Serie TV > The Vampire Diaries
Segui la storia  |       
Autore: kuutamo    22/02/2017    1 recensioni
'Mystic Falls. L'aria che si respira in questa cittadina mi è sempre sembrata ambigua. All'inizio sembra di trovarsi in un posto normale, ma basta poco per scoprire che pullula di esseri immondi e crudeli, degli assetati di sangue. Io sono uno di loro.
Il punto è che questa volta Mystic Falls sembra davvero una normale cittadina, tranquilla e felice.
Forse dovevo davvero lasciar perdere e non tornare: forse tutti qui sono stati meglio senza il vecchio e cattivo Damon. Ma ahimè, la felicità altrui non mi è mai interessata molto.'
Gli eventi sono stati ambientati (e scritti) durante la 6a stagione: Elena e Damon si sono lasciati, lei non è caduta nel sonno di Kai e gli eventi della 7a e 8a stagione non sono avvenuti. Inizialmente partita come una one-shot (dal nome "Dressing coffins for the souls I've left behind in time") e ora diventata una long. Buona lettura!
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Bennett, Damon Salvatore, Matt Donovan, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

  Damon is just a name


Quando Danaë tornò a casa non fece che pensare a quello strano individuo con cui aveva appena parlato. Era ambiguo, strafottente e anche presuntuoso a tratti, ma allora perché la incuriosiva tanto? Per molti aspetti il loro carattere era uguale, i due s'incontravano in molti punti, il che voleva dire che uno dei due avrebbe dovuto mollare, ed era proprio quello che era successo a lei. Si rese conto che non avrebbe dovuto invadere la sua privacy e chiedergli così a bruciapelo della sua vita privata, infondo chi era per poterlo fare? Sicuramente al suo posto avrebbe reagito allo stesso modo ad una domanda così personale. Sentiva d'essere stata inappropriata e si vergognò per questo. 'Io e la mia dannata boccaccia' si sgridò, pensando a quella serata. Nonostante aver riconosciuto d'essere stata una sciocca, la sua curiosità non era diminuita e desiderava ancora sapere di più, forse ora più di prima.

Doveva ammettere a se stessa che quel tipo le piaceva, o meglio la incuriosiva. Pareva avere una bellezza senza tempo, disarmante e insieme distruttiva. A discapito della propria faccia tosta che indossava a mò di corazza, lo sguardo dell'estraneo riusciva a penetrarle fin dentro le ossa e a metterla a disagio, come se un uomo non l'avesse mai guardata prima; quello sguardo sembrava guardarle dentro non in punta di piedi, bensì prepotentemente. C'era come un velo impalpabile di mistero che lo avvolgeva e lei, da brava ficcanaso quale era, avrebbe fatto di tutto per farlo cadere e poterci vedere attraverso. Questo particolare però, non lo aveva ancora realizzato, almeno non coscientemente.

Oltre all'innegabile bellezza, ciò che la colpì fu anche quella strana visione che aveva avuto: un corvo. Si dice che alcune persone posseggano degli animali guida, ma non ne aveva mai visto uno prima. La vista dell'animale le sembrò in ogni caso una sorta di cattivo augurio, e non tanto per il corvo che come animale a discapito dei pregiudizi era tutto fuorché negativo, ma più che altro per lo squarcio nel cielo che aveva potuto cogliere alle spalle dell'animale. Subito dopo poi quegli occhi di un blu intenso, quasi innaturale in cui il fulmine della visione era sfumato nella realtà. 

 

Danaë aveva sempre avuto delle capacità particolari. Da piccola, soprattutto in compagnia alla nonna materna, riusciva a vedere delle cose. Non ricordava più di preciso cosa, ma ricordava bene il suo terrore quando si svegliava nel cuore della notte, o quando vedeva qualcosa muoversi nella serra in campagna. 

Era cresciuta in città, ma sua madre la portava spesso a Mystic Falls a trovare la nonna, dalla quale occasionalmente la lasciava per "brevi" periodi di tempo, come aveva sempre assicurato alla figlia. Occasionalmente significava almeno cinque, sei volte l'anno, nelle quali sua madre spariva ambiguamente per qualche giorno e si rifaceva viva dopo qualche settimana. Quando la ragazza crebbe, decise di rimanere in città da sola, sia per la scuola, sia perché si era stancata d'essere un pupazzo nelle mani di sua madre. D'estate invece, quando non aveva impegni, andava a trovare la sua nonnina di sua spontanea volontà perché infondo non aveva nulla contro di lei, le voleva davvero bene. L'anziana era forse ciò che di più vicino ad una madre, un'amica e una confidente che la ragazza avesse mai avuto. Era una presenza costante nella sua vita. Ad un certo punto si parlò di andare a vivere permanentemente da lei, iscriversi al liceo di Mystic Falls e tutto il resto, ma Danaë non era pronta ad affrontare la vita di una città così piccola. Così a malincuore rifiutò e quando la nonna molti anni dopo si ammalò, lei si pentì della scelta fatta. 

Non ricordava mai il nome della malattia di sua nonna, ma sapeva che si trattava di un processo molto lento. La vecchietta non le aveva più chiesto di trasferirsi dopo la prima famosa volta, perché non voleva forzarla e, dopo aver scoperto la malattia più che mai, non voleva farle carico di quel problema. Infondo era una ragazza giovane, doveva vedere e godersi il mondo, non fare da infermiera. Inspiegabilmente però, la ragazza quattro anni fa si trasferì in pianta stabile. Non ne aveva mai specificato il perché, ma sua nonna sapeva che era per rimanerle vicino il più possibile quindi non si oppose; la donna apprezzò moltissimo quel gesto, più di quanto sia stata capace di darle a vedere. Durante la sua prima estate nella nuova cittadina le due andavano insieme al piccolo negozio, dove la giovane veniva istruita sulle diverse mansioni e le venivano date istruzioni su come comportarsi con fornitori e cose di questo genere. Era un mondo totalmente nuovo per lei, come lo fu anche quello della magia.

Era chiaro che molta gente di Mystic Falls credeva che la vecchia Meredith fosse una vecchina alquanto singolare, con una strana e sinistra luce negli occhi. Probabilmente però a Danaë sua nonna non era mai sembrata strana, proprio perché era sua nonna. Quando quest'ultima, forse spinta dallo scorrere crudele del tempo, si decise a confessare la "piccola" attività segreta di famiglia, la ragazza ci rimase di stucco. La prima cosa che pensò dopo che sua nonna le confessò che erano delle streghe fu che lei fosse pazza, forse a causa di una qualche degenerazione della malattia, chissà. Attraversò molte fasi, dalla negazione all'essere isterica, passando per rabbia e risentimento verso la nonna per averle mentito fino a quel momento. Ma quando fece la sua prima, vera magia, per poco non svenne come una pera cotta e dovette quindi credere a quell'assurda verità. Infatti, il semplice gesto d'accendere una candela, ma senza alcuna fiamma artificiale, la mandò fuori di testa. L'anziana pensava che sua nipote possedesse una predisposizione innata molto forte, prepotente a volte: lo dimostrava il fatto che, quasi per tutte le operatrici di magia, il primo incantesimo che veniva eseguito correttamente fosse quello di spostare un oggetto, o al massimo una lievitazione. Danaë era riuscita a dominare il fuoco, un elemento difficile per qualcuno alle prime armi. Inoltre, era anche una sorta di veggente, dal momento che possedeva capacità divinatorie. Quando le venne confessato anche quel particolare molte cose iniziarono, finalmente, ad avere un senso: tutte quegli incubi e quelle volte che si svegliava in piena notte erano per questa ragione. Evidentemente lo stare a contatto con un luogo intriso di magia, o comunque vicino a una persona che la praticava seppur a sua insaputa, doveva averle scatenato qualcosa dentro. Nei periodi passati con la nonna materna era come se una parte di lei oscurata da un velo invisibile si fosse rivelata, come se le barriere avessero ceduto facendo intravedere la verità. Lei non lo aveva mai capito. Si rese conto di non essere pazza, e per quanto tutte quelle informazioni la confondessero e fossero difficili da assimilare tutte insieme, una parte di lei finalmente si tranquillizzò. Sapeva che non c'era nulla che non andava in lei, che quello non era un difetto né una stranezza, ma semplicemente la sua natura. 

Ciò che fece la nonna fu raccogliere tutte le sue forze e cercare d'istruirla il più possibile nel minor tempo possibile, preoccupata di non averne abbastanza. E infatti, fu proprio così che andò. Il dio Kronos lasciò loro un anno scarso, non solo per studiare le arti magiche, ma anche per dirsi addio. 

Quello fu forse l'anno più intenso della sua vita, durante il quale provò quasi tutte le emozioni possibili a questo mondo, soprattutto le più dure. Per lei fu difficile andare avanti senza colei che era diventata il suo sostegno. Si ritrovò senza una protezione.

 

In un modo o nell'altro il tempo passò; il tempo era sempre un guaritore quando non era impegnato a fare il ladro. Il lavoro la impegnò molto, fortunatamente, e quando non c'era granché da fare, s'inventava nuovi inventari e nuove catalogazioni in modo tale da tenersi impegnata. Insomma, andò avanti. A piccoli passi si adattò a quel mondo estraneo, scandagliandone il fondo: sapeva cosa aspettarsi, aveva imparato a conoscere la gente del luogo. Riconosceva la clientela del negozio e sapeva anche dire a prima vista chi non avrebbe mai e poi mai varcato quella soglia. Ciò che non sapeva e che non aveva potuto prevedere era l'incontro con quel ragazzo, spuntato fuori dal nulla. L'aveva colpita come un fulmine, era una di quelle persone di cui avrebbe ricordato il volto se l'avesse incontrato per strada. Quando poi l'aveva incontrato di nuovo quella stessa sera, era come se il cielo avesse voluto farle un regalo. Non era sicura di essergli andata a genio, anzi sembrava più che la propria presenza gli avesse dato fastidio, ma questo non spense la curiosità della ragazza. Qualcosa dentro di lei la spingeva a desiderare di rivedere quel ragazzo. Mentre scaldava la sua cena nel microonde e si cambiava dopo la giornata di lavoro, si ripromise di indagare e di scoprire qualcosa di più su quel Damon. Chissà a cosa avrebbe portato la sua ricerca. 

 

<< It's you that I adore >> 

Era buio, e mentre camminava verso casa con le gambe pensanti, sentì l'aria spostarsi violentemente. Due occhi blu, due fari nella notte illuminarono due piccole fessure d'oscurità. La voce roca s'infranse contro il suo collo, poteva sentire le piccole onde sonore distendersi sulla sua pelle che nel frattempo si contraeva. Poi uno squarcio, un dolore sordo, netto e poi sempre più diffuso in tutto il corpo; contemporaneamente veloci brividi si susseguivano per la sua schiena, sembravano segnare ogni suo singola vertebra, fino a confluire al collo dove si trovava la matrice del dolore. Sentiva le labbra muoversi senza udire le proprie parole. Poi i due occhi blu emersero dall'oscurità in cui erano inabissati e quel volto iniziò a sembrarle stranamente familiare.

Danaë si svegliò di colpo in un bagno di sudore, in preda ad un violento, stranissimo incubo. Un incubo diverso da tutti gli altri brutti sogni che aveva fatto.

Doveva assolutamente rivedere quel ragazzo.

 

 

Mystic Falls era piccola, non era stato difficile scoprire dove abitassero i fratelli Salvatore. Ebbene sì, il bizzarro ragazzo si chiamava Damon Salvatore ed abitava in una vecchia grande casa appena fuori città, vicino ai boschi: le era bastato chiedere a Bettie Summers, la pettegola che aveva il negozio di liquori all'angolo. Arrivò con la sua auto fino al luogo indicatogli, ma mantenendo una certa distanza. L'ultima cosa che voleva era essere invadente. Rimase positivamente colpita dalla mansione, chiedendosi se la loro famiglia facesse parte dei padri fondatori di quella cittadina. Qualsiasi posto che avesse una storia da raccontare la aveva sempre affascinata. 

 

 

" E così è questo il posto maledetto di cui tutti parlano, eh? " Damon entrò facendo tintinnare i campanelli sospesi sopra l'ingresso. 

Danaë alzò lo sguardo quasi di scatto appena sentì di nuovo quella voce. Cercò di non sembrare sorpresa, anche se lo era abbastanza. Fece uno sforzo immane per non pensare all'atto di stalking della mattina precedente e della sua visita dalle parti dei Salvatore.

" Il solo ed unico" disse allungando le braccia. 

Il vampiro rispose con il suo tipico falso mezzo sorriso. 

" È accogliente, vecchio, ma accogliente. Ah, e ha anche un cattivo odore " puntualizzò con una punta d'acidità arricciando il naso.

" Ti riferisci all'odore dei libri? Siete proprio nemici eh? "

" Diciamo che mio fratello è quello più noioso dei due, quindi lascio a lui l'impagabile piacere d'immergersi nelle sue amate pagine piene di muffa " aggiunse.

" Sembri sveglio per essere uno che non ama i libri "

" Già. Anche tu "

Danaë sperò che quell'ultimo commento fosse totalmente vago e che non avesse a che fare con la scemenza che aveva fatto.

Damon la guardò di sottecchi per qualche minuto, poi strinse gli occhi. Lei cominciò ad innervosirsi. 

" Sai, - iniziò - potrei farti mille domande, sei una ragazza notevole. Nonostante ciò, te ne farò soltanto una: che ci facevi fuori casa mia ieri mattina? "

Semplice, diretto. Svizzero. Danaë avrebbe voluto morire, nascondersi sotto un sasso e non farsi più vedere. 

" Io? Non so di cosa parli. Perché mai avrei dovuto? Non so neanche dove abiti! " si sbrigò a dire, impegnandosi ad essere il più credibile possibile. Le bastò un'occhiata però per capire che Damon non aveva creduto ad una sola parola. 

Il vampiro sorrise più concitatamente e senza staccare gli occhi dalla ragazza si spostò verso l'ingresso del negozio e girò la chiave della porta, capovolgendo il cartellino. 

La ragazza non seppe bene come reagire a quel segnale: era ovviamente sintomo che di lì a poco sarebbe successo qualcosa di spiacevole. Rimpianse di aver lasciato il suo fedele amico peloso a poltrire a casa quel giorno. Allora, dopo qualche tentennamento, si preparò mentalmente a reagire nell'eventualità in cui le cose si fossero messe male.

Lui continuava a guardarla, e proprio come un lupo, si avvicinò con passo felpato, senza mai distogliere lo sguardo ed interrompere il contatto visivo, fino ad arrivare dietro il bancone. Ormai la ragazza era tutta un fascio di nervi, sentiva d'esser tesa peggio di una corda di violino.

Una volta arrivato a pochi centimetri dal suo volto, lui ripeté la sua domanda:

" Non mi piace ripetere le cose due volte, ma visto che sei nuova ed hai questo bel visino, te lo chiederò di nuovo: perché sei venuta a casa mia? Cosa stavi cercando? " allungò una mano per carezzarle una guancia, provocandole un brivido. 

La ragazza indietreggiò di un passo, ma sfortunatamente non c'era più spazio e la sua schiena urtò con la libreria alle sue spalle.

" C'era qualcosa da cercare, per caso? " ma da dove veniva tutta quella spavalderia? Proprio non lo sapeva.

Damon smise di ghignare, ora era serio. 

" Attenta, ragazzina. Potresti farti molto male - avanzò ancora - Perché ti ostini a sostenere il mio sguardo? È chiaro come il sole che hai paura di me " 

Ora a dividere i loro corpi c'era solo qualche centimetro d'aria. L'addome di Damon era immobile, mentre lo sterno di Danaë s'alzava e s'abbassava ritmicamente. Continuò a rimanere in silenzio e a guardare quell'abisso blu di fronte a lei che sembrava dire tutt'altre parole rispetto a quello che usciva dalla bocca del ragazzo. 

Damon, fortemente spazientito, le mise una mano alla gola:

" Dimmi perché ti trovavi lì " urlò piano digrignando i denti.

Appena un secondo dopo che la sua mano strinse l'esile collo della ragazza, quest'ultima vide una forte, accecante luce bianca. Stava di nuovo avendo una visione. 

Questa volta però non era una vera e propria premonizione: era più uno scorrere veloce di eventi, ma come se fossero chiari come la luce del giorno… Fu allora che il sogno fatto qualche notte prima si ripresentò nella mente della ragazza, ma con la differenza però che questa volta lei aveva chiaramente riconosciuto Damon ed aveva ricordato tutto ciò che era successo quella notte.  

Damon percepì un'aura intorno al corpo della ragazza: i suoi occhi videro ciò che vide lei e contemporaneamente la sua mano prese a pizzicare, finché non sentì come un fuoco bruciargli i polpastrelli e dovette abbandonare la sua preda.

Quando i due si staccarono, il vampiro aveva la mente completamente in subbuglio. 

" Sei una strega?! " esclamò, inspiegabilmente con il fiatone.

La ragazza si appoggiò allo sgabello che aveva vicino e tenendosi anche per la libreria fece ampi respiri, finche non riacquistò totalmente la vista. La visione glie l'aveva totalmente annebbiata, spaventandola a morte; non le era mai successa una cosa del genere. 

" Lo hai visto anche tu? " chiese spaventata la ragazza.

" ..E come diavolo hai fatto a rimuovere la mia compulsione? " 

" ..Compul-che? Di costa stai parlando? Cosa mi hai fatto? Chi sei tu? "

Appena la ragazza poté vedere completamente, si rese conto di trovarsi ancora troppo vicina a.. qualunque cosa lui fosse. Quindi si allontanò, per quanto le fosse possibile. 

" Ma sei o non sei una strega? Perché se lo sei, mia cara, vuol dire che non sai proprio tutto di Mystic Falls come dici "

" Che intendi dire? Spiegami! " 

Damon la guardò: per un attimo esitò perché non sapeva che fare. Ma che male mai poteva fare? Mezza città era a conoscenza dell'esistenza dei vampiri.

" Ok, non ti hanno spiegato come funziona qui, bene " si grattò la nuca, indeciso su cosa dire. 

" Tu che cosa sei? " fece la ragazza timorosa. Damon si disse che forse lasciarsi fare delle domande fosse il modo più semplice per togliersi il pensiero.

" ..Allora non hai ricordato proprio tutto.. " pensò ad alta voce.

" Ricordo che mi hai morsa ed ha fatto un male cane! "

" Mhm, quindi, se ti ho morso, a tuo avviso cosa mai potrei essere? "

La ragazza provava sentimenti contrastanti, dentro di se era scoppiata una vera e propria mina. Poi collegò quei puntini che d'un tratto le sembrarono come briciole di pane.

" .. O mio dio. Porc.. Ma che.. "

" Mhm, dipende quale dio, ma sì, credo che ora hai afferrato il concetto " scherzò.

" Sei un vampiro? E.. ed esisti? "

" Ma certo, stupida. Pronto? Tu sei una strega. Cosa ti fa pensare di essere la sola cosa sovrannaturale da queste parti? "

Danaë realizzò un po' di cose nella sua testa.

" Ecco perché questo luogo è così.. "

" Fottuto? " suggerì lui.

" Stavo per dire pieno di magia, ma fottuto credo che possa andare " si prese un attimo per assimilare quella nuova, nuovissima informazione. Dopotutto qualcosa aveva scoperto su quello strano, elusivo ragazzo: era un vampiro. 

" Ora dimmi, perché stavi gironzolando per la mia proprietà? Lavori per qualche setta o cosa? - chiese di nuovo lui - e vorrei farti notare che è la quarta volta che te lo chiedo " rimarcò ormai giunto all'esasperazione. 

" Ehm.. stavo cercando di scoprire qualcosa su di te " 

" Perché? " 

Allora la ragazza decise che vista questa curiosità tanto valeva spiegargli tutto. Inspirò.

" Vedi, io.. riesco a vedere delle cose, ho delle visioni. Ce le ho da sempre. Quando l'altra sera ti ho sfiorato, anche se solo per un secondo, ho visto qualcosa "

" Cosa? " il vampiro si stava incuriosendo.

" Un corvo, un corvo nero ed un fulmine che squarciava il cielo "

" Ahi.. "

" Cosa c'è? " chiese Danaë allarmata.

" Secondo me non è un buon segno, e non è certo per il corvo nero "

" È la stessa cosa che ho pensato anch'io " confermò lei.

Poi ci fu silenzio. Si guardarono.

" C'è altro? " chiese lui, incrociando le braccia davanti al petto.

" Beh, qualche notte fa ho sognato la stessa visione di prima, ma non era così chiara, anzi. Era immersa nella più profonda oscurità, non riuscivo a capire nulla. Ma come hai fatto a vedere anche tu ciò che ho appena visto io? "

" Credo che il contatto abbia scatenato la tua visione, cara " asserì come se fosse una cosa più che ovvia.

" Forse è stata così chiara perché mi eri vicino, tu stesso eri la chiave per ricordare "

" Io non riesco ancora a credere che la compulsione sia svanita. Non si può contare più su niente ormai " disse fintamente amareggiato.

" Mi spieghi cos'è questa compulsione? Cos'è, tipo ipnosi o cose del genere? "

" È uno dei privilegi dell'essere un vampiro, mia cara. Bastano due semplici paroline sussurrate all'orecchio e posso farti dimenticare tutto ciò che voglio - spiegò mellifluo - o almeno potevo " si scurì in volto.

Danaë pensò per un attimo al significato di quelle parole. Significava che i vampiri potevano fare tutto ciò che volevano. Si sentiva in qualche modo violata. 

" Perché mi hai fatto questo? " gli domandò arrabbiata.

" Ma che domande? Perché avevo fame! " 

" Oh, che schifo.. " ripensò al sangue e al bere sangue. Quindi tutte le storie che giravano su quegli esseri dovevano essere vere. 

" Quanti ce ne sono di voi? "

" Intendi dire qui a Mystic Falls o nel mondo? "

" Oh, mamma.. Deduco un bel po' quindi" disse più a se stessa che al vampiro.

" Siamo molti più di quanti immagini. Molti di più di quanti io ne riesca a sopportare, però ce ne stiamo per fatti nostri "

" Tuo fratello, anche lui è..? " 

" Sì "

" E quella ragazza bionda dell'altra sera? "

" Anche lei " confermò.

Damon la guardò meglio. Gli sembrò spaventata, fuori posto, come se fosse un pesce fuor d'acqua in quella cittadina sperduta e dimenticata da Dio. Per un attimo provò tenerezza. Ma solo per un attimo, poi ritornò all'attacco pungente come sempre.

" Lo sai almeno che non sei l'unica strega da queste parti, vero? "

" Secondo te ho imparato quello che so da sola? È stata mia nonna a dirmi chi ero, ad insegnarmi tutto ciò che so.. " disse malinconica. Il vampiro se ne accorse.

" La vecchia Meredith, giusto? Sì, ma non parlavo di lei "

" E di chi allora? "

" La famiglia Bennett. In particolare Bonnie Bennett " non sapeva perché era propenso a darle tutte quelle informazioni, probabilmente si basò solo sulle sue sensazioni, ma era sicuro che di quella ragazza ci si potesse fidare. Dall'altra parte non la riteneva pericolosa, più un pericolo forse, ma comunque una forza che poteva essere controllata e di cui ora grazie a lui tutti erano messi al corrente. Significava avere una potenziale alleata.

" Bonnie… Sì, mi ricordo di lei. Ora capisco, la sua aura brillava di una luce strana, ma era come affievolita. Forse è per questo che non me ne sono accorta. Credevo fosse solo una persona più sensibile di altre " 

Il ragazzo pensò che il "radar" di Danaë non avesse funzionato perché Bonnie ormai non praticava la magia da molto tempo e che questo avesse influenzato la sua aura. 

La ragazza si ricompose, alzandosi dallo sgabello e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. 

" Ovviamente, non devo dirti io che devi tenere per te ciò che ti ho detto e ciò che è successo in questa stanza - asserì - altrimenti ti verrò a cercare " minacce lui, facendo capire che non era uno scherzo.

" Non c'era neanche il bisogno di dirlo. Quindi ehm.. amici? " disse la ragazza un po' incerta, provando a porgergli una timida mano in segno di pace. Damon la guardò e con un ghigno sprezzante si allontanò, tornando al di là del bancone. 

" Non ho amici, ragazzina "

" Quindi, uhm, alleati? Come dite voi? "

" Però, che streghetta sveglia che sei! Hai già capito da che parte stare "

La ragazza riacquistò inspiegabilmente un piccolo spicchio di coraggio e autocontrollo e, aggirando anche lei il bancone, si ritrovò di fronte al vampiro. 

" Non devi per forza fare lo spaccone, so che non mi avresti uccisa quella notte "

" E cosa te lo fa pensare? Di solito tutti avrebbero pensato il contrario " chiese curioso lui. 

" Il tuo sguardo. C'è qualcosa nel tuo sguardo che mi dice che non sei così come ti mostri " disse lei tutto d'un fiato, senza neanche accorgersene, ma non le importava. 

Il vampiro si fece leggermente più serio, tanto da renderlo percepibile anche all'occhio umano. Le sue pupille si erano dilatate. Quella reazione era sfuggita al suo controllo. 

" Mhm, teoria interessante " ci scherzò su, mentre si voltava per andarsene.

" Damon è solo un nome " la ragazza  disse con tono audace, guardando le spalle del vampiro. Per quanto potesse sembrare immotivato e inopportuno, era ciò che lei realmente pensava. Il ragazzo assimilò quella nuova informazione, ma questa volta non trattenne un'espressione pensierosa; lei non poteva vederlo.

" Sai, dovrei trovarti un soprannome, Danaë " concluse lui uscendo dal negozio. 

 

 


Note:

La canzone all'inizio dell'incubo di Danaë è la stessa del primo capitolo, Ava adore
- The Smashing Pumpkins.

Ringrazio chi leggerà o recensirà. 


 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Vampire Diaries / Vai alla pagina dell'autore: kuutamo