanò da lui con uno scatto ricoprendosi col mantello e puntando lo sguardo dalla parte opposta nascondendosi alla sua vista dietro i lunghi capelli.
Soltanto allora il ragazzo si rimise seduto e le domandò in un sussurro: «Va meglio?»
«Sì, io... non costringermi a farti male, allontanati da me!» balbettò ancora sconvolta e confusa.
«Fammi male se vuoi, non ti servirà a nulla sapermi lontano piuttosto che vicino. Anzi, credo sia meglio che tu capisca che non sono come quei bastardi...»
«E chi me lo assicura?» lo interruppe freddamente «Dopotutto non mi sei sembrato un tipo posato né poco fa né in quella stalla!» appena dopo averlo detto si disse che al contrario era stato perfettamente controllato fino a pochi attimi prima, ma non lo menzionò; non voleva ammettere di avere torto davanti a lui, soprattutto in quel momento. E invece aggiunse: «Anzi sei così disagiato che se ti dicessi di averne bisogno per sfogarmi mi lasceresti prenderti a pugni. E credimi se insisti lo farò.»
Cedric per un attimo pensò alla sua situazione e paragonò la paura e l’odio che lui provava per tutti i Krun - sebbene uno solo di loro fosse colpevole della morte di sua madre - alla paura e poca fiducia che ora Layla aveva nei confronti di tutti gli uomini a causa di un gruppo ristretto.
Scosse la testa e le rispose: «Nessuno può assicurartelo, nemmeno io. Ma credimi ti capisco, anche se per ragioni diverse, e io ho impiegato anni ad accettalo... non è di me o di Mike o Andrew che devi avere paura, lo sai. Sii più forte di me, non chiuderti in te stessa e non rifiutare l’aiuto di Jennifer e Susan, soprattutto in questo momento. Parla con loro se ti dà fastidio parlare con un uomo...»
«Tu non sei un uomo.» lo interruppe con un sussurro.
La guardò scoprendo così che lo stava fissando, ma appena i loro sguardi s’incontrarono lei abbassò il viso e guardò a terra.
«No, non ancora. Manca poco più di un anno.» assentì.
«Non sono stata capace di tenere testa a un uomo... un dannato essere schifosamente viscido! Se lo sarebbe meritato! Perché non ce l’ho fatta?!» gridò disperata mettendosi le mani nei capelli.
«Eri molto spaventata, tutto qui. La paura ci tiene in vita, ma se non gestita bene gioca brutti scherzi.»
Finalmente Layla si decise ad ascoltarlo e lo vide per ciò che era realmente, non certo un nemico da cui dover scappare; se aveva ucciso l’aveva fatto per proteggerla, poco importava che provasse rimorso o no. Lui non avrebbe mai osato toccarla né guardarla senza permesso, e nemmeno Mike e Andrew. Loro erano suoi amici, erano gli unici di cui davvero potesse fidarsi.
«Mi dispiace per quello che ho detto... non avrei dovuto.» balbettò Layla, stava a poco a poco smettendo di singhiozzare «Non volevo farti male, né insultarti, io... hai ragione, ho avuto paura.»
«Non c’è problema. È servito?»
Lei annuì piano, si asciugò gli occhi e si pulì il viso dal sangue rimasto, poi tirò su col naso scacciando definitivamente le lacrime e gli chiese: «Ora te la senti di alzarti?»
Cedric non la guardò, ma annuì e disse: «Casa nostra non dovrebbe essere troppo lontana. Credo da quella parte.»
Si rialzarono aiutandosi a vicenda e appoggiandosi alle pareti delle case, dunque Layla si rivestì mentre il ragazzo le dava appositamente le spalle. Fecero tutta la strada zoppicando un po’ entrambi, lei ancora aggrappata a lui che le teneva un braccio intorno alle spalle. Lo guardò di sottecchi un paio di volte, nonostante ciò che si erano detti continuava ad avere paura, e non era certa di sapere di cosa. Forse perché si trattava di un ragazzo dalla mente palesemente fragile e che ultimamente aveva molto altro per la testa che lo rendeva nervoso.
Arrivati davanti a casa nel loro distretto nero si staccò immediatamente da lui e aprì la porta senza nemmeno guardarlo, combattuta e in balia di diverse emozioni che tra loro facevano a pugni: gli era grata per averla protetta, ma non gliel’avrebbe mai detto e aveva scoperto un lato di lui brutale e violento tutt’altro che rassicurante; si proclamava suo amico e totalmente diverso dalle bestie che li avevano aggrediti, ma aveva chiaramente dimostrato di avere la forza di poter essere pericoloso quanto loro... se solo non fossero stati, in effetti, parte di un gruppo di amici. E per ultimo ma non meno importante, sebbene - litigi a parte - con lei fosse sempre stato gentile, era mezzo matto ed emotivamente instabile; per quanto ne sapeva avrebbe potuto agire a quel modo anche lui, se fosse stato preda di scatti d’ira sufficientemente intensi da non farlo ragionare a dovere. E questo di certo non l’aiutava a rassicurarla, considerando quanto rapidamente era in grado di cambiare umore per una sola parola detta nel momento sbagliato.

  
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