Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Monique Namie    15/02/2017    2 recensioni
Ambientazione steampunk.
Da una parte, un sensitivo guidato da una premonizione giunge in una città sconosciuta: un posto meraviglioso in cui architetture del passato e del futuro si mescolano. Dall’altra, una principessa, soggiogata da un re e una regina alquanto manipolatori, è sulla soglia di una crisi di pazzia. Le loro strade sono destinate a incrociarsi e i due, in apparenza così diversi, scopriranno di essere in qualche modo legati.
- NOTA: È presente una scena lime che è uno dei motivi principali per cui ho scelto il rating giallo.
{Questo racconto ha partecipato al contest "È una storia sai..." indetto da Najara sul forum di EFP}
[Storia da revisionare]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Princess Sci-fi Story'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

9.

 

Due figure sinistre si stavano aggirando tra i sobborghi di Seresix con aria furtiva. Uno era vestito completamente di nero, l’altra indossava un abito blu pieno di veli che le coprivano anche il viso, rendendola imperscrutabile.

Fenna, dopo il momento di indecisione, si era convinta a visitare i portali. Dopo cena Thesel li aveva condotti di nascosto verso un’uscita secondaria, quella che doveva essere usata in caso di evacuazione del palazzo. Prima di lasciarli andare, aveva trattenuto la principessa per raccomandarle di fare attenzione e Dannick si era intromesso in modo raggiante: «Non succederà niente a Fen finché starà con me.» C’era da dire che dopo essersi fatto restituire il fucile BP-Laser si sentiva ancora più forte e sicuro.

I due si erano allontanati fianco a fianco a passo svelto in direzione dell’intrico di viuzze, palazzi e pontili che si diramavano per tutta la città. Il sole stava calando e, quindi, tra gli edifici più alti la luce già non arrivava più, lasciando il percorso in penombra. Quando furono abbastanza lontani dal palazzo, Dannick si fermò e si rivolse a Fenna: «Sai come si arriva alla stazione?»

Si era sentito uno sprovveduto ponendo quella domanda. Fenna, comunque, si limitò a scuotere la testa. Continuava a guardarsi in giro con aria affascinata come se non fosse mai uscita dal palazzo in vita sua.

Dannick tirò fuori dalla tasca la blusfera. Considerando che si erano infilati in un percorso diverso da quello che lo aveva condotto lì all’inizio, doveva fare affidamento esclusivamente nelle sue percezioni.

Imboccarono una viuzza laterale tra due edifici altissimi: il passaggio era così stretto che dovettero camminare uno dietro l’altra. Alla fine, sbucarono in uno dei grandi canyon artificiali tipici di Seresix, in cui le pareti erano i palazzi stessi ammassati uno su l’altro: un parapetto in ferro battuto proteggeva i due avventurieri dal vuoto.

«Questo posto è bellissimo», commentò Fenna. «Avevo sempre sentito parlare delle fondamenta di Seresix, ma dalle descrizioni non riuscivo a immaginarmele bene.»

Dannick si girò a guardarla sorpreso e lei continuò: «Le fondamenta sono tratti di marciapiede che costeggiano i canyon, come questo. Si dice che durante il solstizio d’estate, se il cielo è sereno, guardando in basso si possono vedere dei canali pieni d’acqua cristallina.»

«Non sei mai uscita dal palazzo prima d’ora?», s’informò il ragazzo.

Fenna rise. «Certo che sono uscita dal palazzo! Sono stata al Sacro Memoralium e poi sono andata con i sovrani a qualche visita politica estera. In quei casi, però, usavamo sempre l’eliporto reale. Non ho mai percorso queste strade comuni.»

Dannick si sentì meglio sapendo che i suoi genitori l’avevano portata con loro all’estero. Per un attimo aveva temuto che l’avessero sempre tenuta segregata.

«Ora che stiamo andando ai portali dovresti sentire crescere una certa energia in te», le disse. «Riesci a imbrigliarla in modo da capire in che direzione andare?»

Fenna guardò prima destra e poi a sinistra. In quest’ultima direzione le abitazioni diventavano più scure, la parete era piena di tubi metallici e di recipienti che sembravano serbatoi. Alcune valvole sbuffavano un fumo nero e denso che aveva impregnato l’intonaco dei palazzi fino a un’altezza di qualche piano. Dall’altra parte, l’aria sembrava più pulita: la parete era bianca e spiccavano le vetrine lucide di alcuni negozi. Tuttavia, la ragazza non sentiva l’impulso di andare in nessuna delle due direzioni. Si guardò in avanti e, oltre il vuoto al di là del parapetto, la sua attenzione fu subito catturata da due vetrate a mezza luna che facevano parte di un elaborato edificio in stile barocco.

«Credo che dovremo trovare un ponte e passare dall’altra parte.»

«Penso che tu abbia ragione», disse Dannick dopo aver cercato conferma nella blusfera.

Il fatto che la principessa avesse intuito la strada giusta lo mise ancor più di buon umore. Considerò quello un segno propizio: forse il dono di Fenna si stava finalmente manifestando.

 

In meno di mezz’ora si trovarono di fronte al piazzale della stazione. La sera era ormai calata e i finestroni illuminati dello stabile davano l’impressione di celare un luogo caldo e accogliente.

La giovane prese la mano del sensitivo e la strinse. Nelle viuzze secondarie, che avevano percorso fino a un momento fa, non avevano incontrato molta gente, ma lì c’erano fiotti di persone che andavano e venivano.

Dannick cercò di tranquillizzarla: «Probabilmente non si accorgerebbero di te nemmeno se andassi in giro vestita con l’abito principesco. Sono così impegnati nei loro affari che per distrarli servirebbe un terremoto.»

«Forse hai ragione», si convinse la ragazza.

Assieme entrarono nell’atrio. In fondo si vedevano già i tre portali e Fenna fu colta da un entusiasmo crescente.

Poiché erano obbligati a passare sotto i tre grandi archi solo coloro che entravano in città, era difficile  avvicinarsi a essi. Il flusso di persone in arrivo era impossibile da contrastare. Andare contro corrente sarebbe stata un’impresa.

Dannick si mise a cercare indicazioni per capire da che parte andare per raggiungere le piattaforme magnetiche, ma ad un certo punto si distrasse. I suoi pensieri si spostarono su Fenna, che nonostante l’eccitazione per aver raggiunto la meta, gli stava appiccicata e sembrava intimorita dalla confusione del luogo. Pensò che finora era andato tutto bene e che a breve avrebbe dovuto ricondurre la principessa verso il palazzo. In cuor suo, però, non aveva voglia di tornare. Gli baluginò nella mente una scena: Fenna smascherata che doveva fuggire saltando su un treno assieme a lui. Non appena ebbe formulato il pensiero qualcuno calpestò il lungo velo del marakasha che la ragazza indossava. Dannick la vide barcollare all’indietro e riuscì ad afferrarla appena in tempo, evitandole una brutta caduta. Tuttavia, la stoffa leggera che gli copriva il capo e parte del viso era stata strappata dal colpo, rivelando la sua vera identità. Fenna assunse un’espressione spaventata. Durante gli interminabili secondi in cui cercò di recuperare il velo, nessuno sembrò accorgersi di lei.

Ciò che i due non sapevano era che nella stazione c’erano telecamere a circuito chiuso, programmate per il riconoscimento facciale di chiunque entrasse o uscisse da lì. Quasi certamente nessuno dei viaggiatori avrebbe fatto caso a lei, impegnati com’erano a raggiungere le proprie destinazioni, tanto più che molti di essi venivano da fuori e non la conoscevano. Ma quando il software delle telecamere riconobbe i tratti del viso della principessa, cercò tra i dati un permesso che giustificasse la sua presenza nel posto e, non trovandolo, attivò l’allarme. Per qualche istante i due restarono imbambolati senza capire ciò che stava succedendo. Poi a Dannick parve di scorgere delle guardie farsi largo tra la folla verso di loro, allora prese Fenna per mano e la costrinse a correre: impresa alquanto complessa con l’abito lungo che lei si ritrovava addosso.

Alla fine, il ragazzo trovò un varco tra la confusione e la condusse nella zona delle piattaforme magnetiche dove si fermò per permettere alla giovane di riprendere fiato.

«Magari…», iniziò Fenna tra una boccata d’aria e l’altra, «l’allarme non era per me». Deglutì e prese un altro profondo respiro. «Infine non abbiamo fatto nulla di male.»

«È stata colpa mia», disse il ragazzo.

«In che senso?», gli lanciò un’occhiata confusa.

«Ti spiegherò tutto più tardi. La nostra via di fuga se ne sta andando senza di noi», disse ricominciando a correre e trascinando la ragazza con sé. Un treno merci su una piattaforma magnetica vicina si era appena messo in movimento. Dannick aiutò Fenna a salire la scaletta che conduceva sul tetto del mezzo e poi si arrampicò a sua volta prima che il convoglio prendesse velocità.





"La principessa e il sensitivo"
Tutti i diritti sono riservati © Monique Namie

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Monique Namie