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Autore: bulmasanzo    15/02/2017    1 recensioni
Questo è ciò che succede se in una notte d'estate una fanwriter decide di non seguire più la trama.
Extra de: La 'meravigliosa' avventura.
Raccolta di one shot, tutte rigorosamente prive di un finale.
Possibilità di nonsense e di cross over.
Genere: Commedia, Fluff, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Daisy, Luigi, Mario, Peach, Rosalinda
Note: Cross-over, Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Paragrafo 1: Mario

 

Aggrappate a un relitto fluttuante nel nulla cosmico, le mani di Mario sono talmente contratte che le nocche stanno diventando bianche e si stanno spellando, sanguinano.

Fa freddo, ma non è quel tipo di freddo pungente a cui gli esseri umani possono essere più o meno abituati, come trovarsi sotto una bufera con il vento gelido che si infiltra nel cappotto, è un freddo molto diverso, uno che senti nel cuore, che si propaga lentamente a ogni tua parte del corpo, un freddo assassino che sembra congelarti le viscere dall'interno.

Il busto di Mario è sopra la porta, mentre il bassoventre e le gambe sono penzolanti nel vuoto.

Tutto intorno, detriti, che l'impatto con l'asteroide ha sparpagliato dappertutto.

Mario ha la guancia destra schiacciata, sembra che intorno vi si stiano creando dei cristalli di ghiaccio. Gli occhi sono aperti a malapena, la bocca è socchiusa, è in uno stato di semi coscienza.

Un urlo attutito, soffocato, distorto, gli arriva da secoli luce di distanza.

In realtà non è così lontana, ma al momento sta letteralmente roteando su se stessa, va su e poi giù, priva del controllo del proprio corpo. Dalla sua prospettiva, la porta a cui Mario è aggrappato diventa sempre più piccola.

"Mario" urla di nuovo, disperatamente, piagnucola, quasi.

L'abito da sera le svolazza attorno, la gonna le si solleva fin sulla faccia. Lei grida ancora, l'uomo non la sente, non le risponde, come potrebbe?

Senza un aiuto, senza possibilità di tornare indietro, senza nessuno che lo venga a prendere, Rosalinda sa che il destino di suo marito sarà più atroce della morte. Lei forse vagherà in eterno, ma lui non resisterà a lungo, non arriverà vivo da nessuna parte.

Il cuore della donna si stringe, non può sopportare che una simile ingiustizia accada all'uomo più coraggioso, più gentile, più umile dell'universo.

Vuole raggiungerlo ma non ce la fa, i suoi poteri sono temporaneamente annullati.

La disperazione si fa strada dentro di lei, la paralizza, le mozza il fiato. Gli occhi le si inumidiscono, possibile che non ci sia un modo per salvarlo, possibile che lei, con i suoi privilegi, con il suo ruolo, le meravigliose abilità che possiede, non sia in grado di muoversi e prendere qualcuno per portarlo al sicuro?
No, un modo c'è. Deve esserci.

Un braccio si tende a fatica, Rosalinda fa uno sforzo immane per raccogliere tutta l'energia dentro di lei. La mano si apre, ogni dito si raddrizza con una lentezza che esaspera.

Poi, al centro del palmo comincia a formarsi una specie di lucignolo piccino, una minuscola goccia di luce, una lacrima brillante, un seme microscopico che contiene in sé la forza più grande di tutto l'universo.

Si allunga, trasformandosi in un raggio che parte da quella mano aperta come un proiettile sparato da un fucile di precisione. E centra il suo obiettivo, raggiunge Mario alla spalla.

Ma Rosalinda viene mandata ancora più indietro dalla forza del rinculo, come se veramente avesse appena usato un'arma da fuoco.

Non importa, se c'è la possibilità che adesso Mario sia salvo.

La Pusa si sentiva già in colpa per avergli causato tanti guai, per averlo convinto a lasciare il suo mondo d'origine, i suoi affetti, adesso, pensa, ripartirà da zero, ricomincerà, magari sarà assieme a qualcun altro, ma sarà vivo, e lei ne conosce la forza d'animo, la perseveranza, la voglia di continuare, sa che sarà in grado di ricostruire la sua vita.

Forte di questa consapevolezza che le dà una rassicurazione, la Pusa splendente chiude gli occhi, sorride tristemente, si raggomitola come un gatto e si lascia trasportare.

Adesso non le importa più di dove arriverà, se mai arriverà da qualche parte.

Potrebbe anche, ed è probabile, venire risucchiata dalla gravità di qualche pianeta, schiantandovisi su e interrompere così la sua condizione di immortalità.

Potrebbe essere falciata viva da una pioggia di asteroidi che la massacreranno distruggendole tutte le ossa.

O potrebbe semplicemente continuare a errare nello spazio immenso fino alla fine dei tempi.

Lo ammette a sé stessa, è spaventatissima, e chi non lo sarebbe, ma allo stesso tempo non ha nessun rimpianto, sa di aver agito sempre per il meglio, di aver fatto grandi cose, aiutato tante creature, e adesso ha appena garantito una speranza all'unico uomo che abbia mai amato.

Le cose non capitano mai senza una ragione. Se deve morire o restare in sospeso per l'eternità, vuol dire che una forza più grande di lei ha deciso che quello doveva essere il suo destino. Non può opporvisi.

"Finisce così, dunque. In maniera incomprensibile. Addio, amore mio" sussurra mentre le guance le si bagnano. Nonostante abbia accettato ciò che Dio ha deciso per lei, il dolore per quella perdita improvvisa è comunque sconfinato, indecifrabile, è crudele, brucia, fa un male fisico al cuore, la distrugge.

Beccheggiando, viene trascinata via per sempre.

Sempre aggrappato al suo relitto, quasi completamente assiderato, non ancora del tutto sveglio, Mario sente nel suo mezzo deliquio un calore improvviso che parte dalla spalla sinistra e si diffonde rapidamente ovunque, sciogliendo e spaccando il ghiaccio che lo aveva quasi del tutto ricoperto.

Il suo corpo sembra agire da sé. Le braccia fanno pressione, le gambe si flettono, Mario si tira in piedi sulla sua zattera improvvisata.

Nell'archivio della sua memoria c'è un movimento particolare che ha imparato anni prima quando incontrò l'amore della sua vita per la prima volta.

Se lo ricorda per qualche ragione. Un ginocchio piegato in avanti, un ginocchio flesso all'indietro.

I suoi piedi diventano luminosi, la piccola piattaforma inizia a muoversi come per magia e Mario la dirige, la fa andare in avanti, come il surf stellare che aveva guidato per tornare sulla Terra durante la sua antica avventura.

La porta sfreccia rapidissima, sembra sia il cosmo a venirgli addosso, le stelle diventano macchie di colore informi, indefinite, che turbinano creando un tunnel lunghissimo che Mario non ha più paura di attraversare...

 

 

 

 

 





 

Paragrafo 2: Luigi

Gliel'avevano sempre detto. Non guardare il sole direttamente, a meno che tu voglia ritrovarti con la retina bruciata.

I suoi occhi erano blu-verde, un colore troppo chiaro, troppo debole per proteggere la pupilla, la luce intensa si sarebbe rifranta all'interno della cavità oculare e l'effetto lente di ingrandimento avrebbe mandato tutto quanto in fiamme, causandogli l'esplosione della testa e una conseguente atroce e dolorosissima morte.

Almeno, questo era ciò che si era ingenuamente immaginato lui. Una convinzione stupida, adesso che era abbastanza adulto da sapere che una cosa simile era parecchio improbabile che accadesse.

Ma quando erano bambini, quel suo fratello dispettoso di Mario aveva assecondato questa sua paura irrazionale, convincendolo che fosse una cosa assolutamente possibile.

Di conseguenza, se gli capitava di vedersi la luce negli occhi, anche solo di sfuggita, distoglieva lo sguardo al più presto, terrorizzato da quella prospettiva. Quanto era stupido, allora!

Luigi aveva solo una vaga idea del motivo per cui stava ripensando a quella cosa del suo trapassato remoto, soprattutto in un momento difficile come quello che stava vivendo.

Forse gli era venuto in mente per via della luce abbagliante che gli avevano acceso di fronte alle pupille, che lo stava facendo lacrimare copiosamente.

Avrebbe voluto battere le palpebre e darsi sollievo, ma non poteva, gli avevano infilato dentro quei fottutissimi spilli che glieli tenevano sbarrati contro la sua volontà. Non che potesse dire che faceva male, ma era decisamente fastidioso.

La posizione in cui si trovava, poi, era altrettanto scomoda, le catene che gli serravano i polsi forzandogli le braccia in una apertura quasi innaturale erano decisamente strette e gli penetravano la pelle quasi a segargliela. Gli sarebbero sicuramente rimasti i segni.

Da idiota qual era, poi, appena risvegliatosi dal torpore era stato preso da un momento di panico e aveva anche cercato di dimenarsi, peggiorando ulteriormente la situazione, la pelle era infatti escoriata e violacea in quei punti in cui aveva fatto forza.

Naturalmente alla fine si era arreso, e dopo il terrore iniziale, stava incredibilmente iniziando anche a rilassarsi. Beh, quasi.

La luce disparve all'improvviso, dandogli un po' di ristoro, ma un enorme alone rimase per un po' negli occhi a impedirgli di capire chi cavolo fosse la persona che gli era di fronte e che lo fissava.

Ne scorgeva solo i contorni, e tutto ciò che riusciva a cogliere era che quella faccia sembrava terribilmente piatta e distorta. Come un miscuglio di colori tutti appiattiti sulla tela con una sorta di pressa.

"Bene. La tua testa non sembra troppo complicata da penetrare" disse la voce di prima, la stessa che lo aveva accolto quando era entrato in quella dannatissima casa, poco prima che qualcuno gli saltasse alle spalle e lo mettesse fuori combattimento.

"Cosa vuoi da me?" disse di getto, ma cercando comunque di mantenere un tono educato e calmo. Era arrabbiato, senz'altro, era stato catturato in un modo così stupido, ma non voleva cedere alla rabbia che sentiva, avrebbe probabilmente fatto il suo gioco.

"Stavi facendo qualche pensiero interessante poco fa, tuo fratello era proprio cattivo con te, non è vero?" continuò la voce.

Perfetto, sapeva leggergli nella mente. Qualcosa gli diceva che avrebbe dovuto aspettarselo.

"Forse. Che importa?" cercò di fare l'evasivo.

Notò un movimento, la sagoma della testa si era abbassata, era come se il suo interlocutore si stesse mettendo comodo, forse si era proprio seduto.

"Non metterti sulla difensiva con me" disse "Sotto quell'aria da scemo che ti porti addosso come una seconda pelle, lo hai già capito che fingere non serve a niente. Voglio parlare con te senza avere problemi. Pensi di riuscirci?"

Stranamente, il suo cervello prese quella allusione come un complimento.

Sentì l'angolo della bocca sollevarsi in una specie di sorriso.
"Lo farei volentieri, se prima fossi così gentile da..."
"No, non ti toglierò gli spilli dagli occhi. Ho bisogno che tu mantenga il contatto visivo. Rispondi a una domanda. Tu sei il 'giocatore numero due', non è così?"
"Perché mi chiedi... Perché non puoi..." ritentò Luigi, stava piangendo, si interrompeva da solo perché gli occhi gli stavano bruciando davvero tanto "Almeno potresti usare il collirio, come in quella merda di film di..."
"Aspetta"

La vista di Luigi migliorò leggermente quando del liquido gli venne versato dentro le orbite, riuscì perfino a vedere il contagocce, anche se non chiaramente.

Si rese conto che non stava fissando delle pupille vere e proprie, ma piuttosto quelle che parevano delle larghe pozze deformi.

Sì, il suo catturatore indossava una maschera di legno senza espressione, non c'erano dubbi. Dietro i buchi per gli occhi si intravvedeva lo scintillio delle pupille, penetranti come dei pugnali.

"Tuo fratello è sempre stato il primo in tutto, ha avuto la parte migliore dalla vita, tutti si ricordano di lui, eppure la grande impresa l'avete compiuta insieme, e cosa ti è stato dato come riconoscimento?"
"Non sono invidioso, non lo sono mai stato" replicò Luigi "Se stai cercando di farmi ammettere questo"
"Oh, io credo che un po' invidioso tu lo sia"
"Che te ne importa?"
"È bene essere onesti con se stessi, continuando a negare non fai altro che rinviare il giorno in cui la rabbia che hai dentro esploderà. E allora potresti fare qualcosa di cui potresti pentirti"

Luigi iniziava seriamente a scocciarsi di quelle chiacchiere, non vi era minimamente interessato. Tutta la sua concentrazione era sul collo, che gli doleva tutto in un lato, come se avesse passato la notte nella posizione sbagliata. Avrebbe dovuto avere paura, in fondo non conosceva le intenzioni di chi lo aveva intrappolato, forse era in pericolo mortale...

Ma la cosa divertente era che, anche in quella situazione assurda, dentro la sua testa non la smetteva di risuonare all'infinito la stessa, dannata canzone. Con quel ritornello odioso.

"Tu non sai niente di me" sputò.
"Ma posso scoprirlo" replicò l'altro.
"Come? Non puoi leggere la mia mente sul serio"
"Te lo posso dimostrare"

Proprio come si era aspettato, quel dannato iniziò a cantare esattamente la canzone che lo tormentava da giorni. Anche il modo in cui la cantò risultò grottesco, perché aveva una voce da baritono che non corrispondeva per nulla al tono generale della musica.

"Cosa dici, adesso?" lo sfidò dopo aver cantato.
Luigi aveva la pelle d'oca.

"Posso pure dirti dove e quando l'hai sentita... È stato due giorni fa, stavi andando dalla signora del piano di sotto, la signora Elle Triple... dovevi chiederle in prestito dello zucchero... e hai sentito la musica a tutto volume che proveniva dalla camera di sua figlia adolescente, già, quella ragazzina strana con gusti musicali discutibili, quella che si è fatta i capelli rosa... e quando sei entrato tu c'era questa canzone, così dannatamente orecchiabile. L'avevi già sentita, ti era piaciuta e poi hai fatto la scemenza di andare a cercartela su youtube..."

"Non prova niente" lo fermò "Magari mi hai seguito e hai visto tutta la scena"

"Ma prima, la signora ha urlato a sua figlia di 'chiudere' quella musica infernale e tu hai avuto un dubbio grammaticale che non hai espresso a voce, ti sei chiesto se fosse corretto dire 'chiudere' o 'spegnere' la musica, poi hai pensato che fosse uguale."
Luigi a questo punto decise di restare in silenzio.

"Il problema di questa canzone non è tanto quello che si attacca in testa da quanto è orecchiabile, è piuttosto il suo significato, ti sei focalizzato anche sulle parole, e hai fatto tua la tristezza del protagonista, per cui hai provato empatia perché che ti ricorda vagamente la tua situazione... le tue capacità iniziali, le tue basi non erano certo diverse da quelle di tuo fratello. L'impresa l'avete conclusa assieme. Eppure lui ha avuto sempre qualcosa in più di te, la gloria, la fama più grandi le ha ottenute lui, la notorietà è sua, mentre sembra proprio che tu debba stare perennemente nella sua ombra..."

"Basta!" implorò Luigi "Io amo la mia vita. Sto per avere un bambino dalla donna che amo, non mi azzarderei nemmeno a chiedere di più."

"Sei così fottutamente romantico" lo schernì lo sconosciuto "Ma devi smettere di mentire a te stesso"

Ora teneva in mano qualcosa che assomigliava dannatamente a un trapano, uno di quelli elettrici che si usano per fare i buchi nei muri per appendere le mensole, e lo sollevò in alto, pronto a perforargli la testa.

"Non durerà molto, e non farà male, almeno non troppo da ucciderti" fu il tentativo di rassicurarlo, ma è scontato dire che non ebbe successo.

La punta di metallo gli toccò la fronte e in quel momento Luigi sentì il cranio letteralmente spaccarsi in due e al contempo ebbe la visione, nitida e chiara, di un enorme uccello in fiamme che apriva le sue ali e lo sovrastava. La paura e la confusione lo indussero a stringere le palpebre così forte da riuscire a spezzare entrambi gli spilli, i quali però gli si conficcarono conseguentemente nelle orbite.

Il dolore che seguì fu tale che gli mandò letteralmente in tilt il cervello, senza sapere quando avesse cominciato si ritrovò a urlare e urlare, mentre il celeste delle iridi che non poteva proteggerlo diventava liquido e si scioglieva colandogli goccia per goccia giù fin sulle guance, era sicuro che se non fosse morto o impazzito, sarebbe per lo meno rimasto cieco per tutta la vita.

Strane idee si intrufolarono di prepotenza nella sua mente, le domande lo assillarono, perché gli stava succedendo questo, cosa aveva fatto, aveva sognato troppo, aveva preteso qualcosa cui non aveva diritto, il karma lo stava infine punendo?

Perché lui, perché stava capitando a Luigi e non a Mario, quel Mario che si fregiava del soprannome di Super, o di Primo Jumpman, che in realtà non gli spettava, perché non sapeva saltare più in alto di lui, lui che aveva fatto metà del lavoro, lui che veniva deriso da tutti, lui che avrebbe pagato per le colpe di qualcun altro, che aveva patito la derisione, l'eterno additamento come secondo, e si era accollato tutte le pene degli altri, solo perché non era in grado di capire quando dire basta, quando smetterla di girare la faccia, di lasciare gli altri alle loro responsabilità, lui che avrebbe avuto un bambino che avrebbe ammirato di più lo zio che il padre?

Quanta amarezza, era lui l'insignificante conducente di quella piccola barchetta, era stato lui che aveva lasciato che le sue speranze svanissero e che i suoi sogni morissero.

Tutto era alle sue spalle, ma il rimorso lo avrebbe perseguitato, negandogli la pace che avrebbe voluto ottenere. Nel suo stomaco c'era un tumulto e, incredibilmente, nelle orecchie continuava ancora, ininterrotto come se non dovesse mai finire, quel dannatissimo ritornello, unito a una voce che non la smetteva mai di urlare “basta, basta”.

Luigi lasciò che la rabbia lo sopraffacesse, accolse la sua sventura, riconobbe la sua miseria e, prima di abbandonarsi e chinare il capo sotto la scure del Tristo mietitore che era venuto a reclamare la sua anima disperata, sussurrò con un filo di voce rauca: "Questo dolore mi renderà più forte."

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Mi scuso enormemente per il ritardo nella pubblicazione di questo capitolo, c'è stato di mezzo Natale e ieri pure San Valentino, il mio lavoro e un sacco di altra roba... Questa parte della storia è ovviamente ambientata nel passato, è una cosa che non potevo tralasciare, farà comprendere meglio ciò che accadrà nella seconda parte di 'Lost into the future'.

Note: Il film cui si riferisce Luigi è ovviamente Arancia Meccanica, mentre la canzone citata è Skipper Dan di Weird Al Yankovic, che nonostante il generale tono comico mi lascia sempre con l'amaro in bocca dopo ogni ascolto. La signora Elle Triple è un riferimento a mia madre, per cui la 'figlia pazza con i capelli rosa e i gusti di musica assurdi' sono io :P

Spero di pubblicare il prossimo capitolo presto, grazie mille per la pazienza!

Kisses from England

 

  
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