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Autore: Sophja99    20/02/2017    5 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo ventuno

Senza scampo


Silye strizzò gli occhi e aggrottò la fronte, manifestando tutta la sua concentrazione. “Cresci” pensò. “Andiamo: cresci!” Continuò a ripetere quelle semplici parole per qualche minuto nel silenzio totale, interrotto solo da lievi rumori che non era ancora riuscita bene ad identificare, ma di cui sospettava la fonte.

Aprì gli occhi, convinta di trovare davanti a sé un rigoglioso fiore, lo stesso che aveva assiduamente visualizzato nella sua mente lungo tutto l'ultimo quarto d'ora, ma, con suo estremo disappunto, vide solo la comune e monotona erba.

«Peccato» commentò Vidar, seduto in ginocchio di fronte a lei, mentre lanciava in aria una mela per poi riafferrarla e ricominciare da capo. Ecco spiegato il rumore che lei aveva sentito per tutto il tempo che aveva trascorso ad occhi chiusi. «È davvero un peccato perché ti eri molto concentrata su quelle piantine.»

Silye sospirò, massaggiandosi la fronte con le dita. «Smettila. Mi farai venire il mal di testa...»

Vidar afferrò la mela al volo e le diede un morso. «Contenta?» chiese con la bocca piena.

Silye fece una faccia disgustata, prima di lanciare un altro sguardo alle pagine del libro e alle istruzioni scritte. «È inutile» disse, quindi, sconsolata. «Non ce la faccio.»

«Non ci credo» Vidar scosse la testa.

«Cosa non credi?» domandò Silye, non comprendendo il motivo della sua affermazione.

«Che tu ti arrenda così facilmente in qualcosa in cui io non c'entro, o, almeno, non direttamente» rispose, alludendo alle innumerevoli volte in cui lei non era riuscita a batterlo, il che diede non poco fastidio alla ragazza. «Non riesco a credere che Silye Dahl lasci perdere tanto velocemente.»

Silye comprese subito la sua tattica: premere sull'orgoglio ferito della ladra per indurla a perseverare. Non le andava giù che lui la considerasse tanto stupida da abboccare, ma allo stesso tempo le era grata per i tentativi che stava facendo per spingerla a non darsi per vinta. “Forse è vero” pensò, tuttavia. “Sono davvero più debole di prima.”

Come terminò di formulare quel pensiero, si ritrovò il viso e gli occhi di Vidar a pochi centimetri dai suoi. «Allora?» insistette lui. A quella vicinanza, Silye poteva sentire il respiro del dio solleticarle le guance e vedere ogni singolo dettaglio della sua bocca: le labbra leggermente screpolate per il freddo, come le erano anche quelle della ragazza, e il loro colore roseo. «Sei una perdente o una vincitrice?»

Forte e fiera. Forse si era davvero fiaccata, ma rimaneva pur sempre una Dahl, una ladra, una che non lasciava perdere alle prime difficoltà. Una vincitrice.

Socchiuse nuovamente gli occhi e fece sprofondare con impeto le mani nella terra; sentì immediatamente quel caldo e potente contatto con la natura. Stavolta, però, era diverso; questa volta aveva più fiducia in se stessa. Riversò tutto il suo essere e la sua forza nella terra, sfruttò quel ponte tra lei e la natura per convogliare le energie al suolo e nella sua mente si andarono a delineare tante piccole radici, che proprio in quel momento stavano fuoriuscendo dalle sue dita. Continuò a cedere energia al suolo fin quando non iniziò a sentirsi stanca e pesante, e allora sollevò finalmente le palpebre.

Davanti a lei, proprio nello spazio tra i punti in cui le mani si trovavano immerse nella terra, era apparso come per magia un fiorellino dai petali dello stesso rosso dei capelli di Silye e dagli stami colmi di polline. La ragazza tirò fuori dal suolo gli arti, senza smettere di guardare la pianta appena sbocciata.

«Ce l'hai fatta!» esultò Vidar, emettendo una risata quasi di sollievo. Silye ancora non riusciva a capire come ci fosse riuscita e da dove le fosse venuta l'improvvisa idea di dare la sua energia alla terra, cosa che non aveva fatto durante gli esercizi di quei giorni. «Io...» mormorò, spostando lo sguardo dal fiore alle proprie mani sporche di terra, che era talmente umida da somigliare a melma. Toccò delicatamente un petalo con un dito, come per accertarsi che fosse vero, e non una delle sue tanti visioni, e, quando lo sfiorò, la ritrasse subito. In quel momento, la sua mente era un insieme confusionario di pensieri e domande a cui non riusciva a dare un ordine o una spiegazione plausibile per ciò che aveva appena compiuto.

«Ho bisogno d'aria» disse, sebbene fosse conscia del fatto che si trovassero già all'aperto. Sentiva solo il bisogno di stare da sola e realizzare quello era accaduto.

«Vuoi che io venga con te?» chiese Vidar, guardandola per la prima volta da quando Silye aveva inspiegabilmente fatto nascere quel fiore, che lui era stato ad osservare con un'espressione di incredulità.

«No. Mi serve solo qualche minuto senza nessun altro che non sia io» affermò, alzandosi a allontanandosi dal luogo dove era avvenuto quello che non sapeva in che altro modo definire se non un qualcosa di magico e incredibile.

Vagò per quelle che le parvero ore nella foresta, senza guardarsi intorno e senza controllare la strada che stava facendo. All'improvviso, iniziò a correre. Sfrecciò tra i tronchi degli alberi, saltando laddove le radici erano troppo alte e rischiavano di farla inciampare. Si lasciò andare alla sensazione del vento che le sferzava la pelle e i capelli, cercando di svuotare la mente da ogni pensiero e preoccupazione e focalizzandosi soltanto sul suo respiro affannato e sulla terra sotto i suoi piedi. All'improvviso si fermò e si accasciò vicino alla corteccia di un grande albero. Appoggiò sul legno il capo e socchiuse gli occhi, mentre prendeva un profondo respiro.

Sono una völva pensò, mentre gli occhi le iniziarono a pizzicare, segno che le lacrime stavano per uscire. Non voleva. Non voleva piangere e, come per impedire a se stessa di farlo, sbatté la testa sul tronco.

Sono una völva e non posso fare nulla per tornare indietro. Una lacrima riuscì a penetrare la barriera che aveva cercato di creare a tutti costi e colò lungo la guancia. Colpì di nuovo la dura corteccia, lanciando un grido.

Lo fece di nuovo: una, due, tre volte. Si fermò solo quando iniziò a sentire un liquido denso colarle sul collo e un forte dolore dietro la testa. Forse la sofferenza fisica sarebbe bastata a coprire quella che sentiva dentro, a cui non trovava altro modo per farla smettere se non facendosi del male.

Ormai non aveva più scampo. Da quel momento in poi avrebbe dovuto dimenticare lo stile di vita con cui aveva vissuto fino a quel momento, ciò che aveva imparato da suo padre, il suo mestiere di ladra. Tutto. Era divenuta una völva a tutti gli effetti e non poteva in alcun modo tornare indietro nel tempo, a quando era solo una ladra e una cacciatrice. Si chiese a cosa fossero serviti anni e anni di insegnamento e fatiche, se poi ogni cosa era stata soffiata via dall'arrivo di Vidar e dalla scoperta che aveva conseguito. Finora non si era davvero resa conto di quanto quello che era successo avesse cambiato la sua vita, ma ora che aveva per la prima volta agito in tutto e per tutto come una völva la situazione le era fin troppo chiara. Facendo crescere un piccolo fiore, aveva irrevocabilmente segnato il suo futuro.

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Angolo dell'autrice:

Buonsalve carissimi lettori! Anche questo è un capitolo abbastanza corto, ma vi prometto che mi sto impegnando per farli più lunghi (dovrete sopportarne solo un altro, prima che arrivi il bello)! Nel frattempo, Silye inizia a fare progressi nelle sue lezioni per imparare le arti delle völve, ma per lei la situazione non è affatto facile da accettare. Sono momenti duri per la povera ladra, e questo non è ancora niente (non sto mettendo ansia, vero?).^^

Vi ringrazio immensamente per continuare a leggere e lasciare le vostre opinioni alla storia. Il vostro contributo è fondamentale per permettermi di migliorare nella scrittura!

Sophja99

   
 
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