Tu menti col sorriso
«Lei
sta mentendo.- Affermò, abbassando il capo e scuotendolo
immediatamente dopo. -E mente con una superbia ed un'audacia che-...
che supera quella di suo fratello.-
L'uomo
dinanzi a lui sorrise ancora, perciò l'ispettore
continuò
sospirando: -Lei mente col sorriso ed è
insopportabile.»
«Le
sono già insopportabile?» Chiese con voce
melliflua
l'altro, facendo un passo avanti. Le poltrone dinanzi a loro rimasero
vuote perché nessuno dei due accennò a sedersi.
«...»
«Su,
lei faccia quel che le ho chiesto e non si domandi altro, non
c'è
molto che potrebbe capire d'altronde.»
«Senta-...
Lei dice che è per il bene di Sherlock e a me non serve
altro.
Ma non si illuda che sia così
remissivo,
così
sciocco
solo
perché non sono all'altezza dei fratelli
Holmes.
L'intuito, l'impegno e la tenacia mi hanno portato dove sono.- Doveva
ribadirlo, anche se poteva sembrare banale, anche se poteva sembrare
patetico; doveva prendere posizione perché gli sembrava
giusto. Alzò i tacchi, mise le mani nelle tasche e con un
movimento del capo fece segno all'assistente personale di quell'uomo
di non voler essere riaccompagnato in auto. -E ora vi lascio ai
vostri affari Mr. Holmes. Arrivederci.»
«Cosa
ha compreso Ispettore?- Chiese Mycroft Holmes alzando leggermente il
tono di voce e appena appena ridacchiando, -Cosa?» Ma non
ottenne risposta perché Gregory Lestrade era ormai fuori
dalla
stanza del Diogenes Club e il silenzio ne aveva inghiottito i passi.
Passarono
esattamente due settimane prima che l'Ispettore Lestrade ricevesse
proprio sotto casa un invito formale a ritornare in quel luogo
silenzioso e particolarmente di lusso: una macchina nera con un solo
finestrino oscurato abbassato gli si affiancò poco prima che
prendesse le chiavi dall'impermeabile; gli si affacciò il
volto di una donna dallo sguardo serafico, la stessa donna che aveva
visto in compagnia di Mycroft Holmes l'ultima volta e Greg si
ritrovò
a guardarsi attorno, per poi entrare a disagio nell'auto.
«Sono
anni che Sherlock aiuta Scotland Yard nei casi di
maggior
rilievo. -Cominciò precisando Greg, mentre la macchina
sfrecciava fra il traffico londinese. -Ma il massimo c'abbia ricevuto
da suo fratello sono state telefonate criptiche in cui mi chiedeva
informazioni su Sherlock, informazioni dettagliate come-... come
avesse avuto già sulla sua scrivania fascicoli e rapporti
dei
casi che seguivo. Erano domande a cui potevo rispondere
perché
non compromettevano il caso, puntavano su ciò che faceva
Sherlock.- Prese un respiro. La donna al suo fianco, nel bell'abito
nero, non schiodava gli occhi dal cellulare. -Mi insospettì,
ma non ebbi nulla da recriminare. Mi disse di non parlarne con
Sherlock e io non ebbi nulla da obbiettare; eppure due settimane fa
Mycroft Holmes chiama il mio Capo e riesce a farmi avere un permesso
oltre la già agognata vacanza solo per-... solo per farmi
controllare suo fratello...- A quel punto Lestrade vide un sorriso
spuntare sul viso della donna e perciò continuò:
-Ah,
mi sta ascoltando, fantastico. Beh, ecco, mi dico-... mi dico che
avrei dovuto saperlo che un Holmes non può essere una
persona
normale. Ma- ma che fosse invischiato nel Governo Britannico davvero
mi mancava all'immaginazione.» La donna di riflesso a
quell'affermazione puntò lo sguardo verso il finestrino e
lì
rimase in attesa, così l'ispettore fu certo di aver fatto
centro.
Arrivarono
all'entrata del club che era sera inoltrata, la macchina
accostò
lentamente e poi spense il motore. Greg si sentiva particolarmente
ispirato a non fare silenzio quel giorno, così non appena
giunse dinanzi alla scrivania dell'uomo e le porte si chiusero dietro
di lui, non tergiversò con un saluto arrendevole a
quell'atmosfera sfarsesca che sembrava opprimerlo l'ultima e unica
volta in cui v'era entrato: «Sa una cosa?- Si rivolse senza
indugio alcuno all'uomo sedutogli dinanzi, incrociando le braccia.
-È
stata proprio una brutta mossa andare a Baskerville. Avrei chiamato
John per sapere cosa stesse facendo Sherlock, ma no. Il governo
inglese voleva che andassi lì per tenere sotto controllo il
suo fratellino. Bene, ho detto, lo faccio. Sicuro del fatto che
Sherlock avrebbe scoperto immediatamente cosa stessi facendo
lì
e per chi. -Strizzò gli occhi un momento. Mycroft Holmes
piegò
appena il capo all'indietro sulla comoda sedia, mentre nella mano
destra tintinnava nel bicchiere qualche cubetto di ghiaccio. -Io
avrei controllato lo stesso Sherlock Holmes così come era
mia
intenzione fare, ma non mi sarei preso nessuna
responsabilità
sul perché stessi lì, anzi. Avrebbe scoperto il
controllo di suo fratello che tanto mi chiedeva di tener nascosto
nelle telefonate, ah!
-Sherlock
doveva aver fatto qualche sgarro alla sicurezza nazionale, suo
fratello doveva proprio essere occupato o... disperato
per
mandarmi. Ma io non prendo ordini da suo fratello,
se non è
quello che voglio anch'io.»
«Lei
non ha pensato tutto questo. Ma- Pronunciò sicuro e
flemmatico
Mycroft curvando la schiena in avanti e flettendo le mani per poi
unirle sotto il mento. -...Ma gli ha fatto comodo, un tornaconto
personale. Sherlock non smette di scrivermi che non vuole
più
che io la costringa a stargli fra i piedi. Bella
mossa...
accettare.»
E a quel punto fu il turno dell'Ispettore di sorridere di fronte a
quell'uomo. Un sorriso genuino prima di ascoltare ciò che il
maggiore dei fratelli Holmes aveva da dirgli.
♠
Gli
anni erano passati come pagine di un libro di storia e Greg Lestrade
ne sentiva su di sé l'effetto ad opera di chi la storia
l'aveva fatta davvero: Sherlock Holmes, quel consulente investigativo
dalla mente geniale e dal tatto di uno spillo. Un po' come se chi gli
fosse accanto si ritrovasse malgrado tutto a subire l'esito delle sue
mirabolanti azioni; si era ritrovato sull'orlo del suo precipizio
personale anche Lestrade del resto. Ma cosa era poi mai il rischio di
perdere il lavoro della tua vita e perdere la donna della tua vita
con la vita stessa? Non c'erano paragoni, solo un divario di
intenzioni e misteri, come sempre.
E
come sempre l'ispettore ci sarebbe stato per Sherlock Holmes,
alle volte lamentandosi, alle volte applaudendo, alle altre
abbassando lo sguardo e a premere i denti sulle labbra screpolate,
altre volte ancora con una malinconia negli occhi, una nostalgia
deleteria delle precedenti volte.
Fu
proprio mentre Sherlock gli chiese di occuparsi di suo fratello che
provò quella malinconia. Un'amarezza nostalgica nello
sperare
che fosse come tutte le altre volte, quando il suo nome era solo un
guazzabuglio di lettere fra Graham, Gavin, Geoff e Giles.
«Ho
dovuto forzare con il mio distintivo per arrivare fino a qui senza
invito. Spero mi permetterai di rimanere!» Salutò
con
ironia l'ispettore mentre un lacchè si congedava chiudendo
la
porta dell'unica stanza del Dioges Club dove si potesse parlare
liberamente.
Mycroft
Holmes, poltrona rivolta dalla parte opposta alla porta e bicchiere
da Brandy nella mano ancora intatto non fece una piega, anzi
aspettò
che Lestrade arrivasse dinanzi a lui per poi parlagli.
Non
dovette aspettare troppo, al silenzio dell'uomo Greg rispose con
l'incedere dei passi nella sua direzione e guardandosi in giro,
pensando che non era cambiato nulla dall'ultima volta che era venuto
qui a dialogare con il maggiore degli Holmes: era stato piacevole.
Non particolarmente divertente, ma stimolante. Non erano amici, ma
non erano neppure conoscenti; di certo non erano colleghi,
ciò
nonostante si ritrovano più di una volta al mese a
conversare
in quella stanza. Di cosa precisamente? Di Sherlock i primi incontri,
di casi promettenti e di indicazioni per arrivare alle giuste
conclusioni per risolvere casi poi, di buone deduzioni e decisamente
ottimi spunti per conoscersi in fine. Finché qualcuno dei
due
non si sarebbe semplicemente disinteressato all'altro -e Greg era
quasi sicuro che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato e non
avrebbe più trovato nessuna macchina nera governativa ad
aspettarlo dopo il lavoro, vicino la cancellata, con i fari spenti
per non dare nell'occhio, ma quel giorno non arrivava mai.-
«Posso
offrirti un bicchiere di Brandy? So che preferisci servirti da solo
perciò ho lasciato una bottiglia basquaise
di Armagnac,
lì sul tavolino. Prendi pure.»
Greg
si ritrovò a puntare gli occhi prima su Mycroft Holmes,
elegantemente abbigliato come sempre, per poi far saettare lo sguardo
sulla bottiglia pregiata e nera e quell'unico bicchiere poggiato sul
tavolo in legno alla sua destra. Sapeva che sarebbe arrivato? O
semplicemente se lo aspettava? Cercò di cacciare via quelle
domande, non era lì per sorprendersi dopotutto, non questa
volta per lo meno.
«Credo
di dover rifiutare, sono in servizio teoricamente.» Si
ritrovò
a dissentire col capo.
«Che
peccato.» Rispose senza particolare intonazione nella voce
Mycroft.
«Mycroft.
- Lo chiamò dopo un marginale lasso di tempo e sperando che
l'uomo alzasse la testa per guardarlo almeno un momento, certo
così
di avere la sua attenzione. -Ho una domanda.»
«Hai
sempre delle domande per me, Gregory.- Mycroft alzò lo
sguardo
e lo invitò con un gesto della mano a sedersi sulla poltrona
di fronte a lui. -Deformazione professionale, immagino.»
Neanche adesso l'intonazione era cambiata.
«Come
posso aiutarti?» Greg si sedette mentre pronunciava quelle
parole, senza alcun disagio e poggiò le mani sui braccioli
morbidi della poltrona.
L'altro
rimase un attimo più del dovuto in silenzio, interdetto, per
poi reclinare il capo sulla morbida poltrona: «Sherlock
è
fastidioso.» Pronunciò facendo scoccare appena la
lingua
sul palato.
«Sherlock
è fastidioso. - Acconsentì tenendo il contatto
visivo,
così come era abituato nel farlo per lavoro. -Ma
è
anche preoccupato. Sai quella storia del “mi preoccupo
costantemente per mio fratello” che mi hai ribadito
più
volte? Credo si sia invertita. Credo beh-... perché mi ha
dato
il tuo indirizzo di casa via sms.»
Mycroft
non ne fu colpito o comunque non lo diede a vedere; si alzò
compostamente e avvicinandosi al tavolino si versò nel
bicchiere vuoto che aveva in mano due dita di Armagnac. Prima di bere
si assicurò di sottolineare che no, lui non era in servizio,
con un un pizzico di sarcasmo.
«Ora
ti vedrò sotto casa mia a chiedermi se sto bene?»
Fece
una smorfia Mycroft tornando accanto alla poltrona, ma non sedendosi
bensì guardando dall'alto in basso l'ispettore.
«No.»
«No?»
«No.-
Confermò di nuovo Lestrade. -Ti ho chiesto come posso
aiutarti
perché so
che
non stai bene; perché ti ho recuperato io lì a
Sherrinford. Ma non verrò sotto casa tua a disturbare la tua
privacy e il tuo dolore.- Decise di spiegargli. -Non ne sapete poi
molto di sentimenti e rispetto voi Holmes, eh.» Un velo di
ilarità gli invispì gli occhi stanchi.
«È
passato.- Cercò di ragionare Mycroft. -Non posso permettermi
il lusso di rimuginarci troppo, ho davvero poco tempo da dedicargli.
Perciò sto bene. Professionalmente sono al
massimo.»
Aggiunse poi, decidendo di risiedersi con placida calma e un sorriso
irrisorio ad incorniciargli il volto.
Fu
il turno di Greg di alzarsi, al contrario del politico in un modo
piuttosto irruento: «Oddio. -Puntò il dito contro
Mycroft e curvò la schiena in un moto di risa -Tu menti. E
menti piuttosto male quando fai così. Che diamine! Per
fortuna
che di politica non ne capisco niente, giuro, o con tutti quei
sorrisi ci ricamerei un calendario di menzogne.»
L'altro
sembrò non dedicarci più di tanto attenzione fino
a
quando Greg non sentì una mano sulla sua spalla e si
intimò
di smettere di ridacchiare.
Mycroft
aveva smesso di guardarlo appena aveva sentito quelle parole, ma poi
si era alzato perché gli era tornato in mente qualcosa, una
frase precisa: «“Lei
mente col sorriso ed è insopportabile”.»
Recitò. Le labbra non più represse in un sorriso,
ma
appena aperte in un sussurro.
«Come?»
Non capì subito Lestrade che di scatto aveva assunto un'aria
sorpresa.
«È
quello che mi dicesti la prima volta che ci siamo parlati di
persona.»
«Oh.-
Recepì allora mentre l'uomo gli toglieva la mano dalla
giacca
un momento prima che potesse lui stesso distaccarsi. -È
stato
tanto tempo fa.» Confessò.
«E
io faccio sempre lo stesso errore con te.»
«Quando
si sottovaluta una persona succede questo, sai.»
Concordò
l'ispettore che di risiedersi proprio non aveva più voglia.
Quelle giornate erano passate pesanti anche sulla sua testa e
recepire ciò che era accaduto in poche settimane non era
stato
poi così facile da mandar giù; se da una parte
c'era il
caso mediatico di Culverton Smith che l'aveva tenuto sveglio per ore
interminabili di interrogatorio, dall'altra parte c'era un abisso di
misteri che aveva condotto John Watson dentro un pozzo, Molly
sull'orlo delle lacrime e Mycroft rinchiuso in una cella di una
fortezza che manco sapeva esistesse prima d'allora. Non era stato
narcotizzato, ma la febbrile paura, sempre elegantemente mascherata
sotto un'autorità prorompente, era decisamente alla
mercé
di tutti. Per farlo uscire dalla stanza gli aveva dovuto stringere
una mano, lì dove teneva l'anello, ed era un contatto
piuttosto informale.
«Succede
anche quando voglio che accada Gregory.- Interruppe il filo di
pensieri di Greg. -È un errore che voglio
concedermi.»
Lestrade
non volle replicare, aveva ben inteso. E quello che aveva inteso gli
era piaciuto forse più del dovuto. Mycroft voleva che lui
comprendesse da solo se era la verità o solo parole. Voleva
vedere se si sarebbe arreso, in pace con la sua coscienza, con un
blando assenso al suo fermare ogni proposito d'aiuto con parole
rassicuranti o se invece sarebbe rimasto, accorgendosi ancora una
volta del suo comportamento, una sottigliezza che nel primo incontro
gli era piaciuta che Greg avesse notato.
L'ispettore
gli mise entrambe le mani sulle spalle, a mo' di incoraggiamento e
poi si voltò, dandogli la schiena, pronto ad andarsene:
«Mi
sarebbe piaciuto prendere un Armagnac.»
«È
importato direttamente dalla Guascogna.» Rispose, come non
fosse accaduto nulla.
«Accidenti.-
Sospirò con una delusione divertita. Mise mano alla
maniglia,
ma non aprì la porta: -Ero venuto qui per farti una domanda,
ma non mi hai risposto.» Abbassò il capo e
aggrottò
le sopracciglia in uno sbuffo.
«Non
mi piace, no, non mi piace proprio per nulla ingrigire le giornate di
una sofferenza latente e cialtrona che mi perseguita.-
Dichiarò
Mycroft, controllando il polsino destro dove svettava uno dei gemelli
color nero pece. -Ma al contrario mi piace che tu ne sia preoccupato,
non solo sotto consiglio del mio caro fratello.»
Controllò
l'orologio da taschino e prese nota dell'orario in cui era in pausa
l'ispettore.
«Soddisfa
un po' il tuo ego.» Non c'era accusa in quell'intervento.
Lestrade aspettò un attimo per ascoltare cosa gli avrebbe
risposto.
Mycroft
si costrinse a non ridacchiare, si avvicinò all'ispettore e
poi concluse: «Puoi aiutarmi
tornando al Diogenes Club quando potrai accompagnarmi nel bere un
Cognac o un Armagnac. Prometto
di mentirti solo col sorriso.»
Greg
fece scattare la maniglia, Mycroft lo lasciò andare sicuro
che
sarebbe tornato. Sicuro come era sicuro lui che non si sarebbe
disinteressato alla sua compagnia.
- - - - - - - - - -
Buon lunedì (?) Buona sera -o qualsivoglia!-
Sono un po' arrugginita nello scrivere, magari anche un po' troppo prolissa. Pff. Ma spero vi sia piaciuto il legame che volevo si sciorinasse nel racconto. Per me Mycroft e Greg è probabilissimo che si siano incontrati, all'inizio al telefono e poi di persona. Ancor più probabile è che siano più che conoscenti, ma non amici. Un bilico di 'forma'. Così come non si può classificare il legame che unisce Sherlock e John, perché 'amicizia' sarebbe quasi offendere tutto l'ardore e la sofferenza che hanno patito. (E non per forza shippando la johnlock eh!)
Mi sto dilungando. Aiuto. Si può considerare un inizio. Un continuo (?) di una brotp o di una otp questa one shot. Volevo collegarmi al finale della 4x03 e rapportarmi di conseguenza. Io spero solo che vi piaccia, che si capisca e che, se avete pazienza, vi vada di recensirmi. ♥ (O se volete di lasciarmi un KUDOS su AO3, l'ho pubblicata anche lì: http://archiveofourown.org/works/9587192 )
*Gregory credo sia un headcanon, ma mi piaceva l'idea che Mycroft odi l'abbreviato di un nome, perciò non lo chiami Greg. (Gregson era fuori discussione! Molti lo chiamano tale, ma io ho in mente solo l'altro personaggio e non G. Lestrade così, dai!)